Penale

Thursday 10 November 2005

L’ avviso di conclusione delle indagini ex art. 415 bis c.p.p. ha effetto interruttivo della prescrizione del reato.

Lavviso di conclusione delle indagini ex art. 415 bis c.p.p. ha effetto interruttivo della prescrizione del reato.

Cassazione Sezione quinta penale (up) sentenza 16 giugno-4 agosto 2005, n. 29505

Presidente Foscarini Relatore Didone

Pg Gialanella Ricorrente Vettorato ed altri

Ritenuto in fatto e in diritto

La Corte di appello di Venezia, con sentenza del 7 ottobre 2004, ha riformato la sentenza del Tribunale di Treviso ‑ Castelfranco Veneto, in data 20 giugno 2003, di condanna di Goegan Alessandro alla pena di giustizia, determinata ai sensi dellarticolo 81 Cp, per i contestati reati di ingiuria (commesso il 14 giugno 1997 in danno di Vettorato Paolo), di lesione personale e di minaccia (commessi il 10 ottobre 1997 in danno di Goegan Antonietta), dichiarandone lestinzione per intervenuta prescrizione e revocando le statuizioni civilistiche. E ciò perché, essendo maturato il termine prescrizionale di cinque ami previsto dallarticolo 157, comma 1, n. 4, Cp prima della notifica del decreto di citazione diretta a giudizio (emesso peraltro soltanto in data 15 ottobre 2002) e non risultando alcun precedente atto interruttivo (né per tale potendo essere qualificato lavviso notificato allimputato per gli effetti di cui allarticolo 415bis Cpp), il riconosciuto effetto estintivo della prescrizione va riportato a momento precedente alla conclusione del processo di primo grado: «essendo cosi mancata la formazione di un valido giudizio di responsabilità in quella fase procedimentale, resta preclusa loperatività della disciplina di cui allarticolo 578 Cpp, che, ai fini della conferma delle statuizioni civili, postula la pronuncia di unefficace e rituale condanna alle restituzioni o al risarcimento, che qui viene a mancare».

Con comune ricorso le parti civili costituite denunziano che, mi tal modo, la sentenza impugnata è inficiata da «violazione dellarticolo 160 Cp in relazione allarticolo 415bis Cpp, riproponendo, in articolata prospettazione, la questione di assimilazione dellavviso ex articolo 415bis Cpp al decreto di citazione a giudizio dellimputato ed ai correlativi effetti di interruzione del decorso del termine prescrizionale. Mentre, col secondo motivo, adducono il vizio logico della motivazione, che ha negato tale equipollenza, e, coi terzo motivo, sostengono che sussiste violazione della disciplina di cui allarticolo 578 Cpp, essendone stata negata loperatività senza la necessaria valutazione della ,fondatezza della domanda civilistica».

In contrario risulta inoltre depositata memoria difensiva nellinteresse dellimputato, sostanzialmente ribadendosi le argomentazioni della sentenza impugnata sullesclusione della ipotizzata equipollenza interruttiva dellavviso notificato ai sensi dellarticolo 415bis Cpp e, daltra parte, evidenziandosi linfondatezza delle altre questioni sollevate dai ricorrenti Vettorato Paolo e Goegan Antonietta. Nellinteresse di questi ultimi è stata depositata una memoria difensiva con la quale si ribadiscono il primo e il terzo motivo di ricorso.

Osserva la Corte che, nonostante il diverso ordine dei motivi di ricorso seguito dai ricorrenti, priorità logica va assegnata alla questione attinta dal terzo motivo, posto che, se il giudice di appello avesse dovuto decidere sullimpugnazione ‑ come sostengono i ricorrenti ‑ ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza concernenti gli interessi civili, ai sensi dellarticolo 578 Cpp, la questione sollevata con i primi due motivi di ricorso, concernenti lidoneità interruttiva della prescrizione della notifica dellavviso di deposito degli atti ex articolo 415bis Cpp, sarebbe irrilevante.

Sennonché, il terzo motivo di ricorso è manifestamente infondato, posto che «la decisione del giudice dellimpugnazione sugli effetti civili del reato estinto presuppone che la causa estintiva sia sopravvenuta alla sentenza emessa dal giudice di primo grado che ha pronunciato sugli interessi civili, mentre, qualora la causa di estinzione del reato preesista alla sentenza di primo grado ed il giudice erroneamente non labbia dichiarata, non sussistono i presupposti di operatività dellarticolo 578 Cpp, poiché tale decisione presuppone una precedente pronuncia di condanna sulle statuizioni civili validamente emessa e gli effetti della sentenza di secondo grado devono essere riportati al momento in cui è stata emessa quella di primo grado» (Cassazione, Sezione sesta, 33398/02, la quale, in applicazione di tale principio, ha annullato la decisione del giudice di appello che aveva dichiarato ‑ a seguito di derubricazione ‑ lestinzione del reato per essere maturato il termine prescrizionale prima della pronuncia di primo grado, confermando, inoltre, le statuizioni civili della sentenza di primo grado, con condanna degli imputati alla rifusione delle spese processuali in favore della parte civile. Nello stesso senso cfr. Cassazione, Su, 10086/98).

È fondato, per contro, il primo motivo di ricorso.

Infatti, questa Sezione, con sentenza 305/05 (dep. il 16 marzo 2005), ha enunciato il principio per il quale lavviso di deposito degli atti ex articolo 415bis Cpp costituisce valido atto interruttivo della prescrizione ai sensi dellarticolo 160 Cp.

La Corte non può che condividere siffatto orientamento giurisprudenziale.

Infatti, è pur vero, che le Su ‑ con pronuncia alla quale la giurisprudenza successiva ha prestato ossequio ‑ hanno ritenuto che «la lunga, assolutamente dominante, elaborazione giurisprudenziale di legittimità (Cassazione, Sezione sesta, 12.4.1969, Ragonese, rv. 112214, per linterrogatorio a chiarimenti davanti al Gi; Sezione terza, 20.11.1978,, Missiano, rv. 140834, per la richiesta del p.m. di emissione di decreto di citazione a giudizio; Sezione quarta, 12.3.1980, Bertaldo, rv. 146855, per taluni atti istruttori come la perizia medica, la comunicazione giudiziaria e la nomina del difensore dufficio; Sezione quarta, 14.10.1980, Coppolino, rv. 148872, per linterrogatorio assunto dalla polizia giudiziaria; Sezione prima, 28.11.1994, Gallo, rv. 200237 e 14.11.1994, Pm in proc. Trimarchi, rv. 199891, per la richiesta del p.m. di decreto penale di condanna; Sezione quinta, 22.4.1997, Greco, rv. 208089, per le dichiarazioni spontanee rese dallimputato allAg), in perfetta coerenza con latteggiamento di rigoroso self-restraint della giurisprudenza costituzionale e con gli itinerari interpretativi della quasi unanime dottrina, ha costantemente ripudiato il ricorso al concetto di atto equipollente, riconducibile cioè alla eadem ratio di quelli analiticamente enumerati dellarticolo 160 Cp. E ciò per levidente incompatibilità sistematica di operazioni ermeneutiche che, facendo leva sullomologo trattamento processuale dellatto e forzando il pur riduttivo assetto del diritto positivo sostanziale ‑flutto di discrezionali e insindacabili scelte del legislatore‑, fossero comunque dirette alla surrettizia estensione analogica in malam partem delle tipiche e tassative fattispecie interruttive della prescrizione» (Cassazione Su, 33543/01). È vero, altresì, poi, che tale ultimo principio ‑ come innanzi rilevato ‑ anche di recente è stato applicato da questa Corte ad altra fattispecie (Cassazione, 10 luglio 2003 n. 37476, Rv. 226287, secondo la quale «nel procedimento davanti al giudice di pace, linterrogatorio dellindagato, effettuato dalla polizia giudiziaria per delega del Pm ai sensi dellarticolo 370 Cpp, non è idoneo ad interrompere il corso della prescrizione, non rientrando nel novero degli atti produttivi di tale effetto indicati nellart 160, comma secondo Cp e non essendo neppure menzionato tra gli atti aventi tale efficacia interruttiva previsti dallarticolo 61 D.Lgs 274/00, atteso che il divieto di analogia in malam parterm in materia penale non consente un ampliamento di tali categorie di atti processuali in via interpretativa»).

Sennonché, la pronuncia di questa Sezione dianzi richiamata, lungi dalloperare una non consentita estensione analogica in malam partem delle tipiche e tassative fattispecie interruttive della prescrizione, ha solo evidenziato che linvito a presentarsi al Pm ‑ atto al quale espressamente larticolo 160 Cp ricollega leffetto interruttivo ‑ è in sostanza contenuto anche nellavviso di deposito di cui allarticolo 415bis Cpp, nella parte m cui contiene lavvertimento che lindagato ha facoltà … di chiedere di essere sottoposto ad interrogatorio. Daltronde, lavviso ex articolo 415bis Cpp è fatto notificare dal Pm soltanto nellipotesi in cui non deve formulare richiesta di archiviazione, e dunque se intende esercitare lanione penale, del cui valido esercizio è condizione, come si desume conclusivamente dallarticolo 416/1, novellato dallo stesso articolo 17 legge 479/99, che commina sanzione di nullità nel caso di omissione sua nonché dellinvito di cui allarticolo 375/3 qualora la persona sottoposta alle indagini abbia chiesto di essere sottoposta ad interrogatorio «entro il termine di cui allarticolo 415bis, comma 3».

Se, dunque, lenunciato normativo di cui allarticolo 160 Cp, relativamente allinvito del Pm a presentarsi per rendere linterrogatorio, a seguito della riforma del 1988, andava riferito esclusivamente alla disposizione processuale di cui allarticolo 375 Cpp, dopo la modifica intervenuta nel 1999 dellarticolo 416, comma 1, Cpp, la norma sostanziale predetta va riferita, altresì, alla norma processuale di cui allarticolo 415bis Cpp, richiamata unitamente a quella di cui allarticolo 375 Cpp dal nuovo testo dellarticolo 416, comma 1, Cpp.

Una diversa conclusione comporterebbe che, stante la doverosità dellemissione dellinvito di cui allarticolo 375 Cpp a seguito della richiesta dellindagato, verrebbe rimessa alla volontà di questultimo lemissione da parte del Pm dellatto interruttivo della prescrizione, con la conseguenza che lindagato che sa di essere innocente e sollecita il proprio interrogatorio per esporre le proprie difese verrebbe posto m condizioni deteriori rispetto allindagato che sa di essere colpevole ed elude le investigazioni. Nel primo caso lindagato sollecita latto interruttivo della prescrizione, nel secondo il reo beneficia del tempo richiesto dagli adempimenti prescritti dallarticolo 415bis Cpp.

In altri termini, ad atti di esercizio del diritto di difesa di cui allarticolo 24 Costituzione verrebbe ricollegato un effetto interruttivo della prescrizione del reato con irragionevole disparità di trattamento rispetto allindagato consapevole della propria colpevolezza il quale con la propria inerzia beneficia di tempi morti del procedimento ai fini dellestinzione del reato, con lulteriore conseguenza che lindagato potrebbe, per evitare quelleffetto interruttivo, essere indotto a sacrificare il proprio diritto di difesa, rinviando alla fase delludienza preliminare o del dibattimento lesercizio di tale diritto fondamentale, cosi rinunciando al tentativo (e alla speranza) di vedere presto chiarita la propria posizione a seguito di richiesta di archiviazione da parte del Pm.

Lindirizzo giurisprudenziale accolto da questa Sezione, dunque, prescinde dallutilizzazione del concetto di atto equipollente, riconducibile cioè alla eadem ratio di quelli analiticamente enumerati nellarticolo 160 Cp, nel mentre individua nellavvertimento contenuto nellavviso ex articolo 415bis Cpp quellinvito a presentarsi previsto dallarticolo 160 Cpp e, originariamente, soltanto dallarticolo 375 Cpp.

Il ricorso, proposto esclusivamente ai fini civilistici, va, dunque, accolto, con assorbimento del secondo motivo.

Allannullamento della sentenza impugnata ‑ la quale, a differenza della sentenza di primo grado riformata ‑ ha dichiarato estinti i reati per prescrizione, non consegue, tuttavia, la necessità del rinvio, stante la congruità della statuizione sugli interessi civili contenuta nella sentenza di primo grado (la quale ha liquidato i danni in euro 500,00 in favore del Vettorato e in euro 3.000,00 in favore di Goegan Antonietta nonché le spese sostenute dalle parti civili in curo 900,00 oltre accessori).

Invero, con latto di appello limputato aveva sollecitato soltanto 1) la declaratoria di estinzione dei reati per prescrizione, 2) aveva lamentato che la pena inflitta era eccessiva e, infine, aveva chiesto 3) la riduzione delle somme liquidate a titolo di risarcimento del danno. Soltanto nelle richieste conclusive dellatto di appello è contenuta 4) la mera richiesta di assoluzione per non aver commesso il fatto. Talché, ai sensi dellarticolo 620, lett. 1), Cpp, risulta superfluo il rinvio alla corte di merito.

Infatti, la già dichiarata estinzione dei reati per prescrizione e limpugnazione proposta ai soli effetti civili, esclude ogni interesse dellimputato in relazione ai motivi sub 1) e 2), mentre la richiesta sub 4) non è sorretta da alcuna censura specifica nei confronti della sentenza di primo grado.

Del tutto generica e non sorretta da specifiche censure è altresì il motivo di appello sub 3) relativo ai danni. Si che la corte di rinvio dovrebbe limitarsi a dichiarare linammissibilità del gravame. Pertanto, la Corte ritiene di poter confermare quelle statuizioni con lulteriore liquidazione delle spese di costituzione e difesa nel grado di appello, così come in dispositivo. alla luce della genericità e, dunque, dellinammissibilità del motivo di appello proposto dallimputato in relazione a tale capo.

PQM

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente agli effetti civili per i quali conferma la sentenza di primo grado, liquidano in euro 1.000,00 le spese sostenute dalle parti civili in grado di appello.