Civile
Il rinnovo di autorizzazione per la localizzazione degli impianti di distribuzione di carburante. TAR LOMBARDIA-MILANO, SEZ. III – sentenza 11 ottobre 2004 n. 5524
Il rinnovo di autorizzazione per la
localizzazione degli impianti di distribuzione di carburante.
TAR LOMBARDIA–MILANO, SEZ. III –
sentenza 11 ottobre 2004 n. 5524 – Pres. Riggio, Est. Giordano – Luigi Bonza Prodotti Petroliferi s.r.l (Avv.ti A., M. e P. Romano) c. Comune di Turbigo
(n.c.) e Prefettura Di Milano (n.c.)
per l’annullamento
della delibera della Giunta del Comune di
Turbino n.142 del 24.3.1997 e comunicata in data
2.4.1997 nella parte in cui limita il parere favorevole al periodo di anni uno
ed impone alla ricorrente di produrre un progetto di rilocalizzazione
dell’attività;
FATTO e DIRITTO
1) La società
ricorrente, in forza di concessione rilasciata dalla Prefettura di Milano ai
sensi dell’art.46 R.D. n.1303/34, esercita dal 1963 l’attività di
distribuzione dei carburanti a mezzo di propri autoveicoli, presso la sede
operativa sita in Comune di Turbigo alla via san
Michele sul Carso.
Alla scadenza della concessione, la
società medesima ne ha chiesto il rinnovo con istanza in
data 19 febbraio 1997.
Sulla domanda l’amministrazione
comunale esprimeva parere favorevole limitatamente al periodo di un anno,
imponendo alla richiedente la presentazione di un progetto per una nuova localizzazione dell’attività in area appositamente
classificata dal PRG.
2) Avverso la deliberazione comunale l’interessata ha proposto il ricorso in epigrafe,
deducendo:
che il Comune non può imporre
limitazioni all’esercizio dell’attività sulla base di considerazioni
urbanistiche;
che le previsioni contenute nel nuovo
strumento urbanistico non possono comportare l’obbligo per le aziende già
esistenti di trasferire la propria attività all’interno delle aree indicate dal
Comune.
In vista della trattazione di merito
la ricorrente depositava memoria, insistendo per l’accoglimento del gravame.
Il Comune di Turbigo
non si è costituito in giudizio.
All’udienza odierna il ricorso veniva spedito in decisione.
3) Il ricorso si dirige avverso la
deliberazione con la quale l’amministrazione comunale, chiamata ad esprimere il
parere per il rinnovo della concessione prevista dall’art.46
del R.D. 20 luglio 1934 n.1303, ha limitato il
proprio assenso al periodo di un anno subordinandone l’efficacia alla
presentazione, da parte della società richiedente, di un progetto per la rilocalizzazione dell’attività in un’area appositamente prevista dal nuovo piano regolatore.
4) La ricorrente sostiene, nel primo
motivo che, secondo quanto disposto dalla disposizione suindicata,
il parere comunale dovrebbe riguardare unicamente le norme di polizia locale e,
quindi, gli aspetti legati alla sicurezza e alla prevenzione delle situazioni
di pericolo connesse all’attività di distribuzione dei carburanti, senza invece implicare considerazioni di compatibilità
urbanistica.
La censura non ha fondamento.
L’art.46
stabilisce che la domanda di concessione per gli impianti di deposito di oli minerali o di distribuzione dei carburanti è soggetta
al rilascio del parere dell’amministrazione comunale interessata. A tal fine,
in base all’ultimo comma della norma, la determinazione comunale deve
riflettere, oltre alle condizioni da soddisfare in rapporto alla polizia locale
e alla occupazione del suolo comunale, anche "la
ubicazione dell’impianto".
In tale quadro non sembra dubbio che
l’espressione del parere comunale debba risultare
funzionale al perseguimento degli scopi istituzionali dell’ente territoriale,
tra i quali assumono specifica rilevanza la pianificazione urbanistica e la
vigilanza sull’uso del territorio.
Deve quindi ritenersi che, nel
disegno perseguito dalla norma, la consultazione dell’amministrazione comunale
risponda all’esigenza di assicurare che la localizzazione di impianti
aventi la capacità di incidere in maniera rilevante sull’assetto territoriale
venga adeguatamente valutata dall’ente titolare del potere di pianificazione
urbanistica cui compete di apprezzare la compatibilità della localizzazione con
gli interessi di cui il PRG costituisce espressione (cfr.
CdS V n.2834/2000).
Deve quindi escludersi che il parere
comunale potesse avere riguardo unicamente agli
aspetti della sicurezza pubblica, alla cui valutazione non può comunque
considerarsi del tutto estraneo l’assetto territoriale quantomeno per le
limitazioni derivanti dalla necessità di prevedere fasce di distacco
adeguatamente dimensionate per fungere da filtro e da separazione tra le
industrie e gli insediamenti urbani.
5) Risulta
invece fondata la censura esposta nel secondo motivo, con cui si sostiene che
le nuove prescrizioni urbanistiche non possono limitare lo svolgimento delle
attività già insediate.
Deve invero ritenersi che gli
impianti in esercizio e le attività già esistenti all’atto dell’approvazione
del nuovo strumento urbanistico, e divenuti non conformi alla
destinazione da questo impressa all’area considerata, si sottraggano
all’obbligo di ricollocazione in altro sito, ma siano
soggetti alle sole restrizioni edilizie imposte dalla nuova disciplina vigente
nella zona.
Ed invero, le classificazioni
funzionali dettate dalla disciplina urbanistica sopravvenuta
non possono comportare la delocalizzazione autoritativa e immediata degli impianti produttivi
preesistenti divenuti incompatibili, che può essere disposta, ai sensi
dell’art. 217 del T.U.LL.SS. di cui al R.D. n.1265/34 unicamente nell’esercizio dei poteri di ordinanza contingibile ed urgente per la cessazione delle attività
classificate insalubri di 1° classe, al fine di prevenire o impedire il
pericolo o il danno per la salute pubblica, previo concreto accertamento della
sussistenza di una situazione di effettiva pericolosità e laddove si siano
rivelate inefficaci le misure tecniche finalizzate ad eliminare gli
inconvenienti riscontrati ( cfr,. nel
senso che nel novero delle misure adottabili in base agli artt.
216-217 cit. possa rientrare anche, quando del caso, quella della delocalizzazione dell’impianto, CdS
V n. 587 del 3 giugno 1994).
Ne deriva l’illegittimità della
deliberazione impugnata nelle parti in cui, muovendo dal presupposto che
"nel nuovo piano regolatore è stata inserita un’area in cui la ditta dovrà
rilocalizzarsi", ha limitato ad un anno
l’efficacia del parere favorevole al rilascio della concessione, imponendo alla
ricorrente di presentare entro tale periodo "il progetto di rilocalizzazione della propria attività".
In accoglimento del ricorso deve
quindi disporsi l’annullamento, in tali parti, della deliberazione della giunta
comunale 24 marzo 1997 n. 142.
Sussistono comunque
giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese tra le parti.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale
per la Lombardia,
terza Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 2802/97 così
dispone:
-accoglie il ricorso in epigrafe e
per l’effetto annulla, in parte qua, la deliberazione impugnata;
-compensa le spese tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia
eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in il 30 giugno 2004 in
camera di consiglio con l’intervento dei magistrati Milano:
Italo Riggio
– presidente
Domenico Giordano – cons. est.
Gianluca Bellucci
– 1° ref.
Depositata in segreteria in data 11
ottobre 2004.