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Il minimale contributivo previsto dall’art. 29 del d.l. n. 244/1995 si applica in caso di lavoratori part-time assunti oltre il limite del 3% previsto dai ccnl edili.
La fattispecie riguardante la pretesa dell’INAIL di parametrare sulla retribuzione imponibile per l’orario normale contrattuale i premi dovuti sulle retribuzioni corrisposte ai lavoratori assunti part-time in eccedenza rispetto al limite del 3% previsto dal contratto collettivo applicabile, va ricondotta alla ipotesi di riduzione dell’attività, nella quale, sussistendo una retribuzione, seppure parziale, esprime tutto il suo vigore la regola del minimale e della tassatività delle ipotesi di esclusione. Tale interpretazione, pur estendendo la portata dell’art. 29 del D.L. n. 244 del 1995, è l’unica che appare costituzionalmente corretta ed evita disparità di trattamento tra grandi e piccole imprese.
Principio affermato dalla Corte di Cassazione sezione lavoro con la sentenza n. 8794, pubblicata il 12 maggio 2020.
La vicenda decisa:
Una impresa edile promuoveva domanda di accertamento negativo della pretesa di Inps ed Inail di estendere l’obbligo contributivo previsto dall’articolo 29 del D. L. n. 244 del 1995 anche ai rapporti di lavoro part-time eccedenti il limite massimo del 3% previsto dalla contrattazione collettiva applicata. Il Tribunale adito accoglieva la domanda, negando l’obbligo contributivo; analogamente la Corte d’Appello, decidendo il gravame proposto dagli Enti previdenziali. Ha ricorso in Cassazione l’Inail per la riforma della sentenza d’appello.
La norma oggetto del giudizio
La controversia portata all’attenzione della corte di legittimità si incentra sull’articolo 29 del D.L. 23 giugno 1995 n. 244. Norma che così recita: “I datori di lavoro esercenti attività edile anche se in economia operanti sul territorio nazionale, individuati dai codici ISTAT 1991, dal 45.1 al 45.45.2, sono tenuti ad assolvere la contribuzione previdenziale ed assistenziale su di una retribuzione commisurata ad un numero di ore settimanali non inferiore all’orario di lavoro normale stabilito dai contratti collettivi nazionali stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative su base nazionale e dai relativi contratti integrativi territoriali di attuazione, con esclusione delle assenze per malattia, infortuni, scioperi, sospensione o riduzione dell’attività lavorativa, con intervento della cassa integrazione guadagni, di altri eventi indennizzati e degli eventi per i quali il trattamento economico è assolto mediante accantonamento presso le casse edili. ……”.
Secondo la tesi sostenuta dagli enti previdenziali i contratti part-time stipulati in eccedenza rispetto a limite del 3% sui contratti a tempo pieno previsto dai ccnl applicati al rapporto sarebbero soggetti alla regola della retribuzione virtuale. L’assunto venne ritenuto errato dalla corte territoriale, in quanto non avrebbe tenuto conto della natura negoziale del contenuto della normativa contrattuale, inidonea ad incidere sull’obbligo contributivo.
Il minimale contributivo
La Suprema Corte, viceversa, ritiene fondato il motivo di censura proposto dall’Inail nel proprio ricorso.
Secondo un principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite della Corte, l’importo della retribuzione da assumere come base di calcolo dei contributi previdenziali non può essere inferiore all’importo di quella che ai lavoratori di un determinato settore sarebbe dovuta in applicazione dei contratti collettivi stipulati dalle associazioni sindacali più rappresentative su base nazionale (c.d. “minimale contributivo”), secondo il riferimento ad essi fatto, con esclusiva incidenza sul rapporto previdenziale, dall’art. 1 d.l. 9 ottobre 1989 n. 338 ( conv. in l. 7 dicembre 1989 n. 389), senza le limitazioni derivanti dall’applicazione dei criteri di cui all’art. 36 cost. (c.d. “minimo retributivo costituzionale”), che sono rilevanti solo quando a detti contratti si ricorre – con incidenza sul distinto rapporto di lavoro – ai fini della determinazione della giusta retribuzione.
Con particolare riguardo al settore edile, in ambito di minimale contributivo previsto dall’art. 29 del d.l. n. 244 del 1995, è necessario scindere le due ipotesi ivi previste, quella della sospensione dell’attività, per la quale deve sussistere il presupposto dell’obbligo della retribuzione corrispettivo, obbligo che non sussiste nelle ipotesi di sospensione debitamente comunicate all’Inps in via preventiva ed oggettivamente accertabile, e quella della riduzione dell’attività, nella quale, sussistendo una retribuzione, seppure parziale, esprime tutto il suo vigore la regola del minimale e della tassatività delle ipotesi di esclusione.
Siffatta interpretazione, seppure estende la portata dell’art. 29 citato, è l’unica, secondo il Supremo Collegio, che appare costituzionalmente corretta ed evita disparità di trattamento tra grandi e piccole imprese.
L’abbattimento della contribuzione solo in caso di totale sospensione dell’attività lavorativa
Ecco allora che la pretesa dell’INAIL di parametrare sulla retribuzione imponibile per l’orario normale contrattuale i premi dovuti sulle retribuzioni corrisposte ai lavoratori assunti part-time in eccedenza rispetto al limite del 3% previsto dal contratto collettivo applicabile, va ricondotta alla ipotesi di riduzione dell’attività, nella quale, sussistendo una retribuzione, seppure parziale, trova piena applicazione la regola del minimale.
Affermano gli Ermellini che nel sistema del minimale contributivo la funzione cui la disposizione della contrattazione collettiva assolve non è quella di porre limiti all’autonomia negoziale delle parti private, ma quella di individuare il complessivo valore economico delle retribuzioni imponibili dell’impresa, commisurando quelle eccedenti il divieto di assumere in regime di part-time oltre il limite del 3% al valore della retribuzione dovuta per il normale orario di lavoro.
In conclusione, la commisurazione dell’imponibile contributivo alla retribuzione normale non deriva da una fattispecie di nullità del contratto di lavoro part-time stipulato, ma costituisce la conseguenza della previsione contrattuale collettiva circa il valore economico complessivo delle retribuzioni imponibili dell’impresa edile che può essere abbattuta soltanto nei casi di legittima sospensione dell’attività lavorativa e della retribuzione, ai sensi del citato articolo 29; ma non nei casi di riduzione dell’attività lavorativa, in cui, permanendo una retribuzione, seppur ridotta, mantiene pieno vigore il principio del minimale contributivo.
Il ricorso è stato così accolto e cassata la sentenza impugnata.
Avv. Roberto Dulio