Civile
E’ inammissibile il ricorso in Cassazione se la formulazione del quesito di diritto è generica.
E’ inammissibile il ricorso in
Cassazione se la formulazione del quesito di diritto è generica.
Cassazione – Sezioni unite civili – sentenza 30 novembre 2006-5 gennaio 2007, n.
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Presidente Prestipino – Relatore Finocchiaro
Pm Palmieri – conforme –
ricorrente Caridi
Svolgimento del processo
Con decisione 25 luglio 2001 il
Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Locri ha inflitto all’avv. Caridi
Saverio la sanzione disciplinare della sospensione dall’ esercizio
della attività professionale per la durata di 4 mesi, da un lato, per avere,
con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, prima depositato
(l’11 maggio 1995) in cancelleria davanti al giudice del lavoro di Locri un
fascicolo avente a oggetto opposizione a decreto ingiuntivo con firma falsa del
suo cliente Benavoli Domenico Antonio, analfabeta, deceduto il 27 gennaio 1994,
e poi partecipato alle udienze di merito [di tale procedimento] depositando
comparsa di costituzione e avere, infine, quietanzato un mandato di pagamento
della Prefettura di Reggio Calabria, dall’ altro, per avere iniziato una causa
di appello, innanzi al tribunale di Locri contro il comune di Bruzzano
Zeffírio, in favore di Caruso Emilio, senza che questo ultimo gli avesse
conferito mandato e utilizzando artificiosamente una procura da costui
rilasciatagli per altro diverso giudizio.
Gravata tale decisione dal
Caridi, il Consiglio Nazionale Forense con decisione 15 dicembre 2005 ‑
22 marzo 2006 ha
rigettato il ricorso.
Per la cassazione di questa
ultima decisione, notificata il 22 maggio 2006 ha proposto ricorso,
con atto 10 giugno 2006, nei confronti del Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, nonché
del Consiglio dell’ordine degli avvocati di Locri il Caridi, affidato a due
motivi.
Il Caridi ha chiesto, altresl, la
sospensione, in via cautelare della esecuzione della sentenza impugnata.
Motivi della decisione
1. Al procedimento n. 18439/06
R.G. (avente ad oggetto la impugnativa della decisione
del 15 dicembre 2005 ‑ 22 marzo 2006 del Consiglio Nazionale Forense)
deve essere riunito quello n. 18439/06bis R.G. (diretto a ottenere la
sospensione in via cautelare della esecuzione della stessa decisione).
2. Con il primo motivo il
ricorrente censura la pronunzia impugnata lamentando «violazione di legge in la
comunicazione di fissazione del ricorso innanzi al Consiglio Nazionale Forense
aveva chiesto il rinvio ad altra data in quanto «afflitto da sindrome
influenzale» e che nel contempo, il suo difensore aveva «formalizzato la
medesima richiesta adducendo gravi e pressanti impegni professionali, tutti
documentati e da svolgere nella lontana Calabria» e che il Consiglio Nazionale
Forense non ha adottato, nella sentenza impugnata alcun provvedimento in
margine a tali richieste, precisando esclusivamente «il ricorrente .. non è comparso».
Chiede, pertanto,
conclusivamente, il ricorrente che sia riaffermato «il
principio della inviolabilità del diritto di difesa sancito dall’articolo 24
Costituzione e della norma dettata dall’articolo 486, comma I e V Cpp (articolo
articolo 420ter Cpp)».
3. A prescindere dal
considerare che nella specie il consiglio Nazionale Forense ha ampiamente
motivato, con ordinanza, ancorché non trascritta nella sentenza, le ragioni per
cui non ha ritenuto di disporre un differimento dell’udienza, nonostante le
richieste dell’ incolpato e del suo difensore, si
osserva, in via assorbente che il motivo è inammissibile.
Deve affermarsi, infatti, che a
norma dell’articolo 366bis Cpc è inammissibile il motivo di ricorso per
cassazione che si concluda con la formulazione di un quesito di diritto in
alcun modo riferibile alla fattispecie o comunque assolutamente generico.
Qualora, pertanto, il Consiglio
Nazionale Forense, in sede disciplinare, abbia disatteso con motivata ordinanza
le richieste di differimento dell’udienza ad altra data presentate [allegando
diversi impedimenti] sia dall’inquisito che dal suo difensore e il ricorrente
per cassazione, lamentando «violazione di legge in relazione all’articolo 486
Cpc comma 1 e 4 (ora articolo 420ter Cpp) ed all’articolo 24
della Costituzione» denunzi che nella decisione del Consiglio Nazionale Forense
adottata in sua assenza non esiste traccia del provvedimento assunto sulla
richiesta di rinvio, formulando il seguente quesito di diritto riaffermi la Corte «il principio della
inviolabilità del diritto di difesa sancito dall’articolo 24 della Costituzione
e della norma dettata all’articolo 486 Cpc commi 1 e 5 (ora articolo 420ter
Cpp)», un tale motivo deve essere dichiarato inammissibile.
4. Con il secondo motivo il
ricorrente censura la decisione impugnata lamentando «violazione di legge in
relazione all’articolo 161 Cpc, all’articolo 56, Rdl 1578/33 e all’articolo 2
del Codice Deontologico Forense ‑ contraddittorietà tra motivazione della
sentenza del Consiglio Nazionale Forense e dispositivo nella parte relativa
alla eccezione di nullità della decisione per avere il Consiglio dell’Ordine di
Locri inflitto
distinte
sanzioni per ciascuno dei due addebiti per i quali l’incolpato è stato
dichiarato responsabile ‑ omessa motivazione della sentenza sul punto».
Premesso che Consiglio
dell’Ordine degli Avvocati di Locri aveva inflitto due distinte sanzioni per i
due addebiti contestati ad esso Caridi e che cosi
operando detto Consiglio era incorso violazione dell’articolo 2 del Codice
deontologico forense che dispone che in presenza di una pluralità di addebiti
nell’ambito di uno stesso procedimento deve essere valutato il comportamento
complessivo dell’incolpato e inflitta un’unica sanzione, e che esso concludente
aveva puntualmente denunziato con il sesto motivo tale vizio della decisione
del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati innanzi Consiglio Nazionale Forense,
il ricorrente si duole che questo ultimo, pur ritenendo fondata tale censura,
nel dispositivo ha pronunziato il rigetto del proprio ricorso e nella parte
motiva della sentenza non ha corretto la motivazione della originaria pronunzia
di condanna, avendo trascurato di argomentare sulla valutazione complessiva
delle condotte contestate ai fini della irrogazione dell’unica sanzione ritenuta
congrua, ove risulti confermata la responsabilità dell’incolpato.
5. Il motivo è manifestamente
infondato.
Sotto entrambi i profili in cui
si articola.
5. 1. Non esiste, in primis,
contraddittorietà tra la «motivazione» e il «dispositivo».
Come precisa la pronunzia
impugnata e riconosce lo stesso ricorrente, la violazione, da parte del
Consiglio dell’Ordine degli Avvocati, dell’articolo 2 del codice deontologico
forense non comporta la nullità della decisione da questo
adottata in quanto è facoltà del Consiglio Nazionale in sede di appello
correggere la motivazione (e procedere alla valutazione complessiva delle
condotte contestate ai fini della irrogazione della unica sanzione ritenuta
congrua, ove risulti confermata la responsabilità dell’incolpato).
Essendo stata, nella specie,
corretta la motivazione della pronunzia del Consiglio dell’Ordine degli
Avvocati, con conferma sia della responsabilità dell’ incolpato
sia della sanzione precedentemente inflitta, è evidente che non integra
«contraddittorietà» tra la parte motiva e quella dispositiva della decisione
del Consiglio Nazionale Forense la circostanza che il dispositivo si limiti a
affermare «rigetta il ricorso».
5.2. Quanto, poi alla denunzia
secondo cui «il provvedimento impugnato è totalmente privo di alcun passaggio
dedicato a rappresentare le motivazione circa la
giustificazione quantitativa o qualitativa della sanzione inflitta», la stessa
è manifestamente infondata, atteso il contenuto della decisione impugnata.
Quest’ultima, al riguardo, nella
parte finale della motivazione, osserva, testualmente: «Confermata la
responsabilità dell’incolpato per entrambi gli addebiti contestati, in riforma
sul punto della motivazione della decisione impugnata, la sanzione da irrogare
deve essere unica, valutata globalmente le condotte deontologicamente
censurabili».
«Considerato il comportamento
dell’incolpato ‑ ha concluso il Consiglio Nazionale Forense ‑ e la
rilevanza delle violazioni, appare congruo infliggere allo stesso la sanzione
di mesi quattro di sospensione dall’ esercizio della
professione».
6. Con il terzo, e ultimo,
motivo, il ricorrente censura la sentenza gravata lamentando «violazione di
legge in relazione all’articolo 653 Cpp agli articoli 12 e 38 Rdl 1578/33 ‑
omessa motivazione ‑ violazione del principio di autonomia tra
procedimento disciplinare e procedimento penale» atteso che il Consiglio
Nazionale Forense avrebbe fondato la propria decisione
‑ quanto alla responsabilità di esso Caridi per avere promosso un
giudizio in forza di una procura falsa, apparentemente rilasciata da persona
deceduta alcuni mesi prima del giudizio stesso – sulla base delle risultanze
delle sentenze rese in sede penale e totalmente omettendo una propria
ricostruzione delle emergenze processuali.
Chiede per l’effetto, il
ricorrente sia affermato «il principio della autonomia del procedimento
disciplinare da quello penale ai sensi dell’articolo 653 Cpp e pertanto che
nella sentenza del CNF ai sensi dell’articolo 56 Rdl 1578/33 e dell’articolo
111 Cost. sia necessaria una ragionevole, reale ed adeguata motivazione sulle
censure mosse dal ricorrente in ordine alla valutazione istruttoria formulata
dall’ordine territoriale nel giudizio di primo grado, prescindendo
dall’acquisizione delle conclusioni emerse in un giudizio penale sopravvenuto
nei casi di sentenza di proscioglimento per intervenuta prescrizione».
7. Il motivo è inammissibile.
Giusta un insegnamento
assolutamente pacifico presso la giurisprudenza di questa Corte regolatrice e
che nella specie deve trovare ulteriore conferma, ove una sentenza (o un capo
di questa) si fondi su più ragioni, tutte autonomamente idonee a sorreggerla, è
necessario ‑ per giungere alla cassazione della pronunzia ‑ non
solo che ciascuna di esse abbia formato oggetto di
specifica censura, ma anche che il ricorso abbia esito positivo nella sua
interezza con l’accoglimento di tutte le censure, affinché si realizzi lo scopo
stesso dell’impugnazione.
Questa, infatti, è intesa alla
cassazione della sentenza in toto, o in un suo singolo capo, id est di tutte le
ragioni che autonomamente l’una o l’altro sorreggano.
È sufficiente,
pertanto, che anche una sola delle dette ragioni non formi oggetto di censura,
ovvero che sia respinta la censura relativa anche ad una sola delle dette
ragioni, perché il motivo di impugnazione debba essere respinto nella sua
interezza, divenendo inammissibili, per difetto di interesse, le censure
avverso le altre ragioni (In tale senso, ad esempio, tra le tantissime,
Cassazione 10420/05; 2274/05; 10134/04).
Pacifico quanto precede,si osserva il Consiglio Nazionale Forense ha ritenuto la
responsabilità del v ‑ quanto al secondo capo di incolpazione ‑
sulla base di due, autonome, rationes decidendi, ognuna sufficiente ex se a
sorreggere il suo dictum.
Da una parte, infatti, il
Consiglio ha affermato che «la decisione [del consiglio dell’ordine degli
avvocati di Locri] appare correttamente motivata con riferimento alle
risultanze documentali, dalle quali è emerso che il Benavoli, deceduto alcuni
mesi prima della utilizzazione della procura era totalmente analfabeta e
incapace di vergare la propria firma (vedasi la dichiarazione resa dal Benavoli
ai sensi della legge 15/1968 in presenta di testimoni
e depositata dallo stesso alla Prefettura di Reggio Calabria nella quale lo
stesso attesta la propria incapacità di apporre la sottoscrizione)».
Di seguito, quale ulteriore ratio
decidendi il Consiglio ha affermato, ancora, che «la circostanza di fatto [già
accertata in forza delle risultanze documentali prima menzionate] è stata inoltre
accertata dal giudice penale che ha condannato l’incolpato … ».
Pacifico quanto precede è di
palmare evidenza che anche nell’eventualità dovesse ritenersi che il Consiglio
Nazionale non ha proceduto a una autonoma valutazione
delle risultanze penali, con conseguente accoglimento del motivo, non per
questo potrebbe mai pervenirsi alla cassazione della sentenza impugnata la
quale rimarrebbe pur sempre ferma in base alla prima delle riferite rationes
decidendi in alcun modo censurata dal ricorrente.
8. Il ricorso 18439‑06 R.G.
in conclusione, risultato infondato in ogni sua parte deve rigettarsi.
Parimenti deve rigettarsi, stante
la infondatezza del precedente, il ricorso
18439/06bis, volto alla sospensione dell’efficacia esecutiva della decisione
impugnata con nel corso della discussione orale il Caridi abbia di ricorso
20544‑06, senza che rilevi che nel corso della discussione orale il
Caridi abbia dichiarato di rinunciare a tale ricorso.
Trattandosi, infatti,nella specie, di procedimento (quello relativo alla
sospensione dell’efficacia esecutiva della decisione impugnata) da trattarsi in
camera di consiglio, la rinunzia a norma dell’articolo 390, comma
1, doveva essere anteriore alla
richiesta del Pm.
Nessun provvedimento deve
adottarsi in ordine alle spese di lite di questo giudizio di legittimità non
avendo gli intimati svolto attività difensiva in
questa sede.
PQM
La Corte, riunisce i ricorsi e
li rigetta; nulla sulle spese del giudizio di cassazione.