Lavoro e Previdenza

Friday 03 December 2004

E’ legittima la clausola del bando di pubblico concorso che consente l’ accesso soltanto a laureti con votazione non inferiore ad un determinato punteggio minimo.

E’ legittima la clausola del
bando di pubblico concorso che consente l’accesso soltanto a laureti con
votazione non inferiore ad un determinato punteggio minimo.

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. I – parere 25 agosto 2004 n. 9372/2004 – Pres. Faberi, Est.
Lipari – V. c. Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private – (esprime
parere che il ricorso straordinario vada respinto).

PREMESSO E CONSIDERATO

Il ricorrente impugna il bando di
concorso per l’assunzione presso l’Istituto per la vigilanza sulle
assicurazioni private (ISVAP) di diciotto funzionari, pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale del 5 marzo 2004.

L’interessato contesta l’articolo
3 del bando, nella parte in cui prevede, per l’ammissione al concorso, il
possesso del titolo di laurea con votazione non inferiore a 105/110.

Con un primo motivo il ricorrente
deduce la violazione dell’articolo 4, comma 3, del decreto del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica n.
509 del 3 novembre 1999, secondo cui "i titoli conseguiti al termine dei
corsi di studio dello stesso livello, appartenenti alla stessa classe hanno
identico valore legale".

La censura è infondata.
La norma in questione ha lo scopo di stabilire l’equipollenza qualitativa dei
titoli di studio in relazione alla loro classe e
livello. Ma nulla dice la norma in ordine alla
possibilità di considerare diversamente la votazione ottenuta dall’interessato,
in relazione a particolari finalità.

Con un secondo motivo, il
ricorrente afferma che la clausola impugnata si pone in contrasto con i
principi costituzionali di cui agli articoli 3 e 51 della Costituzione.

La censura è infondata.
Le norme costituzionali richiamate impongono di offrire eguali opportunità a
tutti i soggetti aspiranti a pubblici impieghi. La valutazione differenziata dei titoli posseduti dai soggetti
astrattamente interessati non contrasta con questi principi, perché lascia
intatte le possibilità di acquisire i prescritti titoli, nello svolgimento dei
percorsi formativi universitari.

Né pare
irrazionale attribuire peso determinante al voto di laurea rispetto a
quello del diploma di maturità, considerando l’indubbio rilievo assunto dalla
valutazione degli studi universitari rispetto a quelli scolastici.

Spetta poi alla discrezionalità
delle singole amministrazioni la scelta di filtri più o meno efficaci nella
preselezione dei candidati. Ferma restando la verifica di razionalità del
criterio in concreto prescelto, non sembra precluso a priori quello incentrato
sulla votazione di laurea.

Con un terzo motivo, il
ricorrente lamenta la violazione dei principi di cui all’articolo 97 della Costituzione.

La censura è infondata.
La contestata clausola del bando non introduce affatto arbitrarie limitazioni
dei soggetti interessati a partecipare ai concorsi, ma prevede un indice
selettivo correlato a un obiettivo dato concernente la
preparazione culturale degli aspiranti concorrenti. In tal modo non si crea
alcun privilegio, ma si valorizza ragionevolmente un criterio squisitamente
meritocratico.

Con il quarto motivo
il ricorrente lamenta il vizio di eccesso di potere, irragionevolezza e
violazione del principio di proporzionalità.

La censura è infondata.

La clausola in esame non appare
irrazionale, perché prevede un livello "quantitativo" del voto di
laurea relativamente contenuto e persegue coerentemente l’obiettivo di
escludere dalla partecipazione al concorso i soggetti che abbiano ottenuto
risultati meno brillanti nel corso degli studi universitari.

Neppure
assume rilievo la giurisprudenza costituzionale richiamata dal ricorrente,
secondo cui è irragionevole una riserva che escluda dai potenziali partecipanti
coloro che abbiano gli stessi titoli dei riservatari. Infatti,
l’equipollenza dei titoli non può essere assimilata alla diversa ipotesi in cui
l’amministrazione operi una graduazione dei titoli in funzione della loro
valutazione.

Né in
proposito può rilevare il confronto con la disciplina delle altre
amministrazioni, considerando margini di scelta legittimamente consentiti a
ciascun soggetto pubblico.

Alla stregua di quanto precede il
ricorso va quindi respinto.

La reiezione nel merito del ricorso
comporta anche l’assorbimento dell’istanza di
sospensione del provvedimento impugnato.