Imprese ed Aziende
Decreto Bersani: chiarimenti sulle attività di distribuzione commerciale.
Decreto Bersani: chiarimenti
sulle attività di distribuzione commerciale.
Ministero dello Sviluppo
Economico Direzione Generale Commercio, Assicurazioni e Servizi Ufficio D2 –
Disciplina del commercio. PROT. N. 0008426 DEL 28/09/2006 CIRCOLARE n. 3603/C
Oggetto: Decreto legge 4 luglio
2006, n. 223, convertito, con modificazioni, nella legge 4 agosto 2006, n. 248.
Artt. 3, 4 e 11. Circolare esplicativa
Premessa
Con riferimento ai numerosi
quesiti pervenuti alla Direzione generale e a quanto emerso nell’incontro
tenutosi il 18 settembre u.s. con i rappresentanti regionali sugli artt. 3, 4 e
11 del decreto legge in oggetto, convertito con modificazioni nella legge 4
agosto 2006, n. 248, pubblicata sulla G.U. 11 agosto 2006, n. 186, si
forniscono le seguenti precisazioni .
In via preliminare, si richiama
l’attenzione sull’art. 3, comma 4, della legge il quale
dispone che: “Le Regioni e gli Enti locali adeguano le proprie disposizioni
legislative e regolamentari ai principi e alle disposizioni di cui al comma 1,
entro il 1° gennaio 2007”
Per effetto della citata
disposizione, la presente circolare è riferita alla legislazione statale in
materia di commercio ancora vigente negli ambiti territoriali nei quali non sia stata esercitata dalle Regioni o dalle Province Autonome
la potestà legislativa sulla materia del commercio per effetto dell’art. 117
della Costituzione, come modificato dalla legge costituzionale n. 3 del 2001.
Ove detta potestà sia stata esercitata,
restano vigenti fino al predetto termine di cui all’art. 3,
comma 4, le disposizioni legislative e regolamentari emanate dagli enti
territoriali.
1 Art. 3, comma 1
“ Ai sensi delle disposizioni
dell’ordinamento comunitario in materia di tutela della concorrenza e libera
circolazione delle merci e dei servizi ed al fine di garantire la libertà di
concorrenza secondo condizioni di pari opportunità ed il corretto ed uniforme
funzionamento del mercato, nonché di assicurare ai consumatori finali un livello
minimo ed uniforme di condizioni di accessibilità all’acquisto di prodotti e
servizi sul territorio nazionale, ai sensi dell’articolo 117, comma secondo,
lettere e) ed m), della Costituzione, le attività
commerciali come individuate dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, e
di somministrazione di alimenti e bevande sono svolte senza i seguenti limiti e
prescrizioni:
(..)”
1.1 La parte preliminare
dell’articolo individua le finalità del provvedimento con riferimento alla
distribuzione commerciale, i principi costituzionali a garanzia dell’intervento
e l’ambito della materia interessata.
Gli obiettivi del provvedimento
sono quelli di garantire un regime di libera concorrenza secondo condizioni di
pari opportunità e il corretto ed uniforme funzionamento del mercato, nonché di
assicurare ai consumatori finali un livello minimo ed uniforme di condizioni di
acquisto di prodotti e servizi sul territorio nazionale.
In tal senso vengono
richiamate le fonti costituzionali della potestà legislativa dello Stato, ossia
la “tutela della concorrenza” e la “determinazione dei livelli essenziali delle
prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti
su tutto il territorio nazionale”.
Il primo periodo del comma 1
dell’art. 3 individua le attività economiche alle quali si applicano le
disposizioni del provvedimento.
Con riferimento agli ambiti
territoriali nei quali vige la disciplina statale, trattasi, visto il richiamo
alle “attività commerciali come individuate dal decreto legislativo 31 marzo
1998, n. 114, e di somministrazione di alimenti e bevande”, delle attività di
commercio all’ingrosso e al dettaglio in sede fissa, delle attività al
dettaglio svolte tramite forme speciali di vendita, dell’attività di vendita al
dettaglio sulle aree pubbliche di cui al d. lgs. n.
114, nonché dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande di cui alla
legge 25 agosto 1991, n. 287.
Le disposizioni in discorso,
quindi, non hanno effetti sulle attività espressamente escluse
dall’applicazione della disciplina del citato d. lgs. n.
114 (cfr. art. 4, comma 2) e sulle attività
commerciali disciplinate da leggi di settore (ad es. d. lgs. 24 aprile 2001, n.
170).
2. Art. 3, comma 1, lettera a)
“(..) le
attività commerciali, come individuate dal decreto legislativo 31 marzo 1998,
n. 114, e di somministrazione di alimenti e bevande, sono svolte senza (..): a)
l’iscrizione a registri abilitanti ovvero il possesso di requisiti
professionali soggettivi per l’esercizio di attività commerciali, fatti salvi
quelli riguardanti il settore alimentare e della somministrazione degli
alimenti e delle bevande (..)”
2.1 In nome del principio costituzionale
della tutela della concorrenza la disposizione statale intende intervenire con
l’introduzione di strumenti atti a promuovere l’assetto concorrenziale del
mercato. A tal fine sancisce alcuni principi per garantire in forme appropriate
e proporzionate, la più ampia libertà di concorrenza nell’ambito dei rapporti
che per la loro diretta incidenza sul mercato devono essere tutelati da
pratiche anticoncorrenziali. Intende, altresì, ridurre gli squilibri che possano inibire il corretto sviluppo del settore e
l’equilibrio economico generale.
La norma, quindi, sancisce che,
ai fini dell’avvio delle attività economiche disciplinate dal provvedimento,
vigono due prescrizioni: a) non servono iscrizioni a registri abilitanti; b)
non serve il possesso di requisiti professionali, salvo che riguardino il
settore alimentare e la somministrazione di alimenti e bevande.
2.2 La disposizione su riportata,
negli ambiti territoriali nei quali vige la disciplina statale, determina le
conseguenze che si riportano nel prosieguo.
2.2.1 La prescrizione che
sancisce il divieto del possesso dell’iscrizione a registri abilitanti si
riferisce al Registro degli esercenti il commercio per l’attività di
somministrazione di alimenti e bevande di cui all’art. 1 della legge 11 giugno
1971, n. 426, espressamente richiamato dall’art. 2 della legge 25 agosto 1991,
n. 287, non esistendo nella disciplina vigente alcun altro Registro abilitante
ai fini dell’avvio delle attività oggetto delle disposizioni in discorso.
Di conseguenza, il Registro degli
esercenti il commercio per l’attività di somministrazione di alimenti e bevande
è da ritenersi soppresso dal 4 luglio 2006, data di entrata in vigore del
decreto legge n. 223, convertito nella legge 6 agosto 2006, n. 248.
Per effetto della soppressione
del Registro degli esercenti il commercio per l’attività di somministrazione di
alimenti e bevande, deve ritenersi soppresso anche il requisito del superamento
degli esami presso le Camere di commercio previsto dall’art.
2, comma 2, lettera c), ultimo periodo, della citata legge n. 287,
direttamente finalizzato all’iscrizione.
Con riferimento a quanto
precisato, si richiama il parere della scrivente 1 agosto 2006, n.
7084, in
risposta ad un quesito dell’Unioncamere, con il quale, riguardo alle problematiche
relative al periodo transitorio, si è ritenuto, al fine di non pregiudicare gli
interessi e le aspettative dei cittadini che hanno presentato istanza presso le
Camere di commercio in data antecedente al 4 luglio 2006, che i relativi esami
possano essere svolti e che il superamento dei medesimi possa essere ritenuto
valido ai limitati fini del riconoscimento del requisito professionale per
l’avvio dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande.
2.2.2 I soggetti, in possesso dell’iscrizione nel Registro esercenti il commercio per
l’attività di somministrazione di alimenti e bevande, ottenuta prima del 4
luglio 2006, data di entrata in vigore del citato decreto legge n. 223, possono
essere ritenuti in possesso del requisito professionale.
2.2.3 A seguito della
soppressione del Registro degli esercenti il commercio per l’attività di
somministrazione di alimenti e bevande e degli esami, il requisito della
pratica commerciale, ovvero l’avere “prestato servizio, per almeno due anni
negli ultimi cinque, presso imprese esercenti attività di somministrazione di
alimenti e bevande, in qualità dipendenti qualificati addetti alla
somministrazione, alla produzione o all’amministrazione o, se trattasi di
coniuge, parente o affine entro il terzo grado dell’imprenditore, in qualità di
coadiutore”
(cfr. art.
2, comma 3, ultimo periodo, della legge n. 287), può essere ritenuto valido ai
fini della dimostrazione del possesso della qualificazione professionale,
analogamente a quanto già previsto ai fini dell’avvio dell’attività di vendita
nel settore alimentare dal d. lgs. n. 114 (cfr. art. 5, comma 5, lett. b).
2.2.4 L’art. 3, comma 1, lett.
a), fa salvi i requisiti professionali soggettivi riguardanti il settore
alimentare e quello della somministrazione di alimenti e bevande.
Ciò significa che ai fini
dell’accesso all’attività di vendita dei prodotti appartenenti al settore
alimentare e all’attività di somministrazione di alimenti e bevande il possesso
dei requisiti professionali resta obbligatorio.
Trattasi, in base alle norme
attualmente vigenti, dei requisiti previsti dall’art. 5,
comma 5, lettere a) e b), del d. lgs. n. 114,
per l’avvio dell’attività di vendita nel settore alimentare e di quelli
previsti dall’art. 2, comma 2, lettera c), con esclusione ovviamente
dell’esame, e dall’art. 2, comma 3, con esclusivo riferimento alla pratica
commerciale, della legge n. 287, per l’attività di somministrazione di alimenti
e bevande.
2.2.5 Per effetto delle nuove
disposizioni la verifica del possesso e della validità dei requisiti
professionali ai fini dell’avvio dell’attività di somministrazione di alimenti
e bevande è competenza dei Comuni, ai quali, pertanto, spetta l’onere di
attivare tutte le procedure necessarie alla verifica secondo le disposizioni vigenti,
in caso di istanze, dichiarazioni di inizio di attività o comunicazioni che riguardino il settore della somministrazione di alimenti e
bevande.
Ai predetti enti spetta, altresì,
la verifica del possesso dei requisiti di onorabilità previsti dall’art. 2, comma 4, della legge n. 287 ai fini dell’avvio
e dell’esercizio dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande.
Con riferimento a quanto sopra,
si richiama l’attenzione su quanto disposto in materia di semplificazione
amministrativa dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni;
nonché, in materia di dichiarazioni sostitutive, dal D.P.R. 28 dicembre 2000,
n. 445, con particolare riguardo agli artt. 38, 46 e 47 in materia di
autocertificazioni, nonché all’art. 76 applicabile in
caso di dichiarazioni mendaci.
Allo stato attuale, infatti, nel
caso di avvio di attività di somministrazione di alimenti e bevande, il
possesso dei requisiti professionali e di onorabilità previsti può essere
comprovato con dichiarazioni sottoscritte dal soggetto interessato, ferme
restando in capo al Comune, competente per territorio, le opportune verifiche
nei termini e secondo le modalità previste dalle norme vigenti.
3 Art. 3, comma 1, lett. b)
“(..) le
attività commerciali, come individuate dal decreto legislativo 31 marzo 1998,
n. 114, e di somministrazione di alimenti e bevande, sono svolte senza (..): b)
il rispetto di distanze minime obbligatorie tra attività commerciali
appartenenti alla medesima tipologia di esercizio (..)”
3.1 La disposizione sancisce
l’incompatibilità con il principio di tutela della concorrenza della
prescrizione del rispetto di distanze minime obbligatorie tra attività
commerciali appartenenti alla medesima tipologia di esercizi.
Di conseguenza, con riferimento
alle attività commerciali di vendita e di somministrazione, oggetto della norma
(cfr. punto 1.1), non sono ammissibili previsioni
normative o programmazioni che stabiliscano un vincolo fondato sulla distanza
fra gli esercizi.
4. Art. 3, comma 1, lett. c)
“(..) le
attività commerciali, come individuate dal decreto legislativo 31 marzo 1998,
n. 114, e di somministrazione di alimenti e bevande, sono svolte senza (..): c)
le limitazioni quantitative all’assortimento merceologico offerto negli
esercizi commerciali, fatta salva la distinzione tra settore alimentare e non
alimentare (..)”
4.1 La disposizione sancisce
l’incompatibilità con il principio di tutela della concorrenza della
prescrizione di limitazioni quantitative all’assortimento merceologico offerto
negli esercizi commerciali fatta salva la distinzione tra settore alimentare e
non alimentare.
In conseguenza dell’utilizzo, nel
contenuto testuale della norma, dei termini “esercizi commerciali” e “settore
alimentare e non alimentare” si ritiene che la disposizione sia riferita agli
esercizi di vendita in sede fissa e che non comporti conseguenze sulla
programmazione del territorio nel caso di esercizio dell’attività sulle aree
pubbliche.
Il principio introdotto intende
impedire che all’interno del settore alimentare o non alimentare siano posti
obblighi, riserve o limitazioni con riferimento ai prodotti esitabili, fatto
salvo, ovviamente, il rispetto, ove sussistano, dei requisiti
igienico sanitari previsti.
La prescrizione va riferita,
quindi, anche ai casi di eventuale programmazione territoriale caratterizzata
dalla previsione di ulteriori suddivisioni all’interno del settore merceologico
alimentare o non alimentare, con riferimento a categorie merceologiche.
Si ritiene che il principio
enunciato a tutela della concorrenza non sia applicabile nel caso in cui
prescrizioni relative a limitazioni dell’assortimento merceologico siano
emanate per finalità di valorizzazione e salvaguardia delle aree o degli
edifici aventi valore storico, archeologico, artistico o ambientale e,
pertanto, per finalità costituzionalmente garantite.
5. Art. 3, comma 1, lett. d)
“(..) le
attività commerciali, come individuate dal decreto legislativo 31 marzo 1998,
n. 114, e di somministrazione di alimenti e bevande, sono svolte senza (..): d)
il rispetto di limiti riferiti a quote di mercato predefinite o calcolate sul
volume delle vendite a livello territoriale sub regionale (..) ”
5.1 La disposizione sancisce
l’incompatibilità con il principio di tutela della concorrenza della
prescrizione del rispetto di limiti riferiti a quote di mercato predefinite o
calcolate sul volume delle vendite a livello territoriale sub regionale.
Non sono pertanto ammissibili
eventuali programmazioni fondate sulla fissazione di volumi di vendite o quote
massime di mercato, comunque individuate, riferite ad ambiti territoriali
predefiniti, che non trovano riscontro nella normativa e nella giurisprudenza
statale e comunitaria riguardante la tutela della concorrenza.
Una programmazione che preveda una siffatta valutazione, può determinare, infatti,
ingiustificate distorsioni della concorrenza, in quanto è in grado di impedire
la crescita delle imprese e il conseguimento di economie di scala che, nei
contesti di mercato caratterizzati dalla presenza di qualificati concorrenti,
possono condurre a benefici per i consumatori.
Tale programmazione avrebbe
l’effetto, pertanto, di limitare l’esercizio dell’attività imprenditoriale
senza tutelare la concorrenza e i consumatori, recando al contrario un
potenziale danno agli stessi.
6. Art. 3, comma 1, lett. e) ed f)
“(..) le
attività commerciali, come individuate dal decreto legislativo 31 marzo 1998,
n. 114 (..) sono svolte senza (..): e) la fissazione di divieti ad effettuare
vendite promozionali, a meno che non siano prescritti dal diritto comunitario;
f) l’ottenimento di autorizzazioni preventive e le limitazioni di ordine
temporale o quantitativo allo svolgimento di vendite promozionali di prodotti,
effettuate all’interno degli esercizi commerciali, tranne che nei periodi
immediatamente precedenti i saldi di fine stagione per i medesimi prodotti
(..)”.
6.1 In nome del principio
costituzionale della tutela della concorrenza, la disposizione liberalizza le
vendite promozionali, per consentire ai consumatori di accedere a prezzi
vantaggiosi e alle imprese di operare con la massima libertà di iniziativa.
Detta modalità di offerta,
pertanto, non può essere soggetta a limitazioni temporali, quantitative e
procedurali.
L’unica limitazione ammissibile
concerne la fissazione di un periodo antecedente a quello di svolgimento delle
vendite di fine stagione nel quale le vendite promozionali possono essere
vietate.
6.2 Per quanto concerne la parte
della disposizione che, nel prevedere la possibilità di stabilire limiti alle
vendite promozionali nei periodi immediatamente precedenti i saldi di fine
stagione, fa rinvio al caso dei “medesimi prodotti ”, si precisa che l’espressione
è correlata alla circostanza che le due diverse modalità di vendita possono
avere ad oggetto prodotti non necessariamente
coincidenti. Da ciò consegue che il termine “medesimo” va inteso come riferito
non al singolo prodotto ma alla medesima merceologia di
prodotti stagionali o di moda tradizionalmente oggetto delle vendite di
fine stagione.
6.3 Considerato che ogni forma di
promozione deve essere svolta dall’imprenditore in modo corretto, con
particolare riguardo alla chiarezza e alla veridicità delle informazioni da
fornire all’eventuale acquirente, resta ferma la disposizione di cui all’art. 15, comma 5, del d. lgs. n.
114 che prevede che “lo sconto o il ribasso effettuato deve essere espresso in
percentuale sul prezzo normale di vendita che deve essere comunque esposto”. Al
riguardo si precisa che non è contenuto nell’art. 15, l’obbligo di indicazione
del prezzo scontato o ribassato: è evidente, comunque, che per l’assolvimento
degli obblighi di legge in materia di pubblicità dei prezzi, conseguentemente
al combinato disposto degli artt. 14 e 15 del d. lgs. n.
114, è necessario indicare in caso di vendita promozionale, oltre al prezzo di
vendita originario e alla percentuale di sconto, anche il prezzo di vendita
realmente praticato, cioè scontato.
7 Art. 3, comma
2
“Sono fatte salve le disposizioni
che disciplinano le vendite sottocosto e i saldi di fine stagione”.
7.1 Come espressamente previsto,
restano compatibili con il principio di tutela della
concorrenza e, quindi, vigenti le disposizioni che disciplinano le
vendite sottocosto e i saldi di fine stagione. Trattasi, nel primo caso, delle
disposizioni contenute nel D.P.R. 6 aprile 2001, n. 218, e, nel secondo caso,
delle disposizioni emanate dagli enti territoriali regionali, in attuazione dell’art. 15, comma 6, del d. lgs. n.
114, in
materia di vendite di fine stagione.
Con riferimento alle vendite
correlate ad eventi straordinari ed eccezionali dell’azienda (c.d.
vendite
di liquidazione), resta ferma la competenza degli enti territoriali regionali a
valutare l’eventuale emanazione di disposizioni confermative o correttive della
normativa vigente nel rispetto dei principi a tutela della concorrenza
introdotti dall’art. 3.
8 Art. 3, comma 1, lett. f-bis)
“(..) le
attività commerciali, come individuate dal decreto legislativo 31 marzo 1998,
n. 114, e di somministrazione di alimenti e bevande, sono svolte senza (..):
f-bis) il divieto o l’ottenimento di autorizzazioni preventive per il consumo
immediato dei prodotti di gastronomia presso l’esercizio di vicinato ,
utilizzando i locali e gli arredi dell’azienda con l’esclusione del servizio
assistito di somministrazione e con l’osservanza delle prescrizioni
igienico-sanitarie”.
8.1 La disposizione introduce il
principio in base al quale negli esercizi di vicinato, ovviamente solo nel caso
in cui siano legittimati alla vendita dei prodotti appartenenti al settore
merceologico alimentare, il consumo sul posto dei prodotti di gastronomia non
può essere vietato o limitato se svolto alle condizioni espressamente previste
dalla nuova disposizione.
Le condizioni concernono la
presenza di arredi nei locali dell’azienda e l’esclusione del servizio
assistito di somministrazione. Per quanto concerne gli arredi, richiamati nella
disposizione, è di tutta evidenza che i medesimi devono essere correlati all’attività
consentita, che nel caso di specie è la vendita per asporto dei prodotti
alimentari e il consumo sul posto dei prodotti di gastronomia.
In ogni caso, però, la norma che
consente negli esercizi di vicinato il consumo sul posto non prevede una modalità
analoga a quella consentita negli esercizi di somministrazione di alimenti e
bevande di cui alla legge 25 agosto 1991, n. 287.
Detta legge, infatti, nel
disciplinare l’attività di somministrazione, stabilisce, all’art. 1, comma 1,
che “per somministrazione si intende la vendita per il consumo sul posto” che
si esplicita in “tutti i casi in cui gli acquirenti consumano i prodotti nei
locali dell’esercizio o in una superficie aperta al pubblico,
all’uopo attrezzati”.
Nei locali degli esercizi di
vicinato, quindi, gli arredi richiamati dalla disposizione non possono
coincidere con le attrezzature tradizionalmente utilizzate negli esercizi di
somministrazione , né può essere ammesso, in quanto
espressamente vietato dalla norma, il servizio assistito.
Fermo restando quanto sopra, si
ritiene ammissibile, per consentire l’effettiva applicazione della disposizione
e per garantire le condizioni minime di fruizione, l’utilizzo negli esercizi di
vicinato di piani di appoggio di dimensioni congrue all’ampiezza ed alla
capacità ricettiva del locale, nonché la fornitura di stoviglie e posate a
perdere.
9 Art. 3, comma 3:
“A decorrere dalla data di
entrata in vigore del presente decreto sono abrogate le disposizioni
legislative e regolamentari statali di disciplina del settore
della distribuzione commerciale incompatibili con le disposizioni di cui
al comma 1”
9.1 Per effetto dell’art. 3, comma 1, lettera a), come precisato al punto
2.2 il Registro degli esercenti il commercio e i relativi esami presso le
Camere di commercio, ai fini dell’ottenimento dell’iscrizione sono soppressi, a
far data dal 4 luglio 2006.
Stante la norma di cui all’art. 3, comma 3, del decreto sono da ritenersi, quindi,
abrogati i seguenti articoli: artt. 1, 2, 4, 8 e 10
della legge 11 giugno 1971, n. 426; gli artt. 1, 2, 3, 4, 5,
12, 14, 15, 17, 18, 20, 21, 22, 25, 27 e 29 del decreto ministeriale 4
agosto 1988, n. 375, e l’art. 2, comma 2, della legge 5 gennaio 1996, n. 25.
Sono da ritenersi, invece,
soppressi tutti i termini e le locuzioni che citano il Registro e gli esami
suddetti, contenuti nei testi delle disposizioni della legge 25 agosto 1991, n.
287.
Trattasi dei termini e delle
locuzioni contenuti nell’art. 2, nell’art. 3 comma 1, nell’4, comma 1, lettera
b), e dell’ art. 7 della legge n. 287;
9.2 Con riferimento all’ultimo
periodo del punto precedente e, nello specifico, alle soppressioni di testo
indicate, si precisa che, in base alla nuova disciplina, ai fini del rilascio
dell’autorizzazione e della presentazione della dichiarazione di inizio
dell’attività, nonché ai fini della voltura e della decadenza e revoca del
titolo per l’esercizio dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande,
ove le disposizioni richiamano la circostanza del possesso o della perdita del
requisito della iscrizione nel Registro, il rinvio è da intendersi riferito al
possesso o alla perdita dei requisiti per l’avvio e per l’esercizio
dell’attività previsti dall’art. 2, commi 2 e 4, della legge n. 287.
9.3 Per effetto dell’art. 11 del
decreto sono soppresse le commissioni provinciali e comunali istituite dall’articolo 6 della legge n. 287. Stante il disposto
dell’art. 3, comma 3, è da ritenersi abrogato l’ art.
6 della legge n. 287. Sono da ritenersi soppressi, invece, tutti i termini e le
locuzioni che citano le commissioni in discorso, contenuti nei testi delle
disposizioni della legge 25 agosto 1991, n. 287 e nell’art. 2 della citata
legge n. 25. Trattasi delle disposizioni di cui all’3, commi 1 e 5; all’art. 5, comma 2, della legge n. 287 e all’art. 2, comma
1, della legge n. 25.
10 Art. 4, comma 2-bis
“E’ comunque consentita ai
titolari di impianti di cui al comma 2 l’attività di vendita dei prodotti di
propria produzione per il consumo immediato, utilizzando i locali e gli arredi
dell’azienda con l’esclusione del servizio assistito di somministrazione e con l’osservanza delle prescrizioni igienico-sanitarie”.
10.1 La disposizione consente il
consumo sul posto nel caso di tutti i titolari di impianti di panificazione,
sia quelli già in attività autorizzati in base alla legge n. 1002 del 1956 sia
ai nuovi impianti soggetti a dichiarazione di inizio attività
. Con riferimento alle modalità applicative della disposizione, si
rinvia quanto precisato al punto 8.
11 Art. 11, comma 1
“Sono soppresse le commissioni
istituite dall’articolo 6 della legge 25 agosto 1991, n. 287. Le relative
funzioni sono svolte dalle amministrazioni titolari dei relativi procedimenti
amministrativi”
11.1 Trattasi della commissione
comunale nei comuni con popolazione superiore a diecimila abitanti e della
commissione provinciale nei comuni con popolazione non superiore a diecimila
abitanti, istituite dall’art. 6 della legge n. 287 (cfr. anche
all’art. 3, commi 1 e 5 e art. 5, comma 2). Per effetto della soppressione
sancita dall’art. 11, comma 1, del decreto gli atti di programmazione sono
adottati dagli enti locali competenti per territorio sulla base delle
disposizioni di cui alla citata legge n. 287. Resta fermo, ovviamente, il
rispetto delle norme in materia di partecipazione al procedimento
amministrativo di cui alla citata legge n. 241 e successive modificazioni.
12 Art. 11,
comma 3
“Della commissione giudicatrice
prevista dall’art. 1 del regolamento di cui al decreto del Ministro
dell’Industria del commercio e dell’artigianato 21 febbraio 1990, n. 300, e
successive modificazioni, non possono far parte gli iscritti al ruolo degli
agenti di affari in mediazione”
12.1 La disposizione prevede
l’esclusione degli iscritti nel ruolo degli agenti di affari in mediazione
dalla commissione giudicatrice prevista dall’art. 1 del D.M. 7 ottobre 1993, n.
589, che ha apportato alcune modifiche ed integrazioni al D.M. 21 dicembre
1990, n. 300, concernente le materie e le modalità
degli esami prescritti per l’iscrizione al ruolo.
Di conseguenza le commissioni di
esame a far data dal 4 luglio 2006 sono costituite da soli tre membri ( il
Segretario Generale della Camera di commercio, che la presiede, e due docenti di
scuola secondaria superiore nelle materie sulle quali vertono le prove di
esame), invece dei precedenti cinque con l’esclusione, quindi, dei
rappresentanti della categoria interessata.
IL MINISTRO
(F.to
Pier Luigi Bersani)