Lavoro e Previdenza

Wednesday 23 November 2005

L’ interposizione di manodopera è vietata anche con la legge Biagi.

L’interposizione di manodopera è
vietata anche con la legge Biagi.

Cassazione – Sezione terza penale
(up) – sentenza 25 ottobre-21 novembre 2005, n. 41701

Presidente Vitalone – Relatore
Franco

Pm Izzo – ricorrente Pg in proc.
Braga ed altri

Svolgimento del processo

Braga Norma e Pambuffetti
Francesco vennero rinviati a giudizio per rispondere
del reato di cui all’articolo 1, comma 1, legge 1369/60, perché il Pambuffetti,
quale legale rappresentante della ditta F.lli Pambuffetti Snc, aveva appaltato
alla cooperativa Placet Work Arl, della quale la Braga era legale
rappresentante, la esecuzione di mere prestazioni di lavoro per complessive 181
giornate lavorative, in quanto tre lavoratori dipendenti della cooperativa
avevano eseguito presso gli stabilimenti della ditta Pambuffetti lavori
riconducibili al ciclo produttivo della stessa (commesso fino al 23 dicembre
2002).

Il giudice del Tribunale di
Perugia, sezione distaccata di Foligno, con sentenza del 27 aprile 2005,
dichiarò non doversi procedere perché i fatti non sono più
previsti dalla legge come reato. Ritenne il giudice che la norma
incriminatrice in questione fosse stata abrogata a
seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs 276/03, che all’articolo 85 lettera
c), dispone l’abrogazione della intera legge 1369/60 e che ha reso ormai lecita
la interposizione di manodopera, sicché vi è una totale incompatibilità tra le
due normative.

Il Procuratore della Repubblica
presso il Tribunale di Perugia propone ricorso per cassazione – erroneamente
qualificato ricorso per salutm ex articolo 569 Cp, trattandosi di sentenza
inappellabile – deducendo violazione di legge perché la fattispecie di cui
all’articolo 1 della legge 1368/60 resta ancora punibile ai sensi dell’articolo
18 del D.Lgs 276/03, di modo che vi è continuità normativa
tra le due discipline.

Motivi della decisione

Il ricorso è fondato.

Il D.Lgs
276/03 (Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del
lavoro, di cui alla legge 30/2003 ‑ c.d. riforma Biagi) ha, con
l’articolo 85, abrogato l’articolo 27 della legge 264/49, tutta la legge
1369/60, i primi undici articoli della legge 196/97, nonché tutte le
disposizioni legislative e regolamentari incompatibili con detto D.Lgs che è
entrato in vigore il 24 ottobre 2003, ed ha inoltre ha istituito un albo
ministeriale delle agenzie per il lavoro, articolato in cinque sezioni ed ha
dettagliatamente disciplinato il contratto di somministrazione di lavoro,
distinguendolo dall’appalto di servizi e dal distacco.

Si è posto il problema di
valutare tale “abrogazione” alla stregua delle nuove disposizioni sanzionatorie
introdotte dall’articolo 18 del D.Lgs 276/03, ai fini
della corretta applicazione dell’articolo 2 Cp in relazione ai fatti già
penalmente sanzionati dalle norme abrogate.

La questione è stata risolta
dalla costante giurisprudenza di questa Suprema corte con la enunciazione
dei seguenti principi, che il Collegio condivide e ribadisce:

‑ «le condotte vietate di intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di
lavoro, previste come reato dagli articoli 1 e 2 della legge 1369/60, sono
riconducibili alla nuova fattispecie criminosa di cui agli articoli 4 e 18 del
D.Lgs 276/03, che ha abrogato ex articolo 85 la citata legge n. 1369,
vertendosi non in ipotesi di abolitio criminis, bensi di successione di leggi
nel tempo ex articolo 2 Cp » (Sezione terza, 28 gennaio 2005, De Ciutiis, m.
231.064):

‑ «la intermediazione
abusiva e non autorizzata nella fornitura di manodopera, già punita dalla legge
264/49, integra il reato di cui all’articolo 18 del D.Lgs 276/03 (cosiddetta
riforma Biagi), atteso che la nuova normativa ha soltanto ampliato il
previgente sistema derogatorio ad una attività generalmente illecita,
configurandosi quale ipotesi di abrogatio sine abolitione per i fatti di
somministrazione di lavoro da parte di soggetti privati non formalmente
autorizzati» (Sezione terza, 20 dicembre 2004, Infante, m. 230.672);

«integra gli estremi del reato di
cui agli articoli 1 e 2 legge 1369/60 ‑che punisce sia il committente
che l’appaltatore che ricorra a qualsiasi esecuzione di prestazioni lavorative
mediante impiego di manodopera assunta dall’appaltatore, ma di fatto operante
alle dipendenze del committente ‑, punibile ai sensi del
sopravvenuto e Più favorevole articolo 18 del D.Lgs
276/03, la somministrazione di lavoro fornita da parte di un soggetto privato
non formalmente autorizzato (articolo 29 D.Lgs 276/03)» (Sezione Fer., 2
settembre 2004, Pisapia, m. 230.559);

‑ «la fattispecie di cui all’art
1 della legge 1369/60 (esecuzione di prestazioni lavorative mediante impiego di
manodopera assunta dall’appaltatore ma di fatto operante alle
dipendenza del committente) resta punibile ai sensi dell’articolo 18 del
D.Lgs 276/03 (cosiddetta riforma Biagi), in quanto qualificabile come
somministrazione di manodopera esercitata da soggetto non abilitato o fuori dei
casi consentiti» (Sezione terza, 13 maggio 2004, Corsi, m. 229.611);

‑ «anche dopo l’entrata in
vigore dell’articolo 18 del D.Lgs 276/03, deve
ritenersi non abrogata la disposizione «di cui all’articolo 1 della legge
1369/60, che punisce il committente e l’appaltatore che ricorrono a qualsiasi
esecuzione di prestazioni lavorative mediante impiego di manodopera assunta
dall’appaltatore, ma di fatto operante alle dipendenze del committente: infatti
il citato D.Lgs riproduce formalmente il regime sanzionatorio già previsto
dalla precedente legislazione, distinguendo tra la somministrazione irregolare
(articolo 18, comma terzo) e quella abusiva (articolo 18 commi 1 e 2);
l’interpretazione abrogatrice risulta anche in contrasto con la legge delega,
la quale ha indicato al legislatore delegato la sanzione penale quale
previsione da adottare per le ipotesi di esercizio abusivo di intermediazione
privata» (Sezione terza, 28 maggio 2004, Bertocchi, m. 229.473);

‑ «i fatti di illecita
mediazione nella fornitura di manodopera, già puniti dall’articolo 27 della
legge 264/49, sono stati solo parzialmente abrogati dalle fattispecie di
esercizio non autorizzato delle attività di intermediazione di cui all’articolo
18, comma primo, del D.Lgs 276/03 (Attuazione delle deleghe in materia di
occupazione e mercato del lavoro di cui alla legge 30/2003 ‑
cosiddetta riforma Biagi), atteso che si configura una abrogatio sine
abolitione per i fatti di
intermediazione commessi da soggetti privati non formalmente autorizzati, già
puniti secondo la legge precedente e che conservano rilevanza penale con le
nuove disposizioni» (Sezione terza, 24 febbraio 2004, Guerra, m. 228.955);

‑ «la fattispecie di illecita mediazione nella fornitura di manodopera punita
dall’articolo 27 della legge 264/49 e quella di cui all’articolo 1 legge
1369/60 (la quale puniva sia il committente che l’appaltatore che ricorressero
a qualsiasi esecuzione di prestazioni lavorative mediante impiego di manodopera
assunta dall’appaltatore, ma di fatto operante alle dipendenze del committente)
sono abrogate solo parzialmente dalla fattispecie di esercizio abusivo della
intermediazione ex articolo 18 comma primo del D.Lgs 276/03 (che punisce
chiunque eserciti attività non autorizzate di somministrazione di lavoro e
l’utilizzatore che ricorra alla somministrazione di lavoro fornita da soggetti
non autorizzati o comunque al di fuori dei casi previsti dalla legge), in quanto
l’area dell’intermediazione abusiva era molto più ampia quando la legittima
intermediazione era monopolio degli uffici ministeriali di collocamento, mentre
è divenuta più ristretta a seguito dell’attribuzione dell’intermediazione tra
domanda ed offerta di lavoro a soggetti privati debitamente autorizzati. Ne
consegue che la condotta di intermediazione posta in
essere da soggetti privati non formalmente autorizzati, e di somministrazione
di lavoro da parte di soggetti non abilitati o al di fuori dei casi consentiti,
è ancora punibile e ad essa va applicata la legge in concreto più favorevole ai
sensi dell’articolo 2 comma secondo Cp» (Sezione terza, 11 novembre 2003,
Marinig, m. 228.484; 16 giugno 2004, Casati, m. 229.560).

Tutte le ricordate decisioni
hanno risolto la questione tenendo conto dei principi affermati dalle Su in tema di continuità normativa (sentenze:
7.11.2000, Di Mauro; 13.12.2000, Sagone e 16.6.2003, Giordano) ed hanno
ritenuto, secondo una valutazione di tipo strutturale delle fattispecie
tipiche, che l’appalto di mere prestazioni di lavoro (ora qualificato come
somministrazione di lavoro) continua ad avere rilevanza penale quando esso
venga effettuato al di fuori delle condizioni soggettive ed oggettive previste
dalla nuova normativa.

Va ricordato che la legge 264/49,
e la legge 1369/60, avevano fissato il principio del «monopolio pubblico» del
collocamento, vietando ogni forma di intermediazione
ed interposizione nelle prestazioni di lavoro e prevedendo (articolo 1 legge
1369/60) il divieto per l’imprenditore di affidare in appalto o in subappalto o
in qualsiasi altra forma, anche a società cooperative, l’esecuzione di mere
prestazioni di lavoro mediante l’impiego di manodopera assunta e retribuita
dall’appaltatore o intermediario, qualunque fosse la natura dell’opera o del
sevizio cui le prestazioni si riferivano.

Era considerato appalto di mere
prestazioni di lavoro, ai sensi dell’articolo 1, comma 3, della legge 1369/60,
ogni forma di appalto o di subappalto, anche per la
esecuzione di opere o servizi, ove l’appaltatore avesse impiegato capitali,
macchine ed attrezzature fornite dall’appaltante, a prescindere dalla
erogazione di un compenso.

Il divieto era poi penalmente
sanzionato dall’articolo 2 della stessa legge 1369/60, salva la
applicazione delle sanzioni previste dalla legge 264/49, e dalle altre
leggi in materia,

Peraltro la rigidità del
principio del «monopolio pubblico» del collocamento, stabilito dalla legge
264/49, e ribadito dalla legge 1369/60, era stata progressivamente superata nel
nostro ordinamento, dapprima con la legge 196/77 (che legittimò, in determinati
casi, le imprese iscritte in apposito albo nazionale a
mettere a disposizione di altre imprese. l’opera di
prestatori di lavoro temporaneo assunti dalle prime, ai quali doveva essere
assicurato il trattamento contributivo vigente nelle seconde) ed in seguito dal
D.Lgs 469/77 (che consenti ad imprese aventi determinati requisiti di
esercitare, previa autorizzazione del ministero del Lavoro, l’attività di
mediazione tra domanda ed offerta di lavoro).

E questa Corte suprema aveva
affermato che le sanzioni penali previste dall’articolo 27 della legge 264/49
continuavano a trovare applicazione anche dopo l’abolizione del “monopolio
pubblico” degli uffici territoriali del ministero in materia di
intermediazione del lavoro, attuata dei testi legislativi del 1997
dianzi citati (vedi Sezione terza, 14 gennaio 2003, Vezzoli, m. 223.228).

La più recente riforma del
mercato del lavoro, attuata dal D.Lgs 276/03, lungi
dall’introdurre una totale deregolamentazione del settore della
somministrazione di manodopera da parte di imprese private verso altre imprese
private, ha identificato un unico regime di autorizzazione per i soggetti che
svolgono attività di somministrazione di lavoro, di intermediazione, ricerca e
selezione del personale, supporto alla ricollocazione professionale (articoli 4‑6);
ha consentito che la somministrazione di lavoro possa essere oggetto, in forme
più ampie rispetto al passato ma pur sempre a determinate condizioni di
liceità, di un contratto di diritto privato (articoli 20‑21); ha continuato
comunque a sanzionare l’intermediazione abusiva e non autorizzata (articolo
18).

In particolare, il D.Lgs 276/03, ha istituito un albo ministeriale delle
agenzie per il lavoro, articolato in cinque sezioni ed ha dettagliatamente
disciplinato il contratto di somministrazione di lavoro, distinguendolo
dall’appalto di servizi e dal distacco.

L’articolo 20 prevede il
contratto di somministrazione di lavoro, distinguendo tra contratto a termine,
ammesso per ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o
sostitutivo, anche se riferibili all’ordinaria attività dell’utilizzatore, e
contratto a tempo indeterminato, ammesso specificamente per taluni particolari
servizi (servizi di consulenza e assistenza nel settore informatico;
servizi di pulizia, custodia, portineria; servizi di trasporto di persone e di
trasporto e movimentazione di macchinari e merci; gestione di biblioteche,
parchi, musei, archivi, magazzini e servizi di economato;
attività di consulenza direzionale e gestione del personale; attività di
mercato e commerciali; gestione dei centri chiamata; installazioni o smontaggio
di impianti e macchinari, e simili).

L’articolo 29 ribadisce
i criteri distintivi tra la somministrazione di lavoro e l’appalto d’opera o di
servizio di cui all’articolo 1655 Cc, che sono identificati nella
organizzazione dei mezzi necessari da parte dell’appaltatore, dall’esercizio
del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati
nell’appalto, nonché nella assunzione, da parte del medesimo appaltatore, del
rischio d’impresa.

L’articolo 18 infine sanziona
penalmente l’esercizio non autorizzato delle attività riservate alle agenzie
iscritte all’albo, nonché l’esercizio abusivo della
attività di intermediazione, e quindi ogni attività non autorizzata di
somministrazione di lavoro o di utilizzazione di somministrazione di lavoro da
parte di soggetti non autorizzati.

La nuova normativa, pertanto, ha
solo ampliato il previgente sistema derogatorio ad una attività
generalmente illecita, prevedendo che tale attività possa essere lecitamente
svolta purché nel rispetto di plurime e specifiche condizioni.

Il D.Lgs
276/03, a tal riguardo, si è perfettamente conformato alle prescrizioni della
legge di delega 30/2003, ove era stato precisato ‑ all’articolo 1, comma 2,
lettera m), n. 6 ‑ che doveva esservi «conferma del regime
sanzionatorio civilistico e penalistico previsto per i casi di violazione della
disciplina della mediazione privata nei rapporti di lavoro».

Secondo i ricordati principi in
tema di continuità normativa (Su, 25887/03, Giordano) ricorre una abrogazione senza abolizione del reato se i fatti
costituenti reato secondo la legge anteriore siano tuttora punibili secondo la
legge posteriore, mentre se alcuni fatti puniti dalla legge anteriore restano
fuori dal perimetro normativo della nuova fattispecie penale ricorre una
abrogazione con effetto solo parzialmente abolitivo del reato.

Alla luce di tale criterio deve
ritenersi, secondo una valutazione di tipo strutturale delle fattispecie
tipiche, che la fattispecie di illecita mediazione
nella fornitura di manodopera punita dalla legge 264/49, e dalla legge 1369/60,
è stata solo parzialmente abrogata dalla fattispecie di esercizio abusivo della
intermediazione di cui all’articolo 18, comma primo, secondo e terzo periodo,
D.Lgs 276/03.

Invero, l’area della
intermediazione abusiva era molto più ampia quando la intermediazione
legittima era monopolizzata dagli uffici ministeriali di collocamento, mentre
diventa molto più ristretta ora che l’intermediazione tra domanda ed offerta di
lavoro è attribuita anche a soggetti privati debitamente autorizzati, sicché i
fatti di somministrazione di lavoro da parte di soggetti privati non formalmente
autorizzati, che erano già puniti secondo la legge precedente, restano punibili
anche con la nuova legge, con la conseguenza che si applicherà ad essi il
principio della legge più favorevole di cui al terzo comma dell’articolo 2 Cp;
mentre altri fatti di intermediazione, che sono diventati legittimi con le
leggi di riforma del mercato del lavoro, restano fuori dalla nuova fattispecie
incriminatrice e non possono essere più puniti se commessi sotto il vigore
della vecchia disposizione abrogata.

In particolare:

‑ l’articolo 1 della legge
1369/60, prevedeva come reato la condotta violatrice del divieto di affidare,
in appalto, subappalto o in altre forme atipiche, la esecuzione
di mere prestazioni di lavoro mediante impiego di manodopera assunta e retribuita
dall’appaltatore;

‑ l’articolo 18 del D.Lgs 276/03, prevede attualmente come reato sia l’esercizio
non autorizzato della attività di somministrazione di lavoro, sia
l’utilizzazione di prestazioni provenienti da soggetto non autorizzato o
comunque al di fuori dei casi previsti dalla legge. Ne consegue che la
somministrazione di lavoro deve considerarsi lecita solo
se effettuata da soggetti autorizzati e nei casi e secondo le modalità
espressamente disciplinati, mentre era e resta illecita se effettuata al di
fuori di tali condizioni.

Più in particolare, stante
l’amplissima formulazione dei divieti previsti dai primi due commi
dell’articolo 1 legge 1369/60, la fattispecie abrogata puniva sia il
committente sia l’appaltatore che ricorressero a
qualsiasi esecuzione di prestazioni lavorative mediante impiego, sotto
qualsiasi forma, di manodopera assunta dall’appaltatore ma di fatto operante
alle dipendenze del committente. La fattispecie introdotta dalla nuova legge
punisce sia chiunque eserciti attività non autorizzate di somministrazione di
lavoro, sia l’utilizzatore che ricorra alla
somministrazione di lavoro fornita da soggetti non abilitati o comunque al di
fuori dei casi previsti (articolo 4, comma 1, lettera b), in relazione
all’articolo 20, comma 3, lettera da a) ad h».

Tenuto conto che il legislatore
ha,fissato il principio non formalistico per cui in
questa materia i contratti valgono per il loro contenuto effettivo e non per il
nomen iuris loro assegnato, e considerando la distinzione tra somministrazione
di lavoro ed appalto di servizi ribadita dall’articolo 29 del D.Lgs, per cui
sussiste l’appalto solo nel caso in cui l’organizzazione dei mezzi produttivi,
la direzione dei lavoratori e il rischio di impresa sono in capo
all’appaltatore e non al committente o utilizzatore delle prestazioni, deve
dedursi che ogni volta che un imprenditore utilizzi prestazioni di lavoratori
forniti da altri, assumendosi però l’organizzazione dei mezzi, la direzione dei
lavoratori e il rischio d’impresa, si concretizza una somministrazione di
manodopera, che resta vietata e penalmente sanzionata se priva dei requisiti
soggettivi ed oggettivi previsti dalla nuova legge.

Ne consegue che quello che
secondo la legge abrogata era considerato appalto di mere prestazioni di
lavoro, perché l’appaltatore impiegava capitali, macchine e attrezzature
fornite dal committente (articolo 1, comma 3, legge 1369/60), è ora qualificato come somministrazione di lavoro ed è ugualmente
punito se esercitato da soggetti non abilitati o fuori dalle ipotesi previste
dalla nuova legge.

Può solo aggiungersi, per
completezza, che l’articolo 29 del D.Lgs 276/03 ha
meglio definito la distinzione tra appalto di servizi e somministrazione di
lavoro, recependo peraltro la elaborazione giurisprudenziale in materia,
formulando più chiaramente i parametri e criteri distintivi occorrenti per
configurare il legittimo appalto, criteri che ora sono sostanzialmente due: a)
l’organizzazione dei mezzi necessari da parte dell’appaltatore, che può anche
risultare, in relazione alle esigenze dell’opera o del servizio dedotti in
contratto, dall’esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti
dei lavoratori utilizzati nell’appalto; b) la assunzione, da parte del medesimo
appaltatore, del rischio d’impresa.

Nel caso di specie, la contestata
somministrazione di mere prestazioni di lavoro, qualora effettuata
dall’imputata al di fuori delle regole introdotte dal D.Lgs 276/03, aveva
rilevanza penale alla stregua della normativa abrogata e continua ad averla
secondo quella attualmente vigente.

In accoglimento del ricorso del
Pm, la sentenza impugnata deve pertanto essere annullata con rinvio –
trattandosi di sentenza inappellabile – al Tribunale di Perugia per nuovo
giudizio.

PQM

Annulla la sentenza impugnata con
rinvio al Tribunale di Perugia per nuovo giudizio.