Penale
L’ avvalersi della facoltà di non rispondere all’ interrogatorio di garanzia può precludere la liquidazione della riparazione per ingiusta detenzione.
Lavvalersi della facoltà di non rispondere allinterrogatorio di garanzia può precludere la liquidazione della riparazione per ingiusta detenzione.
Corte dappello di Napoli Sezione ottava penale ordinanza 24 marzo-4maggio 2005, n. 18
Presidente Di Nola relatore Provitera
Ricorrente Sanselmo
In fatto
Listante ha avanzato domanda volta ad ottenere la riparazione dellingiusta detenzione in carcere, da lei subita dal 15 al 28 ottobre 2002 in carcere e dal 29 ottobre 2002 al 14 febbraio 2003 agli arresti domiciliari, a seguito di convalida dellarresto ed applicazione di custodia cautelare emessa dal Gip di Napoli per il delitto di cui agli articoli 56 e 575 Cp, poi derubricato in quello di cui agli articoli 582, 585, 577 Cp, commesso in Napoli il 15 ottobre 2002.
Laccusa mossa alla Sanselmo era quella di aver colpito con un paio di forbici il proprio genitore, cagionandogli lesioni personali.
Con sentenza 3179/04, passata in giudicato in data 14 maggio 2004, il tribunale di Napoli ha assolto limputata perché il fatto non sussiste.
Alludienza camerale del 24 marzo 2005, svoltasi in assenza della ricorrente, Pg e difensore concludevano come da verbale in atti.
In diritto
In via preliminare va osservato che listanza è ammissibile, in quanto presentata nel rispetto del termine di cui allarticolo 315 Cpp e non risulta la proposizione a questa Corte di altra analoga domanda, né che il periodo di custodia in esame sia stato computato o sofferto ad altro titolo.
Ciò posto, occorre poi valutare, ai sensi dellarticolo 314, comma 1, Cpp, se per caso il richiedente abbia dato o concorso a dare causa alla sua detenzione per dolo o colpa grave.
A tal fine è opportuno richiamare i principi espressi sul punto dalla S.C. (vedi Su 43/1996 e 34559/02), secondo i quali deve essere considerata la condotta tenuta dallinteressato sia anteriormente che successivamente al momento restrittivo della libertà, stabilendo con valutazione ex ante, non se tale condotta integri estremi di reato, ma solo se sia stata il presupposto, ancorché in presenza di errore dellautorità procedente, della sua falsa apparenza come illecito penale, dando luogo alla detenzione con rapporto di causa ad effetto, ritenendo ostativa al riconoscimento del diritto alla riparazione quella condotta che, pur tesa ad altri risultati, ponga in essere per evidente e macroscopica negligenza, imprudenza, trascuratezza, inosservanza di leggi, regolamenti o norme disciplinari una situazione tale da costituire una non voluta, ma prevedibile ragione di intervento della Ag; in particolare qualora in sede di interrogatorio di garanzia il ricorrente si sia avvalso della facoltà di non rispondere si tratta di trovare un delicato equilibrio tra il diritto, che va assicurato, alla libertà di strategia difensiva e lesigenza di corretta applicazione della legge, posto che presupposto dellequa riparazione è una condotta dellinteressato idonea a chiarire la sua posizione mediante lallegazione di quelle circostanze, a lui note, che contrastino laccusa o vincano le ragioni della cautela.
Tali principi pienamente recepiti nella elaborazione giurisprudenziale, sia precedente che successiva alle pronunce delle Su comportano che il giudice deve tener conto anche della condotta del ricorrente successiva allesecuzione del provvedimento restrittivo e, pur nel rispetto del diritto di costui a non rendere dichiarazioni, può legittimamente ritenere che la mancata risposta in sede di interrogatorio, senza fornire spiegazioni su circostanze obiettivamente indizianti, abbia contribuito alla formazione del quadro indiziario che ha indotto i giudici della libertà alla applicazione e protrazione della custodia, assumendo il silenzio il valore di violazione di una norma di prudenza, la quale vuole che chi è a conoscenza di circostanze non note, in quel momento, le riveli subito per eliminare lo stato di privazione della libertà (in tal senso: Cassazione 1365/95; 1705/00; 2154/01; 15143/03).
Orbene, la fattispecie che ci occupa rientra proprio nel paradigma espresso dai menzionati principi: è sufficiente infatti fare riferimento allo stesso provvedimento di convalida dellarresto, il quale, pur ritenendo che gli indizi consentivano di ritenere provata la sussistenza del reato di lesioni aggravate e non di tentato omicidio, ha comunque sottolineato il comportamento dellimputata che, avvalendosi della facoltà di non rispondere, non aveva ritenuto di giustificare in alcun modo la condotta posta in essere (vedi provvedimento in data 17 ottobre 2002).
In particolare pur riconoscendo che lindagato non è tenuto a rispondere, ha il diritto al silenzio e può calibrare i silenzi e le risposte come meglio crede, e ciò non solo in sede di interrogatorio di garanzia, ma anche al dibattimento va comunque evidenziato che nel caso di specie tutto è stato rimesso alle dichiarazioni del genitore p.o., il quale al dibattimento ne ha mitigato la iniziale portata, ingenerando il dubbio sulle reali intenzioni della figlia e portando alla sua assoluzione; ne consegue che il silenzio tenuto dallodierna istante ha contribuito al fatto che non emergessero tempestivamente determinati elementi relativi alle sue reali intenzioni se aggressive o autolesionistiche che, se fossero affiorati tempestivamente, avrebbero quantomeno impedito il protrarsi della custodia cautelare, se non addirittura il suo insorgere.
In definitiva, la detenzione s è rivelata ingiusta anche per fatto dellinteressata, che ha costituito quanto meno una concausa caratterizzata da colpa grave alla privazione della sua libertà personale.
La domanda pertanto deve essere respinta.
PQM
La Corte rigetta la domanda di riparazione dellingiusta detenzione, avanzata da Sanselmo Immacolata. Manda alla cancelleria per gli adempimenti consequenziali.