Penale

Friday 26 November 2004

I gravi indizi che giustificano la custodia cautelare in carcere. Cassazione – Sezione sesta penale (cc) – sentenza 7 ottobre 24 novembre2004 – n,45442

I gravi indizi che giustificano la custodia cautelare in carcere.

Cassazione Sezione sesta penale (cc) sentenza 7 ottobre 24 novembre2004 n,45442

Presidente Romano relatore Colla

Pg Cedrnagolo difforme ricorrente Scorazzi

Fatto e Diritto

Con lordinanza in epigrafe, il Tribunale di Palermo ha rigettato la richiesta di riesame di Alfonso Scorazzi avverso lordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nei suoi confronti dal Gip del Tribunale della città in data 6 febbraio 2004, perché indagato del sequestro di persona dei giovane Alfonso Di Matteo, figlio dell’allora collaboratore di giustizia Mario Santo Di Matteo, rapito per vendetta il 23 novembre 1993, e ucciso l11 gennaio 1999 da Giovanni Brusca, ora divenuto anche lui collaboratore di giustizia.

Allo Scozzari è attribuita la partecipazione al sequestro nella fase in cui il giovane fu tenuto nascosto nell’agrigentino, e i gravi indizi di colpevolezza a suo carico sono desunti dalle dichiarazioni auto ed etero accusatorie di Ciro Vara che si è attribuito la corresponsabilità di quel sequestro.

Il Tribunale premette un lungo excursus in diritto sulle novità che sarebbero state introdotte dal legislatore con la modifica dell’articolo 273 Cpp e la introduzione dei comma i bis ad opera dei comma primo dell’articolo 11 della legge 63/2001. La nuova disposizione recita oggi che «Nella valutazione dei gravi indizi di colpevolezza si applicano le disposizioni degli articoli 192, commi 3 e 4, 195 comma 7, 203 e 271, comma 1. Il Tribunale del riesame espone preliminarmente la sua interpretazione di tale nuova disposizione, affermando che non sono ora necessari riscontri individualizzanti (cioè relativi alla persona dei chiamato in relazione al preciso fatto di cui è accusato) perché la chiamata in correità possa costituire grave indizio di colpevolezza in tema di misure cautelari, e chiarisce che «La riforma dei 2001 avrebbe avuto la sola funzione di superare i precedenti arresti giurisprudenziali circa la pretesa irrilevanza sul terreno generale di valutazione della prova e dunque di assicurare che il giudice valorizzi la chiamata d’i correo solo alla presenza di elementi di prova utili a confermarne l’attendibilità». Ciò però non significherebbe che detti elementi debbano essere riscontri individualizzanti, perché, altrimenti, la nozione di grave indizio verrebbe a coincidere con quella di prova.

Fatta tale premessa, i giudici del riesame osservano come debba essere considerata attendibile soggettivamente le chiamata in correità, perché, anche se era vero che il Vara vantava un credito di 25 milioni nei confronti dello Scozzari, nei confronti dei quale aveva ottenuto un decreto ingiuntivo, precisava che tale provvedimento ora ben posteriore alle dichiarazioni dei chiamante, il quale aveva, comunque, affermato di non nutrire particolari motivi di risentimento nei confronti dello Scozzari, tanto che aveva tentato di recuperare il credito «con le buone».

Il Tribunale di Palermo, poi, impiega numerose pagine per trascrivere integralmente la chiamata in correità dei Vara – che ha spiegato il suo ruolo all’interno della associazione mafiosa, quale capo della famiglia di cosa nostra di Vallelunga Pratameno, qualità assunta nel 1982 e cessata nel 1999 riguardante la fase del sequestro in cui l’ostaggio fu consegnato agli esponenti agrigentini di cosa nostra e in particolare le motivazioni dei sequestro e le motivazioni dei suo coinvolgimento (il capo della famiglia agrigentina Fragapane gli aveva chiesto di trovare un covo per nascondere momentaneamente un ragazzo sequestrato), nonché le fasi della consegna dei giovane ostaggio da parte dei palermitani ai componenti della famiglia agrigentina. in questa fase dei racconto, il Vara aveva precisato che, giunto sul posto (per conto gli agrigentini), dove era fissato l’appuntamento (Ponte cinque archi)- luogo nel quale era arrivato a bordo di una Panda,seguito da altra autovettura guidata da Scozzari -, aveva visto che vi era fermo un furgone alto, e, vicino, il dottore Di Caro e Giovanni Brusca con Benedetto Capizzi. Aveva, quindi, descritto il Vara la sua presentazione agli altri a opera dei Di Caro e aveva precisato che vicino a quest`ultimo vi era un uomo (che poi aveva capito essere Mario Capizzi). Vicino al furgone “Fiorino” A era un altro uomo col capo coperto da un passamontagna. Costui aveva aperto il portello posteriore dei furgone (FIAT Fiorino targato PA) e aveva fatto scendere )lostaggio (con la testa incappucciata) al fine di trasbordarlo sullaltro furgone Ducato Il dichiarante precisava di avere capito che l automezzo sul quale il giovane doveva essere trasferito era di Mario Capizzi, perché costui commerciava in frutta e al suo intorno vi erano cassette di frutta. Il passaggio dei sequestrato, tuttavia, non ora avvenuto in quella occasione, in quanto, all’ultimo momento proprio per il suo arrivo (dei Vara), si ora stabilito che l’ostaggio sarebbe stato custodito quella notte a Vallelunga Pratameno. Il Vara, poi, nell’interrogatorio dei 28 marzo 2003, aveva riferito che nel tardo pomeriggio dei sabato, alle 18,30, Alessandro Emanuello si era posto alla guida dei Fiorino col ragazzo a bordo, ed era stato composto una sorta di corteo di automobili con in testa lui stesso (Vara), alla guida della Panda: il Fiorino era seguito da Alfonso Scozzari con la sua automobile. Giunti nel punto convenuto, Totò Longo aveva lampeggiato con i fari della sua macchina, invitando il gruppo di automezzi a seguirlo. Le autovetture si erano quindi inserite in contrada Sciarria ed erano entrato in una proprietà dei Longo. Quivi vi erano due auto di grossa cilindrata e varie persone tra cui Giuseppe Fanara, Longo, tale Traina e Pollari, capo del mandamento di Cianciana e Mario Capizzi. In breve, si era concordato che quella notte il Forino sarebbe rimasto in quel posto, sotto la custodia dello stesso Vara, e che poi gli agrigentini si sarebbero organizzati meglio nei giorni successivi per sistemare l’ostaggio.

Il Tribunale, a questo punto, aggiunge che le dichiarazioni dei Vara trovavano riscontro in quelle dei Brusca, sia sul luogo dell’incontro, sia sulla presenza di Benedetto Capizzi e Antonio Di Caro con altre due o tre persone in disparte, sia sul fatto che sul luogo dell’incontro vi ora un furgone Ducato, più grosso dei Fiorino, coi quale era stato trasportato l’ostaggio, furgone dove costui avrebbe dovuto essere trasbordato. Dopo l’apertura dei furgone Ducato, anche Brusca si era accorto che vi erano all’intorno cassette di frutta e verdura. Precisava anche il Brusca che, in quell’occasione, gli fu presentato il Vara dal Di Caro, anche se non aveva ben fissato il nome di tale persona. Successivamente però il Brusca aveva riconosciuto il Vara in fotografia.

Ebbene, ad avviso del Collegio, le dichiarazioni dei Brusca costituivano eccezionale riscontro delle dichiarazioni dei Vara, consentendo lintegrazione di un sufficiente quadro indiziario anche nei confronti dello Scozzari. Altri riscontri erano dati da alcuni particolari del sequestro Di Matteo, come ad esempio la circostanza che al Brusca venivano periodicamente fornite fotografie dell’ostaggio. Altri ancora, dagli accertamenti di P.G., consistenti nel ritrovamento dei furgone utilizzato per il trasporto dei sequestrato, nella individuazione dei luoghi della consegna (terreno in contrada Sciarria); dalla successiva riunione avvenuta in casa di Francesco Rizzo in cui si era discusso sui siti dove tenere il piccolo Di Matteo nel periodo di detenzione agrigentina. Ulteriori riscontri delle dichiarazioni dei Vara a carico di Scozzari erano date dalla individuazione della sua casa, indicata dal Vara, e dalla accertata frequentazione del Vara con lo Scozzari, nonché dal fatto che questultimo aveva coperto la latitanza di Emmanuello, ospitandolo nella sua casa, prontamente riconosciuta, come aveva dichiarato anche altro collaborante di giustizia Emanuele Celona.

Tali elementi si sarebbero saldati con le dichiarazioni che provenivano da altro collaborante, Antonino Giuffré, che aveva dichiarato che il Vara gli aveva confidato delle difficoltà insorte nei periodo dei sequestro dei Di Matteo.

Lordinanza sofferma poi sulle esigenze cautelari, rilevando che esse sono presunte ai sensi dell’articolo 275 Cpp e che comunque sussistono tutte quelle indicate nellarticolo 274 stesso codice.

Il ricorso per cassazione dei difensore di Scozzari è incontrato sulla insufficienza dei riscontri delle dichiarazioni dei Vara, ritenuti assolutamente non individualizzanti, come necessario dopo la riforma dell’articolo 273 Cpp di cui si è detto. Scozzari, infatti, non è assolutamente sfiorato dalle dichiarazioni di Brusca. Contesta l’indagato le dichiarazioni dello stesso Vara sul fatto del suo accompagnamento il giorno in cui il sequestrato era stato trasferito sotto la custodia della cosca agrigentina. Infine, si duole della ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari.

Nell’interesse dello Scozzari è depositata da diverso difensore anche una memoria contenente motivi aggiunti ex articoli 311, comma quarto, Cpp, in cui si sottolinea che il sorgere dei credito del Vara era anteriore alle dichiarazioni rese dallo stesso; sottolinea, altresì, la necessità della presenza di riscontri individualizzanti anche nella fase cautelare dopo la introduzione dei comma 1 bis dell’articolo 273 Cpp con l’entrata in vigore della legge. 63/2001. Nella memoria si rinnova la considerazione secondo cui le dichiarazioni di Brusca non toccherebbero la persona dello Scozzari. Neppure gli altri riscontri indicati si riferirebbero alla persona dell’indagato.

Va preliminarmente affrontata e risolta la questione della attendibilità dei dichiarante, la quale sarebbe incrinata, secondo la difesa, dal fatto che il Vara era creditore dello Scozzari di una somma consistente. Tuttavia, la Corte di cassazione non può sindacare la motivazione adeguata e non manifestamente illogica dei Giudice di merito in tema di attendibilità della chiamata. Il Tribunale ha fornito argomenti adeguati su tale questione, ritenendo che il credito non potesse costituire elemento di risentimento nei confronti dei chiamato, perché Il Vara si è indotto, dopo la chiamata in correità, a recuperare il credito seguendo le vie legali e ottenendo un decreto ingiuntivo dopo le dichiarazioni etero-accusatorie, espressamente affermando di non nutrire sentimenti ostili nei confronti di Scozzari per tale sua inadempienza.

Ciò premesso, questa Corte è perfettamente a conoscenza dei quadro giurisprudenziale che si è venuto a formare dopo l’entrata in vigore dell’articolo 11, comma primo, della legge 63/2001, il quale ha inserito nell’articolo 273 Cpp il comma 1 bis, che recita: «Nella valutazione dei gravi indizi di colpevolezza si applicano le disposizioni degli articoli 192, commi 3 e 4, 195, comma 7, 203 e 271, comma 1». Accanto a sentenze che si sono pronunciate secondo l’orientamento che i riscontri della chiamata in correità devono avere carattere individualizzante, nel senso che devono riferirsi al fatto oggetto della imputazione in relazione alla persona dei chiamato (Cassazione, sezione prima, 18 aprile 2002 – depositata 25 luglio 2002 -, n. 28703, D’Emanuele; Cassazione, sezione prima, 20 settembre 2002 – depositata 15 ottobre 2002 -, n. 34578, Carvelli; Cassazione, sezione prima, 26 febbraio 2003 – depositata 27 marzo 2003 – n. 14426, Grusovin), altra serie, altrettanto cospicua, di decisioni si è attestata su diversa linea ermenutica, escludendo la necessità di riscontri individualizzanti (Cassazione, sezione seconda, 16 ottobre 2003 – depositata 12 novembre 2003 -, n. 43419, Di Fresco; Cassazione, sezione prima, 24 aprile 2003 – depositata 11 luglio 2003 -, n. 29404, Esposito; Cassazione, sezione quinta, 18 aprile 2002 – depositata 29 maggio 2002 -, n. 21088, Battaglia).

Ora, è certo che la riforma legislativa – la cui materiale scrittura parrebbe manifestare la volontà di omologare i riscontri richiesti per l’adozione della misura cautelare personale e i riscontri richiesti per la dichiarazione di responsabilità – rappresenta, certamente, un superamento delle conclusioni cui era pervenuta Cassazione, sezione unite, 21 aprile 1995 – depositata quinta, agosto 1995, n. 11, Costantino, onde l’accertamento dei giudice non può più limitarsi alla esistenza di un quadro indiziario circoscritto agii elementi di conferma dei fatto, ma dovrà tendere a una verifica che sia in grado, attraverso l’uso di criteri di inferenza puntualmente indicati, di collocare la condotta dei chiamato in quello specifico fatto che forma oggetto della imputazione provvisoriamente elevata, considerato, peraltro, il peculiare momento della fase delle indagini in cui il procedimento de libertate si inscrive, momento caratterizzato, da un lato, dalla fluidità della imputazione e, dall’altro, dalla finalità stessa della verifica, quella cioè, non di tendere al risultato della certezza della colpevolezza (cui deve giungersi nel giudizio di cognizione ai fini della affermazione della responsabilità), ma di un consistente grado di probabilità di colpevolezza dell’indagato.

Ciò significa, in altri termini, che li tema della individualizzazione del riscontro resta condizionato dal momento in cui si svolge l’accertamento e dalle finalità del medesimo: l’individualizzazione dei riscontro (recte, dell«elemento di prova che conferma l’attendibilità delle dichiarazioni») dovrà essere piena e totale nella fase dibattimentale, in coerenza coi concetto di prova indispensabile per l’affermazione di responsabilità, ma non potrà essere che parziale o tendenziale, compatibile cioè con il concetto di indizio, sia pur grave, che è necessario ma sufficiente per l’adozione dei provvedimento cautelare, che si inserisce in un procedimento in cui l’accertamento è, per definizione, sommario e incompleto.

Resta, perciò, chiaro che gli altri elementi di prova, i quali confermano lattendibilità della chiamata, devono essere intesi nella loro consistenza indiziarla anche se maggiormente qualificata per la vocazione individualizzante che, dopo la riforma, li dove contraddistingue, in un quadro completo dei contesto indiziario anche se formato in tutto o in parte dalla convergenza di plurime dichiarazioni accusatorie (su tutti tali concetti, v. amplius Cassazione, sezione sesta, 2 luglio 2001 – depositata 29 settembre 2001 -, n. 34354, Tramonte).

Ora, venendo alla specie, non v’è dubbio che le dichiarazioni di Brusca sopra riportate, anche se confermano e riscontrano le articolatissime dichiarazioni di Vara circa il fatto che il sequestrato è stato passato dalla cosca di cosa nostra, che ha commesso il reato, a quella agrigentina, che lo ha custodito per un determinato tempo, non costituiscono certo un riscontro individualizzante della partecipazione dello Scozzari alla presa in consegna e alla gestione della prigionia dei giovane Di Matteo, sino alla sua morte. È, peraltro, altrettanto certo che le dichiarazioni del Vara e del Brusca si inseriscono nel più vasto quadro indiziarlo sopra riportato, caratterizzato da altri elementi che confermano l’attendibilità dei Vara (era stato addirittura il capo della famiglia agrigentina, Fragapane, a chiedergli di attivarsi per trovare un covo per il sequestrato), come, in particolare, la caratura mafiosa dello Scozzari, quale soggetto facente parte della famiglia agrigentina, dedicatosi in particolare alla copertura della latitanza di un personaggio assai noto della mafia siciliana quale Alessandro Emmanuello, ospitandolo nella sua casa, prontamente riconosciuta, come aveva dichiarato anche l’altro collaborante di giustizia Emanuele Celona. Ci si avvede, pertanto, come la chiamata in correità sia assistita da riscontri parzialmente individualizzanti e quindi da un compendio indiziario capace di confermare l’attendibilità dei Vara e sufficiente, pertanto, a giustificare la misura cautelare adottata, secondo quanto si è sin qui affermato.

Quanto ai residui motivi, mentre questa Corte nulla può rilevare sulla negazione dello Scozzari di avere scortato il Vara il giorno della presa in consegna dell’ostaggio, deve, invece osservare che le esigenze cautelari sono, nella specie, presunte, trattandosi di sequestro di persona commesso al fine di agevolare lattività di un’associazione mafiosa (articolo 275 Cpp, comma terzo).

Il ricorso va quindi rigettato e al rigetto consegue la condanna dei ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’articolo 94.1 ter, disposizione. att. Cpp.