Lavoro e Previdenza

Tuesday 05 July 2005

Contestazione disciplinare. Per la tempestività rileva la conoscenza del fatto da parte del datore di lavoro, e non la data dello stesso Cassazione – Sezione lavoro -sentenza 26 aprile- 17 maggio 2005, n. 10302

Contestazione disciplinare. Per la tempestività rileva la conoscenza del fatto da parte del datore di lavoro, e non la data dello stesso

Cassazione Sezione lavoro sentenza 26 aprile- 17 maggio 2005, n. 10302

Presidente Mattone relatore De Matteis

Pm Velardi conforme ricorrente Bin controricorrente Banca di credito cooperativo Alto Friuli scarl

Svolgimento del processo

La Banca di Credito Cooperativo Alto Friuli s.c.r.l. ha contestato con lettera del 14 giugno 1995 al sig. Maurizio Bin, suo dipendente con mansioni di preposto alla filiale di Torreano, addebiti disciplinari consistenti in versamenti di contanti senza distinta, prelevamenti da conti di clienti e, spesso, versamento contemporaneo di dette somme su conti del Bin senza autorizzazione alcuna, versamenti dassegni come contante. Tali operazioni ebbero inizio nel giugno 1991 e proseguirono sino al maggio 1995, anche se dopo il novembre 1993 – data di emissione del Regolamento – cessarono i prelievi dai conti dei clienti senza autorizzazione.

Con lettera del 20.7.1995, circa un mese dopo la contestazione, ha intimato licenziamento per giusta causa.

Il Tribunale di Udíne, adito dal Bin, ha dichiarato il licenziamento illegittimo per difetto dimmediatezza e per sproporzione tra mancanze e sanzione.

Il primo Giudice ha reputato tardìva la contestazìone deglì addebiti, ritenendo che la tempestività si dovesse valutare in relazione alla data dì commìssione degli íllecìti, e non al momento in cui il datore di lavoro ne ebbe conoscenza.

La Corte d, Appello di Trìeste, con sentenza 23 gennaìo/28 febbraio 2003 n. 9, in riforma della sentenza, impugnata dalla Banca, ha così pronunciato: ìn riforma della sentenza 140/01 resa dal Tribunale di Udine, rigetta il ricorso proposto da Maurizio Bín; accerta e dichiara altresì che il licenziamento intimato al Bin fu sorretto da giustificato motivo soggettivo con diritto di preavviso. Condanna il Bin a restituire alla Banca appellante le somme percette In dipendenza della sentenza, detratto límporto dovuto in sostituzione del preavviso. Compensa per intero, fra le parti, le spese di entrambi i gradi del giudizio.

Il giudice dappello ha ritenuto scorretto, il criterio adottato dal primo giudice per valutare la tempestività,, affermando che questa si deve valutare rispetto al tempo della conoscenza dei fatti da parte del datore di lavoro. Ciò posto, ha escluso che i fatti addebitati fossero a conoscenza della Banca, molto tempo prima dalla contestazione, come ritenuto dal primo giudice, in quanto appartenenti ad una prassi interna, avallata dalla dirigenza bancaria.

Ha rilevato invece che dalle prove acquisite risulta che la prassi irregolare esisteva presso la filiale di Torreano, e venne in essere solo dopo che vi fu preposto il Bin, nel giugno 1991. Inoltre, detta prassi non risulta in alcun modo avallata dalla dirigenza dellIstituto di Credito, né il prodotto della mera assenza di direttive scritte. posto che continuò pressoché inalterata anche dopo lemissione danalitico,Regolamento.

Le operazioni irregolari, proprio per le modalità libere con le quali furono effettuate, non erano conosciute dal datore di lavoro e potevano esser accertate solo in occasione di specifica ed approfondita ispezione relativa al conto corrente del Bin, operazione mai effettuata prima proprio in dipendenza della speciale fiducia, stima ed amicizia dallappellato goduta presso la dirigenza.

Nel merito della gravità delle infrazioni, il giudice dappello ha rilevato che se in causa non vè prova alcuna che il Bín, per i prestiti personalmente fatti a vari clienti in difficoltà, ebbe a percepire interessi od altra utilità; se effettivamente tali operazioni di finanziamento avvenivano per periodi di tempo e per somme di non sensibile rilievo (massimo alcune decine di milioni); tuttavia, allatto dellíspezione, molti dei clienti benefíciati da detti irregolari finanziamentí erano divenuti inadempienti relativamente ai loro rapporti di credito verso la banca.

Individuava perciò il danno per la banca datrice di lavoro non solo nellillecita concorrenza operata dal suo dipendente, ma anche nel fatto che loperazione dirregolare finanziamento mascherava il momento di difficoltà economica del suo cliente. inducendo la Banca ad operazioni rischiose che altrimenti non avrebbe consentito.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione il Bin, con due motivi.

La intimata si è costituita con controricorso, resistendo. Entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi dellarticolo 378 c.p.c..

Motivi della decisione

Con il primo motivo il ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione degli articoli 7 Legge 20 maggio 1970, n. 300; 3 Legge 15 luglio 1966 n. 604; 2119, 2697 cod.civ.; 115 c.p.c. insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia (articolo 360, nn. 3 e 5 c.p.c.). contesta sia il principio di diritto posto a base della decisione, sia la ricostruzione dei fatti, secondo cuì la Banca non avrebbe avuto conoscenza dei comportamenti del Bin.

La questione di diritto è infondata.

In tema di licenziamento disciplinare, la gìurisprudenza di legittimità ha elaborato due distinti principi, quello della immediatezza della contestazione e quello della tempestività del recesso.

Il primo attiene al tempo intercorrente tra la data di commìssione dellinfrazione disciplinare (o della sua ultima manifestazione) e la sua contestazione da parte del datore di lavoro. Più precisamente, la tempestività va valutata dal momento in cui il datore dì lavoro è venuto

con certezza a conoscenza del f atto posto in essere dal dipendente (Cass. 10 gennaio 2003 n. 237; Cass. 15 ottobre 1998 n. 10204). La ragione per cui si richiede limmediatezza viene individuata nel principio di correttezza e buona fede, sia per consentire la difesa dellincolpato, nella prossimità temporale dei fatti, sia per sancire con la contestazione la irregolarità della condotta, che un silenzio consapevole del datore di lavoro potrebbe viceversa avallare come prassi consentita. Date queste ragioni, e risolvendosi il principio di immediatezza in una pretesa di sollecito comportamento del datore di lavoro, essa può esser valutata sola in relazione a comportamentí consapevoli di questi, e cioè dalla conoscenza dei fatti. e non dalla loro commissione.

La tempestività del recesso attiene viceversa al tempo intercorrente tra la contestazione e lintimazione della sanzione, che qui non viene in considerazione, essendo trascorso tra i due atti circa un mese.

La sentenza impugnata, che si è attenuta al corretto principio di diritto. è pertanto sul punto corretta.

Solo in casi del tutto particolari. che non ricorrono nella presente causa,, fatti disciplinari molto antichi rispetto al momento in cui sono venuti a conoscenza del datore di lavoro, potrebbero avere esaurito il loro disvalore disciplinare, ma questo è un problema diverso,, che non attiene al principio della immediatezza, la quale decorre sempre dalla conoscenza del fatto, bensì alla valutazione della sua gravità, rapportata anche al tempo trascorso.

Quanto al tempo in cui la Banca sarebbe venuta a conoscenza della condotta permanente irregolare del Bin, trattasi di un tipico accertamento di fatto del giudice del merito. che il ricorrente sottopone a censura avanti la Corte di legittimità in modo inammissibile.

Con il secondo motivo il ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione degli articoli 2119. 2106, 1375 cod.civ; 3 Legge 15 luglio 1966, n. 604; omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia (articolo 360r nn. 3 e 5 c.p.c.), censura la sentenza impugnata in punto di valutazione della gravità del comportamento.

Anche questo motivo è infondato, perché la valutazione della gravità dellinadempimento contrattuale è rimessa allesame del giudice di merito, ed è incensurabile in cassazione se la relativa motivazione risulti immune da vizi logici o giuridici (ex plurimis Caso. 26 luglio 2002 n. 11118, Cass. 11 maggio 2002 n. 6790), che nella specie non sussistono, avendo il giudice dappello proceduto ad una determinazione della giusta sanzione con ampia, esaustiva e logica motivazione.

Il ricorso va pertanto respinto.

Le spese processuali seguono la soccombenza e vengono liquidate in Euro XXX oltre euro duemilacinquecento per onorari di avvocato, ed oltre spese generali. Iva e Cpa.

PQM

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a pagare le spese del presente giudizio liquidate in Euro 26.00 oltre euro duemilacinquecento per onorari di avvocato, oltre spese generali, Iva e Cpa