Assicurazione ed Infortunistica
Il risarcimento del danno per incapacità lavorativa spetta anche alla casalinga.
Il risarcimento del danno per incapacità lavorativa spetta anche alla casalinga.
Cassazione Sezione terza civile sentenza 27 settembre-20 ottobre 2005, n. 20324
Presidente Vittoria Relatore Spirito
Pm Ceniccola difforme Ricorrente De Carli ed altri Controricorrente Assimoco Comp Assic Riassic Spa
Svolgimento del processo
La De Carli ed il suo coniuge Cerboni convennero in giudizio il Fattori, il Conti e lAssimoco Ass.ni (conducente, proprietario ed assicuratrice di una vettura che aveva investito la donna cagionandole gravi lesioni alla persona) per il risarcimento del danno. Il Tribunale di Verona condannò i convenuti al risarcimento in favore della De Carli dei danni biologico, morale e patrimoniale; respinse, invece, la domanda proposta dal Cerboni, ritenendo che questo non aveva provato la verificazione di un danno biologico a suo carico, né il nesso causale tra la sua decisione di porsi in pensione e lincidente subito da sua moglie. Lappello proposto sia dalla De Carli, sia dal Cerboni fu respinto dalla Corte dappello di Venezia.
Entrambi propongono ora ricorso per cassazione. Risponde con controricorso la Assimoco Ass.ni.
Motivi della decisione
Il ricorso censura la violazione o la falsa applicazione degli articoli 1223, 2043, 2056 e 2059 Cc, 2, 3, 4, 32, 37 Costituzione, Rd 1043/22, nonché i vizi della motivazione, ed è ripartito in un primo profilo riguardante la persona della De Carli ed un secondo profilo attinente alla persona del Cerbone.
I. ‑ Il profilo relativo alla De Carli è a sua volta suddiviso in una prima parte, che può essere subito dichiarata inammissibile, in quanto contenente una serie di conteggi e di considerazioni in fatto (già affrontati, peraltro, dal giudice dellappello che ha in proposito fornito una logica ed esauriente motivazione), attraverso i quali si pretende che la Corte di legittimità desuma determinate circostanze attinenti al merito della causa ed, in definitiva, pervenga ad una diversa liquidazione del danno biologico.
Ammissibile e fondata è, invece, la censura relativa al mancato riconoscimento in favore della De Carli di un danno specifico derivante ‑ nei sensi prospettati dalla ricorrente stessa ‑ dal fatto di non potere ella più svolgere lattività di casalinga. Sul punto la sentenza non fornisce alcuna risposta, limitandosi ad affermare che la De Carli pretende lattribuzione di un non meglio precisato danno specifico, non correlato ad alcun motivo dimpugnazione. È, invece, possibile riscontrare che il menzionato danno era stato specificamente richiesto nellatto dappello.
Riepilogando i progressi ai quali finora è giunta la giurisprudenza di legittimità, si deve allora affermare che chi svolge attività domestica (attività tradizionalmente attribuita alla casalinga), benché non percepisca reddito monetizzato, svolge tuttavia unattività suscettibile di valutazione economica; sicché quello subito in conseguenza della riduzione della propria capacità lavorativa, no provato, va legittimamente inquadrato nella categoria del danno patrimoniale (come tale risarcibile, autonomamente rispetto al danno biologico, nella componenti del danno emergente ad, eventualmente, anche del lucro cessante). Il fondamento di tale diritto ‑ che compete a chi svolge lavori domestici sia nellambito di un nucleo familiare (legittimo o basato su una stabile convivenza), sia soltanto in favore di ne stesso ‑ è difatti pur sempre di natura costituzionale, ma, a differenza dal danno biologico, che si fonda sul principio dalla tutela della saluto (articolo 32 Costituzione) , riposa sui principi di cui agli articoli 4, 36 e 37 della Costituzione (che tutelano, rispettivamente, la scelta di qualsiasi forma di lavoro ad i diritti del lavoratore e della donna lavoratrice). Sul tema, cfr. Cassazione 15580/00, nonché, più diffusamente, Cassazione 4657/05, la quale ultima pone in evidenza: la configurabilità, in generale, di siffatto danno patrimoniale solo in relazione ai lavori domestici che il danneggiato svolge in suo stesso favore (fatte salve le eccezioni come quella ipotizzata nellimpresa familiare ex articolo 230bis Cc), posto che, nel caso in cui detti lavori siano svolti gratuitamente in favore di altri, soggetti danneggiati possono essere considerati solo questi ultimi; la necessità che sia provata la sussistenza delle due componenti del danno patrimoniale; limpossibilità, in via generale, di ravvisare un danno patrimoniale (salve le eventuali eccezioni) nel caso in cui il soggetto danneggiato già prima dellincidente non svolgesse lavori domestici (espressione da intendersi in senso ampio e quindi comprensivo anche di quellattività di coordinamento, in senso lato, della vita familiare ‑ Cassazione 10923/97) perché questi erano integralmente devoluti a collaboratori o per altre ragioni.
La sentenza in commento deve essere, dunque, cassata sul punto ed il giudice del rinvio, adeguandosi ai principi sopra enunciati, provvederà ad accertare leventuale perdita o riduzione, da parte della De Carli, della capacità lavorativa domestica, liquidando, in caso di positivo accertamento, il corrispondente danno patrimoniale.
II. ‑ Passando alle doglianze del Cerboni, deve essere respinta quella che genericamente lamenta il vizio della motivazione nel punto in cui non gli è stato riconosciuto il danno per la contrazione degli introiti da anticipato pensionamento posto in rapporto di conseguenzialità diretta con il sinistro (il ricorrente neppure si cura di rappresentare da quali elementi sarebbe desumibile quel nesso che entrambi i giudici di merito hanno considerato come non provato). Deve essere, invece, accolta la censura relativa a quel punto della sentenza che ha escluso la possibilità di configurare il danno non patrimoniale a carico del coniuge della vittima di lesioni colpose.
In argomento la giurisprudenza di legittimità ha recentemente compiuto significativi progressi, i quali consentono di affermare che il riconoscimento dei diritti della famiglia (articolo 29, comma 1 Costituzione) va inteso non, restrittivamente, come tutela delle estrinsecazioni della persona nellambito esclusivo di quel nucleo, con una proiezione di carattere meramente interno, ma nel più ampio senso di modalità di realizzazione della vita stessa dellindividuo, alla stregua dei valori e dei sentimenti che il rapporto personale ispira, sia generando bisogni e doveri, sia dando luogo a gratificazioni, supporti, affrancazioni e significati. Allorché il fatto lesivo abbia profondamente alterato quel complessivo assetto, provocando una rimarchevole dilatazione dei bisogni e dei doveri ed una determinante riduzione, se non annullamento, delle positività che dal rapporto parentale derivano, il danno non patrimoniale consistente nello sconvolgimento delle abitudini di vita del coniuge in relazione allesigenza di provvedere agli straordinari bisogni dellaltro coniuge, sopravvissuto a lesioni seriamente invalidanti, deve senzaltro trovare ristoro nellambito della tutela apprestata dallarticolo 2059 Cc in caso di lesione di un interesse della persona coatituzionalmente protetto. Tale danno, siccome privo della caratteristica della patrimonialità, non può essere liquidato che in via equitativa, fermo restando il dovere del giudica di dar conto delle circostanza di fatto da lui considerate nel compimento della valutazione equitativa e delliter logico che lo ha condotto a quel determinato risultato (Cassazione 8827/03, con riferimento al danno non patrimoniale da sconvolgimento delle abitudini di vita subito dai genitori del minore sopravvissuto a lesioni seriamente invalidanti e bisognoso di continua assistenza).
Anche sul punto va, dunque, cassata la sentenza impugnata ed il giudice del rinvio, adeguandosi agli enunciati principi, provvederà ad accertare se effettivamente il Cerboni abbia subito un danno non patrimoniale nei sensi sopra descritti ed a liquidare il relativo risarcimento.
Il giudice del rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.
PQM
La Corte accoglie per quanto di ragione il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte dappello di Venezia, anche perché provveda sulle spese del giudizio di cassazione.