Penale

Wednesday 19 November 2003

La Cassazione fissa i requisiti che rendono legittimo l’ impedimento del difensore. Cassazione – Sezione quarta penale (up) – Sentenza 5 novembre 2003 n. 41997

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Cassazione – Sezione quarta penale (up) – Sentenza 5 novembre 2003 n. 41997

(Presidente D’Urso relatore Romis)

Osserva

Il Tribunale di Prato condannava F.E. alla pena ritenuta di giustizia per violazione della legge sugli stupefacenti. A seguito di rituale gravame proposto nell’interesse dell’imputato, la Corte di Appello di Firenze confermava l’impugnata sentenza; la Corte territoriale disattendeva, con apposita ordinanza, l’istanza con la quale il difensore dell’imputato aveva richiesto il rinvio del dibattimento invocando il legittimo impedimento a comparire per concomitante impegno professionale.

Ha proposto ricorso per Cassazione l’imputato, tramite il difensore, deducendo violazione di legge e vizio motivazionale in ordine al diniego del rinvio del dibattimento.

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per la manifesta infondatezza della censura. Ed invero del tutto corretta deve ritenersi la decisione di negare il rinvio del dibattimento, avendo la Corte di merito puntualmente evidenziato la non tempestività dell’istanza avanzata dal difensore avv. Francesco Mandarano, atteso che la stessa era stata presentata lo stesso giorno fissato per il dibattimento di secondo grado (6 dicembre 2000).

Giova ricordare che nella norma in cui è disciplinata l’ipotesi dell’impedimento del difensore è prescritto che il difensore stesso deve comunicare l’impedimento prontamente. Orbene, quanto al significato del termine prontamente, nella giurisprudenza di legittimità (anche con l’avallo delle Sezioni unite: 4708/92, imp. Fogliani, rv 190828) è stato enunciato, e più volte ribadito, il seguente principio: «nell’ipotesi in cui il difensore intenda ottenere il rinvio del dibattimento deve dare sollecita comunicazione del suo impedimento al giudice procedente. Tale prontezza deve essere riferita al momento in cui è insorta la causa dell’impedimento stesso; ne deriva che la richiesta difensiva deve essere presentata nel più breve tempo possibile, affinché il giudice possa tempestivamente valutarla ed adottare gli opportuni procedimenti» (in termini, sezione terza, 5334/92, imp. Scarica, rv 189973; nello stesso senso sezione prima, 2567/96, imp. Listanti, rv 204064, nonché sezione sesta, 10027/91, imp. Nalbone, rv 188407 con la precisazione che il difensore «è obbligato a comunicare l’impedimento non appena esso si verifica e non in prossimità della celebrazione del processo»).

Ma vi è di più. Con la sentenza appena ricordata, le Sezioni unite hanno ritenuto di dover precisare, con riferimento all’ipotesi della richiesta di rinvio del difensore per concomitante impegno professionale, non solo che il rinvio deve essere richiesto non appena conosciuta la contemporaneità dei diversi impegni, ma altresì che il difensore deve esporre «le ragioni che rendono essenziale l’espletamento della sua funzione in esso per la particolare natura dell’attività a cui deve presenziare, l’assenza in detto procedimento di altro condifensore che possa validamente difendere l’imputato, l’impossibilità di avvalersi di un sostituto ai sensi dell’articolo 102 Cpp, sia nel processo a cui si intende partecipare sia in quello di cui si chiede il rinvio». Nel caso in esame, come si rileva dagli atti, il difensore si era limitato ad indicare nell’istanza di rinvio il contestuale impegno dinanzi alla Corte di Appello di Milano.

Alla declaratoria di inammissibilità segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché (trattandosi di causa di inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, del ricorrente: cfr. Corte costituzionale, sentenza 186/00) al versamento a favore della cassa delle ammende di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in euro 500,00 (cinquecento).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 500,00 in favore della cassa delle ammende.

Così deciso in Roma l’11 giugno 2003.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 5 novembre 2003.