Tributario e Fiscale
Ici: i parametri da osservare per il calcolo del valore dell’area fabbricabile. Cassazione Sezione quinta civile sentenza 13 giugno-19 dicembre 2003, n. 19515
Ici: i parametri da osservare per il calcolo del valore dell’area fabbricabile.
Cassazione – Sezione quinta civile – sentenza 13 giugno-19 dicembre 2003, n. 19515
Presidente Cristarella Orestano – relatore Schirò
Pm Pivetti – parzialmente conforme – ricorrente Costruzioni Edili Perissinotto Srl
controricorrente Comune di Ceggia
Svolgimento del processo
Con separati ricorsi la Costruzioni edili Perissinotto srl impugnò gli avvisi di accertamento notificatile dal Comune di Ceggia, con i quali il valore di un’area edificabile di proprietà della società era stato determinato, ai fini del pagamento dell’Imposta comunale sugli immobili (Ici) per gli anni 1994 e 1995, in £. 270.441.000.
A sostegno del ricorso la società dedusse che il medesimo immobile, ubicato in zona inserita in un piano di edilizia economica e popolare (p.e.e.p.), le era stato venduto dal Comune, nel 1993, per il prezzo di £. 71.113.630 e che tale importo doveva costituire il valore per il computo dell’Ici.
La Commissione tributaria provinciale di Venezia respinse i ricorsi, dopo averli riuniti, e successivamente la Commissione tributaria regionale del Veneto rigettò l’appello della società contribuente, motivando nel senso che:
1. il prezzo di vendita dell’area, fissato dal Comune in un importo idoneo a favorire l’acquisto da parte delle persone meno abbienti, non costituiva il valore reale dell’immobile, da determinarsi invece sulla base degli indici stabiliti dall’articolo 5, comma 5, del D.Lgs 504/92 (zona di ubicazione, indice di edificabilità, destinazione d’uso, oneri per lavori di adattamento, prezzi medi di vendita rilevati sul mercato per aree di analoghe caratteristiche), che consentivano una valutazione oggettiva dell’immobile;
2. nella specie, secondo il giudice di appello, il Comune aveva correttamente fatto riferimento al valore di mercato di terreni circostanti.
Ha proposto ricorso per cassazione la società contribuente sulla base di due motivi. Ha resistito con controricorso il Comune di Ceggia.
Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso la società denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 11, comma 2, del D.Lgs 504/92 e dell’articolo 3 della legge 241/90, deducendo che l’avviso di accertamento notificatole era privo di motivazione, non potendosi ritenere sufficiente il mero richiamo agli indici contenuti nell’articolo 5, comma 5, del citato D.Lgs 504/92 e al congruo valore elaborato dall’Amministrazione in relazione a tali parametri, e che la sentenza impugnata non aveva rilevato tale mancanza di motivazione. Il motivo è infondato.
La giurisprudenza di questa Corte ha più volte affermato che, in tema di accertamento tributario, il carattere di provocatio ad opponendum dell’avviso notificato consente di ritenere soddisfatto l’obbligo di motivazione ‑ nella specie previsto per l’imposta comunale sugli immobili dall’articolo 11, comma 2, del D.Lgs 504/92 ogniqualvolta l’Ufficio abbia posto il contribuente nella condizione di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e di contestarne la fondatezza, sotto il profilo dell’an e del quantum (Cassazione 14566/01; 12394/02; 6232/03).
Nel caso di specie l’Amministrazione comunale ha assolto l’obbligo di motivazione dell’avviso di accertamento, facendo riferimento, per la determinazione della base imponibile relativa all’area fabbricabile di cui trattasi, al valore di mercato dei terreni circostanti così da consentire alla contribuente di conoscere il contenuto e le ragioni della pretesa impositiva e di contestarne la fondatezza. L’avviso stesso, pertanto, si sottrae alla censura di difetto dì motivazione, sollevata dalla ricorrente.
Con il secondo motivo si deduce errata applicazione dei criteri stabiliti dall’articolo 5, comma 5, del D.Lgs 504/92 per la determinazione della base imponibile dell’Ici e comunque vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sul punto.
In particolare la ricorrente afferma, che:
‑ nelle aree facenti parte di zone ricomprese in piani di edilizia economica e popolare non esiste un prezzo di mercato, in quanto il corrispettivo della vendita è determinato dal Comune, con la conseguenza che il valore di riferimento per la determinazione della base imponibile ai fini dell’Ici deve essere quello indicato nella convenzione di compravendita tra lo stesso Comune e ciascun acquirente;
‑ la base imponibile dell’Ici è comunque determinata con riferimento al valore venale del bene e non in relazione alla sua godibilità in concreto, a cui invece ha fatto riferimento la commissione tributaria regionale;
‑ la valutazione del bene è condizionata e non può prescindere dai vincoli a cui l’area è eventualmente sottoposta, dovendosi tener conto, in base all’articolo 5, comma 5 del D.Lgs 504/92, anche della destinazione d’uso consentita.
Il motivo è fondato per quanto di ragione.
Non può, in realtà, condividersi la tesi della ricorrente, secondo cui il valore di riferimento per la determinazione della base imponibile ai fini dell’Ici corrisponde al prezzo indicato nella convenzione di compravendita tra lo stesso Comune e l’acquirente.
Infatti i parametri per la determinazione del valore dell’area fabbricabile sono fissati esclusivamente dall’articolo 5, comma 5, del D.Lgs 504/92, che non fa riferimento al prezzo di compravendita.
La sentenza impugnata però ‑ come lamentato in generale dalla ricorrente non ha fatto corretta applicazione dei suddetti parametri, tenendo conto del valore delle aree circostanti, ma non degli altri criteri stabiliti dall’articolo 5, comma 5, del menzionato D.Lgs 504/92 (zona territoriale di ubicazione, indice di edificabilità, destinazione d’uso consentita, oneri per eventuali lavori di adattamento del terreno necessari alla costruzione) e introducendo un parametro (la godibilità del costruendo immobile) non previsto dalla norma richiamata.
In particolare, essendo pacifico in causa che l’area fabbricabile in questione fa parte di una zona ricompresa in un piano di edilizia economica e popolare e quindi gravata da vincoli di destinazione urbanistica, il giudice di appello avrebbe dovuto espressamente tener conto anche della zona territoriale di ubicazione e della destinazione d’uso consentita, mentre il riferimento al valore dei terreni circostanti ‑unico parametro che la commissione regionale ha in concreto utilizzato ‑ avrebbe dovuto riguardare specificamente i terreni aventi analoghe caratteristiche.
Inoltre la motivazione della sentenza impugnata appare insufficiente, come specificamente contestato dalla ricorrente (v. pag. 8 del ricorso), in quanto non è stato dalla commissione regionale precisato e specificato se le aree circostanti, il cui valore è stato individuato come parametro dì confronto, abbiano le stesse caratteristiche di quella oggetto della presente controversia, ricompresa in zona p.e.e.p., oppure costituiscano, come affermato dalla società contribuente, aree non sottoposte a vincoli e liberamente commerciabili.
La sentenza impugnata deve essere pertanto cassata con riferimento al secondo motivo di ricorso e gli atti vanno rimessi ad altra sezione della Commissione tributaria regionale del Veneto, la quale, oltre a pronunciarsi sul merito della causa, applicando i principi in precedenza enunciati e rimuovendo il vizio di motivazione riscontrato, provvederà anche al regolamento delle spese relative al presente grado di giudizio.
PQM
La Corte rigetta il primo motivo di ricorso. Accoglie il secondo motivo per quanto di ragione. Cassa la sentenza impugnata in ordine al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale del Veneto.