Civile
Il ricorso della JUVENTUS alla Corte Federale d’ Appello.
Il ricorso della JUVENTUS alla Corte Federale dAppello.
Ecc.ma Corte Federale
Roma
La società per azioni Juventus, corrente in Torino, Corso Galileo Ferraris 32, in persona del suo
presidente e legale rappresentante dott. Giovanni Cobolli Gigli, assistita dal difensore che
sottoscrive con lui il presente atto e che viene delegato a rappresentare la società avanti la
Ecc.ma Corte, dichiara di impugnare la decisione relativa al Com. uff. n. 1/C (riunioni del 29
giugno e 3, 4, 5, 6, 7 luglio 2006) della Commissione di appello federale, comunicata il 14
luglio 2006, per i motivi infra precisati e formula le seguenti richieste:
– ritenere che anche i fatti ascritti al capo 1 della incolpazione allamministratore delegato
Antonio Giraudo e al direttore generale Luciano Moggi non costituiscono illecito sportivo, ma
devono essere definiti come violazione dellart. 1 CGS;
– ritenere, di conseguenza, che la società Juventus risponde esclusivamente ai sensi dellart. 2
comma 4 CGS, e, in particolare, a titolo di responsabilità oggettiva e non diretta per i fatti che
sono stati ritenuti sussistenti a carico di Luciano Moggi;
– determinare la sanzione in misura coerente con le risultanze del procedimento di primo
grado, e quindi in misura di gran lunga minore a quella inflitta, come infra precisato al motivo
4, escludendo la aggravante contestata.
I motivi che sorreggono le richieste sopra formulate sono i seguenti:
1 – Erronea applicazione della norma di cui allart. 6 comma 1 CGS. Contraddittorietà interna
della decisione nella parte in cui afferma che la contestazione sub 1 costituisce illecito sportivo
(per il quale la società è chiamata a rispondere al capo 2).
Chiamata (pag. 79) ad accertare se la pluralità di condotte poste in essere da Moggi e
Giraudo, anche se singolarmente costituenti soltanto violazione dei principi dei cui allart. 1
CGS, abbiano determinato quella situazione di condizionamento del settore arbitrale che
costituisce latto diretto al conseguimento del vantaggio in classifica (e quindi realizzino la
violazione dellart. 6 c. 1), la CAF risponde affermativamente, precisando che le condotte
accertate (di Moggi e Giraudo) erano soggettivamente ed oggettivamente idonee a interferire
sulla terzietà della funzione arbitrale al fine di ottenere un trattamento preferenziale rispetto
alle altre squadre e, quindi, in definitiva, ad assicurarsi un vantaggio in classifica; e che,
inoltre, avevano una capacità causale per il conseguimento del risultato sperato.
A noi pare che si tratti di una affermazione che trova smentita poche pagine appresso, nella
parte in cui si scrive (pag. 91) che, per Mazzini, Pairetto, Lanese e De Santis, la Commissione
non ritiene che sia stata raggiunta la prova della responsabilità degli incolpati in ordine alla
violazione dellart. 6, c. 1 CGS.
Questa mancanza o insufficienza della prova esclude in radice la idoneità della condotta di
Moggi e Giraudo e, ancor più, nega qualsivoglia capacità causale a quelle condotte al fine di
realizzare un vantaggio in classifica. E del tutto ovvio che il vantaggio in classifica si ottiene
attraverso gli arbitri (in questo senso la decisione è concorde quando scrive che il vantaggio in
classifica è leffetto del condizionamento del regolare funzionamento del settore arbitrale (pag.
77); ma, se questo condizionamento non vi è stato o non è dimostrato, la condotta non è né
idonea, né casualmente adeguata a realizzare il vantaggio sperato.
Altrettanto criticabile è la seconda affermazione, secondo la quale linsieme delle condotte
costituenti di per sé comportamenti contrari ai principi di lealtà correttezza e probità in ogni
rapporto comunque riferibile allattività sportiva (art. 1 c.1) è stato idoneo a realizzare un
condizionamento del regolare funzionamento del settore arbitrale a vantaggio della Juventus e
quindi sia stato violato lart. 6, integrando la pluralità delle condotte lattività diretta a
procurare alla Juventus un vantaggio in classifica.
La critica, peraltro del tutto ovvia, consiste nellosservare che non è il numero delle condotte
che ne cambia la sostanza; e, se ogni singola condotta non realizza lillecito sportivo, questo
non può ritenersi realizzato anche se quelle stesse condotte vengono unitariamente
considerate (pag. 89).
Pertanto i comportamenti descritti nel capo 1 vanno qualificati come violazione dellart. 1 CGS.
Le successive contestazioni mosse a Moggi e Giraudo al capo 3 ed al solo Moggi al capo 7 (fatti
per i quali la società Juventus è chiamata a rispondere per i capi 4 e 10) sono state già
ridimensionate dalla decisione qui impugnata, che ha escluso lillecito sportivo nellepisodio
relativo alla gara Juventus Lazio, ravvisando la minore violazione dellart. 1; a questa stessa
violazione erano ricondotte le gare di Reggina-Juventus e Juventus-Udinese.
Per la gara Bologna-Juventus (contestata come illecito sportivo) vi è stato proscioglimento di
Moggi e De Santis dalladdebito di illecito sportivo e la condotta di Moggi è stata ricondotta alla
violazione dellart. 1.
Dunque, quando si è ricercata la prova di condotte idonee e causalmente adeguate a realizzare
un illecito sportivo nello svolgimento delle gare o nel conseguimento di un vantaggio in
classifica, non la si è ritrovata.
2 Sul titolo per il quale la società Juventus deve rispondere per i fatti attribuiti al Moggi.
La CAF non ha motivato sul punto, anche se il tema era stato espressamente dedotto con
qualche non inutile citazione. La decisione impugnata si è limitata a richiamare le risultanze del
censimento dellanno in questione, lart. 2 comma 4 CGS e lart. 3 comma 4 del regolamento L.
N. P. che, peraltro, avevamo espressamente citato nella nostra memoria e dei quali, quindi,
avevamo tenuto conto.
Il problema era ed è quello di comprendere che cosa significhi la rappresentanza ai sensi delle
norme federali e di valutare se questa possa discendere dallo stampato di un censimento o
debba fare riferimento agli atti sociali per verificare se, nel caso di specie, si possa ricollegare
qualsivoglia atto del Moggi alla società, così come avviene per gli atti compiuti da Giraudo.
Noi riteniamo che, ai fini della rappresentanza sociale, si debba fare esclusivo riferimento allo
statuto sociale o alle delibere del consiglio di amministrazione, atteo che essa rappresenta un
essenziale profilo dellattività di amministrazione della società e deve essere accompagnata da
forme di pubblicità; pertanto abbiamo sostenuto che, per i fatti ascritti al Moggi, non si può
ritenere una responsabilità diretta della Juventus.
Su questo punto ne verbum quidem, anche se il tema appare di particolare rilievo, ai fini della
sanzione da irrogare alla società.
3 Mancanza e contraddittorietà di motivazione sulle sanzioni irrogate. Illegittimità delle
sanzioni di cui allart. 13 comma 1, lettere b), f), i).
Le sanzioni inflitte alla società Juventus sono state molte e particolarmente gravi: noi
affermiamo che questo cumulo di sanzioni particolarmente afflittivo non è compatibile con la
riconosciuta (e da noi contestata) presenza di un solo caso di illecito sportivo e con le
considerazioni svolte in premessa: la Juventus ha tenuto un comportamento processuale
apprezzabile perché improntato a lealtà e correttezza (che sono le qualità che sono state
assenti nel passato, secondo la decisione impugnata); ha dimostrato, inoltre, con lopera di
rinnovamento già attuata, di riconoscere gli errori commessi nel passato per il tramite dei suoi
dirigenti e di avere iniziato un processo di rigenerazione.
Questo rinnovamento è stato provato con la produzione dei verbali del consiglio di
amministrazione della società che, fin dal giorno 11 maggio 2006, aveva ridotto i poteri a
Giraudo e Moggi e aveva revocato questi poteri fin dal 19 maggio, sostituendo integralmente il
consiglio, subito dimissionario, e dotandosi di un codice etico e di nuove regole per il controllo
interno: e ciò assai prima dellinizio del procedimento disciplinare.
Non vi è stato certo come sostenuto dallufficio indagini un Moggi gestore del calcio
italiano, perché la decisione riconosce che non un unico reticolo abbracciante tutti i rapporti
denunciati dalla procura federale esisteva, bensì tanti reticoli quante erano le squadre del
campionato attualmente deferite, le quali si attivavano, ciascuna nel proprio interesse, al fine
appunto di alterare i principi di terzietà, imparzialità ed indipendenza del settore arbitrale.
Non vi sono state partite alterate nel loro svolgimento e non vi è stata alcuna dimostrazione
del conseguimento di un vantaggio in classifica.
Perché allora la sanzione (che non ha giustificazione alcuna e che non è motivata) della non
assegnazione dello scudetto per il campionato 2005/2006, rispetto al quale non esiste alcuna
prova di irregolarità?
Perché aggiungere alla sanzione molto affittiva della revoca dello scudetto 2004/2005 (che è la
sanzione più grave, in quanto, secondo precedenti decisioni (Com. uff. n. 10 del 2005, caso
Genoa), la indicazione delle sanzioni contenuta nellart. 13 CGS è incrementale, nel senso
che elenca le sanzioni in ordine di gravità) la retrocessione in serie B ed una penalizzazione che
equivale, in sostanza, ad una retrocessione in serie C? Non sfuggirà allattenzione della Corte
Federale che 30 punti di penalità possono significare una retrocessione dalla B alla C se non si
raggiungeranno, nella prossima stagione, almeno quei punti (circa 70) che consentiranno di
non retrocedere.
Anche se non menzionata nel dispositivo, unaltra e ancora più grave sanzione colpisce la
società : quella prevista dalla lettera l) dellart. 13 CGS “non ammissione o esclusione dalla
partecipazione a determinate manifestazioni”. Nel caso di specie, alle sanzioni irrogate
consegue inevitabilmente la non ammissione alla competizione internazionale della Champions
League.
A queste gravissime sanzioni un’altra, anchessa, come la precedente, non considerata dalla
decisione impugnata, ma non meno grave, se ne aggiunge: lesodo dei migliori giocatori, pronti
a sostenere la società per un anno in B, ma non disponibili (e comprensibilmente, trattandosi
di talenti di rilievo internazionale) a rischiare una retrocessione in C o, nella migliore delle
ipotesi, una permanenza in B per almeno due anni.
Di qui la conclusione.
La decisione impugnata ha di molto ridimensionato le costruzioni accusatorie dellufficio
indagini e della Procura federale; ha riconosciuto che, al massimo, un solo caso di illecito
sportivo è sussistente (varrebbe la pena di verificare quanti illeciti sportivi sono attribuiti a
quelle squadre che hanno ricevuto trattamenti sanzionatori molto più miti) e che la società ha
fatto quanto possibile per voltare pagina.
Ma, sorprendentemente e in totale contrasto con le sue premesse, la decisione impugnata ha
inflitto un cumulo di sanzioni gravissime: la condanna della società a due anni almeno di serie
B, la revoca dello scudetto 2004/2005, la ammenda e la non assegnazione dello scudetto
2005/2006 guadagnato sul campo. Con le ulteriori, conseguenti sanzioni, di cui abbiamo già
detto.
Si osserva, infine, che lart. 6 comma 3 CGS prevede che, in caso di responsabilità diretta,
possa essere inflitta alternativamente la sanzione di cui allart. 13 comma 1 lettere g) o h).
Solo in caso di pratica inefficacia di una di tali sanzioni, può aggiungersi altra diversa sanzione.
Noi contestiamo che, nel caso di specie, la sanzione della retrocessione allultimo posto in
classifica (lettera g) possa essere ritenuta praticamente inefficace. E ciò in quanto la
inefficacia della sanzione (di cui alla norma) non può essere confusa con la sua insufficienza.
Riteniamo, pertanto, che alla sanzione di cui alla lettera g) non potessero essere aggiunte
quelle di cui alle lettere b) ammenda, h) penalizzazione di punti e i) revoca o non assegnazione
del titolo.
Unultima osservazione discende dallesame dei precedenti: la richiesta del Procuratore
Federale è stata quella della esclusione dal campionato di competenza con assegnazione, da
parte del Consiglio Federale, ad uno dei campionati inferiori alla B.
Quale è il campionato di competenza”? Tutte le sentenze pronunciate dai giudici sportivi
(Commissione Disciplinare e CAF) hanno ritenuto che campionato di competenza sia quello in
cui si è verificato l’illecito: “va precisato che con riferimento alla sanzione prevista dall’art. 13
co. lett. g) per campionato di competenza deve intendersi quello di appartenenza al momento
della realizzazione dell’illecito” (cfr C.U. Commissione Disciplinare n. 10 del 27/7/2005 caso
Genoa).
Orbene, il campionato in cui si sarebbe verificato l’illecito è quello del 2004 – 2005. Il
campionato 2005 – 2006 è privo di qualunque irregolarità in quanto non vi è nessuna
contestazione in proposito.
Se non è più possibile applicare la sanzione al campionato 2004 – 2005, come si dovrebbe nel
caso di specie (si è già svolto e concluso il campionato 2005 – 2006), dovrebbe farsi ricorso
allart. 6 co. III CGS che prevede la sanzione maggiore della non assegnazione o della revoca
dellassegnazione del titolo di campione dItalia. Pena gravissima applicata nella storia del
calcio italiano una sola volta.
La circostanza aggravante di cui allart. 6 comma va esclusa, così come ha ritenuto la CAF per
quanto riguarda la società Lazio (pag. 120) trattandosi, comunque, di un solo illecito sportivo.
Si confida nell’accoglimento