Penale
Insider trading. Per il Tribunale di Siracusa ci sono dubbi di costituzionalità . N. 658 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 giugno 2003.
Insider trading. Per il Tribunale di Siracusa ci sono dubbi di costituzionalità
N. 658 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 giugno 2003.
Ordinanza emessa il 10 giugno 2003 dal tribunale di Siracusa nel procedimento penale a carico di
Ciancio Sanfilippo Mario ed altri
Reati e pene – Intermediazione finanziaria – Abuso di informazioni privilegiate
Criteri per stabilire quando la condotta incriminata influisca «sensibilmente» sul prezzo dei titoli
– Mancata previsione
– Violazione del principio di uguaglianza per il potere del tutto discrezionale conferito al giudice sulla valutazione della sussistenza del reato
– Violazione del principio di tassativita’ delle fattispecie criminose. – Decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, art. 180. – Costituzione, artt. 3 e 25, comma secondo. Reati e pene
– Intermediazione finanziaria – Abuso di informazioni privilegiate – Trattamento sanzionatorio – Previsione di una pena superiore rispetto a quella indicata nella legge di delega
– Eccesso di delega. – Decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, art. 180. – Costituzione, art 76. In alternativa alla precedente questione. Reati e pene – Intermediazione finanziaria – Reato di abuso di informazioni privilegiate – Legge di delega – Determinazione del quantum di pena per le violazioni omogenee e di pari offensivita’ rispetto a quelle gia’ disciplinate da leggi vigenti – Mancata previsione – Violazione del principio di tassativita’ delle fattispecie penali – Eccesso di delega. – Legge 6 febbraio 1996, n. 52, art. 3, comma 1, lett. c). – Costituzione, artt. 25, comma secondo e 76. (GU n. 36 del 10-9-2003)
Nel processo che vede imputato Ciancio Sanfilippo Mario piu’
altri per il reato di cui all’art. 180 primo, secondo, terzo e quarto
(c.d. insider trading), decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58
(testo unico dei mercati finanziari) – che ha dato attuazione alla
legge delega n. 52/1996 – la difesa ha sollevato eccezione di
legittimita’ costituzionale dell’art. 3 lett. c) di tale legge delega
e del detto art. 180 per violazione degli articoli 3, 25 comma
secondo e 76 della Costituzione.
Sulle predette eccezioni di costituzionalita’ il giudice osserva
quanto segue.
Sotto un primo profilo, la difesa ha rilevato come la
compatibilita’ della legislazione in materia penale con il principio
di riserva assoluta di legge di cui all’art. 25, secondo comma e con
l’art. 76 della Costituzione e’ subordinata alla presenza, nella
legge delega, di «indicazioni cosi’ dettagliate e precise da far
considerare l’attivita’ di Governo come un’opera meramente
esecutiva». Nel caso in esame, ritiene la difesa, detta
compatibilita’ non sussiste in quanto non puo’ essere considerata in
linea col principio di legalita’ una legge delega – quale la
n. 52/1996 – che all’art. 3 lett. c) prevede che le sanzioni penali
possono essere previste «per assicurare l’osservanza alle
disposizioni dei decreti legislativi», senza specificare tali
disposizioni e le relative condotte. Da cio’ consegue che unico e
vero arbitro della scelta delle condotte punibili e’ stato il potere
esecutivo, in contrasto con il principio della riserva di legge.
Un altro profilo per il quale la difesa eccepisce la violazione
dell’art. 25, secondo comma, Cost. attiene al mancato rispetto del
principio di tassativita’ della fattispecie penale. Infatti,
l’art. 180, comma terzo, t.u.m.f. definisce l’informazione
privilegiata come «l’informazione specifica di contenuto determinato,
di cui il pubblico non dispone che, se resa pubblica, sarebbe idonea
ad influenzare sensibilmente il prezzo» sostiene la difesa che,
l’impossibilita’ ci stabilire ex ante quando un’informazione sia
idonea ad influenzare «sensibilmente» il prezzo dei titoli, anche
tenuto conto che la domanda e l’offerta sono stimolate non soltanto
da autonome operazioni ma anche dal normale flusso del risparmio,
dalla congiuntura economica e da molteplici vicende spesso
imprevedibili, impedisce ai destinatari delle norme penali di
orientare i propri comportamenti conoscendo preventivamente le
conseguenze degli stessi.
Ulteriore profilo per cui si eccepisce la legittimita’
costituzionale dell’art. 180, t.u.m.f., con riferimento agli articoli
25, secondo comma, e 76 Cost., discende dall’art. 3, comma lett. c)
della legge delega. A tal proposito la difesa rileva che il principio
di riserva assoluta di legge non riguarda solo la determinazione del
precetto normativo, ma anche il profilo attinente alla pena da
infliggere, in ossequio al principio nulla poena sine lege. L’art. 3,
primo comma, lett. c) della legge delega n. 52/1996 non assolve
all’obbligo di determinazione delle sanzioni penali stabilendo
generici minimi e massimi di pena ancorandoli peraltro a fattispecie
il cui contenuto non e’ decifrabile.
Peraltro, mentre l’art. 3 della legge delega cit. prevede
l’applicazione delle pene dell’arresto e/o dell’ammenda, l’art. 180
t.u.m.f prevede come sanzione quella della reclusione e della multa,
con cio’ ulteriormente violando i predetti precetti costituzionali.
E’ manifestamente infondata la eccezione di legittimita’
costituzionale dell’art. 3 della legge delega 6 febbraio 1996, n. 52
in relazione all’art. 25, secondo comma e 76 Cost. Il principio di
legalita’ ed i presupposti della delega costituzionalizzati
nell’art. 76 non sono violati quando sia una legge dello Stato ad
indicare i presupposti, i caratteri, il contenuto e i limiti dei
provvedimenti dell’autorita’ non legislativa alla cui trasgressione
deve seguire la pena.
Nel caso in esame la legge n. 52/1996 ha delegato il Governo ad
emanare decreti legislativi recanti le norme occorrenti per dare
attuazione a numerose direttive della Comunita’ europea, il contenuto
delle quali costituisce anch’esso principio e criterio della delega
legislativa.
L’art. 8 della predetta legge delega prevede inoltre che ai testi
unici che il Governo dovra’ emanare, andranno coordinate le norme
vigenti nelle stesse materie ed apportando alle medesime le
integrazioni e modificazioni necessarie al predetto coordinamento.
Cio’ premesso, si rileva come il reato di insider trading non sia
stato introdotto ex novo dal decreto legislativo n. 58/1998 – che ha
dato attuazione alla legge delega n. 52/1996 – ma era gia’
disciplinato nel nostro ordinamento dalla legge n. 157/1991. Il
legislatore delegato, nell’ambito del potere conferitogli dal
legislatore delegante, ha riformulato una fattispecie gia’ esistente,
apportandovi quelle integrazioni e modificazioni necessarie a
coordinarla con altre normative al fine di creare un corpo unitario.
D’altra parte, le Camere ricorrono alla delega nei casi in cui la
materia da regolare legislativamente sia molto complessa e richieda
cognizioni tecniche di cui solo il Governo – che puo’ avvalersi
dell’opera di organi consultivi tecnici – puo’ disporre. In
particolare, il ricorso ad una legge delega per l’emanazione di un
testo unico si giustifica ove si osservi che il Governo, nel
coordinare le varie disposizioni legislative, puo’ ritenere
necessario apportare alla materia innovazioni sostanziali per rendere
omogeneo ed attuale un corpo di norme emanate successivamente nel
tempo ai fini della loro migliore comprensione ed applicazione.
Richiedere al legislatore delegante un’indicazione cosi’
dettagliata e precisa dei principi e delle direttive da far
considerare l’attivita’ di governo come un’opera meramente esecutiva,
vanificherebbe le finalita’ dello strumento del decreto legislativo.
Ritiene dunque questo giudicante che la censura di legittimita’
costituzionale lamentata dal difensore sia manifestamente infondata,
atteso che l’ambito di operativita’ del legislatore delegato e’ stato
sufficientemente determinato dal legislatore delegante, sia per cio’
che attiene ai criteri e direttive generali della delega, desumibili
anche dal contenuto delle singole direttive comunitarie da attuare,
sia per cio’ che attiene ai criteri speciali, desumibili dalla
previgente norma in materia di insider trading.
E’ invece non manifestamente infondata la eccezione di
illegittimita’ costituzionale sollevata con riferimento all’art. 180,
terzo comma, t.u.m.f. per violazione del principio di tassativita’
che e’ uno dei corollari dell’art. 25, secondo comma, della
Costituzione.
L’art. 180, terzo comma, del d.lgs. n. 58/1998, come gia’ detto,
prevede che «ai fini dell’applicazione delle disposizioni dei commi
primo e secondo, per informazione privilegiata si intende
un’informazione specifica di contenuto determinato, di cui il
pubblico non dispone, concernente strumenti finanziari o emittentidi
strumenti finanziari che, se resa pubblica, sarebbe idonea ad
influenzare sensibilmente il prezzo». La formulazione di tale
disposizione non consente di determinare la fattispecie criminosa con
connotati precisi in modo che l’interprete, nel ricondurvi un’ipotesi
concreta, possa esprimere un giudizio di corrispondenza sorretto da
fondamento controllabile.
Nel caso di specie e’ rimesso al giudice di stabilire se
l’informazione utilizzata e resa pubblica sia idonea ad influenzare
«sensibilmente» il prezzo. Ora, e’ evidente che spesso le norme
penali si limitano ad una descrizione «elastica» del precetto per
realizzare nel miglior modo possibile l’esigenza di una previsione
tipica dei fatti costituenti reato. Cio’ pero’ non puo’ mai spingersi
sino al punto di rendere indeterminata la condotta sanzionata. Nel
caso in esame, e’ evidente che il legislatore non poteva
predeterminare tutte le informazioni idonee ad influenzare il prezzo
dei titoli, in quanto spetta necessariamente all’interprete stabilire
ex post – valutate tutte le variabili del mercato finanziario
esistenti al momento in cui l’agente si e’ avvalso dell’informazione
– se questa potesse o meno influenzare il prezzo dei titoli. Ma cio’
che rimane del tutto indeterminato e’ stabilire in quali casi
l’impatto dell’informazione sul mercato finanziario possa determinare
una variazione «sensibile» del prezzo dei titoli stessi. Tale
incertezza non consente di distinguere i comportamenti penalmente
leciti da quelli illeciti, e il cittadino sapra’ di aver commesso o
meno un reato solo a seguito dell’interpretazione operata dal
giudice, il quale potra’ riconoscere la sussistenza del reato di
insider trading sulla base di una propria valutazione del tutto
discrezionale in mancanza di qualsivoglia specifico criterio legale.
Cio’ collide con il principio di tassativita’ enunciato
dall’art. 25, secondo comma, Cost., nonche’ con il principio di
eguaglianza previsto dall’art. 3 della Costituzione che sarebbe
vulnerato dai contrastanti apprezzamenti giurisprudenziali
determinati dalla vaghezza della norma.
La rilevanza delle questioni nel giudizio a quo e’ evidente.
Infatti, una pronuncia di accoglimento inciderebbe direttamente sulla
valutazione della condotta tenuta dall’imputato, che, parametrata a
criteri precisi, potrebbe non integrare gli estremi del delitto
contestato.
E’ invece manifestamente infondata la eccezione di legittimita’
costituzionale dell’art. 180 t.u.m.f. con riferimento agli
articoli 25, secondo comma, per violazione del principio di legalita’
della pena, e 76 della Costituzione per eccesso di delega, nei
termini proposti dalla difesa nella sua prima memoria.
L’art. 3, lett. c) della legge delega n. 52/1996 dispone che, ove
necessario per assicurare l’osservanza delle disposizioni contenute
nei decreti legislativi, saranno previste sanzioni amministrative e
penali per le infrazioni alle disposizioni dei decreti stessi. A tal
proposito il legislatore delegante ha previsto le pene dell’ammenda
(fino a un massimo di L. 200.000.000) e dell’arresto (fino a tre
anni), sole o congiunte, a seconda della gravita’ delle infrazioni.
La predetta norma, nell’ultima parte, prevede che «in ogni caso,
in deroga ai limiti sopra indicati, per le infrazioni alle
disposizioni dei decreti legislativi saranno previste sanzioni penali
o amministrative identiche a quelle eventualmente gia’ comminate
dalle leggi vigenti per le violazioni che siano omogenee e di pari
offensivita’ rispetto alle infrazioni medesime». Con tale
disposizione il legislatore delegante ha voluto chiaramente che il
reato di insider trading conservasse la natura di delitto come
previsto dall’art. 2 legge n. 157/1991 che lo puniva con la
reclusione fino ad un anno e con la multa fino a 300 milioni.
Sotto questo profilo, e’ manifestamente infondata l’eccezione di
legittimita’ costituzionale dell’art. 180 t.u.m.f. sollevata dalla
difesa nella parte in cui tale norma sanziona il reato in oggetto con
la reclusione e la multa anziche’ con l’arresto e l’ammenda.
La difesa, in una memoria successiva, ha sollevato altri profili
di illegittimita’ costituzionale dell’art. 180 t.u.m.f. A tal
proposito ha rilevato che mentre il legislatore delegante,
all’art. 3, comma l, lett. c) ultima parte, aveva previsto sanzioni
penali «identiche» a quelle gia’ comminate dalle leggi vigenti per
violazioni omogenee e di pari offensivita’, il legislatore delegato
aveva oltrepassato il limite della delega. Infatti, mentre l’art. 2
della legge n. 157/1991 – che disciplinava l’insider trading –
prevedeva la pena della reclusione fino ad un anno e la multa fino a
L. 300 milioni, l’art. 180 t.u.m.f. ha previsto una pena superiore
(reclusione fino a tre anni e multa fino a lire 600 milioni).
Tale eccezione di legittimita’ costituzionale non e’
manifestamente infondata.
Non e’ chiaro che cosa abbia voluto intendere il legislatore
delegante laddove parla di sanzioni «identiche» a quelle gia’
comminate da leggi vigenti. Se con tale aggettivo il legislatore
delegante ha voluto intendere una pena uguale per genere e quantum a
quella gia’ contenuta nell’art. 2 legge n. 157/199l, l’art. 180
t.u.m.f., nel prevedere una pena superiore, ha violato l’art. 76
Cost., in quanto ha ecceduto il limite della delega. Se invece il
legislatore delegante ha voluto intendere una pena uguale solo per
genere a quella prevista dall’art. 2, legge n. 157/199l, la norma
censurabile per violazione degli articoli 76 e 25, secondo comma,
Cost. e’ quella dell’art. 3, comma l, lett. c), della legge delega
n. 52/1996 la quale non ha previsto il quantum di pena con cui
sanzionare le violazioni omogenee e di pari offensivita’ rispetto a
quelle gia’ disciplinate da leggi vigenti, tra le quali rientra il
reato di insider trading.
La rilevanza della questione nel giudizio a quo e’ desumibile
dall’immediata incidenza che un’eventuale pronuncia di accoglimento
avrebbe nella valutazione della condotta degli imputati.