Lavoro e Previdenza

Wednesday 15 June 2005

Il vizio della cocaina lede l’ immagine del corpo di polizia e può costare il posto all’ agente

Il vizio della cocaina lede limmagine del corpo di polizia e può costare il posto allagente

Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, sentenza n. 2705/2005

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 6690 del 2004, proposto da A., rappresentato e difeso dall’avv. Salvatore A. Napoli, elettivamente domiciliato presso lo studio del medesimo in Roma, Via C. Morin n. 1.

C O N T R O

Ministero dell’interno, in persona del Ministro in carica e Consiglio provinciale di disciplina presso la Questura di Bologna, in persona del suo Presidente, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la quale sono domiciliati per legge in Roma Via dei Portoghesi, n. 12.

PER L’ANNULLAMENTO

della sentenza del T.A.R. Lazio – Sezione staccata di Latina 20 aprile 2004, n. 222.

Visto il ricorso con i relativi allegati.

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero appellato.

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese.

Visti gli atti tutti della causa.

Data per letta alla pubblica udienza del 1 marzo 2005, la relazione del Consigliere Costantino Salvatore;

Uditi l’avv. Napoli per l’appellante e l’avv. dello Stato Elefante per il Ministero appellato.

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

FATTO

Con ricorso al TAR del Lazio, Sezione staccata di Latina, A. impugnava il decreto ministeriale in data 2 luglio 2002, recante la sua destituzione dall’Amministrazione della Pubblica Sicurezza per avere reiteratamente acquistato dosi di cocaina unitamente ad altro appartenente alla Polizia di Stato, denotando mancanza di senso dell’onore e della morale in relazione alla sua qualità di tutore dell’ordine, e recando, quindi, grave pregiudizio all’Amministrazione.

Il ricorrente lamentava la violazione e falsa applicazione dei principi generali in tema di pubblico impiego e, in particolare, in tema di personale di polizia di Stato di cui al DPR. 25 ottobre 1981, n. 737, nonché eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà manifesta, per eccessività della sanzione, per disparità di trattamento, per difetto di motivazione e di istruttoria.

L’Amministrazione intimata si costituiva in giudizio, contestando la fondatezza del gravame.

All’esito del deposito di documentazione, disposto con ordinanza presidenziale, il ricorrente proponeva motivi aggiunti, insistendo sulla deduzione di illegittimità per disparità di trattamento, nella considerazione che la sua posizione non sarebbe dissimile dalla posizione del collega B, nei cui confronti era stata disposta la sola sospensione temporanea dal servizio per mesi sei.

Il ricorso era respinto con la sentenza in epigrafe specificata, contro la quale l’interessato ha proposto il presente appello, chiedendone l’integrale riforma.

Il Ministero si è costituito anche in questo grado.

L’appello è stato trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 1 marzo 2005

DIRITTO

1. Con il primo motivo viene riproposta la censura di manifesta eccessività della sanzione in considerazione della tenuità del fatto e dell’occasionalità della assunzione delle sostanze stupefacenti.

Il motivo è infondato.

Come esattamente rilevato dal primo giudice, posto che il giudizio di tenuità di una sanzione disciplinare è direttamente correlato alla qualità dell’interessato, non può essere connotato da “tenuità” il comportamento di un agente di polizia, istituzionalmente preposto alla tutela dell’ordine, il quale, in contrasto con i doveri di lealtà e correttezza assunti con il giuramento, faccia uso di sostanze stupefacenti, tenendo contatto, a tal fine, con un personaggio (il fornitore dello stupefacente) ritenuto di assoluto rilievo e perfettamente inserito in un vasto contesto criminale & a diretto contatto con i trafficanti (come testualmente si desume dal verbale del Consiglio di Disciplina).

Quanto alla valutazione della gravità di un tale comportamento ai fini disciplinari e alla proporzione tra la sanzione disciplinare irrogata e la gravità dei fatti contestati, si tratta di attività che costituisce manifestazione del discrezionale apprezzamento dell’amministrazione, suscettibile di sindacato di legittimità solo per macroscopici vizi logici che nella specie non sussistono (cfr., Sez. IV, 15 maggio 2003 n. 2624).

La vicenda di cui il A si è reso protagonista, avuto riguardo alle modalità di tempo e di luogo in cui è maturata e si è sviluppata, rileva non solo la mancanza del senso dell’onore e del senso morale ma dimostra anche la dolosa violazione dei doveri istituzionali, con grave pregiudizio all’amministrazione di appartenenza.

La riscontrata mancanza di affidamento sulle doti morali e caratteriali dell’agente, che sostanzialmente sono alla base della destituzione, presuppone un apprezzamento di natura tecnico discrezionale da parte dell’amministrazione, che nel caso in esame non appare censurabile.

Ove poi si consideri che il ricorrente non è nuovo ad episodi del genere, in quanto, come risulta dal verbale della Commissione di Disciplina e dal foglio matricolare, ha subito nel 2000 la sanzione della pena pecuniaria per essere stato sorpreso, due anni prima, in possesso di hashish, appare evidente che, nel caso in esame, non sussiste neppure l’occasionalità dell’episodio.

2. Il secondo motivo investe il diverso atteggiamento che l’Amministrazione avrebbe tenuto in danno del ricorrente, al quale ha irrogato una sanzione più rigorosa di quella comminata all’altro agente (B), coinvolto nella stessa vicenda in maniera non dissimile (sospensione temporanea dal servizio per mesi sei).

Anche questa censura è infondata.

Se si prendono in esame le motivazioni addotte dalla Commissione di Disciplina nell’effettuare la proposta di destituzione per il ricorrente e la proposta di sospensione temporanea dal servizio per il B, si deve pacificamente concludere che le posizioni dei due agenti sono senz’altro diverse.

Dalla documentazione acquisita agli atti emerge, difatti, che il ricorrente si è comportato, verso il B come un trascinatore, avendo gestito in prima persona i rapporti con il fornitore di stupefacente, avendolo chiamato per telefono, avendolo incontrato, avendo da lui acquisito le sostanze stupefacenti da dividere poi con il B; mentre quest’ultimo ha mantenuto un ruolo di gregario.

Ove si aggiunga che il ricorrente, poi, ha omesso di sottoporsi, benché invitato a farlo, ad accertamenti clinici (al fine della ricerca di metaboliti da stupefacenti), diversamente dal B, che non si è sottratto alla visita e che, sempre il ricorrente ha mantenuto un comportamento scarsamente collaborativo per le indagini, avendo egli cominciato ad ammettere le proprie responsabilità soltanto a fronte di contestazioni circa le telefonate intercorse fra lui e il fornitore C, a differenza dell’altro inquisito, il cui comportamento è stato caratterizzato da collaborazione, si deve escludere che nel caso in esame, il provvedimento impugnato sia affetto dal vizio di disparità di trattamento, atteso che l’amministrazione ha tenuto presente anche il precedente della sanzione disciplinare per possesso di stupefacente.

Le considerazioni appena svolte in ordine alla diversità di posizione del ricorrente e del B, giustificano la diversità di sanzioni irrogate.

3. Le medesime considerazioni valgono, poi, per disattendere la censura di difetto di motivazione, dal momento che l’Amministrazione ha valutato tutti gli aspetti della vicenda aventi un qualche rilievo ai fini del decidere.

A tali fini, nessun rilievo assume il diploma di benemerenza conseguito nel 1998, l’assenza di particolari demeriti nonché la stima e la simpatia di cui il ricorrente godeva tra i colleghi.

La giurisprudenza ha avuto modo di ritenere legittima la destituzione dal servizio di un agente della Polizia di Stato che abbia fatto uso di sostanze stupefacenti, atteso che tale uso altera l’equilibrio psichico, inficia l’esemplarità della condotta, si pone in contrasto con i doveri attinenti allo stato di militare e al grado rivestito, influisce negativamente sulla formazione militare e lede il prestigio del Corpo (cfr., Sez. IV, 12 aprile 2001, n. 2259).

L’art. 7, nn. 2 e 6, d.P.R. 25 ottobre 1981, n. 737  prevede che la destituzione è inflitta, distintamente, per atti che siano in contrasto con i doveri assunti con il giuramento (n. 2) o per reiterazione di infrazioni o per persistente riprovevole condotta dopo che siano stati adottati altri provvedimenti disciplinari (n. 6).

Ora, fermo il fatto che l’uso di sostanze stupefacenti concreta una violazione dei doveri di correttezza e di lealtà assunti con il giuramento prestato e quindi legittima la sanzione della destituzione, nella fattispecie in esame, la sanzione è stata comminata nella ricorrenza anche della reiterazione della condotta già censurata, e, quindi, in presenza pure del secondo presupposto normativo richiamato.

4. Alla luce delle considerazioni svolte, l’appello va respinto.

Le spese del grado possono essere interamente compensate tra le parti, sussistendo giusti motivi.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sez. IV), definitivamente pronunciando sull’appello indicato in epigrafe, lo respinge.

Spese del grado compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, il 1 marzo 2005 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, nella Camera di Consiglio con l’intervento dei Signori:

Lucio VENTURINI Presidente

Costantino SALVATORE Consigliere est.

Pier Luigi LODI Consigliere

Aldo SCOLA Consigliere

Anna LEONI Consigliere

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

Costantino Salvatore Lucio Venturini

IL SEGRETARIO

Rosario Giorgio Carnabuci

Depositata in Segreteria il 25 maggio 2005