Civile
Il Giudice ricusato dovrebbe poter decidere immediatamente se l’ istanza è manifestamente inammissibile. La Cassazione chiama in causa la Corte Costituzionale. N. 713 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 giugno 2004.
Il Giudice ricusato dovrebbe poter decidere immediatamente se l’istanza è manifestamente inammissibile. La Cassazione chiama in causa la
Corte Costituzionale
N. 713
ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 giugno
2004.
Ordinanza emessa il 26 giugno 2004
dalla Corte di cassazione sul ricorso proposto da Di
Bella Angelino in proprio e n. q. di Presidente e
legale rappresentante della Sanremo S.p.A. contro Sanremo Assicurazioni e
Riassicurazioni S.p.A. in l.c.a. Procedimento civile
– Ricusazione del giudice – Istanza di ricusazione che appaia, per motivi di
rito o di merito, «immediatamente» e «manifestamente» inammissibile – Possibilita’ per lo stesso giudice ricusato di dichiararne
l’inammissibilita’ – Mancata previsione – Contrasto
con i principi del giudice naturale, del giusto processo, del contraddittorio e
della parita’ ed uguaglianza delle parti – Violazione
del principio di ragionevolezza – Ingiustificata disparita’
di disciplina. – Cod. proc.
civ., artt. 52, 53 e 54. –
Costituzione, artt. 3, 24, 25 e 111. (GU n. 37 del
22-9-2004)
LA CORTE DI CASSAZIONE
Ha pronunciato la
seguente ordinanza sul ricorso
proposto da:
Angelino Di Bella, in proprio e quale
azionista e presidente e legale
rappresentante
della Sanremo S.p.A.
di Assicurazione e
Riassicurazione, elettivamente domiciliato
in Roma, via
Antonio
Gramsci 14, presso l’avv.
Giampiero Dinacci, che lo rappresenta e
difende
giusta delega in
atti, ricorrente; contro
Sanremo
Asscurazioni e Riassicupazioni S.p.A.
in l.c.a., in persona del
Commissario liquidatore,
elettivamente domiciliato in Roma, via Monte
Parioli 12, presso l’avv.
Gregorio Iannotta, che lo rappresenta e
difende
giusta delega in atti, controricorrente;
avverso le sentenze
della
Corte d’appello di Roma del 18 dicembre 1996-27 gennaio 1997 e
del 16 marzo-10 maggio 1999.
Vista l’istanza di ricusazione depositata da Angiolino Di
Bella
il 14 maggio 2004;
Udito l’avv. G. Iannotta per la resistente;
Udito il p.m., in
persona del sostituto Procuratore
generale
dott. Vincenzo Gambardella, che
ha concluso per il rinvio a nuovo
ruolo;
Premesso che:
1.
– L’appello proposto da Angiolino Di Bella, nella duplice
veste
di amministratore e socio della
Sanremo Assicurazioni S.p.A.,
avverso la dichiarazione di insolvenza
emessa, nel corso della l.c.a.
della
societa’,
dal Tribunale di Roma, veniva
respinto dalla Corte
d’appello di Roma con le sentenze 18 dicembre 1996-27
gennaio 1997 e
16 marzo-10 maggio 1999,
che il Di Bella impugnava dinanzi a questa
Corte di
cassazione per ottenerne
l’annullamento; l’udienza di
discussione della causa veniva inizialmente
fissata al 28 marzo 2001.
2.
– In data 27 marzo 2001 – e quindi il giorno
precedente
l’udienza –
Angelino di Bella presentava istanza di ricusazione del
presidente
del collegio. cons. Alfredo
Rocchi. Il rinvio
dell’udienza, disposto dal presidente per
consentire la discussione e
decisione
della causa dinanzi a collegio diversamente composto, dava
luogo ad una istanza del difensore del Di
Bella, volta a sostenere la
sospensione
-, in forza della proposta ricusazione del
processo, a
chiedere
l’esame della istanza
di ricusazione da parte di altra
sezione,
ad eccepire l’incostituzionalita’ – eccezione, peraltro,
gia’
proposta dalla Corte
d’appello di Roma e
di Perugia dell’
art. 53
c.p.c.,
nella parte in cui
e’ prevista, per la decisione
della
istanza di ricusazione, la competenza dello stesso collegio di
cui fa parte il giudice ricusato.
Nuovamente fissata l’udienza di discussione al 9 maggio 2001, con
ulteriore istanza, datata 5 maggio 2001 e
rivolta al primo presidente
della
Cassazione, Angelino Di Bella, sostenendo la illegittimita’
di
tale
nuova udienza – in quanto il processo doveva intendersi sospeso
in
forza della precedente
ricusazione – ricusava
i consiglieri
Cappuccio (relatore) e Plenteda, in quanto
facenti parte del
precedente
collegio e, poiche’
gli stessi potevano aver influenzato
il
nuovo collegio, ricusava
l’intero collegio (consiglieri Reale,
Cappuccio, Plenteda, W. Celentano, Fioretti) nonche’ tutti i giudici
della
prima sezione civile. L’istanza veniva
dichiarata irricevibile
– considerato che
non e’ demandato al primo
presidente provvedere
sulla
ricusazione – ma
analoga istanza veniva
presentata alla
cancelleria
della prima sezione
civile, ed il ricordato collegio,
chiamato
a giudicare la
causa all’udienza del 9
maggio 2001;
ritenendo
il processo automaticamente
sospeso ai sensi dell’art. 52
c.p.c.
e non potendo comunque decidere su nessuna delle ricusazioni,
perche’
ricusato in quattro dei propri
cinque membri, rimetteva gli
atti al presidente della sezione.
Le istanze di ricusazione venivano
discusse all’udienza del
7 febbraio 2002
(da un collegio composto dai
consiglieri De Musis,
Losavio, Fioretti, Ceccherini, Macioce) e, con ordinanza depositata
il 12 ottobre 2002, dichiarate
inammissibili.
Con istanza depositata
il 3 febbraio 2003 Angelino Di Bella,
nell’assunto che
l’ordinanza 7 febbraio 2002 fosse nulla, perche’
alla
decisione aveva partecipato
il consigliere Francesco Maria
Fioretti, ricusato quale componente del collegio chiamato a giudicare
all’udienza del 9 maggio 2001, e che,
conseguentemente, non era stata
ancora assunta una valida decisione sulla
ricusazione dei consiglieri
Cappuccio, W. Celentano, Plenteda e Fioretti;
che dovevano, inoltre,
essere
ricusati i consiglieri
Rosario De Musis, Giovanni Losavio,
Aldo Ceccherini e
Luigi Macioce, perche’
componenti il collegio che,
il
7 febbraio 2002, aveva
deciso sulle precedenti
ricusazioni,
ricusava tutti i predetti.
All’udienza del
6 febbraio 2003 (consiglieri Losavio, Cappuccio,
Plenteda, W. Celentano, Macioce) preso atto dell’effetto sospensivo
della
proposta istanza di ricusazione, il collegio rinviava la causa
a nuovo ruolo.
Con ordinanza 15 aprile-15 luglio 2003 il collegio
(consiglieri
Saggio, Panebianco, Adamo,
Piccininni,
Giuliani) investito della
nuova istanza di ricusazione, la
rigettava.
La discussione della
causa veniva nuovamente
fissata per
l’udienza del 19
maggio 2004, ed il collegio (consiglieri De Musis,
Cappuccio, Luccioli, Plenteda, Adamo) veniva, con istanza depositata
in
cancelleria il 14 maggio 2004,
ricusato nei componenti De Musis,
Cappuccio, W. Celentano e Plenteda per la
ragione che il collegio e’
formato
da «consiglieri vittime del
pregiudizio che vede tuttora la
Sanremo insolvente nonostante
l’ultimo bilancio di
esercizio»;
l’istante si
domandava, inoltre «com’e’
possibile che alcuni
consiglieri
della suprema Corte
possano aver anticipatamente ed
acriticamente
accettato l’opinione espressa dalla Corte d’appello (e
in
cio’
risiede il pre-giudizio)
ritenendo insolvente la Sanremo
nonostante
la macroscopica evidenza
degli accertamenti dei periti
d’ufficio», in tal modo esponendo una nuova e diversa,
rispetto alle
precedenti, ragione di ricusazione.
3. – Osservava, in dibattimento, il
difensore della procedura
di
l.c.a.,
che in tal
modo il ricorrente e’ in grado di bloccare
all’infinito il processo ricusando ogni collegio, dal
momento che la
disciplina
vigente non pone
alcun limite alla reiterazione
delle
ricusazioni.
Tanto premesso, si osserva:
4.
– Il diritto
di ricusare il giudice che, trovandosi in
qualcuna
delle situazioni di astensione
obbligatoria previste dalla
legge
(S.U. 12345/01), non
provveda ad astenersi, non sembra
che
possa
– contrariamente a
quanto sostiene la
parte resistente –
soffrire limitazioni quantitative, se non
pregiudicando gravemente il
diritto
della parte al giusto processo, che l’incidente ricusatorio,
nelle intenzioni del legislatore, e’
destinato a tutelare.
5.
– Sembra, invece,
suscitare dubbi di costituzionalita’
l’automatica sospensione
del processo che
la presentazione
dell’istanza di ricusazione comporta.
Il collegio non ignora le decisioni delle s.u.
(3947 e 3948/1989)
e
delle sezioni semplici (Cass. 4804/1993; 2825/1995; 5307/1998) che
hanno
escluso l’effetto sospensivo
automatico della presentazione
della
ricusazione, consentendone una
previa delibazione di
ammissibilita’
da parte dello
stesso giudice ricusato, ne’ ignora
che,
anche recentemente, le s.u. 5729/2002 hanno
condiviso lo
«insegnamento giurisprudenziale che
riconosce allo stesso giudice
innanzi al quale l’istanza di ricusazione
viene proposta il potere di
sindacarne l’ammissibilita’,
quindi, di procedere oltre nel giudizio,
senza sospenderlo, in caso di ritenuta
manifesta inammissibilita», ma
ritiene
che la previsione dell’art. 52.3 c.p.c., che
«la ricusazione
sospende
il processo» non possa essere intesa se non come assoluto
automatismo,
senza possibilita’ alcuna
di delibazione, anche in
presenza
di manifesti vizi
di rito o di merito (ed in tal
senso,
infatti, la norma e’ stata intesa – Cass.
1113/1984; Consta 2766/2000
– ed
applicata dai vari
collegi coinvolti nei vari
incidenti di
ricusazione
intervenuti nel presente
processo): il giudizio
di
inammissibilita’
o di infondatezza
e’ infatti dall’art. 54 c.p.c.
riservato espressamente al giudice della
ricusazione.
D’altronde l’
interpretazione ora ripudiata, se puo’ trovare una
possibile
giustificazione nel giudizio di
merito in base al rilievo
che
in questo, convertendosi i vizi di costituzione del
giudice in
motivi
di impugnazione, e’
ancora consentito il controllo della
ricorrenza
della causa di ricusazione, non e’ invece praticabile dal
giudice
di legittimita’, le cui
pronunce non sono suscettibili di
impugnazione se non per errore di fatto
revocatorio.
Inoltre la necessita’, affermata
dalla Corte costituzionale
(sentenze
78/2002 e 80/2003),
che del collegio
che decide la
ricusazione
non faccia parte
il giudice ricusato
(e, ove la
ricusazione
sia plurima, i
giudici ricusati) impedendo
che
l’incidente possa
essere definito nell’immediato rende inevitabile,
sul piano fattuale, la sospensione del
processo.
6. – Dall’automatismo della sospensione
discende pero’, secondo
questo
collegio, una evidente violazione del principio del giudice
naturale – perche’
lo strumento della ricusazione, poiche’ le persone
dei
giudici di ogni ufficio sono di numero finito, ha
l’effetto di
«pilotare» la
causa secondo gradimento -; del
principio del giusto
processo
– perche’ i
«tempi» della decisione
divengono
incontrollabili
-; del principio del contraddittorio – perche’
viene
attribuito ad una parte il potere di sospendere
il corso del processo
reiteratamente ed ad libitum;
del principio di parita’ ed uguaglianza
delle
parti – perche’ la sospensione interviene ipso
iure, senza che
quindi
la controparte possa
in alcun modo
rappresentare e far
valutare le proprie, eventualmente difformi,
esigenze.
La ripartizione delle
materie tra le
sezioni civili della
Cassazione, pur non prevista – a
differenza che per le sezioni penali
– dall’ordinamento giudiziario,
e’ pero’ da
sempre applicata,
all’espresso fine di garantire la piu’ piena e trasparente attuazione
del
principio dell’indipendenza ed imparzialita’
del giudice, e
quindi
in consonanza con
gli artt. 101 e 107 della
Costituzione:
principio
indissolubilmente collegato al
principio del giudice
naturale
che, attraverso l’abuso
della ricusazione che l’attuale
ordinamento consente, viene quindi ad essere
violato.
In attuazione dell’art. 6
della Convenzione dei
diritti
dell’uomo, lo Stato italiano e’ tenuto ad
assicurare un equo processo
entro
un termine ragionevole e gli artt. 3 della l.s. 117/1988 e 2
della l.s.
89/2001, nonche’ il novellato art. 111 della
Costituzione,
sono,
nelle intenzioni, volti
a garantire tale ragionevole durata
che,
dalla possibilita’ di reiterate istanze di ricusazione, viene
invece ad essere completamente travolta.
Inoltre, nella peculiarita’ del
potere unilaterale di
disposizione
del processo che
spetta al ricusante
– tanto piu’
evidente
se confrontato sia con la diversa disciplina che, per tutte
le altre cause di sospensione, e’
dettata dagli artt. 295 ss. c.p.c.,
sia
con le cautele
previste per l’automatismo dei
fatti naturali
interruttivi
– sembra ravvisabile anche una violazione del principio
di ragionevolezza. Proprio perche’ non presentano alcuna disposizione
corrispondente
all’art. 53.3 c.p.c. gli
artt. 47, 48, 49 e 50 del
r.d.
642/1907 consentono, al
giudice amministrativo, una previa
delibazione
di ammissibilita’ dell’istanza di ricusazione (Consta,
sez.
IV, 6511/2002; 2766/2000). E, se si aderisce
all’indirizzo che,
nell’incidente di
ricusazione, ravvisa
un procedimento
sostanzialmente amministrativo (Cass. 1113/1984;
155/2000, 8729/2000)
anche
rispetto al disposto dell’art. 53.3 r.d
37/1934 si evidenzia
una
disparita’
di disciplina che
non sembra trovare
logica
giustificazione.
7. – La fattispecie – nella quale e’ evidente che le ripetute
istanze
di ricusazione sono,
in quanto non
esprimono una
«ragionevole» causa di ricusazione,
manifestamente dilatorie – rivela
che appare contrastante con i principi piu’ volte sopra menzionati la
mancata
previsione che lo stesso giudice ricusato possa dichiarare
inammissibile
– senza pertanto sospendere il
processo e rinviare al
giudice
della ricusazione –
la istanza di
ricusazione che, per
qualsivoglia
motivo, di rito o di merito,
appaia «immediatamente» e
«manifestamente» tale.
8.
– Non ritiene
il collegio che
l’automatismo della
sospensione
possa essere considerato
causa idonea ad impedire la
proposizione incidentale della q.l.c. degli artt. 52, 53 54 c.p.c. in
relazione
agli artt. 3, 24, 25, 111 della Costituzione: proprio tale
automatismo
e’ in contestazione e quindi, prima di riconoscerlo
ed
applicarlo,
occorre investire della
questione la Corte
costituzionale,
sospendendo a tal fine ed in attesa dell’esito della
q.l.c.
sollevata, ogni pronuncia,
sia pure dichiarativa,
della
sospensione prevista dall’art. 52.3 c.p.c. P. Q. M.
Solleva q.l.c. degli artt.
52, 53 e 54 c.p.c. in relazione agli
artt. 3 24, 25, 111 della Costituzione in
quanto non consentono allo
stesso
giudice ricusato di
dichiarare inammissibile
l’istanza di
ricusazione
che tale appaia
– per motivi
di rito o di merito –
«immediatamente» e
«manifestamente»;
Dispone l’immediata trasmissione degli
atti alla Corte
costituzionale, sospendendo sino all’esito il
processo;
Ordina che, a cura della cancelleria, la presente
ordinanza sia
notificata
alle parti in causa ed al p.m., nonche’ al Presidente del
Consiglio dei ministri ed ai
Presidenti delle due Camere.
Roma, addi’
19 maggio 2004
Il Presidente: De Musis