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Extracomunitari. Per il ricongiungimento familiare gli organi competenti al rilascio non possono rifiutare gli atti prodotti esprimendo dubbi sulla loro attendibilità . Cassazione – Sezione prima civile – sentenza 18 giugno-1 ottobre 2003, n. 14545
Extracomunitari. Per il ricongiungimento familiare gli organi competenti al rilascio non possono rifiutare gli atti prodotti esprimendo dubbi sulla loro attendibilità
Cassazione Sezione prima civile sentenza 18 giugno-1 ottobre 2003, n. 14545
Presidente Saggio relatore Ragonesi
Pm Apice conforme ricorrente Oduro ed altri controricorrente ministero dellInterno
Svolgimento del processo
Oduro Joseph e Rockson Harriet jnr adivano il Tribunale di Modena depositando in data 21 giugno 2001 ricorso ai sensi dellarticolo 30 comma 6 decreto legge 286/98 contro il ministero degli Affari esteri in quanto lAmbasciata Italiana in Accra (Ghana) si rifiutava di rilasciare alla loro figlia Oduro Lilion, (nata ad Accra (Ghana) il 16 settembre 1989) il visto per ricongiungimento familiare ai sensi dellarticolo 29 comma i) lettera b) del decreto legge 286/98.
Il ministero degli Affari esteri non si costituiva in giudizio.
Il giudice di primo grado accoglieva il ricorso con provvedimento in data 12 luglio 2001, ordinando allAmbasciata Italiana in Ghana il rilascio del visto per ricongiungimento familiare in favore di Lilian Oduro.
Avverso detto provvedimento proponeva reclamo lAvvocatura dello Stato e la Corte di appello di Bologna accoglieva il reclamo ed annullava il decreto 1217/01 del Tribunale di Modena, ritenendo non potersi attribuire una presunzione di veridicità alla certificazione prodotta e che i ricorrenti non avevano sufficientemente provato il rapporto di parentela con la minore.
Avverso detto decreto i ricorrenti propongono ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi.
Resiste con controricorso lamministrazione dello stato
Motivi della decisione
I ricorrenti deducono con il primo motivo di ricorso il vizio di violazione di legge in quanto la Corte di appello, ritenendo che latto di nascita della minore fosse privo di valore probatorio per la modalità di formazione di tale atto secondo la legislazione del Ghana, avrebbe violato larticolo 10. comma 1, della Costituzione secondo cui gli stati esteri non sono soggetti alla legislazione italiana.
Con il secondo motivo censurano il provvedimento impugnato sotto il profilo della violazione di legge e del difetto motivazionale perché la Corte di appello non aveva precisato quale documentazione avrebbe ritenuto attendibile ed idonea a dimostrare lo stato di parentela e non aveva tenuto conto che lulteriore documentazione sarebbe stata comunque pervenuta dal Ghana, stato che, secondo il provvedimento impugnato, avrebbe emanato atti cui non poteva essere attribuita prescrizione di veridicità.
Con il terzo motivo lamentano la mancata ammissione della prova richiesta per accertare il rapporto di filiazione (prova ematica). Inoltre la Corte di appello sarebbe incorsa in travisamento dei fatti nel ritenere contraddittorie le deposizioni dei testi in ordine al rapporto di parentela intercorrente tra essi e Oduno Lilian.
Con il quarto motivo di ricorso censurano la decisione impugnata perché la Corte di appello aveva ritenuto non verosimile il racconto dei continui andirivieni fra Italia e Repubblica del Ghana e la mancanza di disponibilità economica necessaria per i due viaggi
della Rockson senza motivare il suo convincimento.
Con il quinto motivo deducono che la a Corte di appello aveva affermato che essi ricorrenti avevano prodotto fotografie che non attestavano nulla potendo essere state scattate in qualsiasi momento con ciò contraddicendo lassunto che tra essi ricorrenti e la minore per anni non era intervenuto alcun rapporto ne una lettera, né una fotografia.
Il primo motivo di ricorso si rivela fondato.
Occorre rammentare che larticolo 33 comma 3 della legge 218/95 stabilisce che «la legge nazionale del figlio al momento della nascita regola i presupposti e gli effetti dellaccertamento e della contestazione dello stato di figlio. Lo stato di figlio legittimo, acquisito in base alla legge nazionale di uno dei due genitori non può essere contestato che alla stregua di tale legge».
Da tale norma discende con ogni evidenza che la norma di diritto internazionale privato in esame attribuisce ai provvedimenti accertativi ed alle statuizioni giurisdizionali dello stato estero ogni determinazione in ordine al rapporto di filiazione con conseguente inibizione al giudice italiano di sovrapporre a quegli accertamenti fonti di informazione estranee e nazionali (Cassazione 367/03).
Nel caso di specie questo divieto risulta violato.
Il giudice italiano infatti ha effettuato una valutazione per così dire di affidabilità dellordinamento dello stato civile straniero (nella specie ghanese) ritenendo che tale sistema, basato esclusivamente,
per quanto concerne la filiazione, sulle dichiarazioni degli asseriti genitori effettuabili anche a distanza di anni dalla avvenuta nascita del figlio, non offriva idonee garanzie in ordine alla effettività di quanto da tale sistema accertato e certificato e ne ha quindi escluso la presunzione di legalità e di validità che invece li assiste (v. Cassazione, 8383/97 ed anche Sezioni unite, 2186/85).
Tale valutazione da parte di una autorità italiana in ordine alla attendibilità e validità di una certificazione dellufficiale di stato civile di uno stato estero è preclusa dal più volte citato articolo 33 della legge 218/95 che ha rinviato in toto per quanto concerne tale accertamento alla legislazione dello stato estero fermo restando il potere del giudice italiano di verificare lautenticità del documento (v. Cassazione 367/03).
Erroneamente pertanto la corte territoriale ha escluso ogni valenza probatoria al certificato in esame che invece sussiste anche se, come già chiarito da questa Corte, non possa assurgere al livello di fede privilegiata di cui allarticolo 2700 Cpc (v. Cassazione 367/03).
Se così non fosse del resto, in base alla categorica e generalizzata affermazione della corte territoriale, tutti i certificati di nascita rilasciati ai cittadini ghanesi ed a quelli di altri stati i cui uffici dello stato civile siano retti da analoghi principi dovrebbero essere considerati privi di ogni valore probatorio venendosi così a creare proprio quella situazione di totale incertezza giuridica che larticolo 33 della legge 218/95 ha inteso evitare riconoscendo valore probatorio alle certificazioni rilasciate in ordine alla filiazione dai diversi stati.
A questa considerazioni deve aggiungersi che la valenza probatoria in esame potrebbe escludersi solo se si riscontrasse nella normazione che disciplina laccertamento del rapporto di filiazione nello stato del Ghana una incompatibilità con le nostre norme di ordine pubblico (articolo 16 legge 218/95). Tale circostanza invece non ricorre perché anche il nostro sistema prevede che laccertamento della filiazione avvenga in primo luogo sulla base delle dichiarazioni rese dai genitori o da persone abilitate (articolo 30 Dpr 396/00) ancorché questa debbano essere rese in un ristretto lasso di tempo e debbano essere corredate di regola dallattestazione di avvenuta nascita rilasciata dal medico che ha assistito al parto. Non può peraltro non rilevarsi che il nostro ordinamento prevede che in mancanza di assistenza al parto da parte di personale sanitario con conseguente impossibilità del rilascio della attestazione in esame è il dichiarante che deve produrre una attestazione sostitutiva ai sensi della legge 15/1968. Anche in tal caso quindi è solo sulla base delle affermazioni del dichiarante che avviene liscrizione nei registri delle nascite.
Il motivo merita pertanto accoglimento, restando assorbiti gli altri, e la sentenza impugnata va cassata con rinvio ad altra sezione della Corte dappello di Bologna che provvederà anche in ordine alle spese.
PQM
Accoglie il ricorso per quanto di ragione, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Corte dappello di Bologna.