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Illeciti edilizi e potere repressivo della P.A. Un’ interessante sentenza del Consiglio di Stato. Consiglio di Stato – Sezione quarta – decisione 15 luglio-3 novembre 2003, n. 7025
Illeciti edilizi e potere repressivo della P.A. Uninteressante sentenza del Consiglio di Stato
Consiglio di Stato Sezione quarta decisione 15 luglio-3 novembre 2003, n. 7025
Presidente Trotta estensore Rulli
Ricorrente Regione Basilicata
Fatto
Con ricorso proposto innanzi al Tar per la Basilicata il sig. Ernesto Accardi impugnava la determinazione dirigenziale del Dipartimento Assetto del Territorio della Regione Basilicata con la quale gli era stata inflitta lindennità risarcitoria ex articolo 15 della legge 1497/39 per opere abusive realizzate in area sottoposta a vincolo ambientale.
Il Tribunale adito, dopo aver precisato che la controversia rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, accoglieva il gravame sul rilievo che nella specie era ormai intervenuta la prescrizione quinquennale del diritto dellAmministrazione di riscuotere la sanzione e del potere da essa esercitato ai fini della sua applicazione.
Con atto notificato in data 22 dicembre 2000 la Regione Basilicata ha impugnato la predetta decisione deducendo la «violazione dei principi che regolano lesercizio delle funzioni amministrative; illegittima ed erronea applicazione della legge 689/81; insussistenza dei presupposti».
Si afferma, al riguardo, ed in particolare in relazione alla fattispecie di cui al ricordato articolo 15 della legge del 1939, che il potere dellautorità amministrativa di irrogare la sanzione pecuniaria in alternativa a quella della riduzione in pristino dello stato dei luoghi non risulta sottoposto a termini di decadenza o di prescrizione volti a limitare nel tempo ladozione delle dette misure sanzionatorie, così che dovrebbe essere fatta applicazione del principio generale in base al quale, in mancanza di espresse previsioni legislative, la potestà pubblica può essere esercitata in ogni tempo. Richiama in proposito alcune pronunzie di questo Consiglio che hanno deciso analoghe controversie nel senso prospettato precisando che gli illeciti amministrativi in materia paesistica ed urbanistica-edilizia hanno carattere permanente con la conseguenza che la prescrizione quinquennale di cui allarticolo 28 della legge 689/81 inizia a decorrere solo dal giorno in cui è cessata la permanenza.
Né può ricollegarsi, come ha fatto il giudice di primo grado (senza peraltro indicare in base a quali elementi sarebbe pervenuto a detta soluzione) siffatto momento al rilascio, in favore delloriginario ricorrente, del parere favorevole al mantenimento della costruzione abusiva atteso che la situazione di illiceità può dirsi venuta meno solo nel momento in cui è stato assolto lobbligo di riduzione in pristino dello stato dei luoghi, obbligo mai adempiuto dallinteressato.
La Regione Basilicata conclude chiedendo laccoglimento dellappello con lannullamento della sentenza impugnata.
Non risulta costituita parte appellata.
Alla pubblica udienza del 15 luglio 2003, non essendo presente nessuno per la parte appellante, la controversia è passata in decisione.
Diritto
1. Con la decisione portata allesame del Collegio il Tar per la Basilicata ha accolto il ricorso proposto dallodierno appellato avverso la determinazione regionale di applicazione della sanzione pecuniaria ex articolo 15 della legge 1497/39, ritenendo prescritto il credito vantato dallAmministrazione per effetto dellarticolo 28 della legge 689/81 ed assorbendo gli altri motivi prospettati.
La Regione Basilicata, nellappello proposto, contesta le tesi argomentative e le conclusioni alle quali è pervenuto il giudice di primo grado e richiama, a sostegno del richiesto annullamento, le più recenti pronunzie di questo Consiglio che hanno esaminato i vari profili relativi alla interpretazione della disciplina in materia.
2. Le questioni che vengono in rilievo in relazione allodierna controversia non sono sconosciute al Collegio che, in relazione alla fattispecie in esame, ritiene di poter condividere, sia pure con alcune ulteriori precisazioni rese necessarie dalla peculiarità del caso, limpostazione seguita e le conclusioni alle quali è pervenuto questo Consiglio di Stato nellesame di controversie aventi analogo contenuto (Cfr., sezione quarta, 6279/02; sezione quinta, 614/94; sezione sesta, 3184/00; 5373/00).
I principi enucleati i dette decisioni possono riassumersi nelle seguenti considerazioni:
a) larticolo 15 della legge 1497/39 va interpretato nel senso che lindennità prevista per abusi edilizi in zone soggette a vincoli paesaggistici costituisce una vera e propria sanzione amministrativa che prescinde dalla sussistenza effettiva di un danno ambientale, non rappresentando una forma di risarcimento del danno;
b) condonabilità degli abusi commessi in zone soggette a tutela ambientale, purché sia intervenuto il parere favorevole dellautorità competente ai sensi dellarticolo 32 della legge 47/1985;
c) applicabilità della sanzione di cui al predetto articolo 15 anche nel caso in cui sia intervenuto il previsto nulla osta, come precisato dallarticolo 2, comma 46 della legge 662/66, norma di natura chiaramente interpretativa;
d) applicabilità dellarticolo 28 legge 689/81, a norma del quale «il diritto a riscuotere le somme dovute per le violazioni amministrative punite con pena pecuniaria si prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui è stata commessa la violazione», atteso che i principi e le norme dettati dal capo I della legge 689/81 sono applicabili, per espresso dettato legislativo, a tutte le violazioni punite con sanzioni amministrative pecuniarie, anche se non previste in sostituzione di una sanzione penale (articolo 12 legge 689/81) e, quindi, anche agli illeciti amministrativi in materia urbanistica edilizia e paesistica puniti con sanzione pecuniaria.
La regola della prescrizione quinquennale, decorrente dal giorno della commissione della violazione, pur dovendo, in astratto, trovare applicazione in materia di illeciti amministrativi puniti con pena pecuniaria previsti dalla normativa di tutela urbanistica edilizia e del paesaggio (Cassazione, sezione prima, 6967/97), richiede, però, talune precisazioni.
Come a riguardo è stato già osservato (cfr. Consiglio di Stato, sezione sesta, 3184/00 citata):
– gli illeciti in materia urbanistica edilizia e paesistica, ove consistano nella realizzazione di opere senza le prescritte concessioni e autorizzazioni, hanno carattere di illeciti permanenti, di talché la commissione degli illeciti medesimi si protrae nel tempo, e viene meno solo con il cessare della situazione di illiceità, vale a, dire con il conseguimento delle prescritte autorizzazioni;
– in materia di decorrenza della prescrizione dellillecito amministrativo permanente, deve trovare applicazione il principio penalistico dettato per il reato permanente, secondo cui il termine della prescrizione decorre dal giorno in cui è cessata la permanenza (articolo 158 comma 1 Cp);
– pertanto, per gli illeciti amministrativi in materia paesistica urbanistica edilizia la prescrizione quinquennale di cui allarticolo 28 legge 689/81 inizia a decorrere solo dalla cessazione della permanenza, con la conseguenza che, vertendosi in materia di illeciti permanenti, il potere amministrativo repressivo può essere esercitato senza limiti di tempo e senza necessità di motivazione in ordine al ritardo nellesercizio del potere (Consiglio di Stato, sezione sesta, 1162/95; sezione quinta, 614/94).
Per quanto concerne il momento in cui può dirsi cessata la permanenza per gli illeciti amministrativi in materia urbanistica edilizia e paesistica, è stato precisato che, mentre per il diritto penale rileva la condotta commissiva (sicché la prescrizione del reato inizia a decorrere dalla ultimazione dellabuso), per il diritto amministrativo si è in presenza di un illecito di carattere permanente, caratterizzato dallomissione dellobbligo, perdurante nel tempo, di ripristinare secundum jus lo stato dei luoghi, con lulteriore conclusione che se lAutorità emana un provvedimento repressivo (di demolizione, ovvero di irrogazione di una sanzione pecuniaria), non emana un atto «a distanza di tempo» dallabuso, ma reprime una situazione antigiuridica contestualmente contra jus, ancora sussistente.
Dalle considerazioni che precedono si ricava, dunque, che nel campo dellillecito amministrativo che, come quello in esame, integra unipotesi di illecito formale consistente nellomessa richiesta della preventiva autorizzazione la permanenza cessa (e il termine quinquennale di prescrizione comincia a decorrere) o con lirrogazione della sanzione pecuniaria o con il conseguimento dellautorizzazione che, secondo pacifico orientamento, può essere rilasciata anche in via postuma (Cfr., Consiglio di Stato, sezione sesta, 2653/03; 5851/00; Ad. Generale 1 aprile 2002, n. 4/Gab. e n. 2340/2001).
3. Alla stregua delle considerazioni appena svolte, deve ritenersi che nel caso di specie, consistendo lillecito paesistico nella realizzazione di opera in zona vincolata senza la prescritta autorizzazione, la permanenza dellillecito non era ancora cessata alla data in cui è stata applicata, la sanzione pecuniaria di cui allarticolo 15 legge 1497/39, e dunque lesercizio del potere repressivo è stato tempestivo.
Il giudice di primo grado, invece, dopo avere precisato che il comportamento sanzionato dallarticolo 15 della ricordata legge 1497/39 ha carattere di illecito permanente, ha individuato il dies a quo dal quale inizia a decorrere il quinquennio prescrizionale nel momento in cui lAutorità preposta a tutela del vincolo ha espresso parere favorevole al mantenimento dellopera abusiva realizzata, facendo così venir meno lantigiuridicità del fatto.
Siffatta conclusione non può essere condivisa.
Ed infatti, se è vero, come affermato in sentenza, che lillecito in questione ha natura permanente, è altrettanto vero che lo stesso è caratterizzato dallomissione dellobbligo, perdurante nel tempo, di ripristinare secundum jus lo stato dei luoghi, così che se lamministrazione si determina con un provvedimento repressivo (demolizione ovvero irrogazione della sanzione pecuniaria) non è «emanato un atto a distanza di tempo» dalla commissione dellabuso, ma si sanziona una situazione antigiuridica ancora contra jus, atteso che la situazione di illiceità può dirsi venuta meno solo quando è stato assolto lobbligo di ripristino dello stato dei luoghi nel caso di demolizione o di pagamento della sanzione pecuniaria, come nella specie, ovvero ancora con il conseguimento in via postuma dellautorizzazione paesaggistica prevista dalla legge.
Né è esatto assumere a parametro di riferimento, come ha fatto il giudice di primo grado, il parere favorevole al mantenimento delle opere abusivamente realizzate espresso dalla Commissione regionale per la tutela del paesaggio e dallAssessore al Dipartimento assetto del territorio in relazione al provvedimento rilascio della concessione edilizia in sanatoria.
Siffatto parere, in mancanza di una qualsiasi norma positiva in tal senso, è da ritenere privo di unautonoma rilevanza in quanto concorre a consentire il rilascio della concessione edilizia (o autorizzazione) in sanatoria inserendosi, secondo le previsioni contenute nellarticolo 32 della legge 47/1985, nel diverso procedimento volto a sanare solo ed esclusivamente illeciti di natura edilizia-urbanistica in relazione ad immobili soggetti a vincoli paesaggistici e/o ambientali e non è, quindi, atto idoneo a far decorrere il termine di prescrizione previsto dal ricordato articolo 28 della normativa del 1981. Al contrario, il provvedimento sanzionatorio impugnato trova la sua disciplina in una normativa diversa da quella prevista nella cd. legge sul condono edilizio, si inserisce in un autonomo procedimento in cui intervengono altre Amministrazioni, titolari di interessi finalizzati alla tutela dellambiente, del paesaggio e del territorio, nonché alla repressione di eventuali abusi.
Come conferma della correttezza di quanto fin qui precisato si pone anche larticolo 2, comma 46, della legge 662/96 in base al quale il «versamento delloblazione non esime dallapplicazione dellindennità risarcitoria di cui allarticolo 15 della legge 1457/39», attesa la peculiarità della sua funzione di riparare alla lesione di uno specifico interesse pubblico violato, lesione che perdura fintanto che esso non sia risarcito per equivalente.
Infatti oblazione e sanzione pecuniaria hanno finalità diverse, si inseriscono in procedimenti differenti e colpiscono comportamenti diversi, così che il pagamento delluna non fa venir meno il dovere di agire per la riscossione dellaltra.
Del resto, questo Consiglio ha espressamente chiarito che lautorizzazione postuma per effetto della verifica di compatibilità ambientale non preclude la possibilità di infliggere anche la sola sanzione pecuniaria di cui allarticolo 15 della legge 1497/39, dal momento che «unautorizzazione postuma ai fini ambientali, valevole ai fini della positiva definizione del procedimento di sanatoria ai sensi dellarticolo 13 della legge 47/1985 semmai indirizza, vincolandolo nellesito, il residuo potere-dovere dellautorità competente di procedere allapplicazione della sanzione di cui allarticolo 15 della legge 1497/39. La circostanza, infatti, che lAmministrazione, esercitando un potere nella sostanza conferito dallo stesso articolo 15, abbia verificato la compatibilità ambientale in via postuma, se da un lato esclude la compromissione sostanziale dellintegrità paesaggistica, dallaltro non cancella la violazione dellobbligo, discendente dallarticolo 7, di conseguire in via preventiva il titolo di assenso necessario per la realizzazione dellintervento modificativo dellassetto territoriale» (sezione sesta, 912/01).
Con lulteriore precisazione che la verifica postuma di compatibilità ambientale e la conseguente definizione del procedimento di cui allarticolo 13 della legge 47/1985 non escludono lapplicabilità della sanzione pecuniaria; e che, in presenza di una valutazione di tal fatta, lAmministrazione ha il potere-dovere di applicare la sanzione pecuniaria, rimanendo ovviamente preclusa la possibilità di applicare la misura della demolizione e residuando il solo problema della quantificazione dellimporto alla luce dei criteri cristallizzati dallarticolo 15 della legge 1497/39 (sezione sesta, 912/01, cit.).
4. In conclusione lappello proposto dalla Regione Basilicata va accolto e la decisione impugnata deve essere annullata con la conseguente reiezione del ricorso di primo grado.
Le spese e gli onorari dei due gradi di giudizio possono essere compensate per giusti motivi.
PQM
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione quarta, definitivamente pronunciando, accoglie lappello in epigrafe e, per leffetto, annulla la sentenza impugnata e respinge il ricorso di primo grado.
Spese e onorari dei due gradi di giudizio compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dallautorità amministrativa.