Civile

Friday 30 May 2003

Gli eredi dell’ usufruttuario possono agire contro il proprietario per essere reintegrati nel possesso. Cassazione – Sezione seconda civile – sentenza 31 ottobre 2002-22 maggio 2003, n. 8075

Gli eredi dellusufruttuario possono agire contro il proprietario per essere reintegrati nel possesso

Cassazione Sezione seconda civile sentenza 31 ottobre 2002-22 maggio 2003, n. 8075

Presidente Vella relatore Colarusso

Pm Uccella parzialmente conforme ricorrente Censi ed altri controricorrente Marzetti

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Svolgimento del processo

Con ricorso del 1.12.1989 Censi Albertina e Agnesina, quali eredi di Censi Alfonsina, deceduta in Roma il 18.8.89, chiedevano al Pretore di Civitella Roveto di essere re‑integrate nel possesso di una casa di abitazione sita in Civita dAntino e degli in essa contenuti, assumendone di esserne state spogliate da Marzetti Giovanni, il quale non aveva restituito la chiave che sua moglie si era fatta consegnare da una vicina che la deteneva durante il periodo di assenza della defunta. Il Pretore emetteva decreto di reintegra e, a chiusura della fese sommaria, accoglieva con sentenza la domanda delle ricorrenti. Lappello proposto dal Marzetti era accolto dal Tribunale di Avezzano con sentenza del 16.11.1989 nella quale quel giudice osservava:

a) che la de cuius, avendo ceduto la casa al Marzetti con riserva di usufrutto, ne aveva mantenuto in vita il possesso in qualità di usufruttuaria;

b) che non poteva farsi riferimento allautomatismo di cui allarticolo 1146 Cc, nel caso (come quello di specie) in cui il possesso è destinato automaticamente a cessare nello stesso istante della morte del titolare;

c) che non poteva neppure farsi riferimento allesercizio di un potere di fatto in quanto esso non era ravvisabile in favore delle ricorrenti;

d) che proprio la defunta Censi aveva autorizzato la consegna delle chiavi al Marzetti, consentendogli di rientrare nella disponibilità dellimmobile;

e) che, in ogni caso, lo spoglio non era stato né violento né clandestino.

Avverso detta sentenza ricorrono per cassazione Censi Albertina e Albertelli Ferdinando, erede di Censi Agnesina con unico atto che espone cinque motivi.

Marzetti Giovanni resiste con controricorso.

Motivi della decisione

Nel primo motivo si deduce violazione degli articoli 1140 e 1146 Cc sotto il profilo che, altro essendo il possesso ed altro il diritto a possedere connesso allesistenza di un diritto reale, ben poteva estinguersi questultimo diritto senza intaccare la situazione possessoria trasmissibile allerede, secondo il disposto dellarticolo 1146, tanto che da questi, ed anche‑ dal semplice chiamato, sono esercitabili le azioni possessorie rispetto ai beni ereditari a norma dellarticolo 460 Cc.

Nel secondo motivo si censura la sentenza per violazione dellarticolo 460 in relazione allarticolo 1146 Cc. Lo stesso giudice di merito, cosciente della confusione fatta tra possesso e diritto a possedere, si era preoccupato di negare alle ricorrenti la tutela sotto il profilo della situazione di fatto e cosi , cadendo in errore sullapplicazione dellarticolo 460 Cc che tutela il chiamato anche a prescindere da un sua possesso dei beni, per cui larticolo 1146 finirebbe per tutelare lerede meno di quanto larticolo 460 tuteli il chiamato. Le ricorrenti, quindi, potevano agire in possessoria anche senza avere il possesso dei beni.

Il terzo motivo denunzia violazione e falsa applicazione degli articoli 1140 e 1146 Cc e carenza di motivazione. Si lamenta in esso che la sentenza non avrebbe adeguatamente motivato il ribaltamento della convinzione del giudice di primo grado, circa la precarietà del possesso della moglie del Marzetti cui erano state consegnate le chiavi da ultimo non restituite. In ogni caso si doveva ritenere che il Marzetti, a seguito della consegna delle chiavi che avveniva per mera tolleranza ‑ era, al più, divenuto un compossessore.

Col quarto motivo si lamenta violazione degli articoli 1168 e 1170 Cc poiché anche nel caso in cui la consegna delle chiavi avesse portato ad escludere la violenza e la clandestinità dello spoglio, lazione di tutela era nel caso concreto possibile ricorrendo le condizioni di cui al secondo comma dellarticolo 11780 Cc.

Nel quinto motivo si lamenta violazione dellarticolo 112 Cpc e carenza di motivazione per essere stata respinta la domanda delle ricorrenti, senza adeguata motivazione, anche in relazione ai beni mobili ed effetti personali contenuti nella casa quando il Marzetti aveva impugnato la sentenza di primo grado con motivi afferenti al solo immobile.

Il primo motivo di ricorso è fondato.

Il possesso, definito dallarticolo 1140 del Cc come il potere sulla cosa che si manifesta in unattività corrispondente allesercizio della proprietà o di altro diritto reale, è tutelato dellordinamento giuridico con le azioni di reintegrazione e di manutenzione, previste dagli articoli 1168 e 1170 del Cc, per garantire,

nellinteresse collettivo, il diritto soggettivo alla sua conservazione contro gli atti di spoglio violento o clandestino e di molestia e per evitare turbamento alla pace sociale (ne cives ad arma veniant), a prescindere dalla esistenza di un titolo giustificativo, essendo considerato di per sé un valore meritevole di difesa. E, poiché, ai sensi dellarticolo 1146 dello stesso codice, il possesso continua, con effetto dallapertura della successione, nellerede, questultimo, alla morte del possessore, è legittimato a promuovere dette azioni.

Pertanto, per agire come erede a tutele del possesso, di cui anteriormente era titolare il de cuius, è sufficiente provare la propria qualità di successore universale, non richiedendosi la dimostrazione dellesistenza di un titolo che autorizzi ad esercitare il potere di fatto sulla cosa.

È evidente, poi, che costituendo il possesso, per la norma di cui allarticolo 1140 del Cc, un potere di fatto, che si manifesta in una attività corrispondente allesercizio non solo della proprietà, ma di ogni altro

diritto reale, lerede, di chi possedeva la cosa come usufruttuario, è legittimato ed esperire i rimedi apprestati

dallordinamento contro chiunque compia atti di spoglio o di turbativa e anche nei confronti della persona divenuta piena proprietaria del bene per effetto dellestinzione del diritto di usufrutto di cui era titolare il defunto.

Nella specie il Tribunale, avendo ritenuto che le Censi, come eredi della posseditrice dellimmobile a titolo di usufrutto, non erano legittimate a promuovere lazione di reintegrazione (articolo 1168 Cc) contro il Marzetti, perché questultimo era divenuto pieno ed esclusivo proprietario del bene con lestinzione dellusufrutto, non si è adeguato allenunciato il principio di diritto.

Degli altri motivi, il secondo, il terzo ed il quarto restano assorbiti, mentre infondato e da rigettare è il quinto per lassoluta genericità di esso sia quanto alla indicazione delle cose che sarebbero state oggetto dello spoglio sia quanto al riferimento agli atti processuali riguardanti siffatti beni, che questa Corte dovrebbe, esulando dai sudi poteri, controllare. La censura è, in ogni caso, confusa e mal posta, sotto il profilo della violazione dellarticolo 112 Cpc e del difetto di motivazione, essendo contraddittoria rispetto al contenuto effettivo del motivo nel quale si denunzia sostanzialmente ‑ sia pure, ancora una volta, in maniera generica ed approssimativa quanto alla indicazione degli atti processuali ‑ la violazione del giudicato interno formatosi, in relazione ai beni diversi dallimmobile, sulla sentenza di primo grado che si assume non censurata sul punto.

Il giudice di rinvio, che si individua nella Corte di Appello de LAquila, sì atterrà ai principi di diritto sopra enunciati e provvederà anche sulla spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso e dichiara assorbiti il secondo, il terzo e il quarto; rigetta il quinto motivo. Cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e rinvia la causa alla Corte di Appello di LAquila, anche per provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.