Ambiente
Gli Stati membri UE devono provvedere alla conservazione degli habitat naturali anche prima che questi siano inseriti negli appositi elenchiSENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione) 13 gennaio 2005 «Direttiva 92/43/CEE
Gli Stati membri UE devono provvedere alla conservazione degli habitat
naturali anche prima che questi siano inseriti negli appositi
elenchi
SENTENZA DELLA CORTE (Seconda
Sezione) 13 gennaio 2005 «Direttiva 92/43/CEE – Conservazione degli habitat
naturali – Fauna e flora selvatiche – Elenco nazionale dei siti atti ad essere
individuati quali siti di importanza comunitaria –
Misure di conservazione»
Nel procedimento C-117/03,avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale
proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Consiglio di Stato con
decisione 17 dicembre 2002, pervenuta in cancelleria il 18 marzo 2003, nella
causa
Società Italiana Dragaggi SpA e altri
contro
Ministero delle Infrastrutture e dei
Trasporti,
Regione Autonoma del
Friuli Venezia Giulia,
LA CORTE (Seconda Sezione),
composta dal sig. C.W.A.
Timmermans, presidente di sezione, dai sigg. C. Gulmann (relatore) e J.-P. Puissochet,
dalla sig.ra N. Colneric, nonché
dal sig. J.N. Cunha Rodrigues, giudici,
avvocato generale: sig.ra J. Kokott
cancelliere: sig.ra M. Múgica
Azarmendi, amministratore principale
vista la fase scritta del procedimento ed
a seguito dell’udienza del 9 giugno 2004,
viste le osservazioni presentate:
–
per la Società Italiana Dragaggi SpA, in nome proprio e nella qualità di mandataria
dell’Associazione Temporanea di Imprese Mantovani SpA
e HAM BV, dall’avv. R. Titomanlio;
–
per la Regione Autonoma
del Friuli Venezia Giulia, dall’avv. G. Marzi;
–
per la Repubblica francese,
dalla sig.ra C. Mercier, in qualità
di agente;
–
per il Regno di Svezia, dal sig. A. Kruse, in qualità di agente;
–
per la Commissione delle Comunità
europee, dai sigg. M. van Beek e L. Cimaglia,
in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato
generale, presentate all’udienza dell’8 luglio 2004,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1
La presente domanda di pronuncia
pregiudiziale verte sull’interpretazione degli artt. 4, n. 5, 6, n. 3, e 21
della direttiva del Consiglio 21 maggio 1992, 92/43/CEE, relativa alla
conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna
selvatiche (GU L 206, pag. 7; in prosieguo: la
"direttiva").
2
Tale domanda è stata proposta
nell’ambito di una controversia che oppone in particolare la Società Italiana
Dragaggi SpA (in prosieguo: la "Dragaggi")
al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ed alla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, in merito all’annullamento, disposto
dall’amministrazione aggiudicatrice, di una gara
d’appalto relativa a lavori di dragaggio e di scarico
di sedimenti in una cassa di colmata nel porto di Monfalcone.
Contesto normativo
Normativa comunitaria
3
A mente del sesto ’considerando’
della direttiva, "per assicurare il ripristino o il mantenimento degli
habitat naturali e delle specie di interesse
comunitario in uno [s]tato di conservazione
soddisfacente, occorre designare zone speciali di conservazione per realizzare
una rete ecologica europea coerente secondo uno scadenzario definito".
4
Ai sensi dell’art. 3, n. 1, della
direttiva, "[è] costituita una rete ecologica europea coerente di zone
speciali di conservazione, denominata Natura 2000.
Questa rete, formata dai siti in cui si trovano tipi di habitat
naturali elencati nell’allegato I e habitat delle specie di cui all’allegato
II, deve garantire il mantenimento ovvero, all’occorrenza, il ripristino, in
uno stato di conservazione soddisfacente, dei tipi di habitat naturali e degli
habitat delle specie interessati nella loro area di ripartizione
naturale".
5
L’art. 4 della direttiva è così
formulato:
"1. In base ai criteri di cui all’allegato III (fase 1) e alle
informazioni scientifiche pertinenti, ogni Stato membro propone un elenco di
siti, indicante quali tipi di habitat naturali di cui all’allegato I e quali
specie locali di cui all’allegato II si riscontrano in detti siti. (…)
L’elenco viene
trasmesso alla Commissione entro il triennio successivo alla notifica della
presente direttiva, contemporaneamente alle informazioni su ogni sito. (…)
2.
In
base ai criteri di cui all’allegato III (fase 2) e nell’ambito di ognuna delle
cinque regioni biogeografiche di cui all’articolo 1,
lettera c), punto iii), e dell’insieme del territorio
di cui all’articolo 2, paragrafo 1, la Commissione elabora, d’accordo con ognuno degli
Stati membri, un progetto di elenco dei siti di
importanza comunitaria, sulla base degli elenchi degli Stati membri, in cui
sono evidenziati i siti in cui si riscontrano uno o più tipi di habitat
naturali prioritari o una o più specie prioritarie.
Gli Stati membri i cui siti con tipi
di habitat naturali e specie prioritari rappresentano oltre il 5% del
territorio nazionale, possono, d’accordo con la Commissione, chiedere
che i criteri elencati nell’allegato III (fase 2) siano applicati in maniera
più flessibile per la selezione dell’insieme dei siti di importanza
comunitaria nel loro territorio.
L’elenco dei siti selezionati come
siti di importanza comunitaria in cui sono evidenziati
i siti in cui si riscontrano uno o più tipi di habitat naturali prioritari o
una o più specie prioritarie è fissato dalla Commissione secondo la procedura
di cui all’articolo 21.
3. L’elenco menzionato al paragrafo 2 è elaborato entro un termine di sei
anni dopo la notifica della presente direttiva.
4. Quando un sito di
importanza comunitaria è stato scelto a norma della procedura di cui al
paragrafo 2, lo Stato membro interessato designa tale sito come zona speciale
di conservazione il più rapidamente possibile e entro un termine massimo di sei
anni (…).
5. Non
appena un sito è iscritto nell’elenco di cui al paragrafo 2, terzo comma, esso
è soggetto alle disposizioni dell’articolo 6, paragrafi 2, 3 e 4".
6
A norma dell’allegato III, fase 2,
punto 1, della direttiva, "[t]utti i siti
individuati dagli Stati membri nella fase 1, che ospitano tipi di habitat
naturali e/o specie prioritari, sono considerati siti di importanza
comunitaria".
7
L’art. 6 della direttiva dispone
quanto segue:
"(…)
2. Gli Stati membri adottano le
opportune misure per evitare nelle zone speciali di conservazione il degrado
degli habitat naturali e degli habitat di specie nonché
la perturbazione delle specie per cui le zone sono state designate, nella
misura in cui tale perturbazione potrebbe avere conseguenze significative per
quanto riguarda gli obiettivi della presente direttiva.
3. Qualsiasi piano o progetto non
direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere
incidenze significative su tale sito, singolarmente o
congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna
valutazione dell’incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di
conservazione del medesimo. Alla luce delle conclusioni della valutazione dell’incidenza sul sito e fatto salvo il paragrafo 4, le
autorità nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto
soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l’integrità del
sito in causa e, se del caso, previo parere dell’opinione pubblica.
4. Qualora, nonostante conclusioni
negative della valutazione dell’incidenza sul sito e in mancanza di soluzioni
alternative, un piano o progetto debba essere
realizzato per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi
motivi di natura sociale o economica, lo Stato membro adotta ogni misura
compensativa necessaria per garantire che la coerenza globale di Natura 2000
sia tutelata. Lo Stato membro informa la Commissione delle misure compensative adottate.
Qualora il sito in causa sia un sito
in cui si trovano un tipo di habitat naturale e/o una specie prioritari,
possono essere addotte soltanto considerazioni connesse con la salute dell’uomo
e la sicurezza pubblica o relative a conseguenze positive
di primaria importanza per l’ambiente ovvero, previo parere della Commissione,
altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico".
8
L’art. 21 della direttiva dispone che
le misure progettate vengano adottate secondo una
procedura di comitato.
9
Ai sensi dell’art. 23 della
direttiva, la trasposizione di quest’ultima negli
ordinamenti nazionali deve essere realizzata dagli Stati membri nel termine di
due anni dalla notifica della direttiva stessa. Tale notifica ha avuto luogo il 10 giugno 1992.
Normativa nazionale
10
La direttiva è stata trasposta
nell’ordinamento giuridico italiano mediante il decreto del Presidente della
Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, intitolato "Regolamento recante
attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla
conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della
fauna selvatiche" (GURI n. 248, supplemento ordinario n. 219/L del 23
ottobre 1997; in prosieguo: il "decreto n. 357/97").
11
In particolare, l’art. 4 del decreto
n. 357/97 ricollega le misure di conservazione dei siti alla predisposizione,
da parte della Commissione, dell’elenco dei siti di importanza
comunitaria.
Causa principale e questione
pregiudiziale
12
Il 14 maggio 2001 la Dragaggi
ha ottenuto l’aggiudicazione di un appalto relativo a lavori di dragaggio e di scarico
di sedimenti in una cassa di colmata nel porto di Monfalcone.
13
Quattro mesi più tardi,
l’amministrazione aggiudicatrice ha annullato
l’intera procedura di gara per il fatto che la cassa di colmata destinata a
raccogliere i materiali di scavo risultanti dai detti lavori era qualificata
come sito di interesse comunitario, obbligatoriamente
assoggettato a valutazione di incidenza in forza della pertinente normativa
nazionale. Orbene, secondo l’autorità competente, tale valutazione non avrebbe
potuto avere un esito positivo.
14
La Dragaggi ha contestato, dinanzi al Tribunale
amministrativo regionale del Friuli Venezia Giulia, la legittimità della
decisione di annullamento dell’aggiudicazione. Essa ha sostenuto, in
particolare, che il procedimento per la classificazione fra i siti di importanza comunitaria del sito "Foce del Timavo", dove si trova la cassa di colmata interessata
dai progetti di dragaggio, non era ancora concluso. Infatti,
pur avendo le autorità italiane proposto alla Commissione un elenco dei siti,
tra i quali quello della foce del Timavo, la detta
istituzione non avrebbe ancora adottato l’elenco comunitario, in conformità
dell’art. 4, n. 2, terzo comma, della direttiva. Pertanto, l’obbligo di
procedere ad una valutazione preventiva dei progetti aventi un’incidenza significativa sul sito non sarebbe stato ancora applicabile.
15
Nella sua sentenza, il detto giudice
ha respinto l’argomento relativo all’inapplicabilità
al progetto in questione della procedura di valutazione dell’incidenza. Secondo
il Tribunale amministrativo regionale del Friuli
Venezia Giulia, nel caso in cui uno Stato membro abbia, come nel caso di
specie, individuato un sito che ospita un habitat prioritario e lo abbia
inserito nell’elenco proposto alla Commissione, tale sito deve essere
considerato di importanza comunitaria, ai sensi dell’allegato III, fase 2,
punto 1, della direttiva. Esso sarebbe dunque assoggettato, a norma dell’art.
4, n. 5, della direttiva, alle misure di salvaguardia
contemplate dall’art. 6, nn. 2-4, della medesima, ed
in particolare alla valutazione di incidenza prevista
al n. 3.
16
Secondo il detto giudice, tale
interpretazione è l’unica idonea a dare un significato logico alla direttiva,
la quale, mirando a tutelare habitat o specie in pericolo di scomparsa e di estinzione, deve poter essere direttamente applicabile,
quanto meno a titolo di misura di salvaguardia. Inoltre, gli atti che
propongono la classificazione della foce del Timavo
tra i siti prioritari, e segnatamente il decreto del Ministro dell’Ambiente del 3 aprile 2000, non sarebbero stati impugnati.
17
Ritenendo che una valutazione di incidenza fosse necessaria, il Tribunale amministrativo
regionale del Friuli Venezia Giulia ha accolto le altre censure della Dragaggi
relative alla mancata consultazione dei soggetti interessati dalla
realizzazione del progetto, per il fatto che prima di procedere
all’annullamento degli atti di gara non erano state prese in considerazione
soluzioni alternative a quelle definite nel progetto stesso, e che l’autorità
competente non aveva esaminato la possibilità di esprimere una valutazione
positiva accompagnata da condizioni.
18
La Dragaggi ha interposto appello contro la
sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Friuli Venezia Giulia
dinanzi al Consiglio di Stato. In particolare, essa ha riproposto
dinanzi a tale giudice la tesi secondo cui l’art. 4, n. 5, della direttiva
impone l’applicazione delle misure di salvaguardia di cui all’art. 6 della
direttiva medesima soltanto a partire dall’elaborazione dell’elenco
comunitario. Tale tesi sarebbe confermata dall’art. 4 del decreto n. 357/1997,
il quale dispone che le misure di salvaguardia debbono
essere adottate nei tre mesi successivi all’inclusione del sito nell’elenco
definito dalla Commissione.
19
Il Consiglio di Stato rileva come
l’interpretazione dell’art. 4, n. 5, della direttiva, adottata dal Tribunale
amministrativo regionale del Friuli Venezia Giulia,
non possa considerarsi manifestamente infondata, posto che l’iscrizione dei
siti di importanza comunitaria ospitanti habitat prioritari pare essere un atto
di natura meramente dichiarativa, il quale non richiede l’esercizio di alcun
potere discrezionale da parte dell’organo comunitario.
20
Sulla scorta di tali premesse, il
Consiglio di Stato ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla
Corte la seguente questione pregiudiziale:
"[S]e l’art. 4 paragrafo 5 della
direttiva 21 maggio 1992, n. 92/43/CEE debba interpretarsi nel senso che le
misure di cui all’art. 6 ed in particolare quella di cui all’art. 6 comma 3
della stessa direttiva siano obbligatorie per gli Stati membri solo dopo la
definitiva approvazione in sede comunitaria dell’elenco dei siti ai sensi
dell’art. 21, o se, diversamente, al di là dell’individuazione
del momento di ordinaria decorrenza delle misure di conservazione, occorra
distinguere fra iscrizioni dichiarative e costitutive (includendo fra le prime
quelle relative a siti prioritari), ed al fine di salvaguardare l’effetto utile
della direttiva mirante alla conservazione degli habitat, nel solo caso di
individuazione da parte di uno Stato membro di un sito di importanza
comunitaria ospitante tipi di habitat naturali o specie prioritari, non debba
ritenersi che sussista un obbligo di sottoposizione a valutazione di piani e
progetti significativamente incidenti sul sito, anche prima della formazione da
parte della Commissione del progetto di elenco dei siti o della adozione
definitiva di detto elenco ai sensi dell’art. 21 della direttiva ed in sostanza
a partire dalla formulazione dell’elenco nazionale".
Sulla questione pregiudiziale
21
Occorre rilevare che, ai sensi
dell’art. 4, n. 5, della direttiva, il regime di tutela delle zone speciali di
conservazione da essa previsto all’art. 6, nn. 2-4, si applica ad un sito non appena quest’ultimo sia stato iscritto, in conformità dell’art. 4,
n. 2, terzo comma, della direttiva stessa, nell’elenco dei siti selezionati
quali siti di importanza comunitaria, così come
adottato dalla Commissione secondo la procedura di cui all’art. 21 del detto
testo normativo.
22
Il fatto che, ai sensi dell’allegato
III, fase 2, punto 1, della direttiva, tutti i siti ospitanti tipi di habitat
naturali e/o specie prioritari, individuati dagli Stati
membri nell’ambito della fase 1 del medesimo allegato, siano considerati
come siti di importanza comunitaria, non è tale da rendere applicabile, per
quanto riguarda questi ultimi, il regime di tutela previsto dall’art. 6, nn. 2-4, della direttiva prima che essi figurino,
conformemente all’art. 4, n. 2, terzo comma, di quest’ultima,
nell’elenco dei siti di importanza comunitaria
adottato dalla Commissione.
23
Non può trovare accoglimento la
contraria tesi prospettata dal giudice del rinvio, secondo cui, qualora uno Stato
membro abbia – come nella fattispecie oggetto della causa principale –
individuato un sito che ospita un habitat prioritario e lo abbia incluso
nell’elenco proposto alla Commissione a norma dell’art. 4, n. 1, della
direttiva, tale sito dovrebbe considerarsi – alla luce dell’allegato III, fase
2, punto 1, della direttiva stessa – come sito di importanza
comunitaria e sarebbe dunque assoggettato, a norma dell’art. 4, n. 5, della
direttiva, alle misure di salvaguardia previste dall’art. 6, nn. 2-4, della medesima.
24
Infatti, da un lato, tale tesi
contrasta con il tenore letterale dell’art. 4, n. 5, della direttiva, il quale
ricollega espressamente l’applicazione delle dette misure di salvaguardia
al fatto che il sito in questione sia inserito, a norma dell’art. 4, n. 2,
terzo comma, della direttiva, nell’elenco dei siti di importanza comunitaria
adottato dalla Commissione. D’altro lato, la tesi suddetta presuppone che,
quando uno Stato membro abbia individuato un sito ospitante
tipi di habitat naturali o specie prioritari e lo abbia incluso
nell’elenco proposto alla Commissione a norma dell’art. 4, n. 1, della
direttiva, la Commissione
sia obbligata ad iscriverlo nell’elenco dei siti di importanza comunitaria che
essa adotta in base alla procedura prevista dall’art. 21 della direttiva stessa
e di cui si fa menzione all’art. 4, n. 2, terzo comma, della medesima. Se così
fosse, la Commissione
– allorché elabora in accordo con ciascuno Stato membro un progetto di elenco dei siti di importanza comunitaria, ai sensi
dell’art. 4, n. 2, primo comma, della direttiva – si vedrebbe preclusa la
possibilità di non includere in tale progetto qualunque sito proposto da uno
Stato membro quale sito ospitante tipi di habitat naturali o specie prioritari,
anche nel caso in cui essa reputasse che in un determinato sito non si trovino
– malgrado il diverso parere dello Stato membro interessato – tipi di habitat
naturali e/o specie prioritari ai sensi dell’allegato III, fase 2, punto 1,
della direttiva. Orbene, una situazione del genere sarebbe in contrasto, in
particolare, con l’art. 4, n. 2, primo comma, della direttiva, letto in
combinato disposto con l’allegato III, fase 2, punto
1, della direttiva stessa.
25
Risulta dunque da quanto sopra esposto che
l’art. 4, n. 5, della direttiva deve essere interpretato nel senso che le
misure di salvaguardia da questa previste all’art. 6, nn.
2-4, si impongono soltanto in relazione ai siti che
siano iscritti, in conformità dell’art. 4, n. 2, terzo comma, della direttiva
stessa, nell’elenco di quelli selezionati come siti di importanza comunitaria,
adottato dalla Commissione secondo la procedura prevista dall’art. 21 del detto
testo normativo.
26
Ciò tuttavia non significa che gli
Stati membri non siano tenuti a tutelare i siti sin dal momento in cui, a norma
dell’art. 4, n. 1, della direttiva, li propongono nell’elenco nazionale
trasmesso alla Commissione in quanto atti ad essere individuati quali siti di importanza comunitaria.
27
Infatti, in mancanza di una tutela
adeguata di tali siti sin da tale momento, la realizzazione degli obiettivi di
conservazione degli habitat naturali nonché della
fauna e della flora selvatiche, quali indicati in particolare al sesto
’considerando’ ed all’art. 3, n. 1, della direttiva, rischierebbe di essere
compromessa. Una tale situazione sarebbe tanto più grave per il fatto che
riguarderebbe tipi di habitat naturali prioritari o specie prioritarie, i
quali, a motivo delle minacce gravanti su di essi,
sarebbero destinati a beneficiare, secondo quanto auspicato dal quinto
’considerando’ della direttiva, di una rapida attuazione di misure dirette alla
loro conservazione.
28
Nella fattispecie occorre ricordare
che negli elenchi nazionali di siti atti ad essere individuati quali siti di importanza comunitaria debbono figurare siti aventi, a
livello nazionale, un interesse ecologico pertinente con riguardo all’obiettivo
della conservazione degli habitat naturali nonché della fauna e della flora
selvatiche contemplato dalla direttiva (v. sentenza 7 novembre 2000, causa
C-371/98, First Corporate Shipping,
Racc. pag. I-9235, punto 22).
29
Risulta pertanto che, per quanto riguarda i
siti atti ad essere individuati quali siti di importanza comunitaria, compresi
negli elenchi nazionali trasmessi alla Commissione, tra i quali possono
figurare in particolare siti ospitanti tipi di habitat naturali prioritari o
specie prioritarie, gli Stati membri sono tenuti, in forza della direttiva, ad
adottare misure di salvaguardia idonee a salvaguardare il detto interesse
ecologico.
30
Occorre dunque risolvere la questione
pregiudiziale proposta dichiarando quanto segue:
–
l’art. 4, n. 5, della direttiva deve
essere interpretato nel senso che le misure di salvaguardia da essa previste
all’art. 6, nn. 2-4, si impongono
soltanto in relazione ai siti che siano iscritti, in conformità dell’art. 4, n.
2, terzo comma, della direttiva stessa, nell’elenco di quelli selezionati come
siti di importanza comunitaria adottato dalla Commissione secondo la procedura
prevista dall’art. 21 del detto testo normativo;
–
per quanto riguarda i siti atti ad
essere individuati quali siti di importanza comunitaria, compresi negli elenchi
nazionali trasmessi alla Commissione, e segnatamente i siti ospitanti tipi di
habitat naturali prioritari o specie prioritarie, gli
Stati membri sono tenuti, in forza della direttiva, ad adottare misure di
salvaguardia idonee, con riguardo all’obiettivo di conservazione contemplato da
quest’ultima, a salvaguardare il pertinente interesse
ecologico rivestito dai detti siti a livello nazionale.
Sulle spese
31
Nei confronti delle parti nella causa
principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi
al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute
per presentare osservazioni alla Corte, diverse da quelle delle dette parti,
non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione)
dichiara:
L’art. 4, n. 5, della direttiva del
Consiglio 21 maggio 1992, 92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat
naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, deve essere
interpretato nel senso che le misure di salvaguardia
da questa previste all’art. 6, nn. 2-4, si impongono soltanto in relazione ai siti che siano
iscritti, in conformità dell’art. 4, n. 2, terzo comma, della direttiva stessa,
nell’elenco di quelli selezionati come siti di importanza comunitaria adottato
dalla Commissione delle Comunità europee secondo la procedura prevista
dall’art. 21 del detto testo normativo.
Per quanto riguarda i siti atti ad
essere individuati quali siti di importanza
comunitaria, compresi negli elenchi nazionali trasmessi alla Commissione, e
segnatamente i siti ospitanti tipi di habitat naturali prioritari o specie prioritarie,
gli Stati membri sono tenuti, in forza della direttiva 92/43, ad adottare
misure di salvaguardia idonee, con riguardo all’obiettivo di conservazione
contemplato da quest’ultima, a salvaguardare il
pertinente interesse ecologico rivestito dai detti siti a livello nazionale.
Firme