Tributario e Fiscale

Saturday 11 October 2003

E’ a carico del contribuente la dimostrazione della legittimità della detrazione dell’ IVA.

E’ a carico del contribuente la dimostrazione della legittimità della detrazione dell’IVA.

Cassazione – Sezione tributaria – sentenza 13 marzo-18 settembre 2003, n. 13605

Presidente Favara – relatore Monaci

Pm Fedeli – conforme – ricorrente ministero delle Finanze

Svolgimento del processo

La controversia ha per oggetto l’applicazione dell’avviso di rettifica emesso dall’Ufficio Iva di Latina per l’anno 1989 a carico del contribuente Monti Giovanni, titolare della ditta omonima.

Il contribuente aveva impugnato l’avviso asserendo che le fatture relative agli acquisti, e di cui era stata esposta l’Iva in detrazione, erano state oggetto di furto, ed il suo ricorso era stato accolto della commissione di primo grado, confermata, con sentenza in data 9 aprile-12 maggio 1998, dalla Commissione tributaria regionale del Lazio.

La pronuncia argomentava che l’onere della prova non poteva essere posto integralmente a carico totale del contribuente, ma anche dell’ufficio che attraverso le verifiche incrociate avrebbe potuto verificare l’attendibilità dei fatti; inoltre il contribuente avrebbe provato il furto con la denunzia effettuata al posto di polizia e la circostanza dell’avvenuta denunzia era stata confermata dal rappresentante dell’ufficio.

Il ministero delle Finanze ha proposto ricorso per cassazione, con un solo motivo, con ricorso notificato (rispettivamente, all’indirizzo del contribuente e presso il difensore domiciliatario) il 22 e il 24 giugno 1999.

Il contribuente intimato non si è difeso in questa fase.

Motivi della decisione

1. Con l’unico motivo di impugnazione l’Amministrazione finanziaria lamenta la violazione o falsa applicazione degli articoli 19, 54 e 55 del Dpr 633/72 e l’insufficiente motivazione.

Sostiene l’erroneità dell’assunto secondo cui l’onere di provare la detraibilità degli acquisti dichiarati dal contribuente non ricadrebbe integralmente su quest’ultimo, e graverebbe invece sull’ufficio l’onere di verificare l’attendibilità dei fatti esposti.

Soltanto una contabilità corretta faceva piena prova nei confronti dell’Amministrazione finanziaria per i fatti che vi erano esposti.

In caso in cui questa contabilità manchi spetta al contribuente, e non all’ufficio, dare la prova dei fatti esposti, secondo le normali regole in materia di onere della prova.

2. Il ricorso è fondato e merita accoglimento.

La sentenza è errata in linea di diritto.

L’onere della prova della esistenza del diritto della detrazione ricade, infatti, integralmente sul contribuente che la invoca, e non grava neppure in parte sull’ufficio.

Deve essere il contribuente, e non l’ufficio impositore, a fornire la prova delle circostanze addotte, sull’esistenza degli acquisti di beni e sull’acquisizione di servizi cui si riferirebbero le fatture non reperite, sull’effettivo pagamento dell’Iva passiva rispetto ad esse, sulla loro detraibilità (anche nel senso della riferibilità delle operazioni all’attività di impresa).

Ciò non impedisce, del resto, che, se si è effettivamente trovato privo delle fatture passive per causa di forza maggiore, il contribuente Iva possa ricostruirne il contenuto (per esempio acquisendo presso i fornitori copia delle fatture stesse oppure attestazioni di contenuto equivalente, dimostrando l’effettiva esistenza dei rapporti sostanziali relativi alle varie operazioni, ecc.).

È evidente, del resto, che, nel caso in cui siano possibili riscontri incrociati, è molto più facile per il contribuente interessato che per l’ufficio procurarsi la documentazione necessaria; né sussistono ragioni per addossare un simile onere all’ufficio stesso.

L’avvenuta denunzia alla polizia da parte del contribuente del furto delle fatture costituisce soltanto un elemento indiziario, e non una prova diretta, nel senso dell’esistenza del furto stesso.

Tanto meno può provare che le fatture sottratte fossero proprio quelle di cui si chiede la detrazione per quel che concerne l’Iva passiva, né, infine, che si trattasse di fatture relative ad acquisti di beni e di servizi inerenti all’attività di impresa.

Una denunzia di furto, in realtà, è di per sé insufficiente, specie se non è circostanziata (priva cioè dell’indicazione precisa delle singole fatture e del loro contenuto specifico), né la pronunzia impugnata precisa che fosse tale la denunzia presentata dal signor Monti.

3. Ogni altra argomentazione difensiva successiva rimane assorbita.

Concludendo, il ricorso deve essere accolto, e la sentenza cassata.

La causa deve essere rinviata, per un nuovo esame alla luce dei principi di diritto esposti in questa motivazione, ad altra sezione della stessa Commissione tributaria regionale del Lazio, che provvederà anche alla regolazione delle spese del giudizio.

PQM

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale del Lazio.