Penale

Monday 24 November 2003

Falso ideologico per il medico che dichiara di essere in Ospedale per il turno e invece sta lavorando presso il suo studio privato. Suprema Corte di Cassazione, Sezione Quinta Penale, sentenza n.39065/2003

Falso ideologico per il medico che dichiara di essere in Ospedale per il turno e invece sta lavorando presso il suo studio privato

Suprema Corte di Cassazione, Sezione Quinta Penale, sentenza n.39065/2003

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

V SEZIONE PENALE

SENTENZA

La Corte dAppello di Bologna con sentenza del 29/1/2002, in parziale riforma della sentenza messa dal Tribunale di Forlì il 3/11/1997, impugnata dal PM, dichiarava M. A. colpevole del reato di falso atto pubblico di cui al capo a) con riferimento agli episodi del 15/1, 6/5, 19/10, 8/5 e 23/9/1992, e ritenuta la continuazione, lo condannava alla pena di mesi nove di reclusione, per aver come primario della divisione di urologia dellospedale civile M. Bufalini di Cesena, attestato falsamente in atti pubblici posti in essere nellesercizio delle sue funzioni, la sua presenza in Ospedale, in orari in cui era assente, in quanto impegnato nella casa di cura Madre Fortunata Toniolo di Bologna, nello svolgimento di prestazioni libero professionali ed in specie di trattamento di litotrissia.

Con condotta consistita nel far timbrare e/o smarcare le schede marcatempo con orari di entrata e/o uscita, incompatibili con la propria contemporanea ed effettiva presenza presso la indicata casa di cura privata non convenzionata con il servizio sanitario nazionale.

Dichiarava non doversi procedere nei confronti del M. per il reato di truffa di cui al capo b) perché estinto il reato per prescrizione.

Ha proposto il ricorso il M. censurando la sentenza impugnata con il primo motivo sostenendo la non applicabilità della norma di cui nellart. 479 c.p. [1]per le false attestazioni contenute nel cartellino segnatempo relativo allattività lavorativa dei medici, perché con il D.Lgs. 3/2/1993 n. 29, sarebbe stato connotato in senso assolutamente privatistico il contratto di lavoro dei medici della sanità pubblica.

Con il secondo motivo ha eccepito la manifesta illogicità della motivazione, nella parte in cui ha negato efficacia giustificativa e scriminante sul piano dellelemento soggettivo del reato, alle giustificazioni fornite dallimputato in ordine alle annotazioni a penna di orari non compatibili con la sua prestazione lavorativa presso la clinica Toniolo.

Il ricorso non è fondato.

Sul primo deve osservarsi che, il personale sanitario ospedaliero, nellattuazione del servizio e nellesercizio della potestà certificativa del suo svolgimento, non ha perso la qualità di pubblico ufficiale, per effetto delladeguamento delle modalità di esercizio dellattività lavorativa e del sistema retributivo del personale sanitario dipendente da strutture pubbliche a quelle dei medici dipendenti da cliniche private.

Il D.Lvo 3/2/1993 n. 29, non ha inteso modificare la natura giuridica dellattività ospedaliera di pubblico servizio reso alla collettività per obbligo di legge, ma soltanto regolare i rapporti interni con modalità e criteri di efficienza simili a quelli propri del rapporto fra medici e strutture private.

Lattività prestata nel presidio ospedaliero costituisce espressione di un compito sociale attribuito dalla pubblica amministrazione a ciascun sanitario ed allintera struttura al fine di adempiere alla funzione di assistenza sanitaria realizzata dallente pubblico nellinteresse dei cittadini.

Ne deriva che il cartellino orario e la scheda magnetica costituiscono, a tutti gli effetti, atto pubblico, contenendo lattestazione dellattività prestata nel presidio e vanno equiparati al foglio di presenza sottoscritto dal pubblico dipendente (v. Cass. Sez. V 10/12/1988 n. 2898).

I suddetti documenti infatti, rientrano nellattività certificativa che determina effetti giuridici rilevanti per la pubblica amministrazione, sia per quanto riguarda la prova della presenza sul posto di lavoro del sanitario, sia per consentire il controllo dellattività di assistenza fornita dallente ospedaliero, anche al fine di garantire un sufficiente livello di prestazioni sanitarie nellambito di una funzione considerata essenziale dallo Stato e dalla Regione.

Il contratto della sanità pubblica da la possibilità di regolare il rapporto di lavoro con regime privatistico, ivi compreso lobbligo di risultato, che non può essere confuso con la libera organizzazione dellorario, ma riguarda, di contro, lobbligo al pieno impegno durante le ore lavorative, senza possibilità di ulteriori retribuzioni.

Non vi è quindi alcuna contraddizione fra regolamentazione privatistica del lavoro, ed esercizio della pubblica funzione sanitaria.

La Corte di merito ha opportunamente argomentato con motivazione coerente con gli elementi di prova acquisiti, nonché congrua nel suo contenuto e logica nel coordinare gli elementi di fatto, non è dato quindi al giudice di legittimità di effettuare un riesame di merito espressamente vietato dalla legge.

Deve aggiungersi che in tema di falsità ideologica in atto pubblico, lelemento soggettivo consiste nel dolo generico, vale a dire nella volontarietà e consapevolezza della falsa attestazione, non essendo richiesto ne lanimus nocendi, ne lanimus decipiendi, in quanto il delitto è perfetto anche quando la falsità sia compiuta senza lintenzione di nuocere ed addirittura anche quando la sua commissione sia accompagnata dalla convinzione di non produrre alcun danno (v. Cass. Sez. V 10/2/1999 n. 4385).

I giudici di merito hanno quindi opportunamente ritenuto sufficiente laver raggiunto la prova che limputato ha agito con la piena consapevolezza di attestare il falso.

Il ricorso va pertanto rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese dal procedimento.

PQM

La Corte Suprema di Cassazione, V sezione penale rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Roma 17/6/2003.

Depositata in Cancelleria il 15 ottobre 2003.