Civile
Il caro benzina dipende anche dalla mancanza di concorrenza.
Il caro benzina dipende anche dalla mancanza di concorrenza.
Garante Concorrenza Segnalazione 4.11.2004
L’Autorità garante della concorrenza e del mercato. Il testo della segnalazione del 4 novembre 2004
L’Autorità garante della concorrenza e del mercato, nell’esercizio del potere di segnalazione di cui all’articolo 21 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, intende formulare alcune osservazioni sulle dinamiche concorrenziali del mercato italiano della distribuzione dei carburanti, in particolare alla luce delle disposizioni di ristrutturazione della rete e liberalizzazione del settore contenute nel decreto legislativo 11 febbraio 1998, n. 32, nel decreto legge 29 ottobre 1999, n. 383, nel decreto ministeriale 31 ottobre 2001 e nelle normative di attuazione adottate dalle Regioni11 [D.L.gs. n. 32/98 recante “Razionalizzazione del sistema di distribuzione dei carburanti, a norma dell’art. 4, comma 4, lettera c), della L. 15 marzo 1997, n. 59”, pubblicato nella GURI 5 marzo 1998, n. 53; D.L. n. 383/99 recante “Disposizioni urgenti in materia di accise sui prodotti petroliferi e di accelerazione del processo di liberalizzazione del relativo settore”, pubblicato nella GURI 30 ottobre 1999, n. 256 e convertito, con modificazioni, in legge 28 dicembre 1999, n. 496; D.M. 31 ottobre 2001, con il quale è stato adottato il “Piano nazionale contenente le linee guida per l’ammodernamento del sistema distributivo dei carburanti”, pubblicato nella GURI 30 novembre 2001, n. 279.].
Nell’ultimo decennio il sistema distributivo italiano è stato interessato da un processo di ristrutturazione della rete di carburanti e, a partire dall’entrata in vigore del D. Lgs. n. 32/98, da una serie di iniziative legislative volte all’ammodernamento della rete distributiva esistente e alla liberalizzazione dell’ingresso nel mercato, mediante il passaggio dal regime concessorio ad un sistema autorizzatorio, il perseguimento di una maggiore efficienza attraverso la razionalizzazione della rete, l’estensione della gamma merceologica dei prodotti commerciabili presso gli impianti di distribuzione di carburante. Nel 2001 il legislatore ha inteso dare ulteriore impulso all’ammodernamento del sistema prevedendo, all’articolo 19 della legge 5 marzo 2001, n. 57, una serie di norme di indirizzo in materia e prescrivendo l’adozione del Piano nazionale, emanato con decreto del Ministero per le Attività Produttive 31 ottobre 2001. A livello locale, alle Regioni è stata assegnata un’importante funzione programmatoria dell’attività di distribuzione di carburanti ed esse hanno esercitato, seppure con qualche ritardo ed eccezione, la propria potestà legislativa in materia.
Per quanto concerne la promozione della concorrenza, l’Autorità sottolinea come, a seguito dell’entrata in vigore della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, concernente la riforma del Titolo V della Costituzione, la concorrenza trovi espresso riferimento e tutela nella Costituzione medesima. Il principio della concorrenza è assurto quindi a valore di rilievo costituzionale e la sua tutela è affidata, in base all’articolo 117, secondo comma, lettera e), alla potestà legislativa esclusiva dello Stato, che deve, pertanto, promuoverla e garantirla in tutte le materie e a tutti i livelli di governo, secondo i principi degli ordinamenti comunitario e nazionale.
La Corte Costituzionale ha peraltro di recente precisato che la tutela della concorrenza, in quanto costituisce una delle leve della politica economica statale, deve essere intesa non solo in senso statico, come garanzia di interventi di regolazione e ripristino di un equilibrio perduto, ma anche in quell’accezione dinamica, ben nota al diritto comunitario, che giustifica misure pubbliche volte a ridurre squilibri, a favorire le condizioni di un sufficiente sviluppo del mercato o ad instaurare assetti concorrenziali22 [Si vedano, al riguardo, le sentenze della Corte Costituzionale n. 14/2004 e n. 272/2004. ].
In ordine alla regolazione di livello regionale e locale, pur nel rispetto del fondamentale principio costituzionale di autonomia dei poteri locali, si sottolinea che le leggi e i regolamenti regionali, nonché gli atti amministrativi degli enti locali, adottati per la disciplina di questo come di altri settori economici, sono tenuti al rispetto della concorrenza, che costituisce principio generale dell’ordinamento tutelato dalla Costituzione.
L’ESIGENZA DI UNA RIFORMA DELLA REGOLAZIONE IN SENSO PRO-CONCORRENZIALE
Il sistema distributivo italiano ha registrato un insoddisfacente grado di ammodernamento della rete e un insufficiente sviluppo concorrenziale dell’attività di distribuzione carburanti, a detrimento dei consumatori. La rete nazionale risulta tuttora connotata da un numero particolarmente elevato di punti vendita, un erogato medio per impianto notevolmente inferiore alla media europea e una esigua percentuale di distributori dotati di struttura self service. Anche all’indomani dell’adozione del Piano nazionale, si rinviene la presenza di una serie di prescrizioni che minano la capacità d’ingresso nel mercato di società non verticalmente integrate, assolvendo invece sostanzialmente ad una funzione di mero mantenimento dell’assetto concorrenziale esistente.
Gli obiettivi di razionalizzazione e liberalizzazione del settore non sono stati finora conseguiti nella misura necessaria a garantire l’effettivo raggiungimento degli attesi guadagni di efficienza e a rendere possibile il loro trasferimento ai consumatori, attraverso una riduzione dei prezzi al consumo. Ancora oggi il prezzo industriale del carburante in Italia risulta tra i più alti dell’Europa comunitaria, essendosi mantenuto nel 2003 ad un livello superiore di circa 4-5 centesimi di euro al litro rispetto alla media europea, a fronte di una comune esposizione dei mercati nazionali all’aumento del prezzo del petrolio e di una analoga pressione fiscale sui carburanti che non si discosta dalla media dei Paesi europei.
L’Autorità ha più volte rilevato33 [Cfr. Provv. n. 9636 del 7 giugno 2001, Indagine conoscitiva sulla ristrutturazione della rete dei carburanti (IC21), in Boll. n. 23/2001; Provv. n. 9773 del 19 luglio 2001 – Unione Petrolifera/Piano di razionalizzazione della rete carburanti (I/469), in Boll. n. 29/2001; si vedano anche le segnalazioni: AS014, Distribuzione di carburanti per autotrazione, del 23 giugno 1993, in Boll. n. 14/1993; AS023 e AS086, Prezzi dei carburanti per autotrazione, rispettivamente del 4 maggio 1994, in Boll n. 19/1994 e del 14 marzo 1997, in Boll. n. 11/1997; AS113, Razionalizzazione del sistema di distribuzione dei carburanti, del 18 dicembre 1997, in Boll. n. 51/1997.] l’inadeguatezza nella disciplina normativa in materia a creare le condizioni di uno sviluppo concorrenziale del mercato, evidenziando anche i frequenti ritardi e inerzie in relazione agli adempimenti previsti dal D. Lgs. n. 32/98 o, ancora, la presenza di disposizioni regionali non coerenti con la ratio e lo spirito della riforma nazionale, volta all’apertura dei mercati alla concorrenza. Nondimeno, nell’esercizio dei suoi poteri, l’Autorità ha condiviso gli obiettivi di razionalizzazione che la riforma normativa nazionale si prefiggeva, autorizzando intese tra le società petrolifere volte ad un recupero di efficienza del settore. Si fa riferimento all’autorizzazione dell’intesa tra le imprese aderenti ad Unione Petrolifera per una ristrutturazione concordata della rete di distribuzione, nonché degli accordi volti a razionalizzare l’utilizzo delle infrastrutture logistiche delle società petrolifere recanti l’impegno delle medesime a garantire l’accesso ai terzi anche negli impianti pienamente utilizzati44 [Si vedano al riguardo il Provv. n. 6059 del 4 giugno 1998 (I/304), Agip Petroli/Esso Italiana, in Boll. n. 23/1998 e il Provv. n. 8042 del 17 febbraio 2000 (I/387), AgipPetroli-Anonima Petroli Italiana-ESSO Italiana/Petroven, in Boll. n. 7/2000.].
Tenuto conto dei ritardi e degli insoddisfacenti risultati del processo di liberalizzazione e razionalizzazione del sistema distributivo italiano, risulta oggi improrogabile un intervento di riforma in senso pro-concorrenziale della disciplina normativa in materia, al fine di rimuovere le persistenti restrizioni alle condizioni di entrata nel mercato della distribuzione dei carburanti, che risulta ancora caratterizzato da una forte struttura oligopolistica favorita anche dal vantaggio competitivo garantito alle società petrolifere dalla disponibilità di capacità di stoccaggio e di trasporto di prodotti petroliferi su tutto il territorio nazionale.
GLI OSTACOLI ALLA CONCORRENZA NELLA NORMATIVA VIGENTE
Con riferimento alla disciplina nazionale in materia, si sottolinea innanzitutto la distorsione della concorrenza derivante dalla disposizione contenuta nell’articolo 7 del D. Lgs. 11 febbraio 1998, n. 32, che tuttora vincola alla “chiusura di almeno settemila impianti” la possibilità che l’orario massimo di servizio sia incrementato “fino al cinquanta per cento dell’orario minimo stabilito”. Tale pervasiva disciplina dell’attività d’impresa non solo riduce la possibilità di scelta dei consumatori, ma si traduce anche in una restrizione delle condizioni d’ingresso nel mercato, non giustificata dal perseguimento di obiettivi di interesse generale connessi alla garanzia di un livello minino di servizio.
L’uniformazione per via normativa degli orari di servizio di impianti con caratteristiche dimensionali e qualitative molto diverse, livellandoli alle esigenze delle gestioni minori, penalizza, paradossalmente, proprio quelle imprese che investono per realizzare nuovi e più moderni punti vendita e che, nel quadro attuale, non sono in grado di recuperare in tempi ragionevoli gli ingenti investimenti realizzati. La previsione di un più flessibile regime in termini di orario massimo di servizio e modulazione dei periodi di servizio e riposo, svincolata dall’obbligo di chiusura di almeno settemila impianti, risulta inoltre funzionale alla rimozione delle attuali barriere all’ingresso nel mercato da parte di operatori attivi nella grande distribuzione commerciale, l’operatività dei quali è negativamente condizionata dalla sovrapposizione delle diverse e incongruenti discipline in termini di orario di servizio delle due attività.
Un più vincolante insieme di restrizioni all’entrata nel mercato è anche rappresentato dalle prescrizioni che definiscono per via normativa bacini di utenza, distanze minime obbligatorie tra impianti e superfici minime di riferimento per le attività commerciali. Tali misure regolamentari, presenti nelle loro linee essenziali nel Piano nazionale approvato con D.M. 31 ottobre 2001, si traducono nella predeterminazione di un numero massimo di operatori, ostacolando di fatto l’apertura di nuovi punti vendita caratterizzati da strutture moderne e automatizzate in una logica di protezione degli impianti esistenti, talvolta inadeguati nei servizi e marginali nell’erogato.
Si rileva altresì come l’indifferenziata applicazione del criterio delle distanze minime realizzi una discriminazione a danno di imprese della grande distribuzione organizzata che intendano installare un impianto di distribuzione nella propria struttura commerciale, in quanto le distanze sono rigidamente misurate dall’accesso sulla viabilità pubblica e non tengono conto delle specificità dimensionali delle aree in cui sorgono i centri commerciali.
Un ulteriore fattore di restrizione concorrenziale si rinviene nell’indicazione normativa della tipologia di nuovi impianti autorizzabili, delineata nei suoi caratteri essenziali dall’articolo 2, comma 2-bis del D.L. n. 383/99 e demandata, in virtù del d.m. 31 ottobre 2001, alla programmazione regionale per la specificazione degli standards qualitativi in relazione alle esigenze di ciascun territorio. L’imposizione a livello normativo che i nuovi impianti corrispondenti al modello self service post payment, quelli più convenienti per il consumatore, siano necessariamente dotati di servizi e attività commerciali integrativi per l’automobilista e per l’automobile, comporta, in termini economici, solo un aumento dei costi, se la scelta imposta è diversa da quella che si sarebbe verificata spontaneamente sul mercato. L’unico risultato è quello di scoraggiare l’accesso di operatori la cui strategia commerciale sia quella di una decisa riduzione dei prezzi attraverso il contenimento dei costi e l’incremento dei volumi di vendita. Ad avviso dell’Autorità, la standardizzazione dell’offerta in questo mercato non corrisponde ad una specifica e rigida esigenza della domanda. I consumatori, infatti, si differenziano significativamente in relazione alla desiderabilità di servizi aggiuntivi e attività commerciali disponibili presso gli impianti di distribuzione e una crescente parte della domanda mostra una particolare sensibilità alla sola componente del prezzo.
Con riguardo alle norme regionali di attuazione della disciplina nazionale, il quadro giuridico vigente a seguito dell’entrata in vigore del D.M. 31 ottobre 2001 appare improntato ad un irrigidimento delle già stringenti prescrizioni fissate dalla normativa nazionale, presentando notevoli differenze tra le singole Regioni ed una conseguente disomogeneità nelle condizioni richieste per operare nel settore, suscettibile peraltro di pregiudicare l’attuazione di strategie uniformi da parte delle principali imprese nuove entranti, le quali sviluppano le proprie scelte di investimento su base nazionale e devono coordinare i propri impianti con una rete logistica di approvvigionamento almeno di dimensione sovra-regionale.
I vincoli più significativi presenti sostanzialmente in tutte le normative regionali rispecchiano le disposizioni di indirizzo della disciplina nazionale della quale costituiscono attuazione e sono generalmente riferibili a: i) definizione di bacini di utenza caratterizzati da ridotte dimensioni; ii) classificazione degli stessi come eccedentari o deficitari in base a criteri quantitativi predeterminati, con conseguente fissazione di un limite numerico di nuovi impianti realizzabili; iii) specificazione degli standards qualitativi che devono caratterizzare i nuovi impianti; iv) fissazione della superficie minima di riferimento per ciascuna tipologia di impianto; v) introduzione di vincoli negli orari e nei turni.
In alcune discipline regionali, inoltre, le disposizioni attuative delle norme nazionali si sono rivelate particolarmente stringenti, come nel caso della determinazione delle distanze minime obbligatorie per l’istallazione di nuovi impianti, fissata in talune realtà locali in quindici-venti chilometri. In aggiunta alle restrizioni sopra elencate, si rinviene la presenza, in alcune normative regionali, di un ulteriore significativo ostacolo all’ingresso nel mercato da parte dei potenziali entranti sprovvisti di rete distributiva, consistente nella previsione dell’obbligo di chiusura di un determinato numero di impianti quale condizione per l’apertura di nuovi punti vendita. Tale obbligo, previsto solo in via transitoria dalla norma nazionale di cui al D. Lgs. n. 32/98, viene invece mantenuto e procrastinato in alcune Regioni sia nel caso di nuove autorizzazioni sia nel caso di trasferimento di autorizzazioni esistenti.
Siffatti vincoli si traducono sostanzialmente, soprattutto in ragione del loro effetto cumulativo, in un ostacolo alla capacità competitiva degli operatori non integrati verticalmente, sia per quelli già attivi nel settore petrolifero (grossisti o retisti), sia per i potenziali entranti (imprese della grande distribuzione commerciale), in quanto la titolarità di una autorizzazione non è idonea a garantirne la piena disponibilità. Ciò è comprovato dalla circostanza che le procedure di cessione a terzi di alcuni impianti appartenenti a società petrolifere, previste dall’autorizzazione da parte dell’Autorità del piano di ristrutturazione della rete distributiva, si sono risolte in un sostanziale insuccesso, in ragione della difficoltà di trasferire le relative attività in altre aree, sulla rete viaria o all’interno di strutture commerciali.
GLI OBIETTIVI DI UNA RIFORMA DELLA REGOLAZIONE ESISTENTE
A quasi sette anni dalla emanazione delle norme di ristrutturazione e liberalizzazione del settore, l’incapacità dell’industria nazionale di trovare al suo interno gli stimoli necessari per una compiuta razionalizzazione della rete di distribuzione carburanti dimostra come solo la rimozione delle restrizioni all’entrata nel mercato di nuovi effettivi concorrenti non verticalmente integrati sia suscettibile di condizionare i comportamenti delle imprese già attive nel mercato e modificare gli equilibri preesistenti. Solo la pressione concorrenziale, infatti, stimola gli operatori a convertire i guadagni di efficienza in una riduzione dei prezzi e in un miglioramento della qualità dei servizi a beneficio dei consumatori.
Nell’esperienza di alcuni Paesi europei, in primo luogo la Francia ma anche il Regno Unito e la Germania, dove tale forma di concorrenza ha fatto il suo ingresso stabile in particolare attraverso le imprese della grande distribuzione organizzata, l’intensità della competizione e, dunque, il livello dei prezzi finali ne hanno risentito molto positivamente. Nella pur limitata esperienza italiana, dove meno dello 0,2% dei distributori di carburante è ubicato presso un centro commerciale, la grande distribuzione organizzata, pur dovendo scontare gli svantaggi competitivi derivanti dalla mancata integrazione verticale nella logistica, ha praticato nei propri impianti riduzioni, sul prezzo industriale, del 10-15% rispetto al mercato ordinario, registrando altresì un incremento significativo dei volumi erogati (in media 7,6 milioni di litri l’anno a fronte di una media italiana di 1,6 milioni di litri all’anno).
L’Autorità ritiene quindi necessario un deciso intervento di riforma della indicata regolazione nazionale e regionale, volto a rimuovere le persistenti barriere all’ingresso di nuovi operatori nel mercato italiano della distribuzione dei carburanti.
Ai già ricordati vincoli imposti dalla normativa specifica di settore si aggiunge, quale ulteriore ostacolo alla capacità competitiva di taluni operatori a favore di altri, la sovrapposizione di due categorie di norme applicabili per le imprese della grande distribuzione organizzata: la disciplina sulla distribuzione commerciale e quella sulla distribuzione carburanti, che impongono, indistintamente e senza alcun coordinamento, l’osservanza delle prescrizioni e dei vincoli relativi ad entrambe le attività. Al fine di rimuovere tale impedimento, considerata la specificità dell’offerta attuata da tali imprese, l’Autorità auspica un coordinamento a livello normativo delle due discipline, attraverso la rimozione delle restrizioni regolamentari tipiche dell’attività di distribuzione in rete dei carburanti svolta sulla rete stradale ordinaria.
Per le imprese che intendano realizzare un nuovo centro commerciale dotato anche di impianto di distribuzione, si ritiene opportuno, in linea con il principio dello “sportello unico” di cui al Piano nazionale, introdurre la possibilità di richiedere un unico atto di autorizzazione. Per i centri commerciali già esistenti ed idonei ad accogliere un impianto di distribuzione carburanti, il rilascio della relativa autorizzazione dovrebbe essere subordinato esclusivamente al rispetto delle norme a tutela delle condizioni di sicurezza dell’impianto. In entrambi i casi, le autorizzazioni dovrebbero prescindere dall’osservanza dei vincoli dettati dalla programmazione regionale in termini di bacini, distanze, tipologia e orari di servizio in relazione agli impianti ubicati sulla rete stradale ordinaria.
L’Autorità auspica che le osservazioni qui formulate possano essere tenute in adeguata considerazione, nella prospettiva di poter effettuare un intervento riformatore che valorizzi appieno il principio della concorrenza nella disciplina dell’attività di distribuzione dei carburanti nel perseguimento degli obiettivi generali di efficienza produttiva, contenimento dei prezzi e incentivo all’innovazione e al progresso tecnico.