Penale
Il cliente che riaccompagna la prostituta non commette reato.
Il cliente che riaccompagna la prostituta non commette reato.
Cassazione Sezione terza penale (up) sentenza 9 novembre 2004 21 gennaio 2005, n. 1716
Presidente Zumbo Estensore Onorato
Pm Passacantando Ricorrente Procuratore della Repubblica c/o Tribunale di Teramo
Svolgimento del processo
1 Con sentenza del 18/12/01 il Gup del Tribunale di Teramo ha tra laltro dichiarato non doversi procedere contro (rectius assolto) Roberto Di Teodoro per il reato di favoreggiamento della prostituzione di Velinova Maia Gentchova, ascrittogli perché, dopo aver consumato con questa un rapporto sessuale a pagamento allinterno di unautovettura, laveva riaccompagnata con la stessa autovettura sul luogo dove adescava abitualmente gli occasionali clienti (articolo 3, comma 2, n.8 legge 75/58).
I carabinieri della stazione di Martinsicuro avevano riferito che la notte del 19/8/00 il Di Teodoro a bordo della sua auto si era avvicinato alla prostituta Gentchova nella strada provinciale dove questa era solita sostare per reperire clienti, quindi, dopo una breve conversazione, aveva caricato a bordo la donna. Allontanatisi in auto, si erano appartati in una strada buia, dove avevano consumato un rapporto carnale, al termine del quale il Di Teodoro aveva riaccompagnato la donna nella strada dove laveva prelevata.
Al riguardo, il giudice ha osservato che il contestato reato di favoreggiamento si configura come intermediazione tra offerta e domanda di prostituzione sessuale, sicchè non può essere commesso dal cliente della prostituta. Ha precisato inoltre che riaccompagnare la meretrice nel luogo di adescamento, dopo aver consumato il rapporto mercenario, è una condotta correlata piuttosto alla esigenza della consumazione del rapporto in luogo diverso da quello dellincontro. Ha quindi ritenuto che il fatto non sussiste.
2 Il procuratore della Repubblica di Teramo ha proposto ricorso per Cassazione, limitatamente al suddetto capo di imputazione, deducendo violazione della norma incriminatrice.
Il ricorrente ha rilevato che linterpretazione del giudice è fondata su considerazioni metagiuridiche che non hanno efficacia scriminante. Infatti il favoreggiamento della prostituzione non richiede la intermediazione tra offerta e domanda, ma è fattispecie a forma libera che sanziona tutte quelle condotte che in qualsiasi maniera agevolano lattività di meretricio e che possono essere perpetrate anche dal cliente.
Motivi della decisione
3 Va preliminarmente osservato che il Pm ha proposto ricorso immediato per Cassazione, come dimostra il contenuto dellimpugnazione e il richiamo esplicito allarticolo 569 Cpp, sicchè non può accogliersi la richiesta del procuratore generale di convertirlo in appello e di trasmettere gli atti alla corte distrettuale competente.
4 Nel merito, il ricorso è privo di fondamento giuridico.
Il ricorrente coglie nel segno quando contesta che nella nozione di favoreggiamento della prostituzione sia inclusa come elemento essenziale la intermediazione tra offerta e domanda, che è propria invece del lenocinio. Tuttavia la nozione del favoreggiamento che egli sostiene, facendo leva sulla formulazione letterale della norma, e in particolare sulla locuzione avverbiale in qualsiasi modo, non resiste a un rigoroso vaglio critico.
Giova ricordare che la legge 75/1958, avente per oggetto abolizione della regolamentazione della prostituzione e lotta contro lo sfruttamento della prostituzione, nellabolire i locali di meretricio disciplinati dagli articoli 190-208 del Tups e nellabrogare implicitamente gli articoli 531-536 Cp ha introdotto nuove figure di reato, tutte riconducibili a quattro categorie generali, relative rispettivamente alle case di prostituzione, al prossenetismo in senso lato (comprendente reclutamento, induzione, agevolazione, pubblico lenocinio, tratta, favoreggiamento), allo sfruttamento e alladescamento (ora configurato come semplice illecito amministrativo).
Benché secondo dottrina e giurisprudenza, loggetto delle nuove figure criminose sia ancora la moralità pubblica e il buon costume, di cui al titolo nono del libro secondo del Cp, non ve dubbio che come pure sottolinea unautorevole dottrina linteresse tutelato sia anche quello di impedire che le persone dedite alla prostituzione siano sfruttate, strumentalizzate e comunque indotte alla loro umiliante attività. Se si considera che la prostituzione in quanto tale non costituisce reato e non è neppure più disciplinata come fonte di malattie veneree, si deve concludere che oggetto concorrente della norma è anche quello di tutelare la libertà e dignità delle persone che si prostituiscono di fronte alle insidie di terzi. Questa duplice oggettività giuridica (moralità pubblica e libertà delle persone che si prostituiscono) è confermata anche dal composto scopo del legislatore che traspare chiaramente dal titolo della legge (abolizione della regolamentazione della prostituzione e lotta contro lo sfruttamento della prostituzione). Si può dire tranquillamente che in questo caso ratio legis e intentio legis corrispondono.
5 Alla luce di questa premessa si deve interpretare restrittivamente la fattispecie di favoreggiamento della prostituzione. Tra tutte quelle introdotte dalla legge 75/58 essa è quella caratterizzata da maggiore indeterminatezza nella descrizione della condotta tipica; richiede pertanto una esegesi costituzionalmente adeguatrice, che rispetti i principi di determinatezza del precetto penale e di responsabilità penale personale, consacrati rispettivamente negli articoli 25 e 27 della Carta repubblicana.
Orbene, per evitare ogni assurda dilatazione della condotta incriminata, soccorre il ricorso alla oggettività giuridica del reato come sopra individuata, che impone di escludere dal perimetro penale quelle condotte di astratto favoreggiamento che non offendono né la moralità pubblica o il buon costume né la libertà delle persone dedite alla prostituzione, che la legge 75/58 ha inteso tutelare. In altri termini, è il principio di offensività che in questo caso consente di restringere la tipicità della condotta nei limiti imposti dai principi costituzionali.
In base a questi criteri si può concludere che la condotta del cliente della prostituta il quale, dopo il congresso carnale, riaccompagni la prostituta nel luogo in cui questa esercita la sua professione, esula dal delitto di favoreggiamento previsto dal n.8 dellarticolo 3 della legge 75/58.
Infatti, se si considera che la prostituzione in se stessa non è penalmente illecita e che dallentrata in vigore del D.Lgs 507/99 (articolo 81, comma 1 lettera a) il reato contravvenzionale di adescamento previsto dallarticolo 5 della legge 75/58 è stato degradato a illecito amministrativo, si deve affermare che:
– il riaccompagnamento della prostituta al luogo di adescamento, da parte del suo cliente, non offende né la moralità pubblica o il buon costume, né la libertà della prostituta, ma anzi si configura semplicemente come una condotta accessoria alla consumazione del rapporto sessuale mercenario, che risponde a un sentimento di cortesia e di rispetto della dignità personale della prostituta;
– per questa ragione, una siffatta condotta accessoria più che un aiuto alla prostituzione è un favore personale alla prostituta. In altri termini, essa da una parte non attenta alla (ma anzi rispetta la) libertà personale della prostituta, dallaltra non favorisce la prostituzione in quanto tale. O almeno non la favorisce più di quanto non faccia la consumazione stessa del congresso carnale, che tuttavia nessuno (ancora) è arrivato a imputare al cliente come favoreggiamento della prostituzione
PQM
la Corte Suprema di Cassazione respinge il ricorso.