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contratto a tempo indeterminato: inammissibile l’appello fondato su una nuova e diversa eccezione.
CONTRATTO A TEMPO DETERMINATO
Inammissibile l’appello fondato su una nuova e diversa eccezione circa la natura stagionale dell’attività oggetto del contratto
Costituisce domanda nuova e come tale inammissibile l’eccezione, introdotta solo in grado di appello, incentrata sulla presunta natura agricola anziché stagionale dell’attività oggetto del contratto di lavoro. La novità dell’eccezione dà luogo ad un mutamento delle situazioni di fatto e di diritto prospettate in primo grado, tale da non ritenersi consentito.
Corte di Cassazione, sezione lavoro n. 3297, pubblicata il 2 marzo 2012.
Il caso: illegittimità dell’apposizione del termine e licenziamento del lavoratore.
Il Tribunale di Ferrara aveva condannato il datore di lavoro a reintegrare il lavoratore ricorrente nel posto di lavoro e risarcire il danno, sulla base dell’accertata illegittimità del contratto a termine stipulato dalle parti e del licenziamento intimato dopo tre giorni dal superamento del periodo di prova.
Il datore di lavoro proponeva appello, che veniva respinto dalla Corte d’Appello di Bologna.
Ricorreva così in Cassazione, proponendo cinque motivi di censura.
Di particolare interesse è il secondo motivo, in quanto prende in considerazione l’aspetto della novità di un’eccezione sollevata in secondo grado, circa la natura dell’attività oggetto della prestazione lavorativa.
L’articolo 437 c.p.c.: il divieto di nuove domande e nuove eccezioni
E’ noto come l’articolo 437 del codice di procedura civile vieti la proposizione in grado di appello di nuove domande, eccezioni e mezzi di prova. Con riguardo alle eccezioni, la giurisprudenza ha poi distinto tra eccezioni in senso stretto e in senso lato. Soltanto queste ultime, rilevabili anche d’ufficio dal giudice, sono state ritenute proponibili per la prima volta anche in appello. Mentre per le prime opera il divieto previsto dall’articolo 437.
Il datore di lavoro sostenne in primo grado che l’attività lavorativa svolta dal lavoratore (sfalcio dell’erba) fosse attività stagionale, consentita dalla Legge n. 230/1962, all’epoca in vigore. Ma il primo giudice evidenziò l’insufficienza dei riferimenti contrattuali necessari alla configurazione della ricorrenza di una delle ipotesi di cui all’articolo 1 della Legge n. 230/1962. Conseguentemente ritenne illegittima l’apposizione del termine al contratto di lavoro, trasformato il rapporto a tempo indeterminato, con applicazione delle disposizioni normative in materia di licenziamento illegittimo.
Tra i motivi di appello il datore di lavoro eccepì che l’attività di sfalcio dell’erba fosse assimilabile all’attività agricola, esclusa dalla previsione della Legge n. 230/1962.
Tale eccezione, introdotta soltanto con l’atto di appello è stata considerata alla stregua di “domanda nuova”, inammissibile giusta il disposto dell’articolo 437 c.p.c., dalla Corte di merito prima e dalla Suprema Corte con la sentenza in esame.
Le conseguenze della violazione del divieto.
La novità dell’eccezione muta la situazione di fatto prospettata in giudizio, dando luogo a conseguenze giuridiche rilevanti, spostando ad esempio il “thema probandum” sulla legittimità dell’apposizione del termine, che in primo grado si era sviluppato sulla ricorrenza o meno della allegata ipotesi della stagionalità dell’attività oggetto del contratto, a sua volta prevista espressamente dall’articolo 1 della Legge n. 230/1962 come possibile causa di ricorso alla tipologia dei contratti a termine e non sull’attività agricola.
Considerato dunque il motivo di impugnazione proposto quale nuova eccezione, vietata in appello, la Corte di legittimità conferma quanto affermato dalla Corte territoriale sul punto, nel respingere il gravame, in quanto inammissibile. Decisione che viene ritenuta corretta dalla Cassazione, che evidenzia la novità dell’eccezione inammissibile, dichiarando infondato il motivo di censura.
L’interpretazione della contrattazione collettiva
La Suprema Corte analizza anche una ulteriore censura proposta, introdotta dal secondo motivo di ricorso, riguardante l’interpretazione della contrattazione collettiva.
Nel ricorso proposto viene denunziata la violazione di norme contrattuali collettive, con motivo sviluppato soltanto sulla base del richiamo a singole norme della contrattazione collettiva, producendo in giudizio unicamente un estratto del contratto collettivo.
Richiamando un orientamento di principio dettato dalle Sezioni Unite della Corte, si afferma che l’articolo 369 secondo comma n. 4 del codice di procedura civile nella parte in cui onera il ricorrente, a pena di improcedibilità del ricorso, di depositare i contratti o accordi collettivi di diritto privato sui quali il ricorso si fonda, va interpretato nel senso che ove il ricorrente denunci la violazione o falsa applicazione di norme dei contratti o accordi collettivi nazionali di lavoro ai sensi dell’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., il deposito suddetto deve avere ad oggetto non solo l’estratto recante le singole disposizioni invocate nel ricorso, ma l’integrale testo del contratto o accordo collettivo di livello nazionale contenente tali disposizioni, rispondendo tale adempimento alla funzione nomofilattica assegnata alla Corte di cassazione nell’esercizio del sindacato di legittimità sull’interpretazione della contrattazione collettiva di livello nazionale.
Avendo il ricorrente prodotto in giudizio unicamente estratti del contratto collettivo sottoposto al giudizio della Corte, questa ha dichiarato improcedibile il motivo di ricorso anche sotto questo ulteriore aspetto.
(avv. Roberto Dulio pubblicato su Diritto & Giustizia Giuffrè editore s.p.a)