Civile

Tuesday 12 December 2006

L’ ultima sentenza sui bond argentini.

L’ultima sentenza sui “bond
argentini”.

Tribunale di Bari

Sezione II Civile

Sentenza 7 novembre 2006

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI BARI

Seconda sezione civile

Il Giudice Unico Luigi
Agostinacchio

ha
pronunciato la seguente

SENTENZA

Nella causa civile iscritta nel
registro generale affari contenziosi sotto il numero d’ordine 7822 dell’anno 2002

TRA

XXX (eredi di), ZZZ,
elettivamente domiciliata in Bari, al viale Borsellino e Falcone n. 11, presso
e nello studio dell’avv. Massimo Melpignano, dal quale sono rappresentati e
difesi, in virtù di mandato a margine dell’atto di citazione,

– attori –

CONTRO

Banca Popolare di Puglia e
Basilicata soc. coop. a r.l. in Bari, al corso
Vittorio Emanuele n. 143, presso e nello studio dell’avv. Antonio De Feo, dal
quale è rappresentata e difesa unitamente all’avv. Francesco Marotta, in virtù
di procura in calce alla copia notificata della citazione.

– convenuto –

All’udienza del 13.7.2006, la
causa è passata in decisione sulle conclusioni dei procuratori costituiti, che
qui di seguito si riportano:

per gli
attori: come da p.v. in data 13.7.2006 (si richiamano a quelle già formulate in
citazione, insistendo per il loro integrale accoglimento);

per la
banca convenuta: come da p.v. in data 13.7.2006 (si riporta a quelle già
rassegnate all’udienza del 16.5.2006 nonché alla comparsa conclusionale).

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato
il 12.11.2002 XXX e ZZZ convenivano in giudizio la Banca Popolare di
Puglia e Basilicata (in seguito B.P.P.B.) soc. coop. a
r. l. e la
Consob chiedendo che fosse accertata la violazione da parte
della banca degli obblighi posti da norme imperative (art.21 d.lgs. n.58/98; artt.28 e 29 Reg.Consob 11522/98) e dal regolamento
contrattuale, con riferimento all’acquisto, in data 15.2.2000 e 12.4.2000, di
titoli emessi dalla Repubblica Argentina al prezzo (comprensivo di spese e
tasse), rispettivamente, di € 36.110,24 e di € 47.323,13, con conseguente
condanna della convenuta al risarcimento del danno, quantificato in € 91.942,37
(€ 83.433,37 per danno emergente; € 7.509,00 per lucro cessante, calcolato in
base ad un investimento a breve termine con un rendimento medio annuo del 3%; €
1.000,00 per danno esistenziale), oltre rivalutazione ed interessi legali.

Esponevano gli attori che erano
intestatari di un conto titoli presso la filiale di Bari della B.P.P.B.
contraddistinto dal n.109/91 e che erano stati indotti all’acquisto, definito
sicuro e conveniente, da due dipendenti della banca, addetti al servizio in
questione; che, a seguito della grave crisi economica che aveva colpito
l’Argentina, era stato sospeso il pagamento degli interessi ed il rimborso del
capitale dei titoli obbligazionari in circolazione; che era stata disattesa la
richiesta tempestivamente formulata alla banca di ricevere copia dei contratti
sottoscritti e dei documenti ad essi relativi, con
specifico riferimento al prospetto informativo dei rischi connessi con
l’operazione; che la convenuta aveva agito in violazione della normativa
speciale a tutela degli investitori in strumenti finanziari (art.21, comma 1
lett. A e B d. lgs. n.58/98 – obbligo di comportarsi
con diligenza, correttezza e trasparenza nell’interesse dei clienti e per
1’integrìtà del mercato; obbligo di acquisizione e di trasmissione delle
informazioni al cliente – art.28, comma 1 lett. A e B del Reg. Consob
n.11522/98 e successive modificazioni – obbligo di acquisire notizie
dall’investitore circa la sua propensione al rischio e di consegna dei
documenti sui rischi generali dell’investimento – art.28, comma 2 Reg. cit. –
obbligo di non effettuare operazioni senza una preventiva ed adeguata informazione
– art.29, comma 1, 2, 3 Reg. cit – obblighi di fornire le avvertenze del caso
in relazioni ad operazioni, come quella di specie, da ritenersi non adeguata,
con acquisizione di documentazione scritta circa la volontà dell’investitore di
far eseguire l’ordine); che le violazioni riscontrate erano causa di nullità
del contratto e costituivano altresì inadempimento ai sensi degli artt.1218 e
1375 c.c. e giustificavano in ogni caso la pretesa risarcitoria.

Si costituiva la banca convenuta,
con comparsa di risposta depositata il 4.2.2003, contestando la domanda sul
presupposto della sua infondatezza e chiedendone il rigetto. Deduceva a
riguardo che i clienti avevano sottoscritto il contratto di negoziazione dei
titoli indicato in citazione, con la dichiarazione di rifiuto della volontà di
fornire informazioni sulla loro situazione patrimoniale e sugli obiettivi
d’investimento; che sulla base di tale contratto gli attori avevano effettuato
negli anni varie operazioni finanziarie e spontaneamente avevano richiesto
l’acquisto dei titoli argentini in oggetto; che era stato ad essi
trasmesso in data 31.12.98 il documento sui rischi generali degli investimenti
in strumenti finanziari; che la banca quindi non aveva violato le disposizioni
di legge richiamate genericamente da controparte; che, in ogni caso, il danno
non era provato con riferimento sia al nesso di causalità con l’illecito
lamentato sia ai criteri di quantificazione.

Non si costituiva invece la Consob.

Instaurato il contraddittorio,
durante la fase di trattazione le parti ampliavano le rispettive tesi
difensive, senza modificare le conclusioni formulate.

A seguito del decesso di XXX, si
costituivano altresì in prosecuzione, con comparsa depositata il 14.1.2004, gli
eredi YYY, ZZZ e KKK.

La causa era quindi istruita con
acquisizioni documentali e l’escussione di due testi presentati dalla banca
convenuta; riservata una prima volta per la decisione era in
seguito rimessa sul ruolo, per l’espletamento di consulenza tecnica, in
relazione ai prodotti finanziari in argomento.

Espletata la C.T.U. era infine trattenuta
per la statuizione finale con termine per il deposito di comparse conclusionali
e di repliche.

MOTIVI DELLA DECISIONE

La domanda è fondata e merita
accoglimento per quanto di ragione.

A seguito della consulenza
tecnica d’ufficio redatta dal prof. Antonio Dell’Atti,
depositata il 13.7.2006, possono ritenersi acquisiti fondamentali elementi di
valutazione relativi alla caratteristiche del prodotto finanziario in questione
all’epoca dell’acquisto da parte dei coniugi XXX; al tipo d’informazione
fornita a riguardo dalla banca; all’analisi dell’operazione d’investimento in
termini di adeguatezza.

XXX e YYY sottoscrissero in data
5.1.1992 con la Banca
Popolare della Murgia (in seguito B.P.P.B.) un contratto di
negoziazione, sottoscrizione, collocamento e raccolta ordini concernenti valori
mobiliari. Nell’ambito di tale contratto "quadro" effettuarono poi
operazioni d’investimento in base alla propria disponibilità finanziaria. I1 15.2.2000
ed il 12.4.2000 ordinarono alla banca l’acquisto di obbligazioni emesse dalla
Repubblica Argentina al prezzo (comprensivo di capitale, rateo anticipato
d’interesse e spese) – rispettivamente – di € 47.323,13 (titolo Rep.Arg.B%) e
di € 36.110,24 (titolo Rep.Arg.8,125%), con cedola annuale posticipata per il
pagamento degli interessi. Nel dicembre 2001 la Repubblica Argentina
sospesero il pagamento degli interessi ed il rimborso delle obbligazioni
emesse, comprese quelle acquistate dai coniugi XXX. Risulta altresì che sino al
momento dell’acquisto dei prodotti argentini gli attori avevano
effettuato – dal 1992 al 2000, secondo il dossier titoli esaminato dal
consulente – quasi esclusivamente operazioni in titoli di stato (BPT), ad
eccezione dell’acquisto, nel 1995, di obbligazioni dell’Enel s.p.a. ("una
delle più solide società italiane") – detenute in portafoglio solo per
pochi mesi – e, nel 1998/99, di fondi comuni d’investimento. Nonostante quindi
nel contratto quadro del 1992 risultasse barrata la
casella con l’indicazione prestampata "non abbiamo ritenuto di fornire le
indicazioni richieste sulla nostra situazione finanziaria e sugli obiettivi
d’investimento", è acquisito che gli attori fino al momento dell’acquisto
dei titolo argentini, nel 2000, "presentavano un grado di avversione al
rischio medio-alto ed effettuavano operazioni in valori mobiliari
caratterizzati da un basso livello di rischiosità, accettando rendimenti
contenuti" (pag.9 della C.T.U.).

Dall’interpello delle agenzie di
rating più importanti al mondo (Fitch, Moody’s, Standard & Poor) è
risultato altresì che esse hanno iniziato ad apprezzare il reale stato di
difficoltà della Repubblica Argentina solo pochi mesi prima del definitivo
tracollo (lo stato di default risale a novembre del 2001) e, tuttavia,
"già consideravano non altamente affidabile il
suo debito sin dal 1997; in particolare dai rating assegnati al momento degli
acquisti da parte degli attori emerge chiaramente come il mantenimento delle
condizioni di solvibilità della Repubblica Argentina fosse incerto e che
l’investimento in strumenti finanziari presentasse medio-alti livelli di
rischiosità associati ad altrettanto medio-alti livelli di redditività"
(pag.13).

Il prodotto in argomento si
prestava pertanto a fini tipicamente speculativi, finalità estranea al
comportamento degli attori, così come manifestato alla banca convenuta durante
il consistente lasso di tempo (circa otto anni) nel quali essi operarono sul
mercato finanziario, prima degli ordini di acquisto delle obbligazioni argentine.

Le emissioni di tali prodotti
inoltre non prevedevano il prospetto informativo (pag.8); nel caso del titolo
Rep.Arg.8$ il mercato era altresì altamente
specializzato, attesa la quotazione sul M.O.T. (mercato obbligazionario
telematico). Nell’ambito delle operazioni di consulenza – infine – i1 c.t.p.
della banca ha fatto pervenire osservazioni che ben evidenziano le convinzioni
sottese alle decisioni adottate nell’esecuzione degli ordini: per il solo fatto
che i clienti avevano manifestato una mutata propensione al rischio,
l’operazione di acquisto è stata ritenuta adeguata (allegato
3 alla C.T.U.).

Dall’insieme degli elementi di
giudizio che precedono emerge un comportamento della banca in evidente
violazione di obblighi specifici posti dalla legge a suo carico
nell’espletamento dell’attività d’intermediazione finanziaria; in particolare,
dal combinato disposto di cui agli artt. 21 lett. a) e b) del d. 1gs. 24.2.1998
n.58 e 28 del regolamento Consob 1.7.1998 n.11522 che impongono all’istituto di
credito di prestare i servizi di investimento con diligenza e di operare in
modo che i clienti siano sempre adeguatamente informati.

La banca nel caso di specie
doveva avvertire gli attori che i titoli avevano la suddetta caratteristica
speculativa e, in seguito, che ricevevano una valutazione progressivamente
negativa da parte delle agenzie internazionali, in tal modo consentendo non
solo la consapevole accettazione iniziale dei rischi del prodotto ma anche la
valutazione in ordine alla conservazione delle obbligazioni argentine in
portafoglio.

Il profilo dell’investitore si
era rivelato negli anni poco propenso al rischio, per
cui l’informazione doveva essere particolarmente attenta, in mancanza di altri
elementi da cui desumere che i coniugi XXX si fossero evoluti verso ottiche
caratterizzate da una minore avversione al rischio e dalla ricerca di una
maggiore redditività dei propri investimenti (pag.9 della C.T.U.). La natura
risarcitoria della pretesa giudiziaria – per gli aspetti che saranno meglio precisati
in seguito – ha infatti come conseguenza processuale
(art.23, comma 6 t.u.i.f.) l’onere della banca di dimostrare di essersi
attenuta agli obblighi comportamentali previsti dalla normativa di settore e di
aver quindi verificato l’esistenza di cambiamenti nel tempo di quei fattori che
orientano la scelta dell’investitore, quali l’esperienza maturata in materia
finanziaria, la variazione del reddito e del patrimonio, l’età ecc.

Prova che non è stata fornita.

Premesso altresì che nessun
riscontro scritto è stato dato in relazione ad una specifica attività
d’informazione effettuata in favore dei clienti, i testi presentati dalla
convenuta hanno confermato, anziché smentire, l’inadempímento di quest’ultima
(verbale di udienza del 21.9.2004): il teste Mazzilli, dipendente della banca,
ha affermato che si occupò del primo ordine di acquisto e che nell’occasione
non fornì alcuna indicazione al XXX; il teste Martino, anch’egli dipendente
della banca, ha a sua volta dichiarato che ricevette l’altro ordine e che
"il XXX si mostrò ben informato, in quanto aveva
già acquistato in precedenza bond argentini dal collega".

In definitiva, il prodotto –
privo di prospetto informativo fornito dall’emittente – fu oggetto
d’intermediazione finanziaria senza alcuna informazione, neanche minimale,
nonostante la sua notevole diversità dai titoli acquistati in precedenza dagli
attori. L’investimento si presentava quindi non adeguato per tipologia allo
standard di quei clienti, per cui la banca era tenuta
ad acquisire l’ordine per iscritto, a conferma della persistente volontà
dell’investitore di dar corso all’operazione (art.29 Reg. Consob cit.), non
potendosi presumere – come pretende il c.t.p. della B.P.P.B. – che l’iniziativa
di procedere all’acquisto sottenda la completa acquisizione d’informazioni sul
prodotto, ritenuto idoneo a realizzare i1 proprio obiettivo speculativo,
vanificandosi altrimenti la tutela dell’investitore (e del risparmio) garantita
dal legislatore. Resta da stabilire che incidenza abbiano nel sinallagma contrattuale
le violazioni suddette, con riferimento alla domanda proposta. Gli attori hanno
richiesto l’accertamento giudiziale di tali violazioni e la condanna della
banca al risarcimento del danno consequenziale. Hanno richiamato a tal fine le
norme in tema di nullità del contratto e d’inadempimento contrattuale. A
prescindere dalla circostanza che non è stata chiesta la pronuncia di nullità
dei contratti di acquisto dei titoli argentini, il riferimento al carattere
imperativo delle citate disposizioni del t.u.i.f. e del reg. Consob – derivante
dalla natura pubblicistica degli interessi protetti ex art.47 Cost. – non può
ritenersi sufficiente ad integrare l’ipotesi della nullità ai sensi
de11’art.1418 c.c. E’ condivisibile a riguardo il
recente indirizzo interpretativo della Suprema Corte (Cass. 29.9.2005 n.19024)
che – in conformità con il prevalente orientamento della prevalente
giurisprudenza di merito – ha stabilito che la nullità del contratto per
contrarietà a norme imperative, ai sensi dell’art.1418, primo comma, c.c.
postula che siffatta violazione attenga ad elementi intrinseci della
fattispecie negoziale, cioè relativi alla struttura o al contenuto del
contratto, e quindi l’illegittimità della condotta tenuta nel corso delle
trattative per la formazione del contratto, ovvero nella sua esecuzione, non
determina la nullità del contratto, indipendentemente dalla natura delle norme
con le quali sia in contrasto, a meno che questa sanzione non sia espressamente
prevista anche in riferimento a detta ipotesi (in applicazione di siffatto
principio, la Corte
ha escluso che l’inosservanza degli obblighi informativi stabiliti, concernente
i contratti aventi ad oggetto la compravendita di valori mobiliari, cagioni la
nullità del negozio, poichè essi riguardano elementi utili per la valutazione
della convenienza dell’operazione).

Gli attori non hanno altresì
richiesto la risoluzione per inadempimento del contratto con effetti
restitutori, limitando la domanda al profilo risarcitorio (l’art.1453 c.c. d’altra parte, pur prevedendo il rimedio caducatorio, fa
salvo, in ogni caso, il risarcimento del danno). Il pregiudizio patrimoniale va
correttamente individuato con riferimento sia all’an che al quantum.
L’inadempimento della banca agli obblighi informativi ha inciso sulla
valutazione della convenienza dell’operazione sia in fase genetica (di acquisto
del prodotto) sia in fase esecutiva (di gestione del proprio portafoglio). Se
la banca avesse correttamente informato gli attori è
presumibile che essi non avrebbero investito i propri risparmi in titoli con
indice di rischio già alto in partenza e con progressivo aumento fino al
default.

La decisione della Repubblica
Argentina, nel dicembre 2001, di sospendere il pagamento degli interessi ed il
rimborso delle obbligazioni, ha quindi determinato un pregiudizio nella sfera
patrimoniale degli attori, causalmente riconducibile all’inadempimento
contrattuale della banca, la quale, nell’esecuzione della propria prestazione,
avrebbe dovuto garantire quelli standards informativi ritenuti dal legislatore
indefettibili per orientare l’acquisto dell’investitore non qualificato. Dalla
consulenza espletata risulta anche che fino al default gli attori hanno
percepito interessi maturati su entrambi i bond argentini pari complessivamente
a € 10.280,81 (pag.18). L’esborso sostenuto per le due operazioni di acquisto –
comprensivo di capitale, interesse e spese – è stato di € (47.323,13 +
36.110,24) _ € 83.433,37. La perdita subita (danno emergente) deve
quantificarsi quindi in € (83.433,37 – 10.280,81) _ € 73.152,56, con
riferimento alla data dell’evento rivelatosi pregiudizievole (dicembre del
2001). E’ stata richiesta anche la liquidazione del danno da mancato guadagno
(lucro cessante) "per tre anni (2000 – 2001 – 2002)" quantificato con
riferimento all’investimento di un titolo di stato italiano a breve termine con
un reddito medio annuo di circa il 3% (pag.14 della citazione, richiamato nelle
conclusioni). Orbene, negli anni 2000 e 2001 gli attori hanno percepito utili
corrispondenti all’8% e all’8,125% del capitale investito, ben superiori – per
loro stessa ammissione – a quelli che potevano ricavare dai titoli di stato,
circostanza che porta ad escludere l’esistenza di un danno da mancato guadagno
non solo per gli anni di riscossione degli interessi (durante i quali le
obbligazioni si rivelarono remunerative) ma anche per l’anno 2002,
d’instaurazione della lite. In una valutazione complessiva, la mancata
redditività dei titoli, circoscritta ad un anno, non costituisce un danno
apprezzabile, a fronte del pregresso rendimento e delle prospettate abitudini
d’investimento. E’ appena il caso di evidenziare che nessun danno esistenziale
può essere riconosciuto, in quanto genericamente dedotto agli atti di causa e
comunque non provato.

In definitiva, il danno può
essere liquidato alla suddetta data del dicembre 2001 in € 73.152,56.
Trattandosi di debito di valore – da illecito contrattuale – la somma va
rivalutata alla data della decisione, secondo gli indici ISTAT (indicatori
affidabili del livello di riduzione, nel tempo, del potere di acquisto della
moneta nazionale). La mancata utilizzazione del dovuto ha altresì determinato
un danno: il ritardo nel pagamento costituisce infatti
lucro cessante, rilevante ai sensi dell’art.2056/comma 2° c.c. risarcibile
attraverso il ricorso agli interessi – fissato in via equitativa al tasso
legale – da corrispondersi sulla sorte capitale rivalutata annualmente secondo
indici ISTAT (in tal senso Cass. Sez.Un. 17.2.1995 n.1712). Le spese
processuali seguono la soccombenza e vengono liquidate
come da dispositivo.

Le spese di C.T.U. sono in via
definitiva a carico della banca soccombente.

P.T.M.

Il Tribunale, in composizione
monocratica, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta con atto di
citazione notificato il 12.11.2002 da XXX (al quale sono subentrati gli eredi
YYY, ZZZ, KKK nei confronti della Banca Popolare di Puglia e Basilicata
soc.coop. a r.l. così provvede:

• accoglie per quanto di ragione
la domanda di risarcimento del danno per inadempimento contrattuale e, per
l’effetto, condanna la banca convenuta al pagamento in favore degli attori in
solido della somma di € 73.152,56 – liquidata alla data di dicembre 2001 –
oltre alla rivalutazione monetaria secondo indici
ISTAT fino alla decisione ed agli interessi legali sulla sorte capitale
rivalutata annualmente secondo gli stessi indici, a partire da dicembre 2001;

• condanna la banca convenuta al
pagamento delle spese processuali, liquidate complessivamente in € (…….),
oltre 12,50% ex art.14 tariffe forensi, CAP ed IVA;

• pone in via definitiva il costo
della C.T.U. a carico della banca convenuta.

Bari, 7.11.2006.