Civile

Tuesday 09 December 2003

Diritto d’ autore e requisiti per la tutela delle opere dell’ ingegno. Corte di cassazione – Sezione I civile – Sentenza 11 novembre 2003, n. 16919

Diritto dautore e requisiti per la tutela delle opere dellingegno

Corte di cassazione – Sezione I civile – Sentenza 11 novembre 2003, n. 16919

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Butti ed Assicurati sas (Ba) si rivolgeva con istanza cautelare al pretore di Firenze contro la srl Gigli e Meglio (Gm) chiedendo un provvedimento di inibitoria relativo ai messaggi pubblicitari pubblicati dalla predetta. Tali messaggi erano stati da essa istante prodotti per conto di Gm in base ad un contratto regolarmente onorato e poi scaduto. Sosteneva che le fotografie realizzate e l’idea pubblicitaria, data la predetta avvenuta scadenza del contratto, dovevano ormai essere considerati rientranti nel suo esclusivo diritto di autore e dunque non sfruttabili da parte della ex committente.

Il pretore dava il provvedimento richiesto ritenendo che i bozzetti, prodotti dalla Ba in esecuzione di una campagna pubblicitaria realizzata su commissione della Gm, rientrassero nel diritto di autore della ricorrente.

La Gm riassumeva il giudizio davanti al Tribunale di Firenze chiedendo la revoca del provvedimento urgente ed il riconoscimento del suo diritto di utilizzazione del bozzetto pubblicitario oggetto della contesa in quanto committente l’opera e dunque acquirente della stessa al momento in cui il contratto di pubblicità era stato eseguito.

Il Tribunale confermava l’inibitoria e condannava Gm al risarcimento dei danni nei confronti della Ba.

Riteneva che la promozione pubblicitaria non rientra nella protezione del diritto di autore, e che peraltro i bozzetti in questione non possedevano i requisiti di creatività tali da farli assurgere comunque alla tutela stessa. Pertanto riteneva, dal momento che il contratto tra le parti aveva avuto ad oggetto la cura di una intera campagna pubblicitaria, e che la prestazione suddetta ora a termine e non prevedeva alla scadenza la cessione al committente della idea pubblicitaria, che quest’ultima era rimasta nel patrimonio della Butti che poteva pertanto riutilizzarla.

La Gm proponeva appello sostenendo di avere acquistato in base al contratto d’opera intellettuale una idea pubblicitaria con relativo diritto di riprodurla e diffonderla in quanto strumento della sua azienda. Resisteva e proponeva appello incidentale la Ba sostenendo la creatività e la originalità dell’opera costituita dai bozzetti pubblicitari da essa realizzati e dunque la loro autonoma proteggibilità. La Corte di Firenze confermava la prima sentenza respingendo entrambe le impugnazioni.

Il secondo giudice riteneva che tra la Ba e la Gm era stato concluso un contratto verbale atipico riconducibile allo schema del contratto d’opera, in base al quale la Ba doveva creare uno o più bozzetti pubblicitari e curarne la pubblicazione su riviste del settore della parrucchieria, controllandone la qualità all’interno di una intera campagna pubblicitaria. Pertanto, poiché l’oggetto del contratto non era limitato alla creazione del bozzetto pubblicitario, il quale ben avrebbe potuto formare oggetto di cessione, ma invece era costituito da una attività retribuita complessivamente, alla cessazione del contratto per scadenza del termine ora cessato per Ba l’obbligo di prestazione e parimenti per Gm l’obbligo di corrispondere la provvigione. Conseguentemente Gm, committente, non poteva continuare ad usufruire della separata creazione pubblicitaria, ovvero dei bozzetti, costituendo questi una parte dell’oggetto del contratto e non potendo essere assimilati al cosiddetto materiale commissionato che nella disciplina del contratto d’opera al momento della cessazione del rapporto passa, salva diversa pattuizione, in proprietà del committente. Sul punto peraltro, osserva la sentenza in esame, era mancata la prova da parte di Gm di siffatta diversa pattuizione. Pertanto il secondo giudice confermava la sentenza del tribunale ritenendo che alla Ba doveva essere riconosciuta la provvigione pattuita per tutto il periodo in cui Gm aveva utilizzato la pubblicità da essa Ba ideata, mentre escludeva ogni risarcimento relativo al periodo in cui secondo Ba la Gm avrebbe sfruttato, sempre a contratto scaduto, la pretesa idea pubblicitaria della Ba in modo parassitario. Ciò in quanto l’uso accertato come illegittimo da parte di Gm della pubblicità in questione era stato pienamente sanzionato dalla inibitoria. Non si configura infatti, secondo la Corte di merito, lo sfruttamento parassitario a danno di una impresa operante in tutt’altro mercato rispetto a quello in cui opera la pretesa autrice dello sfruttamento.

Contro questa sentenza ricorre per cassazione con due motivi la Gm.

Resiste e spiega ricorso incidentale la Ba.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. I ricorsi vanno riuniti.

2. Con il primo motivo di ricorso Gm lamenta la motivazione omessa, contraddittoria ed insufficiente sul punto decisivo della controversia costituito dalla natura giuridica del rapporto tra le parti, che la Corte di merito ha ritenuto atipico e rientrante nello schema del contratto d’opera. Dalla predetta errata definizione il giudice del merito ha tratto la conclusione della esclusione della protezione spettante all’opera di autore, in ciò contraddicendosi avendo già riconosciuto a Ba il diritto esclusivo allo sfruttamento dei bozzetti pubblicitari realizzati.

2a. Con il secondo motivo che è connesso al primo, e va pertanto esaminato insieme ad esso, la Gm lamenta la violazione e la errata applicazione di norma di diritto in materia di contratto d’opera. Sostiene che il contratto d’opera assume una efficacia reale e che pertanto produce un affetto traslativo dell’opera realizzata per conto del committente. Da ciò deduce che la Corte d’appello avrebbe dovuto accertare che il diritto allo sfruttamento dei bozzetti pubblicitari realizzati da Ba in esecuzione del contratto con Gm si era trasferito a quest’ultima, e che sarebbe spettato se mai a Ba di provare una eventuale pattuizione contraria.

2b. Osserva la Corte che in via di principio dove essere distinta, ai fini di una eventuale proteggibilità, la attività di pubblicità genericamente intesa e comportante una serie di atti astrattamente anche producenti opere dell’ingegno, dalla produzione di un bozzetto pubblicitario, opera questa che la giurisprudenza della Corte suprema, dalla quale il collegio non ha motivo per discostarsi, considera proteggibile ai sensi e sui presupposti di cui agli artt. 1 e 2 della l. 633/1941 (Cassazione, 3390/2003).

Nel caso di specie pertanto bene la sentenza impugnata ha distinto la situazione giuridica del bozzetto da quella della complessa attività commissionata alla Ba da parte di Gm.

La Corte di merito ha accertato che le parti contrattuali ebbero a pattuire la realizzazione di una campagna pubblicitaria includente la eventuale realizzazione di fotografie. Queste pertanto, secondo la ricostruzione del giudice del merito, non furono considerate a parte bensì integrarono il complesso di attività dirette a realizzare la campagna. E tale conclusione non merita le censura che il ricorrente dedica alla motivazione della sentenza impugnata.

La sentenza impugnata, infatti, si preoccupa di chiarire che la istruttoria testimoniale ha fatto emergere che Ba avrebbe dovuto curare la ideazione degli annunci pubblicitari, la elaborazione dei testi, la cura della loro pubblicazione che includeva la impaginazione e la tecnica degli slogans, il controllo attraverso i contatti con gli editori di tutto ciò che, impattando la percezione del pubblico, contribuiva a creare la immagine aziendale perseguita. All’interno della pattuizione non venne previsto, ha accertato la Corte di merito, uno specifico regime riguardante taluno degli assetti particolari nei quali la idea del pubblicitario veniva a realizzarsi. La motivazione impugnata dunque indica diligentemente le ragioni delle sue conclusioni e la fonti istruttorie delle stesse cosi da far individuare un percorso logico del tutto coerente.

Alla luce di tale ricostruzione cadono sia la doglianza di contraddittorietà innanzi sintetizzata e sia quella di violazione di legge che viene esposta al secondo motivo con riferimento alle regole del contratto d’opera.

2c. Osserva il collegio che il contratto d’opera può avere quale oggetto il compimento di un opus materiale, nel qual caso si pone il problema dell’effetto traslativo benché esso non operi automaticamente come sembra ritenere il ricorrente, ma invece necessita comunque della approvazione del committente (Cassazione, 11067/1994).

La legge peraltro nello stesso schema conosce la figura del contratto d’opera intellettuale, ed a questo si è riferita la sentenza impugnata laddove ha accertato che le parti non pattuirono puramente e semplicemente la realizzazione di bozzetti in sé considerati, ma, s’è detto, la realizzazione di una campagna che prevedeva la necessità, tra l’altro, di realizzare e pubblicare fotografie. È ben vero che una attività siffatta, ancorché avvenga mediante la creazione di vere e proprie opere materiali, quali possono essere i supporti di un lavoro fotografico o editoriale, non fa perdere l’eventuale carattere di opera dell’intelletto, ma a parere del collegio è del tutto evidente che proprio tale caratterizzazione il giudice del merito ha inteso negare laddove, senza contraddirsi, ha ripetuto l’affermazione del primo giudice circa la mancanza nelle pubblicazioni pubblicitarie di un carattere creativo (foglio 6), utilizzata per l’appunto sostenere la affermazione di una piena ordinarietà del materiale di cui si tratta rispetto ad una campagna pubblicitaria basata anche sulle riproduzioni di oggetti necessari alla attività da reclamizzare.

In definitiva l’autonomia ed il conseguente rilievo autonomo dei bozzetti rispetto alla attività complessivamente commessa al prestatore di opera, ovvero la loro pretesa qualità di opera oggetto del contratto, avrebbero richiesto, perché ne fosse individuato un distinto regime di sfruttamento ulteriore alla vigenza del contratto di opera intellettuale, la prova, che non è stata data, di un apposita pattuizione di riserva in favore del committente. Gm dunque utilizzando quel materiale senza pagare Ba ha in realtà continuato a servirsi dell’opera di Ba e non invece, come pretende, di singole opere appositamente commissionate come tali, oltre il termine stabilito convenzionalmente.

Esattamente la Corte di merito ha ritenuto pertanto che essa fosse debitrice del compenso, fissato in una quota di quello contrattualmente previsto a suo tempo.

I due motivi sono infondati.

3. Con il ricorso incidentale Ba lamenta la violazione dell’art. 1 della l. 633/1941 conseguente al mancato riconoscimento del risarcimento dei danni seguiti all’accertato uso illegittimo da parte di Gm delle fotografie realizzate da essa Ba, sul rilievo erroneo della mancata prova del pregiudizio e della sufficienza quale misura riparatoria della concessa inibitoria e del riconoscimento delle provvigioni. Ba sul punto rileva che le opere fotografiche che si caratterizzano per originalità e creatività sono protetto dal diritto di autore, anche nei suoi riflessi patrimoniali.

3a. Osserva la Corte che non viene in rilievo la sicura proteggibilità dell’opera fotografica, sotto il profilo del diritto di autore quando questa abbia i caratteri dell’opera dell’ingegno. Infatti la Corte di merito non ha affatto negato una tale astratta proteggibilità.

L’appellante incidentale infatti, oggi ricorrente incidentale, aveva fatto valere una prospettazione dell’affermato illecito che valorizzava una condotta parassitaria di Gm la quale utilizzava parte della fotografie realizzate da Ba in esecuzione del contratto d’opera di pubblicità dopo della sua scadenza.

Aveva cioè allegato ciò che definiva un comportamento di mercato parassitario.

La Corte di merito ha ritenuto insussistente nella specie siffatto illecito, in quanto non configurabile nel rapporto tra imprese che svolgono attività commerciali diverse.

Osserva ancora il collegio che un comportamento di tipo parassitario, ovvero imitativo della condotta di mercato del concorrente, ancorché non necessariamente integrante un illecito confusorio da imitazione è in via di principio configurabile sul presupposto di un rapporto di concorrenza tra le imprese in questione. Dunque in via di principio non si configura tra l’impresa che fornisce servizio pubblicitario e la impresa sua cliente che svolge l’attività da pubblicizzare. Pertanto la relativa affermazione della sentenza impugnata non merita censure.

Sembra peraltro che la sentenza in esame abbia utilizzato tale argomentazione anche per negare la esistenza di un pregiudizio ulteriore a quello riconosciuto e parametrato al valore delle provvigioni non riscosse.

La Corte fiorentina non ha negato la risarcibilità del danno conseguente all’uso fuori contratto di strumenti che avevano realizzato la conclusa collaborazione, ma piuttosto un risarcimento ulteriore rilevando che sul punto Ba non ha dato la prova, su di essa incombente, del pregiudizio, per l’appunto ulteriore, a quello risarcito nella misura di cui è stata motivata la congruità. La pretesa insufficienza di tale misura avrebbe dovuto esser rigorosamente provata. Il motivo è infondato.

4. I due ricorsi vanno rigettati. La reciproca soccombenza giustifica la compensazione delle spese del giudizio.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta. Compensa le spese del giudizio.