Penale

Friday 03 October 2003

Il fidanzato piantato in asso rischia una condanna per molestie se tempesta di telefonate chi lo ha respinto. Cassazione – Sezione sesta penale (cc) – sentenza 4-16 settembre 2003, n. 35544

Il fidanzato piantato in asso rischia una condanna per molestie se tempesta di telefonate chi lo ha respinto

Cassazione Sezione sesta penale (cc) sentenza 4-16 settembre 2003, n. 35544

Presidente Bruno relatore Morgigni

Ricorrente Greci

Osserva

Il ricorso è inammissibile.

La prima parte del primo motivo è manifestamente infondata, poiché linterruzione del fidanzamento da parte della donna non giustificava il comportamento di disturbo mediante continue telefonate, non essendosi in presenza di unesimente. Anche lo squillo ripetuto dellapparecchio telefonico integra gli estremi del reato, qualora la condotta sia tenuta nella consapevolezza darrecare fastidio e, sul punto, dubbio non può sussistere, attesa la cessazione dei rapporti con la parte offesa. La presenza di Leonart nellabitazione era nota a Greci che, pur non volendo parlare con il medesimo, continuava a telefonare. Va rilevato che, a prescindere dal turbamento riportato dallinteressato, oggettivamente le reiterate telefonate sono fonte di aggressione del bene giuridico tutelato dalla norma, che tende a proteggere la vita privata di ognuno da illegittime interferenze.

La seconda parte del primo motivo muove da un presupposto di fatto (reazione a condotta asseritamene diffamatoria) che non può essere prospettato in sede di legittimità.

La prima parte del secondo motivo evidenzia per un verso questioni non deducibili in sede di legittimità, in quanto il preteso travisamento dai fatti non emerge dal testo del provvedimento impugnato, e per laltro è ripetitiva del tema già esposto innanzi in ordine allaffermata insussistenza dellassenza della molestia nel telefonare in modo muto.

La seconda parte del secondo motivo prospetta pretese contraddizioni interne alle dichiarazioni delle parti offese. Tale censura non è deducibile in Cassazione, poiché richiede lesame degli atti che il giudice di legittimità non può svolgere, ai sensi dellarticolo 606 Cpp.

Con la terza parte del secondo motivo il ricorrente tenta ancora di conseguire un risultato non consentito dal codice di rito: ottenere da parte del giudice di legittimità la formazione di un convincimento diverso da quello legittimamente e correttamente espresso dai giudici del territorio e, comunque, la doglianza è parimenti basata su una pretesa diversa valutazione delle dichiarazioni delle parti, non consentita in sede di legittimità.

Con il quarto punto del secondo motivo il ricorrente si duole di un inesistente difetto di motivazione, rilevando che questultima non gli consentirebbe di «avvalersi degli argomenti invocati o invocandi dei fatti, che trovano il loro fondamento in una visione alternativa dei fatti o una diversa lettura degli atti». Tale critica mostra ictu oculi la sua pretestuosità, poiché pone in luce che la motivazione è completa sotto il profilo logico, perché non presenta alcuna discrepanza. Daltronde ancora una volta il ricorso viola il dettato dellarticolo 606 lettera e) Cpp, presentando questioni attinenti ad una diversa interpretazione delle risultanze processuali, non richiedibile alla Cassazione.

Il quinto punto ugualmente si risolve in un coacervo di considerazioni di merito in ordine allapplicazione della pena ed alla sospensione condizionale della sua esecuzione: ciò risulta dalla stessa prospettazione delle «apprezzabili ragioni dal punto di vista umano, morale e giuridico».

Né corrisponde alla realtà processuale lassunto del difetto di motivazione sulla mancata applicazione della provocazione ovvero sulla subordinazione della sospensione condizionale dellesecuzione della pena al risarcimento del danno. Sia il primo che il secondo giudice hanno fornito spiegazione del loro convincimento. È questultimo ad essere contestato dal ricorrente nella sostanza e tale censura non è consentita in sede di legittimità, poiché la sentenza sul tema è motivata in modo congruo con lapprezzamento della gravità del fatto e della condotta tenuta allimputato. Non è necessario esaminare ogni aspetto disciplinato dallarticolo 133 Cp, essendo sufficientemente richiamate i profili normativi che si ritengono determinati.

Consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 500 alla cassa delle ammende.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 500 alla cassa delle ammende.