Imprese ed Aziende

Thursday 11 September 2003

E’ illegittima la richiesta fatta dell’ ENEL alle imprese produttrici di energia di contribuire, oltre alle spese di allacciamento, anche alle spese per le infrastrutture preesistenti. Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, sentenza n

E illegittima la richiesta fatta dellENEL alle imprese produttrici di energia di contribuire, oltre alle spese di allacciamento, anche alle spese per le infrastrutture preesistenti

Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, sentenza n. 4910/2003

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n.5559/2002 proposto dall’E.N.E.L. Distribuzione s.p.a., rappresentato e difeso dagli Avv.ti Guido Greco e Paolo Gonnelli ed elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo in Roma, Via Tacito n.41;

contro

l’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato e domiciliata ex lege in Roma, Via dei Portoghesi n.12;

e nei confronti

– dell’Ambiente s.p.a., non costituita;

– dell’A.P.E.R. – Associazione Produttori Energia Fonti Rinnovabili, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Mario Bucello e Simona Viola ed elettivamente domiciliato in Roma, Viale Angelico n.103 presso l’Avv. Daniele Vagnozzi;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia, Sezione II di Milano, n.2027/2002 resa inter partes;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas e dell’A.P.E.R. – Associazione Produttori Energia Fonti Rinnovabili;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Alla pubblica udienza dell’8 aprile 2003 relatore il Consigliere Francesco Caringella. Uditi, altresì, l’Avv. Greco, l’Avv. Gonnelli, l’Avv. Bucello e l’Avv. Viola;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

1. Con il ricorso di primo grado Enel Distribuzione s.p.a., deducendo di esercitare in regime di concessione, ai sensi dell’art.1 d.lgs. 16 marzo 1999 n.79, le attività di distribuzione dell’energia elettrica e di vendita della stessa ai clienti vincolati, impugnava la deliberazione 5 luglio 2001 n.150/01 con cui l’Autorità per l’energia elettrica e il gas le aveva ordinato di “porre fine ai comportamenti lesivi” consistenti nel richiedere alle imprese produttrici che intendessero allacciarsi alla rete elettrica il versamento dei c.d. “oneri per le opere pregresse” e di “determinare gli oneri di allacciamento degli impianti di produzione alla rete elettrica applicando il provvedimento del Comitato interministeriale dei prezzi 29 aprile 1992, n. 6/92”.

A sostegno del gravame la ricorrente deduceva, con il primo motivo, che l’Autorità aveva adottato un provvedimento avente, nella sostanza, natura tariffaria senza rispettare le relative disposizioni procedurali, per di più errando nel richiamare gli artt.2, comma 12, lett. c, e 2, comma 20, lett. d, della l. n.481 del 1995 [1] cit., norme recanti l’attribuzione all’Autorità di potestà diverse fra loro con conseguente “non univocità” del provvedimento oggetto di impugnativa.

Enel Distribuzione denunciava, poi, l’arbitrarietà e l’erroneità della interpretazione del quadro normativo sulla cui base era stata assunta la determinazione censurata (II motivo).

A dire della ricorrente, l’Autorità aveva errato sia nel ritenere che la materia degli oneri di allacciamento degli impianti di produzione alla rete elettrica fosse disciplinata dal provvedimento Cip n.6/92 e dall’art.10 della “convenzione-tipo” prevista dall’art.22, comma 4, della legge 9 gennaio 1991, n. 9 [2], per la “cessione” dell’energia elettrica prodotta dagli impianti che utilizzano fonti di energia considerate rinnovabili o assimilate, convenzione approvata con decreto del Ministro dell’industria 25 settembre 1992, sia nel ritenere che da dette disposizioni si potesse desumere l’esclusione della possibilità di ricomprendere negli oneri di allacciamento da addebitare ai produttori intenzionati a collegarsi alla rete elettrica i costi delle “opere pregresse”, ossia delle “opere già anticipate dall’impresa produttrice”, rimanendo invece “a carico del soggetto produttore l’intera spesa necessaria per le sole nuove opere da realizzare”.

Doveva invece reputarsi operante, a dire della ricorrente, il principio della normale onerosità della prestazione, affermato sia dal legislatore (ad es. nell’art.12, comma 5, della legge 23 dicembre 1992, n.498) sia dalla giurisprudenza, in quanto principio idoneo a regolare anche il caso degli oneri per “opere pregresse”, consistenti, in altre parole, in costi effettivamente sopportati dalla concessionaria e non altrimenti compensati.

Enel Distribuzione, richiamato al riguardo il provvedimento del C.I.P. 14 dicembre 1993, n.15, recante al titolo IV, n. 7, l’espressa indicazione del computo delle opere pregresse negli oneri di allacciamento per le “utenze finali”, ne sosteneva, per quanto interessante gli utenti finali, l’applicabilità diretta – o quanto meno in via analogica – al caso concreto. Segnalava inoltre che tale provvedimento era già stato ritenuto applicabile dalla stessa Autorità, con nota del 19.10.1999, prot. AP/M99/1097, indirizzata all’Associazione Produttori Energia da fonti rinnovabili, anche ai nuovi allacciamenti dei produttori, per il che la ricorrente denunciava anche la contraddittorietà del provvedimento impugnato in relazione al precedente orientamento dell’amministrazione. A suffragio di tale ricostruzione Enel Distribuzione evidenziava come il dettato dell’art.2, comma 25, del d.lgs. n.79/99 cit., avesse ricompreso nella definizione di “utente della rete” anche i soggetti produttori di elettricità.

Nell’ambito del secondo motivo di gravame la ricorrente si doleva, ancora, della disparità di trattamento introdotta dalla determinazione sottoposta al vaglio giurisdizionale, non potendosi ammettere, per un verso, che l’utilizzo di impianti esistenti, in luogo della costruzione di nuovi impianti, venisse posto a carico dei terzi in modo disomogeneo, essendo la medesima prestazione fornita a titolo oneroso agli utenti-consumatori e a titolo gratuito agli utenti-produttori, e, per altro verso, che i produttori venissero discriminati in relazione alla tempistica dell’allacciamento.

Con l’ultimo mezzo di impugnativa la ricorrente censurava la deliberazione n.150/01 denunziando l’omessa considerazione dello scenario normativo e dei conseguenti assetti istituzionali e contrattuali derivanti dall’entrata in vigore (1° aprile 1999) del d.lgs. n.79/99 cit.: a partire dal 1° ottobre 1999 le reti di distribuzione di energia elettrica, divenute di proprietà della ricorrente, ricevevano energia elettrica non più a titolo di “cessione” sebbene a titolo di “vettoriamento” (essendo stata acquirente dell’energia dapprima Enel s.p.a. per il periodo 1.10.99-31.12.2000 ed essendolo poi divenuto il Gestore della rete di trasmissione nazionale a partire dall’1.1.2001), dovendosi pertanto applicare, quanto ai contributi relativi agli allacciamenti richiesti dopo l’1.10.99, la disciplina del titolo VIII, par. c), n.3, del provv. Cip n. 6/92 e dell’art.7 della convenzione-tipo di “vettoriamento” approvata con il citato d.m. 25.9.1992.

Con successivo atto notificato alle parti già intimate, Enel Distribuzione, presa cognizione della documentazione depositata dalla difesa erariale il 22 gennaio 2002 in vista della camera di consiglio fissata per la trattazione dell’istanza cautelare, formulava motivi aggiunti con cui si doleva, in particolare: della carenza di istruttoria inficiante la deliberazione n. 150/01, non validamente supportata da una pretesa e inattendibile “relazione tecnica” depositata in giudizio dalla parte pubblica (I motivo aggiunto); della erroneità dell’assunto dell’Autorità circa la non applicabilità al caso concreto del provv. Cip n.15/93 alla luce delle qualificazioni (linee di alta, media o bassa tensione) date da diversi provvedimenti, e ciascuno in relazione alle proprie finalità, delle linee elettriche gestite da Enel Distribuzione (II motivo aggiunto); della erroneità dell’assunto dell’Autorità sulla possibilità che la ricorrente acquistasse energia da produttori autonomi (III motivo aggiunto); del fatto che l’Autorità non avesse preso in considerazione le specifiche caratteristiche tecniche degli allacciamenti richiesti dai produttori autonomi, per la quasi totalità bidirezionali, e per i quali i produttori non pagherebbero alcun contributo di allacciamento come utenti (IV motivo aggiunto); della erroneità dell’assunto dell’Autorità circa il fatto che gli oneri per opere pregresse riguarderebbero tronchi di rete originariamente costruiti per l’allacciamento di altri produttori e da questi ultimi interamente pagati, atteso che, a dire dell’istante, nessuno aveva pagato per intero le linee di distribuzione in argomento, costruite per diverse finalità e remunerate con quota parte del costo proporzionale al rapporto tra capacità della linea e potenza della centrale di produzione (V motivo aggiunto).

Con la sentenza appellata i primi Giudici hanno respinto il ricorso.

Enel Distribuzione appella contestando gli argomenti posti a fondamento del decisum.

Resistono l’Autorità e l’A.P.E.R., Associazione produttori energia da fonti rinnovabili.

Le parti hanno affidato al deposito di memorie l’ulteriore illustrazione delle tesi difensive.

All’udienza dell’8 aprile 2003 la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1. Con la deliberazione n.150/01 del 5 luglio 2001, oggetto del presente gravame, l’Autorità per l’energia e il gas, reputando infondata, alla luce del sistema normativo e tariffario vigente nel settore elettrico, la pretesa di Enel Distribuzione di ottenere dai produttori che intendessero allacciarsi alla rete di distribuzione dell’energia elettrica la corresponsione, a titolo di contributi di allacciamento, dei c.d. oneri per le “opere pregresse”, consistenti in una quota del costo di un tratto della rete preesistente, ha inibito a essa Enel Distribuzione di continuare a chiedere il versamento di detti oneri.

Come riconosciuto pacificamente dalle parti costituite, l’Enel e, in seguito, alle trasformazioni dell’ente, Enel s.p.a. e, infine, Enel Distribuzione s.p.a., odierna ricorrente, hanno costantemente ritenuto che per accedere alla rete elettrica di distribuzione le aziende produttrici di elettricità, ove intendessero fruire di una linea già esistente e non già procedere alla costruzione di una nuova linea dedicata, dovessero sopportare, oltre ai costi delle opere necessarie all’allacciamento alla rete, anche una quota dei costi in precedenza sostenuti dall’Enel per l’installazione della linea, nel tratto compreso tra il punto di allacciamento del cliente e la stazione di trasformazione più vicina (cfr. lettera di chiarimenti di Enel Distribuzione all’Autorità del 25 giugno 2001).

A seguito di alcune segnalazioni di soggetti produttori di energia elettrica e di associazioni rappresentative degli stessi, l’Autorità, espletata l’istruttoria di cui alle premesse del provvedimento impugnato, ha ritenuto che tale contegno violasse la disciplina degli oneri di allacciamento degli impianti di produzione alla rete elettrica ed ha pertanto assunto la determinazione all’odierno esame, di cui la ricorrente ha chiesto l’annullamento denunciandone l’illegittimità sotto vari profili.

2. Con il primo motivo di appello Enel Distribuzione torna a dolersi della violazione del principio di tassatività delle potestà autoritative della pubblica amministrazione, stante la pretesa “non univocità” delle norme richiamate nel provvedimento impugnato in relazione alla concreta determinazione assunta, avente, a dire della ricorrente stessa, natura sostanzialmente tariffaria.

Sostene al riguardo che la delibera 150/2001 risulta adottata testualmente in forza dei poteri demandati all’Autorità in forza dell’art. 2, comma 12, lettera c), e dell’art.2, comma 20, lettera d), della legge 14 novembre 1995, n.481. Ebbene, proprio l’eterogeneità sostanziale dei poteri contemplati dalla fonti giuridiche poste a sostegno della determinazione inficerebbe quest’ultima sotto il profilo dell’equivocità del potere esercitato.

Ancora più radicalmente, poi, la circostanza che il provvedimento gravato abbia inciso su una materia in relazione alla quale, nel documento di consultazione del 10 marzo 1998, era stato preannunziato un intervento di stampo tariffario, metterebbe plasticamente in risalto la caratterizzazione sostanzialmente tariffaria della statuizione gravata e, con essa, l’illegittimità della procedura in ragione del mancato rispetto delle regole all’uopo stabilite.

Nel contestare le argomentazioni sviluppate dal primo Giudice, parte appellante sostiene inoltre che nella specie non sarebbe ravvisabile il presupposto fondamentale per l’emanazione di un provvedimento rientrante nella potestà di vigilanza dell’Autorità, dato dalla lesione dei principi di concorrenza e di trasparenza.

Conclude, infine, che la cessazione dei comportamenti lesivi dei diritti degli utenti può essere ordinata solo ove venga in rilievo l’incisione, nella specie non inveratasi, di diritti, normativamente sanciti, degli utenti medesimi, e non in presenza di una semplice interpretazione innovativa da parte dell’Autorità.

2.1. Il mezzo è infondato sotto tutte le angolazioni esplorate dall’appellante.

Giova ricordare che, ai sensi dell’art.2, comma 12, lettera c, della citata legge n.481/1995, l’Autorità “controlla che le condizioni e le modalità di accesso per i soggetti esercenti i servizi, comunque stabilite, siano attuate nel rispetto dei principi della concorrenza e della trasparenza, anche in riferimento alle singole voci di costo, anche al fine di prevedere l’obbligo di prestare il servizio in condizioni di eguaglianza, in modo che tutte le ragionevoli esigenze degli utenti siano soddisfatte”.

Per il comma 20, lettera d, del medesimo art.2, l’Autorità “ordina al soggetto esercente il servizio la cessazione di comportamenti lesivi dei diritti degli utenti”.

La lettura sinergica delle disposizioni riportate dimostra come con la prima di esse il legislatore abbia individuato le finalità dell’azione di controllo dell’Autorità mentre con l’altra abbia conferito a questa uno strumento per il concreto perseguimento delle stesse. Non si tratta, allora, di disposizioni che prevedano due diversi tipi di potestà amministrativa ma di prescrizioni che, dettando l’una gli scopi e l’altra lo strumento idoneo a perseguirli, si coordinano necessariamente in un quadro sostanzialmente unitario

Non è poi dubitabile la correttezza dell’assunto sostenuto dai primi giudici secondo cui l’Autorità, piuttosto che esercitare la potestà tariffaria di cui pure è astrattamente attributaria, ha adottato nel caso concreto un provvedimento rientrante nelle funzioni di vigilanza sul settore elettrico, imponendo ad un operatore di tale settore la cessazione di un comportamento contrastante con la normativa di riferimento siccome da essa Autorità interpretata.

Non persuade, poi, la tesi sostenuta dalla parte ricorrente secondo cui l’uniforme applicazione dei medesimi criteri ermeneutici da parte dell’ENEL Distribuzione escluderebbe in radice la lesione dei principi di concorrenza e di trasparenza, così come ancor meno convince la traiettoria difensiva tesa ad escludere l’incisione di diritti normativamente sanciti in capo agli utenti.

Sotto il primo profilo, è sufficiente replicare che la disponibilità della rete elettrica da parte dell’ex monopolista costituisce un’essential facility tale da determinare una posizione di dipendenza in testa a tutti gli operatori interessati ad accedere ad un’infrastruttura essenziale che si estende per tutti il territorio nazionale. Ne deriva che il subordinare l’accesso alla propria rete elettrica all’accettazione integrale ed incondizionata di preventivi di allacciamento particolarmente onerosi, e comunque irrispettosi dei vincoli derivanti da quadro normativo, integra condotta capace di ostacolare il processo di liberalizzazione dell’attività di generazione dell’energia elettrica e di frenare lo sviluppo di generazione di energia elettrica da fonti rinnovabili. La circostanza che detta condotta abusiva sia stata perpetrata in modo uniforme non costituisce certo causa esimente ma, per certi versi all’opposto, dimostra la diffusione della condotta oggetto dell’intervento repressivo.

Ancora, si deve ribadire che l’intervento del Garante non si pone in funzione costitutiva dei diritti degli utenti ma muove dall’interpretazione dei vincoli posti dalla normativa vigente e, quindi, dei dritti che questa riconosce agli utenti circa la determinazione di costi di allacciamento non eccedenti determinati tetti. Ne deriva che la statuizione amministrativa gravata in prime cure non esorbita dall’alveo, normativamente tracciato, della repressione di condotte violative di diritti sanciti in favore degli utenti. E’ quasi superfluo soggiungere che la pregressa omissione di un intervento proibitivo del Garante non costituisce, vista la funzione assolta nella specie, avallo della correttezza dell’operato dell’Enel né tanto meno preclusione di una successiva diversa opzione interpretativa, con i corollari che ne conseguono in chiave repressiva.

La Sezione deve poi convenire con il Primo giudice che non è ravvisabile la denunciata contraddittorietà del provvedimento impugnato con la nota del 19.10.1999, se solo si considera, per un verso, che detta ultima nota non fa parte del procedimento che ha portato all’adozione del provvedimento impugnato; e, sotto altro assorbente profilo, che essa non costituisce manifestazione di un orientamento dell’organo collegiale dell’Autorità, come tale idoneo a imporre un più penetrante onere motivazionale in caso di revirement.

Del pari non sussiste disparità di trattamento denunciata in primo grado. Acclarato, sulla base delle coordinate ermeneutiche che verranno in seguito sviluppate, che l’interpretazione, offerta dall’amministrazione resistente, delle disposizioni sopra riportate è giustificata sia sul piano testuale che su quello sistematico, si deve convenire che la doglianza si traduce, in buona sostanza, in una critica alla disciplina contenuta nel provvedimento Cip n.6/92, critica che, in quanto tale, esula dall’oggetto del giudizio.

3. Con il secondo ed il terzo motivo di appello, Enel Distribuzione torna a contestare funditus il presupposto giuridico della deliberazione impugnata.

Sul punto si deve rimarcare che mentre l’amministrazione resistente ha indicato quale normativa di riferimento per la determinazione degli oneri di allacciamento alla rete elettrica di tutti gli impianti di produzione di elettricità il provvedimento Cip n.6/92 e l’art.10 della “convenzione-tipo” prevista dall’art. 22, comma 4, della legge 9 gennaio 1991, n.9, per la cessione dell’energia elettrica prodotta dagli impianti che utilizzano fonti di energia considerate rinnovabili o assimilate, convenzione approvata con decreto ministeriale del 25 settembre 1992, l’appellante sostiene invece che ai rapporti con le imprese produttrici di elettricità andasse applicato il disposto del Cip n.15/93, essendo invece rimaste silenti sul punto le disposizioni poste dall’Autorità a sostegno dell’inibitoria.

Per essere precisi sul quadro offerto dalle due parti, si deve ricordare che secondo le norme del provv. Cip n. 6/92, e in particolare in base al titolo VII, lett. A (che, nell’ambito delle disposizioni per la “cessione” parla di “oneri per i nuovi collegamenti alla rete pubblica”), al titolo VIII, lettera C, punto 3, al titolo IX, lettera C, ed al titolo X, lettera A, punto 3 (che nell’ambito delle disposizioni rispettivamente per il “vettoriamento”, per lo “scambio” e per la “produzione per conto” si riferiscono agli “oneri di collegamento alla rete pubblica”), gli oneri di allacciamento da addebitare ai produttori intenzionati a collegarsi alla rete elettrica sarebbero soltanto quelli per le nuove opere da eseguirsi; per sua parte, l’art.10 della convenzione-tipo di “cessione” contempla espressamente gli oneri relativi alla opere “da realizzarsi”.

Di contro, il provvedimento Cip n. 15/93, innestandosi sul corpus costituito dal provvedimento Cip 30 luglio 1986 n.42, recante norme in materia di contributi di allacciamento alle reti di distribuzione dell’energia elettrica, ha previsto, al Capitolo IV, punto 7, per quel che qui rileva, che “nei casi di allacciamenti in alta tensione il contributo è fissato nella misura del 50% della spesa relativa” (1° comma), spesa che comprende (2° comma) “tutte le opere necessarie all’allacciamento, anche quelle già anticipate dall’impresa fornitrice”, cioè a dire le c.d. “opere pregresse”.

In particolare parte ricorrente, nel contestare il ragionamento svolto dall’Autorità e poi dai primi giudici, reputa che:

a) nella specie sarebbe applicabile il principio della remunerazione delle opere pregresse di cui al provvedimento CIP 15/1993;

b) anche a volere concludere nel senso della non applicabilità letterale di detta ultima normativa, verrebbe comunque in rilievo, stante il vuoto di una specifica normazione al riguardo e considerata l’inconferenza delle fonti richiamate dal provvedimento amministrativo impugnato in primo grado e dalla sentenza appellata, il principio generale della normale onerosità delle prestazioni, tale da implicare l’ascrizione in capo all’utenza di tutti i costi giustificati del pubblico servizio (art.117 decreto legislativo n.267/2000) al fine di garantire un equo profitto al gestore. Donde il precipitato della legittimità della traslazione dei costi relativi alle opere pregresse alle imprese produttrici che chiedano l’allacciamento alla rete.

Enel Distribuzione evidenzia inoltre che il provvedimento gravato non avrebbe tenuto conto dell’evoluzione del quadro normativo, dal momento che a partire dal 1° ottobre 1999 essa ricorrente, divenuta titolare della rete di distribuzione, svolgerebbe soltanto il servizio pubblico di distribuzione dell’elettricità, essendo divenuto un diverso soggetto acquirente della stessa. Ne deriva che gli allacciamenti richiesti ad Enel Distribuzione da produttori di energia elettrica successivamente alla data dell’1.10.99 dovrebbero essere qualificati come destinati al “vettoriamento”, piuttosto che alla “cessione”, con conseguente applicabilità semmai del Titolo VIII, lettera C, punto 3, del provv. Cip n.6/92 e dell’art.7 della convenzione-tipo per i contratti di “vettoriamento”.

3.1. Anche detti motivi di appello non meritano accoglimento.

Ai fini della ricostruzione del quadro normativo si deve rimarcare che le fattispecie di allacciamento alla rete di Enel Distribuzione delle imprese produttrici di elettricità – ossia, in altri termini, i rapporti tra imprese produttrici e impresa distributrice – sono regolate dalle disposizioni del provvedimento Cip n. 6/92.

Segnatamente, la lettera A del titolo VII provv. Cip n.6/92, espressamente dedicata alla disciplina degli “oneri di allacciamento”, stabilisce che il contributo consiste soltanto negli “oneri per i nuovi collegamenti”, escludendo ogni riferimento ad “opere già anticipate dall’impresa fornitrice”.

Questa dizione compare soltanto nel provvedimento Cip n.15/93, che è, all’evidenza, diretto a regolare una diversa categoria di rapporti, e cioè quelli tra impresa fornitrice (in origine l’Enel) e i soggetti consumatori di energia per uso proprio (poi definiti “clienti finali” dal d.lgs. n.79/99); e non è pertanto suscettibile di estensione analogica ad una fattispecie che incontra una specifica regolazione basata su di una diversa impostazione.

Il chiaro dettato della disposizione del provv. Cip n.6/92 induce perciò il Collegio a condividere l’opinione seguita dal Primo Giudice, a conferma dell’interpretazione offerta dall’Autorità con la deliberazione n.150/01, secondo cui l’eventuale intendimento normativo di estendere il contributo alle c.d. “opere pregresse” avrebbe necessitato di una precisazione nella specie mancata.

L’opzione ermeneutica ora esposta è suffragata dall’art.10 (consegna di energia dal produttore all’Enel) della convenzione-tipo di “cessione” approvata con il d.m. 25.9.1992, che rinvia al provvedimento Cip n. 6/92 per la determinazione degli oneri relativi alle opere “da realizzarsi”.

Si deve peraltro osservare, al fine di depotenziare le censure svolte da Enel Distribuzione al riguardo, che la convenzione-tipo è stata richiamata dall’Autorità soltanto per rafforzare l’interpretazione del provv. Cip n. 6/92, unico atto di esercizio del potere tariffario attribuito dagli artt.20 e 22 della l. n. 9 del 1991 al Comitato interministeriale prezzi e non al Ministero dell’industria.

3.2. Non appare neanche convincente la tesi (terzo motivo di primo grado e secondo in appello) secondo la quale il provvedimento gravato non avrebbe tenuto conto dell’evoluzione del quadro normativo, dal momento che a partire dal 1° ottobre 1999 la società ricorrente, divenuta titolare della rete di distribuzione, svolgerebbe soltanto il servizio pubblico di distribuzione dell’elettricità, essendo divenuto un diverso soggetto acquirente della stessa. Di qui, sempre a dire dell’appellante, il precipitato in forza del quale gli allacciamenti richiesti ad Enel Distribuzione da produttori di energia elettrica successivamente alla data dell’1.10.99 dovrebbero essere qualificati come destinati al “vettoriamento”, piuttosto che alla “cessione”, con conseguente applicabilità semmai del Titolo VIII, lettera C, punto 3, del provv. Cip n. 6/92 e dell’art. 7 della convenzione-tipo per i contratti di “vettoriamento”.

Il Collegio, facendo proprio il ragionamento svolto dai primi Giudici, osserva che, anche a voler accedere a questa ipotesi, prescindendo cioè dalla distinzione che l’amministrazione resistente ha operato con riguardo ai rapporti di Enel Distribuzione con le diverse aziende produttrici (secondo l’Autorità la società ricorrente continuerebbe e rivestire la posizione di acquirente di energia in relazione alle aziende che non producano o non abbiano intenzione di produrre energia elettrica da fonti energetiche rinnovabili), assume decisivo rilievo la circostanza che nella deliberazione impugnata si richiama espressamente anche il titolo VIII, lettera C, punto 3, del provvedimento Cip n. 6/92. Detta normativa, nell’ambito delle disposizioni per il “vettoriamento”, stabilisce che il contributo di allacciamento consiste negli “oneri di collegamento alla rete pubblica”, senza fare alcun riferimento alle “opere già anticipate dall’impresa fornitrice”, e cioè alle c.d. “opere pregresse” (l’art.7 della convenzione-tipo di “vettoriamento” rinvia, per la determinazione degli “oneri dei collegamenti”, alla disciplina del predetto titolo VIII, sicché si tratta di disposizione che non incide sulla tesi testé esposta).

Sintomatica appare la circostanza che la norma nel testo parli di oneri di collegamento e non di oneri di allacciamento, laddove, in modo univoco il concetto di collegamento evoca le sole opere che colmano la distanza tra l’impianto produttivo e la rete preesistente.

Irrilevante appare a questo punto la circostanza che i titoli successivi al VII non rievocano l’aggettivo “nuovi”. Detta circostanza, traguardata in forza del concetto di collegamento e rapportata alla previsione solo aliunde recata circa la copertura degli oneri per le opere pregresse, non appare indicativa della comprensione di opere anche non nuove ma si appalesa quale semplice espressione abbreviata dell’onere da determinare secondo i criteri specificati nel titolo VII ed in questo caso però addossato in toto in capo all’utente.

Non è chi non veda, poi, come un’opera di collegamento, vista la funzione assolta, non può che essere ex se nuova, in quanto diretta ad un collegamento con la rete preesistente; donde l’ontologica esclusione di opere preesistenti, presupposte ma non coincidenti con quelle dirette ad assicurare il collegamento.

Ne consegue che, anche se gli allacciamenti richiesti dovessero essere qualificati come destinati al vettoriamento, gli oneri addebitabili ai produttori intenzionati a collegarsi alla rete elettrica sarebbero soltanto quelli per le nuove opere da eseguire e non anche quelli per le opere pregresse.

3.3. L’assunto dell’inapplicabilità di una voce di costo non richiamata nella normativa specifica (provv. CIP n.6/1992) e dell’inestensibilità analogica delle prescrizioni dettate con riferimento ad altro settore (provvedimento CIP n.15/1993), è coerente con la considerazione di fondo per cui in un sistema di tariffe e contribuzioni puntualmente regolamentato dall’autorità pubblica la richiesta del rimborso di un costo nella specie relativo ad un’opera pregressa, necessita di una base normativa e non può essere imperniato sull’estensione analogica di una disposizione relativa a fattispecie diversa né, tanto meno, sull’autoregolazione o autotutela da parte del gestore sottoposto a regolazione tariffaria. La pur comprensibile aspirazione del gestore ad una congrua remunerazione del capitale, se azionata in un settore caratterizzato dalla regola tariffaria, non può in altri termini giustificare la trasformazione del gestore da regolato e regolatore e, quindi, condurre alla negazione radicale della regolazione terza in sede tariffaria.

Si deve soggiungere che il pur non dubitabile principio della remunerazione del capitale nel campo dei servizi di pubblica utilità non necessita della remunerazione dei costi delle opere pregresse da parte del produttore che chiede l’allacciamento, sulla base di un’interpretazione analogica volta a far assurgere a principio generale la regola dettata dalla citata delibera del 1993. Non si può infatti escludere che detta remunerazione sia comunque conseguita, in via indiretta, attraverso la percezione delle tariffe e dei contributi dovuti dall’utente per la fruizione del servizio; tariffe e contributi fissati all’esito dell’esercizio di una potestà autoritativa conferita dal legislatore al soggetto pubblico maggiormente idoneo a valutare l’assetto economico-finanziario.

L’applicazione di dette coordinate ermeneutiche al caso di specie comporta il riconoscimento della tassatività dei contributi e delle tariffe di accesso alla rete ed esclude in radice che la richiesta di copertura degli investimenti per la realizzazione della rete possa trovare soddisfazione con l’imposizione di un onere di allacciamento non previsto per le opere pregresse piuttosto che battendo la via maestra dell’esercizio del potere tariffario da parte dell’autorità competente.

Si deve cioè convenire che, in un sistema tariffario, il principio per cui gli utenti devono pagare anche gli investimenti infrastrutturali, logico corollario di una gestione economica ed efficiente alla quale è improntata la normativa comunitaria, trova la sua attuazione per il tramite dell’esercizio della potestà tariffaria; più semplicemente, il principio è rivolto esclusivamente all’autorità e non può essere tradotto in con concreto con l’esercizio del potere unilaterale del gestore della rete, id est mercè lo sfruttamento della sua posizione di forza data dalla disponibilità della rete necessaria per l’azione dei produttori sul mercato dell’energia elettrica. Rispetto agli utenti, per converso, non può che valere il principio più volte rammentato della tassatività del sistema tariffario.

La pretesa alla copertura dei costi infrastrutturali, anche ove si dimostri che un costo di adeguamento della capacità della rete sia necessario per ogni singola richiesta di allacciamento, va quindi azionata nei confronti dell’autorità in relazione ai provvedimenti tariffari che in ipotesi non assicurino copertura per detta voce di costo; non certo con un’azione diretta nei confronti degli utenti.

Il dato è stato in ogni tenuto in conto dall’Autorità, che nelle considerazioni del provvedimento in esame, è arrivata ad asserire (con proposizioni non censurate dalla ricorrente) che “lo sviluppo ed il potenziamento delle reti elettriche di trasmissione e distribuzione è assicurato dal sistema vigente di prezzi, tariffe e contributi relativi all’uso e all’accesso alle reti elettriche” (3° alinea), affermando, subito dopo, che “i proventi derivanti dalla corresponsione degli oneri di allacciamento degli impianti di produzione alla rete elettrica non dispiegano una significativa incidenza sul finanziamento delle predette attività di sviluppo e potenziamento” (4° alinea).

Il Collegio di prime cure ha poi correttamente rilevato che Enel Distribuzione non si è peritata di esternare, nella risposta alla richiesta di informazioni avanzata dall’Autorità (ma nemmeno in sede giudiziale), le specifiche modalità di determinazione delle somme chieste a titolo di oneri pregressi alle singole aziende produttrici di elettricità onde dimostrare la correlazione delle stesse con gli effettivi costi sostenuti per l’installazione e il mantenimento della singola linea cui il produttore chiede di allacciarsi.

3.5. Deve perciò concludersi che le norme surriferite del provv. Cip n.6/92, prevedendo soltanto che Enel Distribuzione abbia diritto ad ottenere gli oneri di allacciamento per le nuove opere da realizzarsi, escludano, per converso, la possibilità di ottenere, a titolo di contributi di allacciamento, gli oneri per le opere pregresse.

4. Con l’ultimo motivo di appello la parte ricorrente ripropone il secondo, il terzo motivo ed il quinto aggiunto svolti in prime cure e non esaminati dal Primo giudice perché ripetitivi dei motivi portati a corredo del ricorso originario.

La Sezione osserva invece che le argomentazioni svolte con detto motivo non contengono un quid novi sostanziale rispetto ai motivi prima analizzati ma si limitano ad un arricchimento delle argomentazioni innanzi sviluppate.

Segnatamente, alla luce dei rilievi prima svolti circa il differente ambito di operatività dei provvedimenti Cip nn.6/92 e 15/93, non appare conferente il dato, sottolineato con il secondo motivo aggiunto di primo grado, delle tipologie di linee (ad alta, media o bassa tensione) relative ai servizi in esame. Il dato discretivo è, infatti, rappresentato dalla circostanza che i provvedimenti CIP 6/1992 e 15/1993 concernono rapporti con utenze diverse, mentre non assume decisivo rilievo il tipo di linee all’uopo utilizzate.

Del pari, dalle argomentazioni prima tracciate circa il quadro normativo si deve escludere l’esattezza del rilievo svolto con il terzo motivo aggiunto di prime cure secondo la quale l’Autorità avrebbe assunto a fondamento della delibera 150/2001 “anche il convincimento che Enel Distribuzione possa rendersi cessionaria dell’energia prodotta da produttori autonomi e disciplinata dal provvedimento CIP 6/1992 e addirittura rivenderla a clienti idonei”.

Non merita positiva valutazione neanche il quinto motivo aggiunto di primo grado teso a denunciare il deficit istruttorio e motivazionale che affliggerebbe il provvedimento impugnato, essendo decisivo al fine di superare detti rimproveri il dato, fin qui evidenziato alla luce delle fonti di diritto oggettivo, della impossibilità per la ricorrente di addebitare ai produttori che richiedano l’allacciamento gli oneri relativi alle opere pregresse.

5. Le considerazioni che precedono impongono la reiezione dell’appello.

Sussistono tuttavia giusti motivi per la compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, respinge il ricorso in epigrafe indicato.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, l’8 aprile 2003, dal Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale – Sez.VI – nella Camera di Consiglio, con l’intervento dei Signori:

Mario Egidio SCHINAIA Presidente

Alessandro PAJNO Consigliere

Luigi MARUOTTI Consigliere

Carmine VOLPE Consigliere

Francesco CARINGELLA Consigliere Est.

Depositata in Segreteria il 3 settembre 2003