Penale
Il Giudice che abbia dichiarato inidonee le attività risarcitorie è incompatibile a partecipare al dibattimento? Il Tribunale di Alessandria rimette la questione alla Corte Costituzionale ORDINANZA (Atto di promovimento) 2 Marzo 2005 – 2 Marzo 2005, n. 4
Il Giudice che abbia dichiarato inidonee le attività risarcitorie è incompatibile a partecipare al dibattimento? Il Tribunale di Alessandria rimette la questione alla Corte Costituzionale
ORDINANZA (Atto di promovimento) 2 Marzo 2005 – 2 Marzo 2005, n. 451
Ordinanza emessa il 2 marzo 2005 dal tribunale di Alessandria nel procedimento penale a carico di Gargano Donato Processo penale – Incompatibilita’ del giudice – Giudice che nella fase preliminare del dibattimento abbia ritenuto inidonee le attivita’ risarcitorie e riparatorie poste in essere ai fini della dichiarazione di estinzione del reato di cui all’art. 35 del d.lgs. n. 274/2000 – Incompatibilita’ a partecipare al dibattimento – Mancata previsione – Violazione del principio di uguaglianza – Lesione del diritto di difesa – Eccesso di delega, in relazione alle direttive nn. 67 e 103 della legge n. 81/1987 – Contrasto con i principi di presunzione di non colpevolezza, del giusto processo, del contraddittorio e di imparzialita’ del giudice. – Cod. proc. pen., art. 34, comma 2. – Costituzione, artt. 3, primo comma, 24, comma secondo, 27, comma secondo, 76 e 111, primo e secondo comma. (GU n. 39 del 28-9-2005 )
IL TRIBUNALE
Visti gli atti relativi al procedimento penale rubricato a
n. 657/03 R.G.T., 4576/01 R.G.N.R., intentato nei confronti di
Gargano Donato, meglio generalizzato in atti, imputato del reato
previsto e punito dall’art. 590 c.p. «perche’, mentre si trovava alla
guida della propria auto vettura Volkswagen “Golf”, targata BG323ED e
mediante colpa, imprudenza, negligenza ed imperizia nonche’
l’inosservanza del disposto dell’art. 154, comma 1 del c.d.s. mentre
stava fermo incolonnato con altri veicoli, eseguiva lo spostamento a
sinistra della propria autovettura andando cosi’ a collidere con
motoveicolo BMW R100 GS targato MI 787937 condotto dal proprietario
Codogno Mario che stava sopraggiungendo da dietro e provocando un
incidente stradale in conseguenza del quale lo stesso riportava
lesioni giudicate guaribili in 20 giorni s.c. – in Alessandria,
frazione Spinetta Marengo, il 16 settembre 2001»;
Visti gli articoli 34 c.p.p.; 35, decreto legislativo 28 agosto
2000, n. 274; 1, legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1; 23,
legge 11 marzo 1953, n. 87;
Alla pubblica udienza dibattimentale del 2 marzo 2005;
Ha pronunciato la seguente ordinanza.
A mezzo la quale si solleva d’ufficio questione di legittimita’
costituzionale dell’art. 34, comma 2, c.p.p., in relazione agli
articoli 3, comma 1, 24, comma 2, 27, comma 2, 111, commi 1 e 2
Cost., nonche’ 76 Cost., nella parte in cui non prevede che non possa
partecipare al successivo dibattimento il giudice che,
preliminarmente all’apertura di questo, abbia respinto la richiesta
dall’imputato avanzata ex art. 35, decreto legislativo 28 agosto
2000, n. 274, affinche’ il giudice medesimo, sentite le parti e
l’eventuale persona offesa, dichiari con sentenza estinto il reato
quando l’imputato dimostri di aver proceduto, prima dell’udienza di
comparizione o successivamente, in caso di applicazione del disposto
di cui ai commi 3, 4 e 5 della norma medesima, alla riparazione del
danno cagionato dal reato, mediante le restituzioni o il
risarcimento, e di aver eliminato le conseguenze dannose o pericolose
del reato.
Svolgimento del processo
Con decreto di citazione diretta emesso in data 19 febbraio 2003
dal Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di
Alessandria, Gargano Donato veniva tratto a giudizio per rispondere
del reato lui ascritto.
L’imputato, ritualmente citato, non comparendo veniva dichiarato
contumace mantenendo tale status sino all’odierna udienza.
Preliminarmente all’apertura del dibattimento, a mezzo procura
speciale all’uopo conferita al proprio difensore, la persona offesa
Codogno Mario, anch’egli meglio in atti generalizzato, si costituiva
in giudizio parte civile affinche’, dichiarata la penale
responsabilita’ del prevenuto e condannatolo alle pene di legge, lo
stesso fosse condannato al risarcimento dei danni materiali e morali
cagionati quale conseguenza della tenuta condotta con ammontare da
quantificarsi in separato giudizio civile e previa assegnazione di
provvisionale immediatamente esecutiva pari ad Euro 4.000,00 o di
differente importo meglio determinato.
Preliminarmente all’apertura del dibattimento, peraltro,
l’imputato richiedeva in udienza, in precedenza non avendo potuto
provvedervi stante la mancata possibilita’ di incontro con la parte
lesa, e previo versamento a mezzo assegno bancario dell’importo di
Euro 9.500,00 a titolo di risarcimento in favore della stessa
costituita parte civile, l’emissione di sentenza ex art. 35 decreto
legislativo 28 agosto 2000, n. 274 dichiarativa dell’estinzione del
reato ascrittogli a seguito della tenuta condotta riparatoria.
L’applicazione dell’indicata norma di legge essendo nella
fattispecie consentita ex art. 64, comma 2, decreto legislativo 28
agosto 2000, n. 271 (il giudizio vertendo su reato attribuito alla
cognizione del giudice di pace ma commesso, e per gli effetti
iscritto nel registro delle notizie di reato, in data posteriore alla
pubblicazione del decreto istituivo di detta competenza ma altresi’
anteriore alla data di sua entrata in vigore), veniva udito a’ sensi
di legge il Codogno Mario che si opponeva eccependo l’insufficienza
dell’importo offerto a soddisfare le esigenze di riparazione e ad
eliminare le conseguenze dannose lui derivanti dal reato, altresi’
offrendo in produzione documentazione comprovante le stesse (su cui
la difesa dell’imputato sua volta si opponeva).
Disposta ai sensi dei commi 3, 4 e 5 dell’art. 35 del decreto
legislativo piu’ volte citato la sospensione del processo per la
durata di mesi tre, questo giudicante aggiornava la prosecuzione del
medesimo a udienza successiva lo spirare del mandato termine, alla
quale le parti insistevano nei propri assunti, l’imputato solo
provvedendo ad offrire somma aggiuntiva a copertura delle spese
legali affrontate dalla costituita parte civile.
Ritenuto dall’Ufficio procedente necessario pertanto esperire
attivita’, seppur sommaria, di istruzione ai fini dell’effettiva
valutazione della condotta riparatoria posta in essere dall’imputato,
come atta a soddisfare i requisiti normativamente imposti, veniva
preliminarmente acquisita documentazione afferente i fatti oggetto di
causa comprensiva di atti di parte relativi al precedentemente
instaurato giudizio civile rinunciato ai sensi dell’art. 75, comma 1,
c.p.p. per intervenuta costituzione di parte civile nel giudizio
penale ed atti relativi al giudizio attivato sul ricorso del Codogno
Mario avverso il verbale di contestazione della contravvenzione ex
art. 148, comma 11, c.d.s. lui contestata.
Veniva quindi disposta perizia medico-legale in ordine
all’effettiva consistenza delle lesioni dalla persona offesa
riportate in conseguenza del sinistro stradale occorsole, attesa la
generica quantificazione risultante dal capo di imputazione (giorni
20, salvo complicazioni).
Rilevato infine non potersi ancora allo stato decidere in merito
all’eventuale concorso di colpa del danneggiato, civilisticamente
rilevante in ordine al quantum del risarcimento dovuto, nonche’ in
ordine alla soddisfazione delle esigenze di riprovazione del reato e
di prevenzione fatte salve dalla norma di cui al comma 2
dell’art. 35, d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274, veniva disposta
l’acquisizione degli atti contenuti nel fascicolo del pubblico
ministero.
All’esito della esperita attivita’ istruttoria, consentita non
solo dal tenore letterale dell’art. 35, decreto legislativo 28 agosto
2000, n. 274, bensi’ anche dalla prevalente dottrina e dalla
giurisprudenza di merito, sino ad ora edita, che testualmente afferma
come «nei reati di competenza del giudice di pace, ma giudicati dal
tribunale in virtu’ della norma transitoria di cui all’art. 64, comma
2, d.lgs. n. 274 del 2000, il giudice, al fine di valutare la
sussistenza dei requisiti indicati dall’art. 35 per dichiarare
estinto il reato a seguito di condotte riparatorie, ovvero, in
alternativa, per concedere il termine di cui al comma 3 della norma
stessa, puo’ compiere attivita’ istruttorie, come sentire l’imputato
e la parte offesa e sollecitare produzione di documenti rilevanti»
(Tribunale di Grosseto, 28 febbraio 2002, in Giur. Merito, 2002,
1013), riteneva definitivamente questo giudicante non potersi
pervenire sentenza di estinzione del reato in quanto, ritenuta la
penale responsabilita’ dell’imputato, correlativamente non potevasi
ritenere idonea l’attivita’ risarcitoria dallo stesso posta in esse
in favore della persona offesa ex art. 35, d.lgs. 28 agosto 2000,
n. 274.
Ritenuto in diritto
Alla luce di quanto riportato, in fatto motivato con separata
ordinanza del 2 marzo 2005, che evidenzia l’impossibilita’ per il
procedente Ufficio di pervenire a sentenza estinzione del reato ex
art. 35, d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274, e considerato che inevitabile
conseguenziale a tale pronuncia e’ il previo accertamento della
penale responsabilita’ dell’odierno imputato per il reato lui in capo
di imputazione ascritto, a giudizio di questo scrivente conseguono
profili di incompatibilita’ per il medesimo a procedere
all’instaurando dibattimento.
Sulla scorta di cio’, deve dubitarsi della legittimita’
costituzionale dell’art. 34, comma 2, c.p.p. in quanto non prevede
tra le ipotesi di incompatibilita’ ivi disciplinate quella del
giudice che, decidendo in subiecta materia, divenga per gli effetti
in seguito giudice del dibattimento da celebrarsi per il medesimo
fatti nei confronti dello stesso imputato.
Invero, il regime delle incompatibilita’ previsto nella legge
delega «risponde all’esigenza di evitare che la valutazione di merito
del giudice possa essere (o possa ritenersi che sia) condizionata
dallo svolgimento di determinate attivita’ nelle precedenti fasi del
procedimento o della previa conoscenza dei relativi atti processuali.
E’ ben vero che nell’ottica della delega, quale emerge dalle sue
enunciazioni espresse, non ogni attivita’ precedentemente svolta vale
a radicare l’incompatibilita’. Ma e’ anche vero che il suo
sostanziale rispetto richiede la verifica della ricorrenza o meno,
nei singoli casi, delle ragioni che hanno ispirato tali enunciazioni:
e cio’ specie ove si tratti di istituti che la delega non ha
direttamente previsto» (e che addirittura non poteva prevedere, come
nel caso che occupa la presente decisione, atteso come la
promulgazione della legge istituiva delle competenze penali del
giudice di pace sia successiva alla promulgazione della legge di
delega): cfr. Corte cost. 26 ottobre 1996, n. 496.
In piu’ deve rilevarsi come «nel nuovo sistema [Omissis] il
rilievo assegnato alla terzieta’ del giudice e’ stato
significativamente accentuato con la previsione che il giudice della
fase del giudizio non debba conoscere gli atti compiuti durante le
indagini preliminari» (sempre come da Corte cost. 26 ottobre 1996,
n. 496).
Riprendendo le conclusioni quivi riportate, ne consegue pertanto
come le definizioni alternative del procedimento delineate al Capo V,
Titolo I, d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274, ed in particolar modo quella
di cui all’art. 35, presupponendo necessariamente un preventivo
accertamento in ordine alla penale responsabilita’ dell’imputato e la
intervenuta, seppur eventuale, conoscenza di atti relativi delle
indagini preliminari, involvono situazione in assoluto analoga a
quella in cui versa il giudice del dibattimento che si e’ pronunciato
in ordine al rigetto di istanza di patteggiamento, per riconosciuta
insussistenza delle circostanze attenuanti generiche quale giudice
per le indagini preliminari, dell’udienza preliminare o quale giudice
monocratico preliminarmente all’apertura del dibattimento.
Invero, qualora il tribunale in composizione monocratica (e
simile rilevo risulta giocoforza valere anche in rapporto al giudizio
innanzi il giudice di pace) sia chiamato a pronunciarsi in ordine
alla congruita’ dell’attivita’ risarcitoria posta in essere
dall’imputato ai fini della dichiarazione di estinzione del reato,
pone in essere pronuncia che presuppone un giudizio di insussistenza
delle condizioni legittimanti il proscioglimento nel merito ai sensi
dell’art. 129 c.p.p.; comporta altresi’ una valutazione non di mera
legittimita’, ma anche di merito, fondata sulle risultanze degli
atti, circa la correttezza della definizione giuridica del fatto
nonche’ in ordine la sussistenza dell’elemento oggettivo e soggettivo
del reato; implica ancora, da un lato, che il giudice valuti la
congruita’ del risarcimento ai fini dell’accoglimento della richiesta
sentenza di estinzione del reato e, dall’altro, ove la richiesta sia
accolta ed il giudizio cosi’ abbia termine, che lo stesso sfoci in un
provvedimento giurisdizionale motivato che spazia dal merito alla
legittimita’ e che non puo’ a sua volta prescindere dalle prove della
responsabilita’.
La qui ritenuta incongruita’ della condotta riparatoria posta in
essere dall’imputato si sostanzia pertanto in una valutazione non
formale, bensi’ di contenuto circa l’idoneita’ degli atti e
dell’attivita’ istruttoria compiuta a fondare un giudizio di
responsabilita’, per di piu’ prodromica all’applicazione di una pena
a fronte della opposta soluzione di estinzione del reato.
Inoltre, ed analogamente, atteso come finalizzata alla pronuncia
del giudice in ordine alla responsabilita’ civile nascente dal reato
sia la traslazione del relativo giudizio all’interno del processo
penale a mezzo la costituzione di parte civile, ne consegue che la
pronuncia con la quale il giudice stesso ritiene non soddisfacente
l’attivita’ di riparazione del danno attuata dall’imputato
implicitamente costituisca anticipazione del proprio convincimento
anche in ordine a tale domanda, oltremodo cosi’ inducendo o
pregiudicando favorevolmente, la eventuale costituzione di parte
civile della persona offesa (che, viceversa, per la disciplina di cui
all’art. 75 c.pp., risulterebbe nell’economia del nuovo codice di
procedura penale quantomeno scoraggiata).
L’introduzione della disciplina di cui all’art. 35, d.lgs. 28
agosto 2000, n. 274, in sostanza, perverrebbe cosi’ per le ragioni
suddette a configurare un’ipotesi di incostituzionalita’ per
violazione dell’art. 76 Cost. della norma di cui all’art. 34 c.p.p.
per eccesso di delega in rapporto alle direttive di cui ai numeri 67
e 103 della legge 16 febbraio 1987, n. 81 di delega legislativa al
Governo per l’emanazione del nuovo codice di procedura penale;
nonche’ degli articoli 24, comma 2, 27, comma 2, 11, commi 1 e 2, in
quanto tutti diretti, nel garantire il diritto di difesa
dell’individuo, la presunzione di innocenza dello stesso e
l’attuazione della giurisdizione mediante giusto processo in cui il
principio del contraddittorio e’ rispettato in condizioni di parita’
tra le parti ed innanzi un giudice terzo ed imparziale, a scongiurare
la violazione precipuamente di tali diritti a fronte di un giudizio
gia’ implicitamente ed inevitabilmente adottato di colpevolezza, del
conseguente cessare della presunzione di innocenza e del venir meno
dell’imparzialita’ del giudice quale connotato intrinseco della sua
attivita’.
Dalle considerazioni esposte, ne consegue pertanto che
l’incompatibilita’ qui prospettata attiene proprio al concretizzarsi
di una autentica ipotesi di duplicita’ di giudizio di merito sullo
stesso oggetto, risultando inficiata la garanzia costituzionale
configurata dal combinato disposto delle citate norme sulla scorta
delle quali cio’ che deve evitarsi e’ il «rischio che la valutazione
conclusiva di responsabilita’ sia, o possa apparire, condizionata
dalla propensione del giudice a confermare una propria precedente
decisione» (cfr. Corte cost. 25 marzo 1992, n. 124).
Preso atto infine delle precedenti pronunce del Giudice delle
leggi in materie analoghe, non da ultimo va valutato il profilo di
illegittimita’ costituzionale dell’art. 34 c.p.p. in rapporto al
principio di eguaglianza, cardine fondamentale dell’Ordinamento
giuridico italiano, cosi’ che i principi gia’ affermati a preservare
integro il modello accusatorio voluto dal Legislatore nel 1987 anche
in questa fattispecie, che presenta salienti i connotati
dell’analogia, possano essere garantiti.
In conclusione, attesi i rilievi evidenziati e prescindendo da
eventuali ulteriori profili di illegittimita’ costituzionale della
norma di cui all’art. 35, d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274 (laddove
nulla dispone in ordine alle spese di giudizio analogamente a quanto
viceversa prevede l’art. 340 c.p.p. in caso di estinzione del reato
per intervenuta remissione di querela – nell’ipotesi, come l’odierna,
in cui oltretutto sia stata disposta rilevante attivita’ istruttoria
– e laddove non prevede che il giudice, al termine del dibattimento o
nel giudizio di impugnazione, ove ritenga ingiustificato il
precedente respingimento della richiesta di proscioglimento, provveda
a’ termini dell’art. 35 piu’ volte citato analogamente a quanto
prevede l’art. 448 c.p.p. in caso di applicazione della pena su
richiesta delle parti), che quivi non rilevano, altro dovere non
residua per l’Ufficio procedente, non potendo il giudizio pendente
essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione
di legittimita’ costituzionale sollevata, che rimettere gli atti del
processo alla Corte costituzionale per la pronuncia della stessa in
ordine alla sollevata questione di legittimita’ costituzionale
dell’art. 34, comma 2, c.p.p.
P. Q. M.
Visti gli articoli 1, legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1;
23, legge 11 marzo 1953, n. 87; 1, delibera 16 marzo 1956;
Solleva questione di legittimita’ costituzionale dell’art. 34,
comma 2 c.p.p. in riferimento agli articoli 3, comma 1, 24, comma 2,
27, comma 2, 76, 111, commi 1 e 2, Costituzione laddove non prevede
l’incompatibilita’ a partecipare al dibattimento del giudice che
nella fase preliminare dello stesso ha ritenuto inidonee le attivita’
risarcitorie e riparatorie poste in essere dall’imputato ai fini
della dichiarazione di estinzione del reato di cui all’art. 35,
d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274.
Dispone l’immediata trasmissione della presente ordinanza,
unitamente agli atti del processo, alla Corte costituzionale.
Dispone che copia della presente ordinanza sia notificata alle
parti assenti.
Dispone altresi’ che copia della presente ordinanza sia
comunicata al Presidente del Consiglio dei ministri, al Presidente
della Camera ed al Presidente del Senato.
Dispone la sospensione del giudizio in corso riservando ogni
ulteriore decisione all’esito della decisione della Corte
costituzionale.
Manda la cancelleria per l’adempimento dei disposti incombenti.
Cosi’ disposto in Alessandria, alla pubblica udienza del 2 marzo
2005.
Il giudice: Gandini