Lavoro e Previdenza
DIPARTIMENTO PER LE RIFORME E LE INNOVAZIONI NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – UFFICIO PERSONALE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI SERVIZIO MOBILITA’ – CIRCOLARE N. 4/2008 – Roma, lì 18 aprile 2008 – OGGETTO: Legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria 2008)
DIPARTIMENTO PER LE RIFORME E LE
INNOVAZIONI NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – UFFICIO PERSONALE PUBBLICHE
AMMINISTRAZIONI SERVIZIO MOBILITA’ – CIRCOLARE N. 4/2008
– Roma, lì 18 aprile 2008 – OGGETTO: Legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge
finanziaria 2008) – Linee guida ed indirizzi in materia di mobilità.
Premessa.
La legge 24 dicembre 2007, n. 244
(legge finanziaria 2008) introduce alcune novità in tema di assegnazioni
temporanee e di mobilità del personale. Il quadro normativo generale rimane
caratterizzato da un particolare favore riservato all’istituto della mobilità
quale strumento per conseguire una più efficiente distribuzione organizzativa
delle risorse umane nell’ambito della pubblica amministrazione globalmente intesa,
con significativi riflessi sul contenimento della spesa pubblica, nonché
sull’effettività del diritto al lavoro quale diritto costituzionalmente
garantito. Anche a riscontro dei numerosi quesiti proposti dalle
amministrazioni, appare opportuno fornire alcuni chiarimenti dedicati alla
disciplina generale della mobilità, oltre che alla normativa contenuta nella
legge finanziaria vigente.
1. L’assegnazione temporanea: le
novità introdotte dall’articolo 3, comma 79.
L’articolo 3, comma 79, della
legge n. 244 del 2007, ha
sostituito l’articolo 36 del decreto legislativo n. 165 del 2001 intervenendo a
mutare la disciplina relativa al ricorso alle tipologie di lavoro flessibile
nelle pubbliche amministrazioni. I primi quattro commi del nuovo articolo 36
così dispongono: "1. Le pubbliche amministrazioni assumono esclusivamente
con contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato e non possono
avvalersi delle forme contrattuali di lavoro flessibile previste dal codice civile
e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa se non per
esigenze stagionali o per periodi non superiori a tre mesi, fatte salve le
sostituzioni per maternità relativamente alle autonomie territoriali. Il
provvedimento di assunzione deve contenere l’indicazione del nominativo della
persona da sostituire. 2. In
nessun caso è ammesso il rinnovo del contratto o l’utilizzo del medesimo
lavoratore con altra tipologia contrattuale. 3. Le amministrazioni fanno fronte
ad esigenze temporanee ed eccezionali attraverso l’assegnazione temporanea di
personale di altre amministrazioni per un periodo non superiore a sei mesi, non
rinnovabile." 4. Le disposizioni di cui ai commi
1, 2 e 3 non possono essere derogate dalla
contrattazione collettiva." Tali previsioni sono finalizzate a ribadire la
regola generale del ricorso a rapporti di lavoro subordinato a tempo
indeterminato nelle pubbliche amministrazioni, riconducendo i rapporti di
lavoro a tempo determinato alle sole esigenze della assoluta temporaneità (tre
mesi) e del picco produttivo (stagionalità) e si collocano in un disegno
normativo, tracciato dalla legge finanziaria per il 2008, rivolto ad un
significativo contenimento del ricorso all’assunzione di personale con
contratti di lavoro flessibile. Da quanto evidenziato deriva,
pertanto, la necessità di effettuare una interpretazione sistematica del
novellato articolo 36, leggendo la disposizione contenuta nel comma 3 in coerenza con il disposto
del comma 1. Essa, infatti, assolve la funzione di contemperare gli effetti del
ridimensionamento del ricorso a rapporti di lavoro flessibile attraverso la individuazione di un nuovo istituto che si aggiunge a
quelli già codificati dall’ordinamento, attraverso il quale le amministrazioni
hanno la possibilità di richiedere l’utilizzo di personale ad altri datori di
lavoro pubblici temporaneamente – non più di sei mesi non rinnovabili – ed
eccezionalmente, laddove non sia possibile utilizzare altre forme di lavoro
flessibile. Ulteriormente il legislatore afferma che per le esigenze
individuate nei commi 1 e 3 le amministrazioni possono
utilizzare solo gli istituti ivi indicati e con le modalità ivi contenute,
stabilendo che la contrattazione collettiva non può derogare a tali previsioni.
Appare pertanto opportuno chiarire che l’intervento normativo in questione non
ha inteso innovare o ridisciplinare il comando od altri analoghi istituti, già
previsti e che comunque sono regolati da specifiche disposizioni di legge o dai
contratti collettivi nazionali, bensì ha inteso introdurre un nuovo strumento
di flessibilità organizzativa in un quadro normativo generale di forte
contenimento degli istituti di lavoro flessibile. Si evidenzia inoltre che alla
straordinarietà ed all’urgenza che sottendono il ricorso a tale nuovo istituto
dovrebbe corrispondere una celerità di espletamento delle procedure di
assegnazione temporanea da parte dell’amministrazione di appartenenza dei
dipendenti richiesti, onde non vanificare la natura stessa dell’assegnazione.
Conseguentemente ogni diniego di nulla osta all’utilizzo di tale personale
potrà essere sostenuto solo da motivazioni analoghe, insistenti sugli stessi
elementi di straordinarietà ed urgenza, comprovate dai documenti di
programmazione triennali ed annuali del fabbisogno. In ogni caso, come già
evidenziato, l’assegnazione temporanea è uno strumento, previsto dalla legge o
dalla contrattazione collettiva, diretto a soddisfare esigenze temporanee.
Qualora tali esigenze dovessero divenire permanenti
occorre procedere nell’ambito della programmazione dei fabbisogni
all’inquadramento del personale utilizzato.
2. Il principio del previo
esperimento delle procedure di mobilità.
Dal complesso delle disposizioni
che governano i processi di mobilità di personale nella pubblica amministrazione
si enuclea il principio del "previo esperimento delle procedure di
mobilità", che privilegia l’acquisizione di risorse umane tramite la
mobilità rispetto alle ordinarie misure di reclutamento e che può affiancarsi
ai principi generali indicati dall’articolo 1, comma 1,
lettere a), b) e c), nonché dall’articolo 6, comma 1, del decreto legislativo
n. 165 del 2001, cui debbono conformarsi le pubbliche amministrazioni in
termini di efficienza, razionalizzazione del costo del lavoro, migliore
utilizzazione delle risorse umane. Tale principio si ricava sostanzialmente dal
complesso delle disposizioni che regolano il regime delle assunzioni, fra cui
in primo luogo l’articolo 39 della legge n. 449 del 1997, ed in particolare il
comma 3-ter, il quale ha disposto che al fine di garantire la coerenza con gli
obiettivi di riforma organizzativa e riqualificazione funzionale delle
amministrazioni interessate, le richieste di autorizzazione ad assumere debbono
essere corredate da una relazione illustrativa dalla quale si evinca
l’impraticabilità di soluzioni alternative legate all’attivazione di procedure
di mobilità. Le successive disposizioni che richiamano l’obbligo del previo
esperimento delle procedure di mobilità assumono una valenza ricognitiva di un
principio affermato chiaramente dall’ordinamento e rispetto al quale la Corte Costituzionale
ha ravvisato la qualità di criterio di organizzazione dettato dal legislatore
statale per governare i processi di acquisizione del personale al fine di
contenere la spesa corrente (sentenze n. 390 del 2004, n. 388 del 2004 e n. 88
del 2006). A sua tutela è intervenuto poi il legislatore con la novella
dell’articolo 30, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 (ex articolo
16, comma 1, lett. b), della legge n. 246 del 2005), che ha comminato la
nullità degli accordi, degli atti o anche delle clausole dei contratti
collettivi volti ad eludere, per l’appunto, l’applicazione del principio del
previo esperimento delle procedure di mobilità rispetto al reclutamento di nuovo
personale. Al riguardo, deve segnalarsi che il contratto collettivo nazionale
2006/2009 del Comparto Ministeri, all’articolo 26, nel definire, a norma
dell’art. 30 del decreto legislativo n. 165 del 2001 dianzi citato, le
procedure e i criteri generali per l’attuazione dell’istituto, ha previsto che
"nel quadro di meccanismi che favoriscono la mobilità fra sedi ed
amministrazioni diverse, periodicamente le amministrazioni pubblicano bandi di
mobilità, anche al fine di consentire, prioritariamente l’assorbimento del
personale coinvolto nei processi di trasformazione, soppressione e riordino di
altre pubbliche amministrazioni." Il sistema si
completa con le disposizioni recate dall’articolo 5, comma 1-quater, del
decreto legge n. 7 del 2005 (convertito dalla legge n. 43 del 2005), che ha
aggiunto il comma 2-bis all’art. 30 citato, sull’obbligo che hanno le
amministrazioni di procedere, prima di attivare le procedure concorsuali per la
copertura delle vacanze in organico, all’immissione in ruolo dei dipendenti, provenienti
da altre amministrazioni, e collocati presso di esse
in posizione di comando o fuori ruolo che facciano domanda di trasferimento.
Queste previsioni sottolineano l’intento del legislatore di garantire una più
efficiente allocazione delle risorse umane quando si
ricorre ad istituti tipicamente temporanei per corrispondere ad esigenze
durature. Occorre pertanto definire queste situazioni di incertezza, che si
verificano tutte le volte in cui, a prescindere dai limiti posti dalla
contrattazione, la durata dell’utilizzo di personale supera la programmazione
triennale del fabbisogno. Proprio per gli aspetti ora evidenziati la mobilità
non può soddisfare l’adeguato accesso dall’esterno per concorso pubblico perché
risponde al principio costituzionale di buon andamento, che si concretizza
nella migliore distribuzione delle risorse umane; l’istituto pertanto si
colloca a monte di tutte le altre procedure finalizzate alla provvista di
personale. Le concrete modalità di attuazione del previo esperimento delle
procedure di mobilità possono essere ricondotte ai bandi di mobilità che le
amministrazioni possono predisporre, dando adeguata pubblicità, anche tramite
pubblicazione nella Gazzetta ufficiale, e fissando procedure e criteri nel
rispetto delle previsioni vigenti in tema di relazioni sindacali, per coprire
le vacanze di organico e soddisfare i fabbisogni di personale sulla base della
rilevazione annuale prevista dall’articolo 6, comma 1, del decreto legislativo
n. 165 del 2001.
3. Regime delle assunzioni e
procedimenti di mobilità di personale tra amministrazioni appartenenti a
comparti diversi (c.d. mobilità "intercompartimentale").
La mobilità di personale tra
amministrazioni appartenenti a comparti diversi (c.d. mobilità
"intercompartimentale") è regolata dalle disposizioni contenute
nell’articolo 1, comma 47, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, che così
recita: "In vigenza di disposizioni che stabiliscono un regime di
limitazione delle assunzioni di personale a tempo indeterminato, sono consentiti
trasferimenti per mobilità, anche intercompartimentale, tra amministrazioni
sottoposte al regime di limitazione, nel rispetto delle disposizioni sulle
dotazioni organiche e, per gli enti locali, purché abbiano rispettato il patto
di stabilità interno per l’anno precedente". Questa disciplina, che
consente la mobilità intercompartimentale all’interno dei due diversi blocchi
delle amministrazioni soggette a regimi di limitazione delle assunzioni e di
quelle non soggette a limitazioni, garantisce la necessaria neutralità della mobilità sugli equilibri economico-finanziari ed
impedisce che essa sia esperita come leva per nuove assunzioni di personale. In
proposito, appare opportuno ricordare che la mobilità di personale non può
essere considerata cessazione: a seguito del trasferimento
infatti, il rapporto di lavoro prosegue con un altro datore di lavoro e
dunque l’amministrazione cedente può solo beneficiare dell’avvenuta cessione
del contratto in termini di risparmio di spesa e di razionalizzazione degli
organici, mentre la spesa permane in termini globali. Ciò significa che occorre
operare una distinzione fra cessazione in un’ottica aziendale e cessazione come
economia di spesa per l’intero settore pubblico; distinzione in base al quale
il legislatore ha costruito la disciplina vigente in tema di assunzioni.
Pertanto, la cessazione per mobilità non può essere considerata utile ai fini
delle assunzioni vincolate alle cessazioni verificatesi nell’anno precedente.
Tanto premesso e ricordato che la verifica sul libero espletamento dei
procedimenti di mobilità intercompartimentale dipende,
ai sensi del precitato art. 1, comma 47, della legge n. 311/2004, dal regime
vigente per le nuove assunzioni di personale nelle pubbliche amministrazioni,
diversamente regolato dalle leggi finanziarie, per gli anni 2008 e 2009 debbono
ritenersi soggette a regime limitativo le amministrazioni indicate nel comma
523 dell’articolo unico della legge 27 dicembre 2006, n. 296 e, dunque, le
amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, incluse
le agenzie fiscali, di cui agli articoli 62, 63 e 64 del decreto legislativo n.
300 del 1999, gli enti pubblici non economici e gli enti di cui all’articolo
70, comma 4, del decreto legislativo n. 165 del 2001. Analoga considerazione
vale per gli Enti di ricerca i quali, ai sensi del
comma 643 dell’articolo unico della legge n. 296 del 2006, per il biennio
2008/2009, possono procedere ad assunzioni di personale con rapporto di lavoro
a tempo indeterminato entro il limite dell’ottanta per cento delle proprie
entrate correnti complessive, come risultanti dal bilancio consuntivo dell’anno
precedente, purché entro il limite delle risorse relative alla cessazione dei
rapporti di lavoro a tempo indeterminato complessivamente intervenute nel
precedente anno. Per gli enti non sottoposti al patto di stabilità interno
(province e comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti) permane un
regime limitativo considerata la formulazione del comma 562 dell’articolo 1
della legge n. 296 del 2006, salvo che gli stessi non si avvalgano
della deroga introdotta dalla legge finanziaria 2008, finalizzata a consentire
una maggiore flessibilità per garantire esigenze istituzionali inderogabili.
Nella medesima situazione si trovano, infine, le camere di commercio,
industria, artigianato ed agricoltura che, ai sensi dell’articolo 3, comma 116,
della legge n. 244 del 2007, possono procedere a nuove assunzioni entro limiti
puntualmente individuati dalla norma con riferimento alle risultanze degli
indici di equilibrio economico-finanziario. Viceversa per gli enti sottoposti
al rispetto del patto di stabilità interno (regioni, province autonome di
Trento e di Bolzano, province e comuni con popolazione superiore a 5.000
abitanti) il comma 557 dell’articolo 1 della legge n. 296 del 2006, ha indicato il solo
obiettivo della riduzione della spesa per il personale, sempre nell’ambito dei
limiti riconducibili al rispetto del patto di stabilità interna, abrogando
espressamente, tra le altre, le disposizioni di cui all’articolo 1, comma 98,
della legge n. 311 del 2004, sui vincoli assunzionali per le medesime.
Disposizioni sostanzialmente analoghe sono state previste per gli enti del
Servizio sanitario nazionale dall’articolo 1,comma
565, della predetta legge n. 296 del 2006. Per quelli afferenti alle Regioni
soggette all’attuazione dei piani di rientro dal disavanzo sanitario occorre
tuttavia considerare, fini della presente circolare, l’eventuale previsione,
nell’ambito di tali piani, di misure limitative delle assunzioni. In tale
ipotesi il trasferimento per mobilità di personale proveniente da altre regioni
e/o comparti può ritenersi attuabile solo se compatibile con gli obiettivi
finanziari previsti in materia di personale dai suddetti piani. Occorre, poi,
ricordare che non sono soggetti a regime di limitazione delle assunzioni le
Università, le Istituzioni di alta formazione e specializzazione artistica e
musicale gli Ordini e Collegi professionali, nonché il personale del comparto
Scuola. Tutto ciò considerato, per gli anni 2008 e 2009 può attuarsi la
mobilità intercompartimentale di personale dalle amministrazioni non soggette a
vincoli assunzionali, solo se autorizzata ai sensi dell’articolo 39, comma
3-ter, della legge n. 449 del 1997, poiché, in tal caso, si tratta a tutti gli
effetti di una nuova assunzione.
4. Gli accordi di mobilità: le
disposizioni previste dalla legge finanziaria per il 2008.
Anche al fine di ovviare alle
problematiche dianzi esaminate in materia di mobilità intercompartimentale,
l’articolo 3, comma 124 e seguenti, della legge finanziaria per l’anno 2008
consente ad amministrazioni soggette a regime di limitazione e, dunque, alle
amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, alle agenzie,
incluse le agenzie fiscali, agli enti pubblici non economici, agli enti di
ricerca ed agli enti di cui all’articolo 70, comma 4, del decreto legislativo
n. 165 del 2001, di stipulare accordi di mobilità – anche intercompartimentale,
come anticipato – con altre amministrazioni, per assicurare la funzionalità dei
propri uffici che presentino consistenti vacanze in
organico e, al contempo, la ricollocazione di dipendenti in situazioni di
esubero. Gli accordi disciplinano modalità e criteri per il trasferimento,
nonché i percorsi di formazione che siano ritenuti
necessari ad un efficiente inserimento del personale trasferito
nell’organizzazione dell’amministrazione ricevente. La Presidenza del
Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica ed il Ministero
dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello
Stato, possono autorizzare la stipula di tali accordi per il biennio 2008/2009,
in esito alla verifica della compatibilità e coerenza con gli obiettivi di
finanza pubblica. La disposizione dettata nel successivo
comma 128, destinata a soddisfare le gravi carenze di personale negli
uffici giudiziari del Ministero della giustizia, conferma il sistema costruito
dal comma 47 dell’articolo 1 della legge n. 311 del 2004, pur nel rinvio al
comma 124 citato per quanto concerne la stipula degli accordi. L’autorizzazione
alla stipula degli accordi può collocarsi all’interno del procedimento
delineato dall’articolo 33 del decreto legislativo n. 165 del 2001, nel
rispetto delle relazioni sindacali ivi stabilite dal legislatore, nella fase in
cui sia stata verificata l’impossibilità di pervenire
ad un accordo sulla ricollocazione totale o parziale del personale eccedente
nell’ambito della medesima amministrazione, o presso altre amministrazioni
collocate nell’ambito della medesima provincia. L’ipotesi di accordo deve
essere inviata alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della
funzione pubblica – Ufficio per il personale delle pubbliche amministrazioni ed
al Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria
generale dello Stato – Ispettorato per gli ordinamenti del personale e analisi
dei costi del lavoro pubblico i quali procederanno
alle verifiche inerenti il mantenimento degli equilibri economico-finanziari,
le equiparazioni dei profili professionali e la riduzione degli organici
conseguente ai processi di mobilità attivati. In esito alla verifica positiva verrà rilasciata l’autorizzazione con apposito decreto
interdirettoriale.
5. Il personale in disponibilità.
Meritano alcune notazioni finali
le problematiche sulla gestione del personale in disponibilità di cui agli
articoli 33, 34 e 34-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001. Quest’ultimo,
introdotto dall’articolo 7 della legge n. 3 del 2003,
impone alle amministrazioni che procedono a nuove assunzioni di comunicare al
Dipartimento della funzione pubblica ed alle strutture regionali e provinciali
di cui al decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469 i posti da mettere a
concorso in modo da poterli coprire mediante l’acquisizione del personale in
disponibilità iscritto negli appositi elenchi. Infatti
come noto, a norma dell’articolo 6, comma 1, del decreto legislativo n. 165 del
2001 le amministrazioni sono tenute ad effettuare annualmente rilevazioni sulle
eccedenze di personale su base territoriale per area o categoria, qualifica e
profilo professionale. Si tratta di disposizioni che rendono effettivo il
diritto al lavoro di cui agli articoli 4 e 120 della Costituzione. Secondo la Corte Costituzionale
(Sent. n. 388 del 2004) l’articolo 34 del decreto
legislativo enuncia il principio per cui il personale in esubero presso
qualsiasi pubblica amministrazione deve poter essere ricollocato, durante il
periodo di disponibilità, presso altre amministrazioni. In tal modo si evita la
cessazione definitiva del rapporto di lavoro ma si
realizza, anche, un contenimento della spesa per il personale, seppure in
termini globali, infatti il comma 6 di tale articolo stabilisce che le nuove
assunzioni sono subordinate alla verificata impossibilità di ricollocare il
personale in disponibilità iscritto nelle liste. La disciplina dettata
dall’articolo 34-bis costituisce una concreta attuazione di quei principi e con
essi si coordina in quanto al comma 5 è sancita la
nullità di diritto delle assunzioni effettuate in violazione delle prescrizioni
contenute nel medesimo articolo. La
Corte, al riguardo, afferma che tutta la disciplina
dell’articolo 34-bis è volta alla tutela di interessi generali a presidio dei
quali ben può il legislatore prevedere la nullità degli atti posti in essere in
violazione di norme imperative. Infine, proprio in considerazione dei principi
tutelati dalla disciplina in esame, al fine di assicurare in modo costante e
puntuale la verifica delle esigenze assuzionali delle pubbliche amministrazioni
per valutare le possibilità di ricollocazione del personale in disponibilità,
si ritiene che in caso di scorrimento di graduatorie di concorsi già espletati,
nei limiti della vigente disciplina della validità delle graduatorie, occorra riproporre
la richiesta di assegnazione di personale in disponibilità agli uffici
competenti, provinciali e regionali di cui al decreto legislativo n. 469 del
1997 e Dipartimento della funzione pubblica.