Civile

Tuesday 02 December 2003

Il pegno rotativo è valido. Cassazione – Sezione prima civile – sentenza 23 giugno-11 novembre 2003, n. 16914

Il pegno rotativo è valido.

Cassazione Sezione prima civile sentenza 23 giugno-11 novembre 2003, n. 16914

Presidente Saggio relatore Proto

Pm Palmieri conforme ricorrente Fallimento Alimenta Srl

controricorrente Cariverona Banca Spa

Svolgimento del processo

1. Con sentenza in data 29 maggio 1993 fu dichiarato il fallimento della società Alimenta srl. Con atto notificato il 23 febbraio 1995 la curatela fallimentare convenne in giudizio davanti al Tribunale di Rovigo la Banca del Monte di Rovigo spa, esponendo:

– che il 2 gennaio 1992 la società Alimenta aveva costituito in pegno il certificato di deposito 635P di lire 100.00.000, emesso nella stessa data dalla Banca del Monte di Rovigo, con scadenza 3 gennaio 1993, a garanzia di unapertura di credito a tempo indeterminato con disponibilità fino a lire 200.000.000, già posta in essere con listituto di credito, relativamente al c/c 5904503;

‑ che lutilizzazione del conto era stata bloccata (non essendo stati effettuati movimenti, salvo addebiti per interessi e spese) dal 29 maggio 1992, con un saldo negativo di lire 106.439.995;

‑ che alla scadenza del 3 gennaio 1993, su disposizione dellAlimenta, il controvalore del titolo costituito in pegno era stato accreditato sul conto per limporto di lire 106.384.842;

‑ che il giorno successivo la Banca aveva comunicato il proprio recesso con effetto immediato dallapertura di credito, chiedendo alla società la copertura della residua posizione debitoria.

Dedusse, quindi, che la costituzione del pegno era priva di data certa e non conteneva sufficienti indicazioni del credito, del bene e della sua materiale consegna, e concluse chiedendo laccertamento dellinvalidità dellatto costitutivo del pegno, e la condanna della Banca convenuta alla restituzione della somma accreditata sul conto corrente intestato alla società. Rilevato, inoltre, che il pegno era stato costituito nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento e che alla prestazione di garanzia non ora correlato alcun vantaggio in favore della società, chiese, in via gradata, la revoca del pegno ai sensi dellarticolo 64 legge fallimentare e, ove latto fosse stato qualificato a titolo oneroso, la revoca ai sensi dellarticolo 67, primo comma, n. 3 legge fallimentare. In ulteriore subordine, sostenendo che laccredito del controvalore del titolo sul conto corrente aveva avuto natura solutoria, chiese la revoca del pagamento della somma di lire 106.384.842, ai sensi dellarticolo 67, secondo comma, legge fallimentare.

La Banca, costituitasi, chiese il rigetto della domanda, rilevando:

‑ circa la data dellatto costitutivo del pegno, che essendo stata realizzata prima della dichiarazione di fallimento, la garanzia era stata costituita necessariamente in epoca ad essa precedente, e che quello del 2 gennaio 1992 era, comunque, un semplice rinnovo del pegno costituito, con atto di data certa, il 28 dicembre 1990 e già rinnovato il 28 giugno 1991, secondo lespressa previsione dellatto di costituzione che aveva stabilito lassoggettamento alloriginario vincolo dei titoli eventualmente depositati, con il consenso della banca, in sostituzione di quelli inizialmente consegnati;

‑ la sufficiente determinatezza del credito garantito e la regolare consegna del certificato di deposito da parte del legale rappresentante della società Alimenta.

Rilevò, inoltre, lapplicabilità dellarticolo 53 legge fallimentare e contestò sia la revocabilità della costituzione in pegno (avvenuta nel 1990, e risalente perciò ad oltre due anni prima della dichiarazione di fallimento), sia la revocabilità della rimessa sul conto corrente (negando che il conto fosso stato di fatto bloccato).

2. Il Tribunale (sentenza 4 febbraio 1997), accogliendo la domanda proposta dal fallimento in via principale, dichiarò la nullità del titolo costitutivo del pegno e condannò la Banca a restituire al fallimento limporto richiesto. Osservò che la sostituzione del titolo originariamente costituito in garanzia configurava la costituzione di un nuovo pegno, con conseguente necessità, per il sorgere della prelazione, di rispettare la condizioni di cui allarticolo 2787, terzo comma, Cc; condizioni non osservate nella specie, mancando il requisito della data carta in relazione alla scrittura del 2 gennaio 1992.

La Banca del Monte di Rovigo impugnò questa decisione davanti alla Corte dappello di Venezia, deducendo che il primo giudice, per valutare la sussistenza dei requisiti di cui allarticolo 2787 Cc, terzo comma, Cc, avrebbe dovuto fare riferimento allatto di data certa del 28 dicembre 1990 con cui il pegno era stato costituito, anziché alla scrittura del 2 gennaio 1993, che ne rappresentava un mero rinnovo, attraverso la sostituzione del titolo originariamente costituito in garanzia e nel frattempo venuto a scadenza, secondo lespressa previsione del contratto originario.

Il fallimento resistette allimpugnazione, riproponendo (nellipotesi in cui fosso stata dichiarata valida ed opponibile la costituzione in pegno) le domande già formulare in via subordinata.

In corso di causa si costituì la Cariverona Banca spa (fusa per incorporazione con la Banca del Monte di Rovigo), facendo propria la posizione dellappellante.

3. Con sentenza 8 maggio 2000 la Corte territoriale, riformando la decisione impugnata, rigettò le domande della curatela fallimentare. Premesso che non era stata eccepita la mancanza di data certa della scrittura del 28 dicembre 1990 e che il fallimento non aveva interesse ad eccepire la mancanza di prova della traditio del possesso, ex articolo 2786 Cc, del certificato di deposito costituito in pegno su cui la Banca si ara soddisfatta, la Corte osservò:

‑ in relazione alla domanda principale proposta dal Fallimento, che nella fattispecie il pegno (in adesione allindirizzo espresso da questa Corte con la sentenza 10685/99) doveva ritenersi validamente costituito il 28 dicembre 1990 con affetto reale sul certificato n. 288P, e con effetto obbligatorio sui successivi certificati che, una volta venuti ad esistenza, avevano sostituito loggetto del pegno, ed erano pertanto opponibili al fallimento;

‑ con riferimento alle ipotesi previste dallarticolo 64 e dallarticolo 67 n. 3 legge fallimentare, che ora decorso il termine biennale, dovendo il pegno considerarsi costituito in data 28 dicembre 1990;

‑ in relazione allaccreditamento in conto corrente in data 3 gennaio 1993, che la rimessa non ora revocabile, sia in ragione della genesi dellaccreditamento stesso, sia perché in ogni caso il fallimento avrebbe dovuto fornire la prova che la soddisfazione del creditore pignoratizio avrebbe leso altri creditori con titoli pozioni.

4. Avverso questa sentenza il Fallimento Alimenta srl ha proposto ricorso per cassazione con tre motivi e li ha illustrati con memoria. La Cariverona Banca ha resistito con controricorso.

Motivi della decisione

1. Col primo motivo si denunciano la violazione e la falsa applicazione dellarticolo 132 n. 4 Cpc, dellarticolo 118 disp. att. Cpc e omessa motivazione (articolo 360 n. 3, n. 4 e n. 5 Cpc) . Secondo il Fallimento ricorrente, la sentenza impugnata ha ritenuto esistente un patto di rotatività tra listituto di credito e la società Alimenta, senza indicare, tuttavia, gli elementi di fatto e di diritto sui quali ha fondato il proprio convincimento.

Col secondo motivo si denunciano la violazione e la falsa applicazione dellarticolo 67 legge fallimentare, degli articoli2786 e 2787 Cc e vizi motivazionali. Il ricorrente deduce che la Corte dappello ‑ ritenendo il patto di rotatività intervenuto tra la parti validamente costituito il 28 dicembre 1990 con effetto reale sul certificato n. 288P e con effetto obbligatorio sui successivi certificati che, venuti ad esistenza, hanno costituito loggetto del pegno ‑ non avrebbe considerato che i requisiti previsti dagli articoli2796 e ss. Cc per la costituzione del pegno cosiddetto rotativo su beni mobili dovrebbero essere rispettati con riferimento sia allatto originario di costituzione della garanzia, sia ai successivi atti di trasferimento del vincolo sul nuovi beni, sia al piano di rotatività. Pertanto, latto di pegno del 2 gennaio 1992 avrebbe dovuto essere dichiarato inesistente ad inopponibile alla massa, sia perché i nuovi titoli non sarebbero stati specificatamente indicati in una scrittura privata avente data corta anteriore alla dichiarazione di fallimento, sia perché nessun riferimento espresso alloriginario atto costitutivo di pegno sarebbe contenuto nella scrittura del 2 gennaio 1992.

1.1. I due motivi possono essere esaminati insieme perché entrambi ripropongono, sostanzialmente (malgrado

il richiamo a distinti parametri normativi), il problema, in relazione alla concreta fattispecie posta in essere tra le parti, dellefficacia e della validità nel nostro sistema del cosiddetto pegno rotativo. Problema che la Corte di merito ha risolto in senso positivo, avendo accertato ‑ in base al contenuto della clausola inserita nella scrittura privata stipulata il 29 dicembre 1990 («… sui detti titoli, nonché sugli altri titoli che avessero in avvenire a pervenirvi in sostituzione…delloggetto del presente pegno, siete fin dora autorizzati ad apporre per procura la girata in garanzia a vostro favore ai sensi e con gli effetti di cui allarticolo 1723, secondo comma, Cc») di cui non ora in discussione la sua opponibilità al fallimento ‑ che, a fronte dellapertura di credito, il pegno si ora validamente costituito il 28 dicembre 1990 con effetto reale sul certificato n. 288P (emesso dalla Banca del

Monte di Rovigo il giorno precedente, di nominali lire 100 milioni e con scadenza 28 giugno 1992), e con effetto obbligatorio sul successivi certificati (il certificato di pegno n. 429P, con scadenza 1°gennaio 1992, ed il certificato 635P, con scadenza 3 gennaio 1993). Ed ulteriormente precisato che, una volta venuti ad esistenza, essi hanno legittimamente costituito loggetto del pegno, avendo la convenzione pattizia esplicitamente previsto la possibilità di sostituire loggetto del vincolo nei limiti del valore originario e le parti esplicitato la sostituzione delloggetto delloriginaria garanzia.

1.2. Soluzione corretta, in quanto conforme ai principi enunciati (in continuità con Cassazione 5264/99) da questa Corte con la sentenza 10685/99, la quale ha chiarito che il patto di rotatività ‑ col quale si prevede sin dallorigine la sostituzione totale o parziale dei beni oggetto della garanzia, considerati non nella loro individualità, ma per il relativo valore economico ‑ dà luogo alla formazione di una fattispecie progressiva che trae origine dallaccordo delle parti e si perfeziona con la sostituzione delloggetto del pegno, senza necessità di ulteriori pattuizioni e, quindi, nella continuità del rapporto originario, i cui effetti risalgono alla consegna dei beni originariamente dati in pegno.

1.3. Il ricorrente contenta, tuttavia, la validità di questo orientamento giurisprudenziale, rilevando che, in considerazione della tipicità e della natura reale dellatto costitutivo della garanzia e della inderogabilità delle norma a tutela dei terzi, non sarebbe possibile prescindere, ai fini dell avvicendamento dei beni nel patrimonio del garante, dalla verifica dei requisiti previsti dallarticolo 2786 Cc anche nei successivi atti di trasferimento del vincolo.

1.4. Per contrastare i suesposti rilievi è sufficiente richiamare le argomentazioni svolte nella sentenza 10685/99, che ha configurato la consegna del bene sostitutivo, con il conseguente effetto traslativo del diritto reale su di esso, come elemento di una fattispecie a formazione progressiva, che trae origine dallaccordo stipulato con il patto di rotatività, nella quale (come nel pegno di cosa futura) la volontà delle parti è perfetta già al momento dellaccordo (no sussista certezza della data e sono determinati il credito da garantire e la cosa da offrire in garanzia) e leventuale sostituzione dei beni oggetto della garanzia sì pone come un elemento meramente materiale.

Si aggiunga che la legittimità di tali pattuizioni ha, ormai, trovato riconoscimento normativo anche al di fuori del sistema codicistico (articolo 87 decreto legislativo 58/1998 e articolo 34 decreto legislativo 213/98), e, a livello comunitario, nel regolamento (CE) 1346/00 del 29 maggio 2000, relativo alle procedure di insolvenza (articolo 5, par.1).

2. Col terzo motivo il ricorrente ‑ con riferimento allazione revocatoria, proposta dal curatore in via subordinata, della rimessa sul conto corrente intestato alla srl Alimenta del controvalore del titolo costituito in pegno, per limporto di lire 106.394.842 denuncia la violazione e la falsa applicazione dellarticolo 67, comma secondo, legge fallimentare, e deduce che la Corte dappello, escludendo la revocabilità della rimessa, non avrebbe tenuto conto della natura solutoria dellaccreditamento, destinato ad estinguere (o a ridurre) il debito restitutorio gravante sul correntista.

La censura è priva di consistenza, in quanto la sentenza impugnata ha correttamente escluso che laccreditamento di lire 106.384.842 potesse integrare lipotesi di una rimessa revocabile, proprio per la genesi dello stesso, e cioè perché (come chiarisce la stessa Corte dappello), già la sentenza di primo grado aveva affermato, con disposizione che non era stata contestata, che laccreditamento era derivato dal diritto di prelazione legittimamente esercitato (cfr. Cassazione Sezioni unite, 202/01) dalla banca sul certificato di deposito dato in pegno, ai sensi dellarticolo 53 legge fallimentare.

3. In conclusione, il ricorso non può essere accolto.

Consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali del giudizio di cassazione.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 4.100,00 di cui 4.000,00 per onorari, oltre alle spese generali e agli accessori come per legge.