Penale

Wednesday 30 July 2003

Il clandestino che non esibisce i documenti di identificazione (non avendoli, per definizione) non commette reato. Cassazione – Sezione sesta penale (up) – sentenza 6 giugno-29 luglio 2003, n. 31990

Il clandestino che non esibisce i documenti di identificazione (non avendoli, per definizione) non commette reato. In attesa delle Sezioni Unite continua il contrasto giurisprudenziale sullart. 5 l. 40/1998

Cassazione Sezione sesta penale (up) sentenza 6 giugno-29 luglio 2003, n. 31990

Presidente Fulgenzi relatore Di Casola

Pm Geraci ricorrente Pg in proc. Rrasa

Osserva in fatto e in diritto

1. Il giudice monocratico di Firenze ha pronunciato sentenza di applicazione della pena nei confronti di Rrasa Atrit, cittadino albanese, in ordine ai reati di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni aggravate, mentre ha prosciolto limputato, con la formula perché il fatto non sussiste, dal reato previsto dallarticolo 6, comma 4, legge 40/1998, relativo alla omissione di esibizione, senza giustificato motivo, di un documento di identificazione.

2. Il Pg di Firenze propone ricorso con riferimento al proscioglimento dellimputato. Premesso il richiamo alla giurisprudenza di legittimità, che in casi simili ha statuito il carattere unitario della decisione, il Pg sostiene lerronea applicazione della legge penale, in quanto la mancata esibizione del documento formula più ampia del mero rifiuto di esibizione si applicherebbe anche agli stranieri clandestini ed a coloro che volontariamente si sono posti nella condizione di non possedere un documento.

3. La questione risulta numerose volte affrontata dalla Suprema Corte, con decisioni tra loro difformi, indicative della persistenza di un contrasto giurisprudenziale, che risulta, peraltro, già segnalato.

4. In breve, le ragioni addotte a sostegno della configurabilità del reato anche per gli stranieri clandestini sprovvisti di un documento didentità si sostanziano nelle seguenti articolazioni:

a) la norma incriminatrice, sanzionando la mancata esibizione, non già il rifiuto, del documento di identificazione, presuppone che di tale documento lo straniero abbia lobbligo di munirsi;

b) per giustificati motivi devono intendersi comportamenti non collegabili a comportamenti volontari;

c) larticolo 6, comma IV prevede che lo straniero sia sottoposto a rilievi segnaletici quando vi siano sulla sua identità personale;

d) larticolo 6, comma IX, prevede altresì che sia rilasciato allo straniero un documento di identificazione non valido per lespatrio.

5. Gli indicati argomenti, tuttavia, non convincono.

6. Già dalla collocazione della disposizione nellambito dellarticolo 6, relativo alle facoltà ed obblighi inerenti al soggiorno si evince una chiara scelta di politica criminale, tesa ad applicare la sanzione solo agli stranieri regolarmente soggiornanti in Italia. Il primo ed il secondo comma di questo articolo recano disposizioni riferibili esclusivamente agli immigrati muniti di permesso di soggiorno. Così anche i commi successivi al comma 3. Una lettura sistematica della norma porta evidentemente ad escludere che solo il comma 3, del tutto fuori contesto, possa essere estensivamente applicabile anche agli stranieri clandestinamente introdottisi in Italia.

7. Daltronde, uninterpretazione estensiva del comma 3 agli stranieri clandestini finirebbe con il sanzionare puramente e semplicemente la condizione di clandestinità, contro la chiara volontà del legislatore, quale emerge dai lavori parlamentari, oltre che dal testo legislativo approvato.

8. Non possono, poi, essere condivise nello specifico le ragioni poste a fondamento delle decisioni, che hanno sostenuto la configurabilità del reato per gli stranieri clandestini sprovvisti di documenti.

9. In primo luogo, va confutata, laffermazione secondo cui lo straniero avrebbe comunque lobbligo di munirsi di un documento di identificazione. Difatti, posto che il comma 3 non fa alcun cenno al documento di identificazione rilasciabile ai sensi del comma 9 (parla di passaporto o altro documento di identificazione senza operare alcuna specificazione), tale ultima disposizione, nel prevedere il rilascio allo straniero di un documento di identificazione non valido per lespatrio, non prevede per lo straniero, che ne sia privo, alcun obbligo di richiederne il rilascio. Daltro canto, lo straniero clandestino non ha alcuna possibilità di ottenere un simile documento, poiché, non appena si accingesse a richiederlo, paleserebbe il suo stato di clandestinità ed attiverebbe il procedimento ei espulsione. Orbene, sarebbe contra ius una norma che, pur ascrivendo lingresso clandestino allarea del penalmente irrilevante, imponesse al clandestino di attivarsi per munirsi di un documento di identificazione, che equivarrebbe ad una denuncia del suo stato di clandestinità e porrebbe quindi le condizioni per la sua espulsione. Ove lordinamento pretendesse un simile comportamento, violerebbe il principio secondo il quale nessuno può essere tenuto ad agire contro se stesso. Ne deriva con chiarezza che il possesso del documento di identificazione, di cui al comma 9, è dalla normativa in vigore consentito solo agli stranieri regolarmente soggiornanti in Italia. Anche il richiamo al quarto comma dellarticolo 6 appare in conferente, la sottoposizione dello straniero a rilievi segnaletici essendo dettata unicamente da esigenze di prevenzione generale e finalizzata non già a fornire allo straniero un valido documento di identificazione, ma solo a favorire gli eventuali controlli di pubblica sicurezza.

10. Ciò posto, il fulcro intorno a cui va sviluppata lattività interpretativa è rappresentato dallinciso per giustificato motivo. In giurisprudenza se ne è discussa la natura (se si tratti di elemento costitutivo del rato o causa di esclusione della punibilità) piuttosto che lambito di applicazione. Le sentenze della Corte di cassazione che in questa sede sono sottoposte a critica (cfr. per tutte Cassazione, sezione prima, 29.11.1999 Pg in proc. Lechehebeb) hanno offerto soltanto un breve spunto alla riflessione, sostenendo che i giustificati motivi non sono collegabili a comportamenti volontari. La regola ivi affermata deve essere esplicata nella sua interezza per essere appieno compresa: sarebbero riconducibili a comportamenti volontari sia la condotta di chi volontariamente si disfi dei propri documenti, sia la condotta omissiva di chi, essendone privo, violi lobbligo giuridico di munirsi di altro documento identificativo. In tal modo la costruzione logica si chiude nella sua circolarità rendendo indefettibilmente passibili di sanzione penale gli stranieri clandestini.

Lasserzione, peraltro, sembra riecheggiare il principio secondo cui le cause di giustificazione non possono essere invocate da chi abbia causato volontariamente la situazione di pericolo, ma non si interroga sul diverso ambito e sulla diversa e più ampia portata del concetto sotteso alla esimente del giustiziato motivo. In particolare, poi, laffermazione trascura di considerare che il comportamento possa ben essere consapevole e volontario, ma contemporaneamente dettato dallimpossibilità di tenere un comportamento diverso, sì da renderlo inesigibile da parte dellautorità. Si pensi a quei soggetti privi ab origine di documenti o che ne siano rimasti sprovvisti per accadimenti estranei alla loro volontà (perché, ad esempio, sfuggiti a persecuzioni politiche, guerre, devastazioni, ecc.). Per costoro, è proprio lingresso clandestino in Italia a costituire il giustificato motivo dellomessa esibizione del passaporto o di altro documento di identificazione. Difatti, si è dimostrato che lo straniero clandestino sprovvisto di documenti non abbia alcun obbligo giuridico ex articolo 6, comma 9, di munirsi di un documento di identificazione, ed anzi si trovi nellimpossibilità di farlo, perché qualunque comportamento diverso da quello omissivo si tradurrebbe in una violazione del diritto sostanziale di autodifesa.

11. Né può essere validamente sostenuto che lomessa esibizione, non essendo direttamente correlata allaccertamento della clandestinità, bensì preposta al regolare svolgimento di attività di pubblica sicurezza, e solo indirettamente finalizzata allespulsione, possa legittimamente essere presidiata dalla norma penale. La condizione di clandestinità, che non è oggi sanzionata penalmente, non può trovare surrettizie sanzioni penali, attraverso un sistema che criminalizzi indiscriminatamente linadempimento di meri oneri di natura amministrativa.

PQM

Rigetta il ricorso.