Civile

Thursday 08 July 2004

Il TAR Sardegna ha negato l’ indennizzo ai famigliari di un militare (in servizio in Kossovo) deceduto in conseguenza di esposizione a radiazioni da uranio impoverito.

Il TAR Sardegna ha negato lindennizzo ai famigliari di un militare (in servizio in Kossovo) deceduto in conseguenza di esposizione a radiazioni da uranio impoverito.

T.A.R. SARDEGNA – CAGLIARI – Sentenza 21 giugno 2004 n. 853

Manfredo Atzeni, Presidente f.f.; Alessandro Maggio, Consigliere estensore

Rita Lai ed Edoardo Pilia (Avv. Alfonso Olla) c. Ministero della Difesa (Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO PER LA SARDEGNA

SEZIONE PRIMA

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n° 1274/03 proposto da

Rita Lai ed Edoardo Pilia, rappresentati e difesi dallavv. Alfonso Olla, presso il cui studio in Cagliari, piazza Repubblica n° 4, sono elettivamente domiciliati;

contro

Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari, presso i cui uffici in Cagliari, via Dante n° 23, è legalmente domiciliato;

per la declaratoria

dellinadempimento dellobbligo gravante sullamministrazione intimata di apprestare ogni efficace accorgimento utile a tutelare lintegrità fisica e morale del sig. Filippo Pilia;

dellobbligo della amministrazione medesima di corrispondere la speciale elargizione di cui allart. 6 della L. n° 308/1981;

e per la condanna

dellamministrazione della difesa al risarcimento dei danni patrimoniali e non in favore dei ricorrenti commisurati in ¬ 2.500.000/00 ovvero di altra maggiore o minore somma considerata equa;

Visto il ricorso con i relativi allegati.

Visto latto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa.

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese.

Visti gli atti tutti della causa.

Udita alla pubblica udienza del 9/6/2004 la relazione del consigliere Alessandro Maggio e uditi gli avvocati delle parti, come da separato verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.

FATTO

Il 1° caporale maggiore dellesercito Filippo Pilia, ha prestato servizio in Kossovo, località Giakova, nellambito delloperazione KFOR, dal 23/6/2000 al 6/11/2000.

Operato per un liposarcoma al testicolo destro nel marzo del 2001, nel successivo mese di luglio ha ripreso servizio in Cagliari, presso il comando del 151° Reggimento Fanteria Sassari, dove ha prestato la propria attività lavorativa sino al dicembre 2002, quando, a causa dellaggravarsi della malattia, è deceduto.

Ritenendo la morte del 1° caporale maggiore Pilia imputabile allamministrazione della Difesa, i sig.ri Rita Lai ed Edoardo Pilia, nellasserita veste, rispettivamente, di madre e fratello di costui, hanno proposto lodierno ricorso, col quale chiedono che, accertata la dipendenza da causa di servizio della morte del proprio congiunto, sia dichiarato linadempimento, da parte del Ministero intimato, dellobbligo di apprestare ogni efficace accorgimento utile a tutelare lintegrità fisica e morale del suddetto sottufficiale, con conseguente condanna del medesimo Ministero al risarcimento dei danni, patrimoniali e non, quantificati in ¬ 2.500.000/00 ovvero in altra maggiore o minore somma ritenuta equa.

Lamentano, in particolare, i ricorrenti: a) la violazione dellobbligo di salvaguardare il proprio congiunto dallesposizione alle radiazioni prodotte dalluranio impoverito contenuto nelle armi, a loro dire, utilizzate in zona di operazioni; b) la violazione del dovere di evitare che le condizioni di malessere che affliggevano il suddetto sottufficiale durante la permanenza in Kossovo si aggravassero in conseguenza dellesposizione ad un più elevato affaticamento e stress psicofisico; c) la violazione dellobbligo di acclarare con assoluta certezza lidoneità psicofisica del medesimo militare prima di procedere alla riammissione in servizio.

Domandano, inoltre, gli odierni istanti laccertamento dellobbligo dellamministrazione intimata di corrispondere la speciale elargizione di cui allart. 6 della L. n° 308/1981.

Si è costituita in giudizio lamministrazione intimata depositando memoria con cui si è opposta, sia in rito che nel merito, allaccoglimento del ricorso.

Alla pubblica udienza del 9/6/2004 la causa su richiesta delle parti è stata posta in decisione.

DIRITTO

Può prescindersi dallesame delle eccezioni di rito prospettate dallamministrazione resistente, non potendo, comunque, il ricorso essere accolto.

La domanda risarcitoria è infondata.

Al riguardo è sufficiente rilevare che i ricorrenti non hanno fornito alcuna prova in ordine alla sussistenza dei fatti posti a fondamento della pretesa. In particolare, non hanno dimostrato che nella specifica zona ove ha prestato la propria opera il 1° caporale maggiore Pilia si sia fatto uso di munizioni alluranio impoverito, né, comunque, che costui sia stato effettivamente contaminato da radiazioni cancerogene.

Ugualmente del tutto generica ed apodittica risulta laffermazione secondo cui lamministrazione non avrebbe espletato idonea istruttoria volta ad accertare lidoneità del sig. Pilia a riprendere servizio, né, peraltro, risulta che costui, una volta ripresa lattività lavorativa, sia stato adibito ad attività particolarmente stressanti.

Daltra parte, laddove il sig. Pilia avesse inteso contestare la legittimità della propria riammissione in servizio, avrebbe dovuto tempestivamente impugnare il provvedimento, autoritativo, con cui lamministrazione ha disposto sul punto, impugnazione che, invece, è mancata.

I ricorrenti si sono, in definitiva, limitati a generiche, apodittiche e non provate affermazioni circa la sussistenza di pretesi inadempimenti, da parte dellamministrazione datrice di lavoro, di obblighi, inerenti il rapporto dimpiego, posti a tutela dellintegrità fisica del lavoratore.

La domanda diretta ad ottenere la corresponsione della speciale elargizione prevista dallart. 6 della L. 3/6/1981 n° 308, è, invece, inammissibile. La pretesa ad ottenere tale compenso ha consistenza di interesse legittimo, essendo la sua soddisfazione subordinata al positivo esercizio di un potere dellamministrazione di natura concessoria (cfr. Cons. Stato, IV sez., 19/7/1993 n° 727).

Conseguentemente non sono ammesse azioni di accertamento volte a far dichiarare la spettanza dellemolumento (cfr. sullinammissibilità dellazione di accertamento, a tutela di posizioni di interesse legittimo, Cons. Stato, IV sez., 30/7/2002 n° 4072).

Peraltro, con riguardo alla ricorrente Lai, il ricorso è inammissibile anche perché costei non ha impugnato il provvedimento di cui alla nota 21/3/2003, prot. n° DPGM/VI/20°/10053, conosciuto, in quanto dalla stessa ricorrente depositato in giudizio, col quale lamministrazione ha respinto listanza volta ad ottenere la concessione dellelargizione.

Sussistono validi motivi per disporre lintegrale compensazione di spese ed onorari di giudizio.

P.Q.M.

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO PER LA SARDEGNA, SEZIONE PRIMA

In parte rigetta ed in parte dichiara inammissibile, secondo quanto specificato in motivazione, il ricorso in epigrafe.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dallAutorità Amministrativa.

Così deciso in Cagliari, in Camera di Consiglio, il 9/6/2004 dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna con lintervento dei Signori:

Manfredo Atzeni, Presidente f.f.;

Rosa Panunzio, Consigliere;

Alessandro Maggio, Consigliere estensore

EMANUELA TRAINA

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RISARCIMENTO DEL DANNO DA MORTE PER CONTAMINAZIONE DA URANIO IMPOVERITO: IL TAR SARDEGNA RESPINGE LA DOMANDA

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1) La questione della contaminazione da uranio impoverito

Si è molto discusso, negli ultimi anni, della sindrome da uranio impoverito che avrebbe colpito dapprima i soldati statunitensi inviati in Iraq nellambito della prima Guerra del Golfo e, successivamente, i militari impegnati nella missione di pace in Kossovo.

Recentemente si è peraltro ipotizzata la possibilità di analoghe contaminazioni nellarea, sita in Sardegna, del Salto di Quirra (nella quale è situato un poligono di tiro interforze dellestensione di circa 13 mila ettari), non solo a causa della morte di diversi militari che vi avevano prestato servizio, ma anche in ragione della forte incidenza di tumori tra gli abitanti delle zone limitrofe.

Come noto, a seguito dellacceso dibattito parlamentare sulla questione, nel 2001 il Ministero della Difesa aveva istituito una commissione di indagine con il compito di accertare tutti gli aspetti medico – scientifici dei casi di patologie tumorali emerse nel personale militare, in particolare di coloro che avevano svolto attività in Bosnia e Kossovo, verificando lipotizzata sussistenza di una correlazione tra il munizionamento alluranio impoverito impiegato in quellarea e linsorgenza di casi di neoplasie maligne.

Tale Commissione, meglio conosciuta, dal nome del suo presidente, come Mandelli, aveva presentato, rispettivamente il 19.3.2001 ed il 28.5.2001, due distinte relazioni le cui conclusioni, nonostante il riscontro di un eccesso statisticamente significativo di casi di Linfoma di Hodgkin, sostanzialmente escludevano che potesse ritenersi dimostrata alcuna correlazione causale tra lesposizione dei militari alla sostanza (contaminazione che, secondo la commissione, poteva aver avuto luogo esclusivamente tramite inalazione di polveri nelle vicinanze di obiettivi colpiti con dardi alluranio impoverito) e linsorgenza della malattia. A tale conclusione la Commissione Mandelli era pervenuta, tra laltro, anche sulla base delle risultanze di un rapporto della missione UNEP (United Nations Enviromental Program) del 2001, che aveva rilevato lassenza di significativi rischi di contaminazione nellarea del Kossovo.

La sentenza in commento, oltre che condivisibile per quanto si accennerà in seguito, è degna di nota soprattutto in quanto costituisce una delle prime pronunce relative a domande di risarcimento del danno da morte a causa di contaminazione da sostanze tossiche nella prestazione del servizio militare. Nellambito di tale filone va ricordata, peraltro, la sentenza emessa nel 2002 dalla Corte dei Conti di Venezia, che, accogliendo le richieste dei familiari di un militare deceduto nel 1977 dopo avere prestato servizio di leva proprio presso il Poligono del Salto di Quirra, ha condannato lAmministrazione della Difesa al pagamento di un indennizzo in quanto ha ritenuto pienamente provato il nesso di causalità tra i disagi sofferti in servizio (frequente contatto con sostanze tossiche solide o disperse nellaria) e linsorgenza e repentina evoluzione dellaffezione mortale.

2) Il caso

La vicenda posta allattenzione del Tribunale Amministrativo sardo riguarda un caporale maggiore dellesercito che aveva prestato servizio a Jakova, Kossovo, per circa cinque mesi, dal 23.6.2000 al 6.11.2000. Il sottufficiale, subito dopo il rientro in Italia, aveva riscontrato un liposarcoma testicolare che si era aggravato repentinamente tanto da condurlo alla morte nel dicembre 2002, dopo che lo stesso aveva comunque ripreso servizio in Cagliari.

La madre ed il fratello del militare, in seguito al rigetto dellistanza volta ad ottenere la corresponsione della speciale elargizione prevista dallart. 6 della Legge 3.6.1981 n. 308 a favore dei familiari di militari deceduti in attività di servizio, ritenendo il Ministero della Difesa responsabile del decesso, proponevano ricorso al Tar di Cagliari chiedendo che questultimo, accertato linadempimento dellobbligo di apprestare ogni efficace accorgimento utile a tutelare lintegrità fisica e morale dello stesso militare, condannasse l amministrazione resistente al risarcimento dei danni, patrimoniali e non, da loro subiti a causa della morte del proprio congiunto.

3) La decisione

Il TAR Cagliaritano, con la sentenza in commento, ha respinto la domanda risarcitoria ritenendola non supportata da alcuna prova in ordine alla sussistenza dei fatti posti a fondamento della pretesa, sia con riguardo alluso di munizioni alluranio impoverito nella zona in cui il militare deceduto aveva prestato servizio, sia, in particolare, in merito al nesso di causalità tra la missione e la morte, non essendo emerso alcun elemento a fondamento dellaffermata contaminazione da radiazioni cancerogene.

Il Giudice amministrativo ha, inoltre dichiarato inammissibile la domanda di accertamento della spettanza della speciale elargizione prevista dallart. 6 della Legge 3.6.1981 n. 308 ritenendo, in conformità al consolidato orientamento giurisprudenziale, che non siano proponibili azioni di mero accertamento a tutela di posizioni soggettive aventi la consistenza di interesse legittimo.

La pronuncia in commento, oltre a risultare degna di nota per il dibattito, mai sopito, sulla questione delle contaminazioni da uranio impoverito, offre altresì lo spunto per alcune brevi riflessioni di carattere processuale. Preliminarmente appare opportuno rilevare che vertendosi in materia di giurisdizione esclusiva, giusta lesclusione del personale militare dalla privatizzazione del pubblico impiego e dalla conseguente devoluzione al Giudice del lavoro delle controversie traenti origine dal rapporto di servizio, il Tribunale Amministrativo, in modo del tutto condivisibile, ha ritenuto di fare applicazione del principio dellonere della prova di cui allart. 2697 c.c..

Ed infatti, una volta riscontrata la mancanza di supporto probatorio non solo in ordine alla prova del nesso causale tra la prestazione del servizio militare in Kossovo e levento morte, ma addirittura relativamente alluso, nella zona in cui il sottufficiale aveva prestato servizio, di munizioni alluranio impoverito, il TAR cagliaritano, in corretta applicazione del principio di cui allart. 115 c.p.c., ha dovuto necessariamente giudicare iuxta alligata et probata.

Né lo stesso Tribunale avrebbe potuto fare uso del tradizionale sistema acquisitivo della prova previsto dallart. 44 R.D. 26.6.1024 n. 1054, in base al quale, una volta individuato il thema probandum, il giudice può scegliere il più opportuno mezzo di prova ed indicare la parte sulla quale far ricadere il relativo onere, considerato che tale metodo vige esclusivamente nellambito della giurisdizione generale di legittimità.

Resta peraltro da chiedersi se, in considerazione della delicatezza del caso, oltre che della obiettiva difficoltà per la parte privata di fornire la prova dellavvenuta contaminazione e del nesso di causalità tra questultima e la morte, il Tribunale non avrebbe potuto disporre consulenza tecnica dufficio facendo applicazione del potere ad esso attribuito dallart. 35, comma 3, D. Lgs. 31.3.1998 n. 80.

A tale interrogativo, tuttavia, non può che darsi risposta negativa.

Secondo la costante giurisprudenza della Corte di Cassazione, infatti, la consulenza tecnica dufficio – che può costituire fonte oggettiva di prova tutte le volte che opera come strumento di accertamento di situazioni di fatto rilevabili esclusivamente attraverso il riscorso a determinate cognizioni tecniche – è un mezzo istruttorio sottratto alla disponibilità delle parti e rimesso al potere discrezionale del giudice; peraltro tale potere incontra il duplice limite del divieto di servirsene per sollevare le parti dallonere probatorio e dellobbligo di motivare il rigetto della richiesta. Daltronde dalla motivazione della sentenza non risulta neppure che parte ricorrente avesse proposto alcuna istanza in tal senso; pertanto del tutto correttamente il TAR Sardegna ha escluso di poter disporre una consulenza tecnica esplorativa laddove non era stata fornita la prova dei fatti posti a base della domanda.