Civile
Festeggiamenti di Capodanno. Non è responsabile il gestore del locale se un avventore si ferisce lanciando un piatto per gioco. Cassazione – Sezione terza civile – Sentenza 21 ottobre 2002-15 febbraio 2003, n. 2312
Festeggiamenti di Capodanno. Non è responsabile il gestore del locale se un avventore si ferisce lanciando un piatto per gioco
Cassazione Sezione terza civile Sentenza 21 ottobre 2002-15 febbraio 2003, n. 2312
Presidente Fiduccia Relatore Finocchiaro
Pm Martone parzialmente conforme Ricorrente Crostella Controricorrente Romandini
Svolgimento del processo
Con atto 27 gennaio 1986 Crostella Luciano conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Pesaro, Romandini Mariannina, titolare del ristorante trattoria Da Maria chiedendone la condanna al pagamento della complessiva somma di lire 41.605.576.
Esponeva lattore, in particolare, che la notte del 31 dicembre 1983, mentre si trovava a cena nel ristorante della convenuta era stato colpito allocchio, riportando lesioni, dalle scheggia di un piatto frantumatosi a terra.
Poiché il piatto in questione era stato scagliato volutamente a terra dalloccupante di un tavolo vicino, rimasto sconosciuto, proseguiva lattore, doveva ritenersi la responsabilità della convenuta per avere fornito a questultimo piatti da scagliare in terra e nellavere omesso di garantire la incolumità degli avventori.
Costituitasi in giudizio la convenuta resisteva alla avversa domanda eccependo che mentre essa concludente era assente dallesercizio era stato proprio lattore, unitamente alla moglie a ai suoi commensali, a scagliare a terra alcuni piatti allo scoccare della mezzanotte.
Chiedeva, pertanto, il rigetto della domanda attrice nonché lautorizzazione a chiamare in causa gli altri commensali presenti al tavolo occupato dallattore.
Rigettata la richiesta di chiamata in causa di terzi ladito tribunale, svoltasi la istruttoria del caso, con sentenza 20 maggio-3 giugno 1995, accoglieva la domanda attrice e condannava la convenuta al risarcimento dei danni, liquidati in lire 49.709.500 oltre interessi legali dalla sentenza al saldo.
Gravata tale pronunzia dalla soccombente Romandini, la Corte di appello di Ancona, con sentenza 21 ottobre 1998, deliberata il 27 ottobre 1998 e pubblicata il 16 novembre 19991 in totale riforma della decisione dei primi giudici, rigettava la domanda attrice, ponendo, a carico dellappellato le spese di causa.
Per la cassazione di tale ultima decisione, non notificata, ha proposto ricorso affidato a cinque motivi, con atto notificato il 10 novembre 1999, Crostella Luciano.
Resiste, con controricorso Romandini Mariannina, nella qualità di titolare del ristorante trattoria Da
Maria.
Motivi della decisione
1. È rimasto accertato, in sede di merito, in linea di fatto, che la lesione allocchio destro riportata da Crostella Luciano pochi minuti dopo la mezza notte del 31 dicembre 1983, mentre si trovava nei locali del ristorante «Da Maria», di cui era titolare Romandini Marianna, è stata la conseguenza della frantumazione un piatto scagliato a terra nel ristorante.
Nellesaminare la domanda risarcitoria proposta dal Crostella contro la Romandini i giudici del secondo grado, come ricordato in parte espositiva andando di contrario avviso rispetto a quanto affermato dal tribunale hanno rigettato la stessa evidenziando, in primis, come la Romandini non poteva rispondere dellevento dannoso de quo a titolo contrattuale (non esistendo alcun nesso tra levento dedotto in giudizio e la prestazione del servizio oggetto del contratto stipulato dal Crostella con il gestore del ristorante), nonché ai sensi dellarticolo 1786 Cc, relativa alla responsabilità degli imprenditori, tra laltro, di «trattorie» per i danni derivanti dal «deposito in albergo» (atteso che tale disposizione riguarda i danni alle «cose» portate nellesercizio) e dellarticolo 2051 Cc relativo ai danni prodotti dalla cosa in custodia potenzialmente pericolosa in sé o per luso che se ne faccia abitualmente, non certo per quello provocato da un uso del tutto abnorme e anomalo come verificatosi nella specie.
In realtà hanno ancora evidenziato quei giudici una responsabilità della Romandini nei confronti del Romandini può prospettarsi solo, o ex articolo 2043 Cc ,(concernente il danno ingiusto frutto di condotta dolo,sa o colposa dellobbligato al risarcimento) o a norma dellarticolo 2049 Cc (relativo alla responsabilità per la condotta tenuta da persona diversa da quella chiamata a rispondere, ma legata a questa da vincolo di collaborazione o di dipendenza).
Precisato quanto sopra quei giudici hanno ancora, evidenziato come pregiudiziale a qualsiasi altro accertamento fosse la individuazione dellautore materiale del lancio del piatto e da cui originò levento dannoso, atteso che solo dopo avere accertato con sicurezza che il fatto colposo è stato posto in essere da persona diversa dallattore medesimo o dai suoi commensali, poteva scendersi alla valutazione della colpa della convenuta o per fatto proprio (avendo omesso di esercitare la dovuta vigilanza onde evitare il verificarsi di fatti pregiudizievoli per i clienti) o per fatto del proprio commesso (il cameriere che avrebbe portato al cliente sconosciuto i piatti da rompere).
Poiché, infine, in ordine a tale circostanza, decisiva, il cui onere probatorio gravava certamente sulla parte attrice, non era stata raggiunta alcuna prova certa in esito allistruttoria, quei giudici hanno rigetto, come anticipato, la domanda del Crostella.
2. Con il primo motivo il ricorrente Crostella censura la riassunta pronunzia lamentando «omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia e violazione e falsa applicazione dellarticolo 2697 Cc».
Si osserva, infatti, che «la .. ricostruzione della vicenda come effettuata dalla Corte di appello di Ancona confligge in modo eclatante con le risultante probatorie in atti».
Infatti:
– nella decisione non sono stati per nulla presi in considerazione il contenuto della cartella clinica e del fascicolo penale;
– la corte di appello ha messo illogicamente in dubbio lattendibilità e la linearità delle dichiarazioni rese dai commensali del Crostella (favorevoli agli assunti di questultimo) «lasciandosi fuorviare dal pur chiaro espediente di controparte di accusare ingiustamente queste persone solo al momento della costituzione in giudizio, al fine di impedirne la deposizione … », ritenendo, per contro, attendibile la deposizione resa da Boccolucci che tale non era, trattandosi di deposizione viziata da un automatismo delle risposte;
– «appare incongrua e inammissibile losservazione contenuta nella impugnata sentenza per cui la partecipazione al lancio dei piatti di … Graziella Vitali e Evelino Pascucci [commensali del Crostella) affermata dalla convenuta non era stata specificamente contraddetta da nessuno dei testimoni di parte attrice, i quali si limitarono a confermare che altro commensale aveva lanciato dei piatti senza peraltro escludere esplicitamente che al lancio avessero partecipato altre persone presenti allesercizio. «La Corte pretenderebbe si precisa al riguardo nel ricorso che il … Crostella debba dare dimostrazione non solo dei fatti posti a fondamento della propria domanda, ma anche di quelli negativi dedotti dallavversario, con una singolare inversione dellonere della prova, in contrasto con la previsione dellarticolo 2697 Cc».
3. La riassunta deduzione è manifestamente inammissibile, sotto tutti i profili in cui si articola.
3.1. Quanto, in particolare, alla dedotta «omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia» (sotto il profilo di cui allarticolo 360, n. 5 Cpc) deve ribadirsi, giusta quanto assolutamente pacifico presso una giurisprudenza più che consolidata di questa Corte regolatrice, che in questa sede non può che ulteriormente ribadirsi che il vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione denunciabile con ricorso per cassazione ai sensi dellarticolo 360, n. 5, Cpc si configura solo quando nel ragionamento del giudice di merito sia riscontrabile il mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili di ufficio, ovvero un insanabile contrasto tra le argomentazioni adottate, tale da non consentire lidentificazione del procedimento logico giuridico posto a base della decisione.
Detti vizi non possono, peraltro, consistere nella difformità dell apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, perché spetta solo a quel giudice individuare le fonti del proprio convincimento e a tale fine valutare le prove, controllarne la attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza alluno o allaltro mezzo di prova (In tale senso, ad esempio, Cassazione, 4025/01 e 10417/00, specie in motivazione, nonché Cassazione, Sezioni unite, 5802/98 e 12960/97).
Larticolo 360, n. 5 infatti contrariamente a quanto suppone lattuale ricorrente, non conferisce alla Corte di cassazione il potere di riesaminare e valutare autonomamente il merito della causa, bensì solo quello di controllare, sotto il profilo logico e formale e della correttezza giuridica, lesame e la valutazione compiuti dal giudice del merito, cui è riservato lapprezzamento del fatti.
Ne deriva, pertanto, che alla cassazione della sentenza, per vizi della motivazione, si può giungere solo quando tale vizio emerga dallesame del ragionamento svolto dal giudice, quale risulta dalla sentenza, che si rilévi incompleto, incoerente e illogico, non già quando il giudice abbia semplicemente attribuito agli elementi valutati un valore e un significato difformi dalle aspettative e dalle deduzioni di parte (In.questo senso, ad esempio, Cassazione, 10414/00, specie in motivazione).
3.1.1. Pacifico quanto precede è di palmare evidenza la manifesta inammissibilità di tutte le considerazioni svolte nel motivo e dirette a leggere le testimonianze raccolte nel corso del giudizio in termini «diversi» rispetto a quanto fatto dal giudice di secondo grado.
3.2.2. Parimenti inammissibile il motivo in esame si appalesa, altresì nella parte in cui tende alla cassazione della pronunzia in questa sede gravata poiché mentre alcuni testimoni, le cui deposizioni sono state privilegiate dai giudici del merito, erano in realtà per i più svariati motivi, inattendibili, esclusivamente le dichiarazioni, in atti, concordanti con gli assunti dellattuale ricorrente potevano dovevano essere posti a fondamento della decisione, provenienti da testimoni attendibili.
Alla luce di una giurisprudenza più che consolidata di questa Corte regolatrice, infatti, non può non ribadirai, sul punto specifico, ulteriormente, che il, giudizio sulla capacità a testimoniare, ai sensi dellarticolo 246 Cpc, è rimesso al giudice del merito, come quello sullattendibilità dei testi e sulla rilevanza delle deposizioni, ed è insindacabile in sede di legittimità, se congruamente motivato (Cassazione 13567/99).
Infatti, la valutazione delle risultanze della prova testimoniale ed il giudizio sullattendibilità dei
testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la decisione non sono deducibili in sede di legittimità, se non i limiti della mancanza, insufficienza o contraddittorietà di motivazione, involgendo apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, peraltro, nel porre a fondamento della sua decisione una fonte di prova ad esclusione di altre, è tenuto ad indicare le ragioni del proprio convincimento, ma non a discutere ogni singolo elemento né a confutare tutte le deduzioni avverse (Cassazione 4347/99; 2008/96; 9173/94; 3498/94).
Certo che nella specie i giudici del merito hanno più che adeguatamente motivato il loro convincimento, è palese, come anticipato, la inammissibilità della censura in esame.
3.2.3. Inconferente, ancora al fine del decidere, è la circostanza che i giudici del merito non abbiano posto, a fondamento della loro pronunzia, le risultanze della cartella clinica, nonché di quelle del fascicolo penale.
Quanto alla prima esattamente i giudici del merito hanno ritenuto, sia pure per implicito, irrilevanti e non pertinenti, al fine del decidere, le dichiarazioni favorevoli ai propri assunti, rese dallo stesso Crostella occasione del ricovero presso lospedale, trattandosi di dichiarazioni provenienti dallo stesso attore e certamente non utilizzabili, pertanto, a suffragio dei suoi assunti (analogamente, nel senso che la deposizione testimoniale de relato ecte parte actoris, di per sé sola non ha alcun valore probatorio, e la stessa può acquisire rilevanza. solo attraverso il riscontro di altre circostanze, le quali quindi devono ,avere adeguata consistenza ed essere adeguatamente prese in esame dal giudice di merito nel loro rilievo e nella loro funzione, Cassazione 5526/99).
In merito, ancora, alle dichiarazioni raccolte in sede di indagini di polizia giudiziaria, esatta
mente le stesse non sono state prese in esame dalla corte di appello, attesi come osservato sopra non solo i poteri discrezionali (non sindacabili in sede di legittimità) del giudice del merito nella
scelta degli elementi di giudizio da porre a fonda mento della propria decisione, ma anche, comunque, rilevata la loro inidoneità a superare quanto riferito dagli testi escussi nel contraddittorio delle parti.
Avendo diversi testi ritenuti dai giudici di merito pienamente attendibili riferito di avere
visto il Crostella Luciano e i suoi amici di tavolo «lanciare piatti a terra» è evidente come osservato dai giudici di merito con osservazione in alcun modo contestata dal ricorrente che era onere dellattore dimostrare non genericamente che anche gli occupanti altri tavoli procedevano nello stesso modo (cioè gettavano in terra piatti) ma anche che la scheggia che lo ha colpito nell occhio proveniva della rottura di un piatto scagliato da persona diversa da lui o dai suoi commensali.
4. Quanto, ancora, alla denunziata violazione dellarticolo 2697 Cc, relativamente allonere della prova, la deduzione, al pari della precedente, è per un verso inammissibile, per altro, manifestamente infondata.
Deve ribadirsi al riguardo, infatti, che quando nel ricorso per cassazione pur denunziandosi violazione e falsa applicazione della legge, con richiamo di specifiche disposizioni normative, non siano indicate le affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che si assumono in contrasto con le disposizioni indicate o con la interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina il motivo è inammissibile poiché non consente alla Corte di cassazione di adempiere il compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione (Cassazione 4777/98).
In altri termini è inammissibile il ricorso nel quale non venga precisata la violazione di legge nella quale sarebbe incorsa la pronunzia di merito, non essendo al riguardo sufficiente unaffermazione apodittica non seguita da alcuna dimostrazione dovendo il ricorrente porte la Corte di legittimità in grado di orientarsi fra le argomentazioni in base alle quali si ritiene di censurare la pronunzia impugnata (Cassazione 7851/97).
Pacifico quanto precede si osserva che nella specie, come si ricava dal contesto del motivo, parte ricorrente omette sia di indicare quale ala la interpretazione data, dai giudici del merito, della richiamata disposizione normativa (articolo 2697 Cc), e i motivi per cui la stessa non possa essere accettata, ala quale sia la «corretta» interpretazione di tale norma.
In realtà parte ricorrente, lungi dal censurare linterpretazione che il giudice del merito ha dato
della ricordata disposizione, si limita a dolersi che lesito della lite sia stato sfavorevole alle proprie aspettative, per essere state le risultanze di causa valutate in modo difforme alla sua, soggettiva, interpretazione di quelle stesse risultanze ed è evidente pertanto che la denuncia esula totalmente dalla previsione di cui allarticolo 360 n. 3 Cpc.
Né, infine, può affermarsi come del tutto apoditticamente si precisa in ricorso che il giudice del merito avrebbe posto a carico dellattore Il onere di dimostrare anche quelli negativi posti dallavversario con una singolare inversione dellonere della prova.
Come osservato sopra il giudice del merito si è limitato ad affermare in puntuale applicazione dellarticolo 2697 Cc che lattore, avendo senza ombra di dubbio provveduto lui stesso, in compagnia dei propri commensali, a lanciare in terra dei piatti, in tanto poteva pretendere il ristoro dei danni patiti in quanto avesse dimostrato con certezza quale era la persona diversa da lui e dei suoi commensali che lanciando in terra il piatto gli aveva procurato la lesione denunziata.
Pacifico quanto sopra e non controverso, in linea di fatto, che una tale prova è assolutamente mancata in causa è palese che anche sotto il profilo in esame il motivo non può trovare accoglimento.
5. Con il secondo motivo il ricorrente denunzia, ancora, «violazione e falsa applicazione degli articoli 1786, 2043, 2697 Cc in riferimento allarticolo 360 n. 3 Cpc».
Si assume, infatti, in buona sostanza, che la Romandini, a prescindere dal verificare, in concreto se la responsabilità del lancio del piatto sia da attribuire a un terzo avventore rimasto sconosciuto o, piuttosto, alla stessa parte lesa e ai suoi commensali [come risultato accertato a seguito del rigetto del primo motivo] deve rispondere contrattualmente o, comunque, extra contrattualmente, dei darmi riportati da esso ricorrente atteso che il titolare dellimpresa alberghiera, al pari del titolare dellimpresa di ristorazione, deve fornire la prestazione e assicurarne al cliente il pacifico godimento durante la sua esecuzione, obbligo palesemente violato nella specie dalla convenuta.
6. Lassunto è palesemente infondato.
Come evidenziato dai giudici del merito è da escludere, in radice, che la Romandini possa rispondere della lesione riportata dal Crostella per responsabilità contrattuale, non esistendo alcun nesso causale, tra levento dedotto e la prestazione di servizio oggetto del contratto.
Né, ancora, palesemente, è invocabile nella specie la regola di cui agli articoli 1783 e 1786 Cc, tenuto presente che il danno si è verificato non su una «cosa» portata dal cliente, ma sul cliente stesso.
Né, può:affermarsi, infine, che il Crostella aveva, comunque, diritto, di consumare la cena in condizioni di tranquillità e assenza di ogni rischio, con conseguente obbligo della gestrice del ristorante di fare cessare lattività certamente pericolosa che alcuni clienti ponevano in essere nel suo locale.
Essendo infatti rimasto incontestabilmente accertato, da un lato, che era proprio il Crostella in riunione con i suoi commensali, a tenere – ancorché con altri, non identificati una condotta «certamente» pericolosa, e che non è stato affatto dimostrato che la lesione è stata provocata da un terzo, estraneo al tavolo del Crostella, è di palmare evidenza che nessuna responsabilità può essere imputata alla Romandini stante il fatto, quanto meno colposo, del Crostella nel dedicarsi, con i suoi «commensali» al lancio dei piatti in terra (cfr., articolo 1227, comma 1, Cc).
7. Con il terzo, e quarto, motivo, intimamente connessi e da esaminare congiuntamente, il ricorrente denunzia, ancora, nellordine, da un lato, «violazione e falsa applicazione dellarticolo 2049 Cc in riferimento allarticolo 360 n. 3 Cpc, per avere escluso i giudici del merito che «le lesioni subite dal Crostella sono conseguenza della attività di cooperazione prestata dal
cameriere, nellesercizio delle sue incombente, al verificarsi del fatto illecito, attraverso la consegna dei piatti da gettare a terra» [terzo motivo], dallaltro, «violazione e falsa applicazione dellarticolo 2051 Cc, in riferimento allarticolo 360, n. 3, Cpc» per non avere la corte di appello di Ancona affermato la responsabilità della convenuta quale proprietaria delle cose sulle quali aveva un dovere di custodia.
8. Entrambe le deduzioni sono, per un verso, inammissibili, per altro, manifestamente infondate.
8.1. Quanto alla rilevata inammissibilità dei motivi in esame, deve ribadirsi come già si è evidenziato sopra che quando nel ricorso per cassazione pur denunziandosi violazione e falsa applicazione della legge, con richiamo di specifiche disposizioni normative, non siano indicate le affermazioni in diritto con tenute nella sentenza gravata che si assumono in contrasto con le disposizioni indicate o con la interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di
legittimità o dalla prevalente dottrina il motivo è inammissibile poiché non consente alla Corte di cassazione di adempiere il compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione (Cassazione 4777/98).
Nella specie il ricorrente, pur assumendo, da un lato, che i giudici del merito avrebbero violato o, comunque, falsamente applicato le due disposizioni sopra ricordate (articoli 2049 e 2051 Cc) e pur affermando che una corretta lettura di tali disposizioni non poteva non condurre allaccoglimento della proposta domanda, si astiene totalmente dallindicare quale sia stata linterpretazione data da quei giudici, alle ricordate disposizioni, in contrasto con quanto dallo stesso affermato.
8.2. Anche a prescindere da quanto precede, comunque, si osserva che i motivi in esame sono manifestamente infondati.
È esatto il rilievo che «i padroni e i committenti sono responsabili per i danni arrecati dal fatto illecito dei loro domestici e commessi nellesercizio delle incombenze a cui sono stati adibiti» (articolo 2049 Cc) e che, ancora, «ciascuno è responsabile del danno delle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito» (articolo 2051 Cc), si osserva, peraltro, che giuvamente e concretamente (cioè con riferimento a quel singolo caso contingente) idoneo a produrre levento (Cassazione 9037/98).
Non controverso quanto precede è palese che esattamente i giudici del merito hanno escluso sussista alcun nesso di causalità immediata e diretta tra la circostanza che i camerieri del locale gestito dalla Romandini abbiano su espressa richiesta degli avventori, tra cui lo stesso Crostella e i suoi commensali consegnato a costoro dei piatti vuoti, e levento dannoso denunziato dal Crostella.
Senza ombra di dubbio, infatti, è sopravvenuto tra la consegna dei piatti e levento dannoso, un fatto, ulteriore, assolutamente imprevedibile e estraneo alluso che normalmente si fa dei piatti nei ristoranti e, in particolare, il loro lancio sul pavimento.
Essendo stata questa lunica causa della lesione riportata dal Crostella è evidente che esattamente i giudici del merito hanno escluso la sussistenza di una responsabilità, esclusiva, o purè solo concorrente, della Romandini (vuoi quale datrice di lavoro dei camerieri che hanno obbedito alle richieste del Crostella e degli altri avventori, vuoi quale proprietaria delle stoviglie), per cui del fatto doveva rispondere esclusivamente colui che, in quanto detentore del piatto
(cfr. Cassazione 6125/95, nonché ad esempio, Cassazione 3553/95), ha materialmente gettato in terra il piatto il cui frammento ha colpito locchio del Crostella.
Non avendo il Crostella dato al riguardo alcuna prova (non potendosi escludere che, in realtà, il frammento provenisse proprio dai piatti che in quello stesso frangente il Crostella e i suoi commensali stavano lanciando in terra) è palese che esattamente, come anticipato, la sentenza gravata ha rigettato la domanda attrice.
9. Con il quinto, e ultimo, motivo il ricorrente denunzia, infine, «violazione e falsa applicazione degli articoli 1223, 1224, 1226, 1227, 1283, 1284, 2056 e ,2059 Cc in riferimento allarticolo 360, n. 3, Cpc», censurando la sentenza del primo giudice nella parte in cui questa ha liquidato i danni patiti da esso concludente per effetto dei fatti del 31 dicembre, 1983 in misura incongrua.
10. Il motivo è, in primis, inammissibile.
Lo stesso, infatti, è volto non contro la sentenza di secondo grado, lunica che può essere oggetto di censure in sede di ricorso per cassazione (cfr., al riguardo, larticolo 360, comma 1, prima parte, Cpc«le sentenze pronunziate in grado di appello … possono essere impugnata con ricorso per cassazione») ma è di retto a denunziare statuizioni contenute nella decisione di primo grado, poste nel nulla dalla sentenza di appello.
Anche a prescindere da quanto precede, comunque il motivo, come esattamente evidenziato dal Procuratore Generale, deve essere dichiarato assorbito.
Laccoglimento dello stesso, infatti, presuppone a prescindere da ogni altra indagine sulla ammissibilità, o meno, della deduzione de qua in questa sede e [potendo-dovendo, eventualmente, la stessa essere portata allesame del giudice di rinvio, atteso che laccoglimento dellappello principale della Romandini ha importato lassorbimento dellappello incidentale del Crostella] laccoglimento di uno degli altri motivi del ricorso.
Essendo, per contro, tutti i precedenti motivi come sopra dimostrato risultati infondati è palese
che il motivo in questione rimane assorbito.
11. Risultato totalmente infondato il proposto ricorso, in conclusione, deve rigettarsi, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate in euro 138,24 oltre a euro 1.800,00 per onorari.