Civile
Il contratto di sale and lease back non contrasta con il divieto di patto commissorio. Importante sentenza della Cassazione. Suprema Corte di Cassazione, Sezione Terza Civile, sentenza n.13580/2004
Il contratto di sale and lease
back non contrasta con il divieto di patto commissorio. Importante sentenza
della Cassazione
Suprema Corte di Cassazione, Sezione
Terza Civile, sentenza n.13580/2004
Svolgimento del processo
Con atto notarile del 3/11/1986 C. G.
vendeva 2 immobili in Martina Franca alla SIFI s.r.l. (le cui quote si
appartenevano a sé medesimo ed al figlio G.) e con
successivo atto la Sifi vendeva per lo stesso prezzo
di L. 500 milioni i medesimi immobili alla s.p.a. Agrileasing, che contestualmente li cedeva in locazione
finanziaria alla s.n.c. C. Auto (le cui quote erano di pertinenza di C. G. e
G.), per essere destinati ad attività di concessionaria Fiat. Sopraggiunto il fallimento di C. G. e G., di C. Auto s.n.c. e della
Sifi, il 5/12/1987, la curatela adiva il tribunale di
Taranto perché fossero dichiarati inefficaci e nulli i predetti
contratti nonché il dissimulato contratto di mutuo, con patto commissorio
vietato [1] ed in subordine instava per la revocatoria ex art. 67 l.f. nei confronti della Agrileasing.
Si costituiva la Agrileasing, che resisteva alla domanda,
chiedendo la risoluzione del contratto di leasing per inadempimento ed anche
perché aveva scoperto che gli immobili in questione non erano stati occupati
dalla s.n.c. C. Auto ma da altri soggetti.
Il Tribunale accoglieva la domanda
attrice, ritenendo simulati gli atti in questione, in quanto predisposti per
mascherare un mutuo con patto commissorio, poiché il rapporto sostanzialmente
era intervenuto tra i C. e l’Agrileasing e che era significativo, ai fini di questa ricostruzione il fatto che
gli immobili erano detenuti da terzi e che la C. Auto, con missiva del
14/11/1986, aveva significato di voler dismettere la concessionaria (medio tempore tra i due atti).
Avverso questa
sentenza
proponeva appello la Agrileasing.
Resisteva la s.r.l. Nuova
Immobiliare, quale assuntore dei fallimenti C. (già costituitasi nel corso del
giudizio di primo grado).
La corte di appello
di Lecce, sez. dist. di
Taranto, con sentenza depositata 7/1/2000, rigettava l’appello.
Riteneva la corte di merito che nella
fattispecie sussisteva la consapevole partecipazione dell’Agrileasing
al disegno simulatorio. Infatti non era possibile che
l’Agrileasing non avesse visionato gli immobili,
rilevando che gli stessi erano già occupati da terzi locatari, tenuto conto che
la convenuta aveva una filiale a Bari e che vi fu un verbale di consegna degli
immobili; che le visure commerciali esibite, da cui
risultava che i C. erano in bonis, si riferivano solo
ai C. ed alla C. Auto e non anche alla Sifi, che pure
era il soggetto alienante.
Secondo i giudici di
appello l’Agrileasing era a conoscenza della
struttura societaria della SIFI e l’intera operazione si riduceva ad un
rapporto tra i C. e la convenuta e gli atti erano simulati, in quanto non si
trattava di vendita, ma di un mutuo con patto commissorio.
Riteneva la corte territoriale che
oggetto del secondo atto era la costituzione di una garanzia reale in capo alla Agrileasing, che acquistava
la proprietà di un immobile a garanzia del credito fatto ai C..
Riteneva la corte di merito che nella
fattispecie fosse da escludere che sussistesse un
contratto di sale and lease back, poiché nella
fattispecie la contestuale locazione finanziaria non avveniva nei confronti
della venditrice SIFI, ma di un altro soggetto (s.n.c. C. Auto), per
l’esercizio di un’attività nella pratica inattuabile.
Avverso questa
sentenza la
s.p.a. Agrileasing ha proposto ricorso per
Cassazione.
Resiste con controricorso
la s.r.l. Nuova Immobiliare. Entrambe le parti hanno presentato memorie.
Motivi della decisione
1.1. Preliminarmente va rigetta
l’eccezione di inammissibilità del ricorso proposta
dalla resistente, per non essere stato indicato nel ricorso la parte contro cui
esso è proposto (nella specie la Nuova Immobiliare), cui si fa riferimento
esclusivamente a pag. 5 del ricorso, nonché in sede di notifica dello stesso.
1.2. Ritiene questa corte che
l’eccezione è infondata.
Infatti, ai sensi dell’art. 366, n. 1, c.
p.c. il ricorso per cassazione è inammissibile,
allorquando ricorra un’incertezza assoluta sull’identificazione della parte
ricorrente o di quella contro cui è diretta. Ai fini dell’osservanza della
predetta norma non occorre necessariamente che tale indicazione sia premessa
all’esposizione dei motivi di impugnazione, ovvero sia
altrove oggetto di esplicita formulazione, ma è sufficiente che, analogamente a
quanto previsto dall’art. 164 c. p.c., essa risulti
in modo chiaro ed inequivoco dal contesto del ricorso, anche se implicitamente,
nonché dal riferimento agli atti dei precedenti giudizi, per cui sia agevole
identificare con certezza la parte intimata (Cass. 11/2/1994, n. 1389; Cass.
9/7/1982, n. 4081).
Nella fattispecie sia dal contesto del ricorso (p. 5) sia dal riferimento alla
sentenza impugnata era agevole rilevare che la parte intimata era la s.r.l.
Immobiliare, cui il ricorso fu poi effettivamente notificato.
2.1. Ritiene questa Corte che
preliminarmente vadano esaminati il primo ed il quarto
motivo di ricorso.
Con il primo motivo
la ricorrente lamenta l’omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione agli artt.
1322, 2744, 1414, 1418 c. c.
Lamenta la ricorrente che la sentenza
impugnata fa riferimento a due negozi, mentre in effetti
i negozi erano tre; che, pur ritenendo simulati i negozi, non indica quali
fossero i negozi dissimulati; che l’omissione dell’identificazione del negozio
dissimulato impediva di valutare la corretta applicazione della sanzione di
nullità di cui all’art. 2744 c. c.
2.2. Con il quarto motivo di ricorso la ricorrente lamenta l’omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, ex art.
360 n. 5 c. p.c., 1322-1414-1418-2744 c. c.
Ritiene la ricorrente che la sentenza
impugnata ha escluso nella fattispecie un contratto lecito di sale and lease back, perché quest’ultimo
presuppone l’identità formale e sostanziale dei soggetti che danno
vita a detto negozio, mentre nella fattispecie i soggetti sarebbero tre
(e differenti), poiché il venditore risultava essere la Sifi
e l’utilizzatore risultava essere la
C. Auto s.n.c.; che tale assunto
entrava in contrasto con tutta la costruzione effettuata dal giudice di merito,
secondo cui il rapporto era unico ed investiva da una parte C. G. e dall’altra
l’Agrileasing; che in questa ipotesi la sentenza
impugnata avrebbe dovuto esaminare se sussistevano gli elementi per un valido
contratto di sale and lease back; che se, invece, le
parti contraenti erano effettivamente tre, allora i negozi stipulati
rappresentavano l’effettiva estrinsecazione della fattispecie della locazione
finanziaria immobiliare, con presenza di un venditore e fornitore, di un
concedente ed utilizzatore.
3.1. Ritiene questa Corte che i due
motivi siano fondati e che essi vadano accolti.
La sentenza, anzitutto, risulta insanabilmente
contraddittoria.
Nella prima parte, infatti, della
motivazione (fino a pag. 12), essa sembra condividere l’iter argomentativo
della sentenza di primo grado (confermata) che riteneva simulati gli atti in
questione, sia sotto il profilo soggettivo, attraverso l’interposizione
fittizia della SIFI s.r.l. che della s.n.c. C. Auto sia sotto il profilo
oggettivo, per cui i vari atti, concepiti e voluti
come funzionalmente connessi ed interdipendenti, mascheravano un mutuo con
patto commissorio, intervenuto direttamente tra la s.p.a. Agrileasing
ed il C. G., (ovvero quest’ultimo insieme al figlio
G.).
Nella seconda parte (p. 13-14) della
motivazione la sentenza impugnata ritiene, invece che nella fattispecie non
possa sussistere un contratto di sale and lease back,
poiché l’utilizzatore dell’immobile concesso in leasing era
la s.n.c C. e quindi un
soggetto diverso da quello (SIFI s.r.l.) che aveva venduto il bene alla Agrileasing, per cui stante la diversità di soggetti tra
venditore e utilizzatore non era ipotizzabile il suddetto contratto di lease back.
Non è dato quindi comprendere dal
complesso dell’intera motivazione, per l’insanabile contraddizione suddetta, se
la corte di merito abbia ritenuto simulati i tre
contratti in questione, ovvero se lo fossero solo i primi due di vendita (da C.
G. alla Sifi e da questa alla Agrileasing),
mentre non lo fosse il contratto di leasing stipulato tra la Agrileasing
e la s.n.c. C. Auto.
3.2. Tutto ciò porta a diverse
conseguenze giuridiche, erratamente omesse di
valutare da parte dalla corte di merito. Nella prima ipotesi,
poiché venditore ed utilizzatore dissimulato dell’immobile coincidevano nella
persona di C. G., che era l’unico soggetto che aveva dissimulatamente
contrattato con la Agrileasing, la corte di merito avrebbe
dovuto valutare se nella fattispecie sussisteva un valido contratto di sale and
lease back, come sostenuto dalla ricorrente.
Il contratto di sale and lease back si configura come un’operazione negoziale
complessa, frequentemente applicata nella pratica degli affari
poiché risponde all’esigenza degli operatori economici di ottenere, con
immediatezza, liquidità, mediante l’alienazione di un bene strumentale – di
norma funzionale ad un determinato assetto produttivo e pertanto non
agevolmente collocabile sul mercato – conservandone l’uso con la facoltà di
riacquistarne la proprietà al termine del rapporto. Tale operazione è
caratterizzata da uno schema negoziale tipico nel cui ambito il trasferimento
in proprietà del bene all’impresa di leasing
rappresenta il necessario presupposto per la concessione del bene in
"locazione finanziaria", e non è quindi preordinato "per sua
natura" e nel suo fisiologico operare ad uno scopo di garanzia, né – tanto
meno – alla fraudolenta elusione del divieto posto
dall’art. 2744 c. c.
Pertanto, pur dovendosi ammettere che
anche il lease and sale back, come qualsiasi altro
contratto, può essere impiegato per scopi illeciti e fraudolenti (e, in
particolare, a fini di violazione o di elusione del divieto del patto commissorio), deve tuttavia
sottolinearsi che tale ultima ipotesi si realizza solo se, per le circostanze
del caso concreto (difficoltà economiche dell’impresa venditrice, legittimanti
il sospetto di un approfittamento della sua
condizione di debolezza; sproporzione tra il valore del bene trasferito ed il
corrispettivo versato dall’acquirente che confermi la validità di tale
sospetto), l’operazione si atteggi in modo da perseguire un risultato confliggente con il divieto sancito dall’art. 2744 c. c. (Cass. 22/04/1998, n. 4095; Cass. 26/06/2001, n. 8742).
Nel contratto di "sale and lease back", la vendita ha scopo di
"leasing" e non di garanzia perché, nella configurazione socialmente
tipica del rapporto, costituisce solo il presupposto necessario della locazione
finanziaria inserendosi nella operazione economica
secondo la funzione specifica di questa, che è quella di procurare
all’imprenditore, nel quadro di un determinato disegno economico di
potenziamento dei fattori produttivi, liquidità immediata mediante
l’alienazione di un suo bene strumentale, conservandone a questo l’uso con
facoltà di riacquistarne la proprietà al termine del rapporto. Tale vendita
(con il complesso rapporto atipico nel quale si inserisce)
non è quindi, di per sé, in frode al divieto del patto commissorio che, essendo
diretto ad impedire al creditore l’esercizio di una coazione morale sul
debitore spinto alla ricerca di un mutuo (o alla richiesta di una dilazione nel
caso di patto commissorio ab intervallo) da
ristrettezze finanziarie, ed a precludere, quindi, al predetto creditore la
possibilità di fare proprio il bene attraverso un meccanismo che lo
sottrarrebbe alla regola della par condicio creditorum, deve, invece, ritenersi violato ogni qualvolta
lo scopo di garanzia non costituisca solo motivo, ma assurga causa del
contratto di vendita con patto di riscatto o di retrovendita,
a meno che non risulti in concreto, da dati sintomatici ed obiettivi, quali la
presenza di una situazione credito-debitoria preesistente o contestuale alla
vendita o la sproporzione tra entità del prezzo e valore del bene alienato ed,
in altri termini, delle reciproche obbligazioni nascenti dal rapporto, che la
predetta vendita, nel quadro del rapporto diretto ad assicurare una liquidità
all’impresa alienante, è stata piegata al rafforzamento della posizione del
creditore-finanziatore, che in tal modo tenta di acquisire l’eccedenza del
valore, abusando della debolezza del debitore (Cass. 16/10/1995, n. 10805).
3.3 La corte di merito, quindi,
avrebbe dovuto valutare, nell’ipotesi in cui avesse ritenuto simulati tutti e
tre i contratti, per interposizione fittizia, essendosi il rapporto svoltosi esclusivamente tra C. G. e l’Agrileasing,
se il contratto dissimulato integrasse un lecito contratto sale and lease back, ovvero se esso costituiva una vendita a scopo
di garanzia del finanziamento, e quindi nulla per causa illecita (ex art. 1344
per violazione del divieto di patto commissorio).
4.1. Nella seconda ipotesi, e cioè nell’ipotesi in cui la Corte di merito avesse ritenuto
che la simulazione investisse solo i due contratti di vendita dell’immobile e
non anche il contratto di leasing, in questo caso il contratto dissimulato sarebbe
costituito dalla vendita diretta dal C. alla Agrileasing
dell’immobile, mentre il contratto di leasing da quest’ultimi
alla s.n.c. C. Auto, sarebbe non simulato.
In questo caso il contratto
dissimulato di vendita ed il contratto successivo di
leasing, autonomamente considerati, non sono nulli.
Tuttavia, se essi fossero intimamente
collegati per realizzare una vendita a scopo di garanzia e quindi per
realizzare un finanziamento con patto commissorio, la nullità della causa
investirebbe l’intero rapporto collegato.
4.2. Perché
possa configurarsi un collegamento di negozi in senso tecnico, che impone la
considerazione unitaria della fattispecie anche ai fini della nullità
dell’intero procedimento negoziale per illiceità del motivo o della causa, ai
sensi degli artt. 1344 e 1345 c. c., è necessario che ricorra sia il requisito
oggettivo, costituito dal nesso teleologico fra i negozi, che il requisito
soggettivo, costituito dal comune intento pratico delle parti, pur se non
manifestato in forma espressa, potendo risultare anche tacitamente, di volere
non solo l’effetto tipico dei singoli negozi in concreto posti in essere, ma
anche il collegamento ed il coordinamento di essi per la realizzazione di un
fine ulteriore, non essendo sufficiente che quel fine sia perseguito da una
sola delle parti all’insaputa e senza la partecipazione dell’altra (Cass.
18/04/1984, n. 2544).
Infatti le parti, nell’esercizio della loro
autonomia contrattuale, possono dar vita, con uno o più atti, a diversi e
distinti contratti che, pur conservando l’individualità propria di ciascun tipo
negoziale e pur rimanendo sottoposti alla relativa disciplina, vengono tuttavia
collegati tra loro, in funzione del risultato concreto unitariamente
perseguito, con rapporto di reciproca dipendenza, in modo che le vicende
dell’uno si ripercuotono sull’altro o sugli altri, condizionandone non solo
l’esecuzione ma anche la validità. Il detto collegamento tra negozi è
configurabile anche quando siano stipulati tra
soggetti diversi, pur essi risultino concepiti e voluti come funzionalmente
connessi ed interdipendenti, al fine di un completo e complessivo regolamento
di interessi (Cass. 30/10/1991 n. 11638).
4.3. Va, infatti, osservato che il
divieto di patto commissorio si estende a qualsiasi negozio, che venga impiegato per conseguire il risultato concreto,
vietato dall’ordinamento, dell’illecita coercizione del debitore a sottostare
alla volontà del creditore, accettando preventivamente il trasferimento di
proprietà di un bene come conseguenza della mancata estinzione del debito.
Poiché il collegamento tra negozi è configurabile anche quando siano stipulati
– con le caratteristiche suddette – tra soggetti diversi, sono nulli il
contratto di vendita da un soggetto ad un lessor e
quello di leasing finanziario tra quest’ultimo ed un lessee, se essi
risultano collegati al solo scopo di costituire una vendita a garanzia
dell’adempimento nei confronti del lessor, in quanto,
pur non integrando direttamente un patto commissorio vietato dall’art. 2744 c.
c., i contratti, così collegati, possono costituire un mezzo per eludere tale
norma imperativa (cfr. sia pure in tema di vendita con
patto di riscatto, Cass. 20/07/1999, n. 7740).
In questo caso la nullità deriva
dalla violazione dell’art. 1344 c. c., e cioè nullità per illiceità della
causa, quanto il collegamento negoziale suddetto costituisce il mezzo per
eludere il divieto del patto commissorio (Cass
03/04/1989 n. 1611).
4.4. Anche in questa
ipotesi, accertato il collegamento negoziale tra i due negozi, l’accertamento
dell’esistenza della causa illecita di violazione del divieto di patto
commissorio, va effettuata sulla base degli elementi soggettivi ed oggettivi
sopra indicati per distinguere l’ipotesi di valido contratto di sale and lease back da quello che maschera un patto commissorio, e,
come tale, illecito.
5. L’accoglimento dei suddetti due motivi
di ricorso comporta l’assorbimento dei restanti.
L’impugnata sentenza va, pertanto
cassata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello
di Lecce, che si uniformerà ai suddetti principi di diritto e provvederà anche
sulle spese di questo giudizio di Cassazione.
P.Q.M.
Accoglie il primo ed il quarto motivo
di ricorso, assorbiti gli altri. Cassa, in relazione ai
motivi accolti, l’impugnata sentenza, e rinvia.
Depositata in Cancelleria il 21
luglio 2004.