Imprese ed Aziende

Thursday 03 February 2005

Confondibilità dei marchi. Un’ interessante sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità Europee Tribunale di Primo Grado delle Comunità Europee – Seconda Sezione – Sentenza 1 febbraio 2005

Confondibilità dei marchi.
Un’interessante sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità Europee

Tribunale di Primo Grado delle
Comunità Europee – Seconda Sezione – Sentenza 1 febbraio 2005

Marchio comunitario – Procedimento di opposizione – Domanda di marchio denominativo comunitario
HOOLIGAN – Marchi denominativi precedenti OLLY GAN – Elementi di fatto o di
diritto non presentati all’UAMI – Ricevibilità –
Rischio di confusione

Nel procedimento T-57/03,

Société provençale
d’achat e de gestion (SPAG)
SA, con sede in Marsiglia (Francia), rappresentata dall’avv. K. Manhaeve, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Ufficio per l’armonizzazione
nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), rappresentato dai sigg.
U. Pfleghar e G. Schneider,
in qualità di agenti,

convenuto,

altre parti nel procedimento dinanzi alla
commissione di ricorso dell’UAMI, intervenienti
dinanzi al Tribunale,

Frank Dann e Andreas Backer, residenti in Francoforte sul Meno (Germania),
rappresentati dall’avv. P. Baronikians,

avente ad oggetto un ricorso proposto
contro la decisione della seconda commissione di ricorso dell’UAMI 5 dicembre
2002 (procedimento R 1072/2000-2), relativa al procedimento di opposizione
concernente i marchi HOOLIGAN e OLLY GAN,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE
COMUNITÀ EUROPEE (Seconda Sezione),

composto dai sigg. J. Pirrung,
presidente, N.J. Forwood e S. Papasavvas,
giudici,

cancelliere: sig. M.J.
Palacio González,
amministratore principale,

visto il ricorso presentato nella
cancelleria del Tribunale il 20 febbraio 2003,

visto il controricorso
dell’UAMI presentato nella cancelleria del Tribunale il 12 settembre 2003,

visto il controricorso
degli intervenienti presentato nella cancelleria del
Tribunale il 12 settembre 2003,

in seguito all’udienza del 28 settembre
2004,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Fatti della lite

1 Il 1° aprile 1996 i sigg. Frank Dann e Andreas
Backer (in prosieguo: gli «intervenienti»)
hanno presentato una domanda di marchio comunitario all’Ufficio per
l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), in
forza del regolamento del Consiglio 20 dicembre 1993 sul marchio comunitario,
n. 40/94 (GU 1994, L 11, pag. 1 ), come modificato.

2 Il marchio la cui registrazione è
stata richiesta è il segno denominativo HOOLIGAN.

3 I prodotti per i quali la
registrazione è stata richiesta appartengono alla classe 25 ai sensi
dell’Accordo di Nizza relativo alla classificazione
internazionale dei prodotti e dei servizi per la registrazione dei marchi 15
giugno 1957, come rivisto e modificato, che corrispondono alla seguente
descrizione:

«articoli di abbigliamento
e cappelleria».

4 Il 31 agosto 1998 tale domanda è
stata pubblicata nel Bollettino del marchio comunitario n. 65/98.

5 Il 30 novembre
1998, la Société provençale
d’achat et de gestion (SPAG) SA (in prosieguo: la «ricorrente») ha
presentato un’opposizione, in forza dell’art. 42 del regolamento n. 40/94,
contro il marchio richiesto, per tutti i prodotti oggetto di quest’ultimo, basandosi sui due marchi precedenti di cui
essa è titolare, vale a dire:

– il marchio denominativo
internazionale OLLY GAN n. 575552 avente effetto, in particolare, in Germania,
in Spagna, in Italia e in Portogallo, concernente in particolare vestiti
appartenenti alla classe 25;

– il marchio
denominativo francese OLLY GAN n. 1655245, concernente in particolare vestiti
appartenenti alla classe 25.

6 Il 26 maggio 1999 gli intervenienti hanno chiesto alla ricorrente la prova della
seria utilizzazione dei marchi precedenti invocati.

7 Con decisione 15 settembre 2000, la
divisione di opposizione dell’UAMI ha accolto
l’opposizione in quanto, in Francia e in Portogallo, vi era un rischio di
confusione a causa dell’identità dei prodotti considerati dai marchi in
conflitto e della somiglianza fonetica, e, di conseguenza, concettuale fra i
segni verbali di cui trattasi.

8 Il 9 novembre 2000 gli intervenienti hanno presentato un ricorso presso l’UAMI
contro la decisione della divisione di opposizione.

9 Con decisione 5 dicembre 2002
(procedimento R 1072/2000-2,
in prosieguo: la «decisione impugnata»), la seconda
commissione di ricorso dell’UAMI ha annullato la decisione della divisione di opposizione.

10 La commissione di ricorso ha
ritenuto, in sostanza, che il consumatore medio francese o portoghese conosceva
il significato corrente della parola inglese «hooligan»
e la sua ortografia, e pronunciava i marchi in conflitto in modo diverso. La
commissione di ricorso ne ha concluso che non vi era
una somiglianza visiva, fonetica o concettuale tra i segni in conflitto e,
pertanto, che non vi era alcun rischio di confusione fra i marchi in conflitto.

Conclusioni delle parti

11 La ricorrente conclude
che il Tribunale voglia:

– annullare la decisione impugnata;

– condannare l’UAMI alle spese.

12 L’UAMI e gli intervenienti
concludono che il Tribunale voglia:

– respingere il ricorso;

– condannare la ricorrente alle
spese.

Sulla ricevibilità
degli elementi di fatto e di diritto presentati dinanzi al Tribunale

Argomenti delle parti

13 L’UAMI fa valere, in limine, che
non è compito del Tribunale, in sede dell’esame della
legittimità della decisione impugnata, riesaminare le circostanze di fatto alla
luce delle prove presentate per la prima volta dinanzi ad esso. Del pari, non
avendo la ricorrente contestato dinanzi alla
commissione di ricorso l’identità dei prodotti di cui trattasi, l’uso dei
marchi, la pertinenza dei soli territori francesi e portoghesi, nonché la
mancanza di somiglianza visiva tra i segni in conflitto, e avendo fatto valere
per la prima volta dinanzi al Tribunale l’elevato carattere distintivo dei
marchi precedenti di cui trattasi, tali questioni non potrebbero più essere
esaminate dinanzi al Tribunale, salvo modificare l’oggetto della lite in
violazione dell’art. 135, n. 4, del regolamento di procedura del Tribunale.

14 La ricorrente ritiene che
l’argomento relativo al significato concettuale del
marchio OLLY GAN era già stato presentato dinanzi all’UAMI. Essa si rimette al
prudente apprezzamento del Tribunale per quanto concerne la ricevibilità
dei documenti nuovi presentati dinanzi ad esso, ma
chiede che lo stesso regime sia applicato agli atti nuovi presentati dagli intervenienti.

Giudizio del Tribunale

15 L’art. 63 del regolamento n. 40/94
dispone:

«Avverso le
decisioni delle commissioni di ricorso può essere proposto ricorso
dinanzi alla Corte di giustizia delle Comunità europee.

Il ricorso può essere proposto per
incompetenza, per violazione di norme che prescrivono una determinata forma,
per violazione del trattato, del presente regolamento o di qualsiasi regola di
diritto relativa alla loro applicazione o per
sviamento di potere.

La Corte di giustizia è competente
sia ad annullare che a riformare la decisione
impugnata.

Il ricorso può essere proposto da una
qualsiasi delle parti nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso, se
nella sua decisione questa non ne ha accolto le richieste.

(…)»

16 L’art. 74 del regolamento n. 40/94
dispone:

«Nel corso della procedura l’Ufficio
procede d’ufficio all’esame dei fatti. Tuttavia, in
procedure concernenti impedimenti relativi alla
registrazione, l’Ufficio si limita, in tale esame, ai fatti, prove ed argomenti
addotti e alle richieste presentate dalle parti.

L’Ufficio può non tener conto dei
fatti che le parti non hanno invocato o delle prove che esse non hanno
presentato in tempo utile».

17 Occorre ricordare che un ricorso
proposto dinanzi al Tribunale in forza dell’art. 63, n. 2, del regolamento n. 40/94 mira al sindacato della legittimità delle decisioni
delle commissioni di ricorso [v., in tal senso, sentenze del Tribunale 12
dicembre 2002, causa T-247/01, Copy/UAMI (ECOPY), Racc.
pag II-5301, punto 46, e 22 ottobre 2003, causa
T-311/01, Éditions Albert René/UAMI-Trucco (Starix), Racc. pag. II-0000, punto 70, e la giurisprudenza ivi citata].
Nell’ambito del regolamento n. 40/94, in applicazione dell’art. 74 del detto
regolamento, tale sindacato deve effettuarsi in base
all’ambito fattuale e giuridico della lite quale è stato presentato dinanzi
alla commissione di ricorso [v., per analogia, sentenza del Tribunale 5 marzo
2003, causa T-194/01, Unilever/UAMI (pasticca
ovoidale), Racc. pag. II-383,
punto 16].

18 Occorre del pari ricordare come dalla
continuità funzionale tra le varie istanze dell’UAMI
discenda che, nel settore di applicazione dell’art. 74 del regolamento n.
40/94, la commissione di ricorso è tenuta a fondare la sua decisione su tutti
gli elementi di fatto e di diritto presentati nella decisione impugnata dinanzi
ad essa e con riguardo a quelli presentati dalla parte o dalle parti nel
procedimento dinanzi all’unità che ha statuito in prima istanza, o, con la sola
riserva del n. 2 di tale disposizione, nella procedura di ricorso. In
particolare, la portata dell’esame che la commissione di ricorso è tenuta ad effettuare per quanto riguarda la decisione che costituisce
oggetto del ricorso non è, in via di principio, determinata esclusivamente dai
motivi invocati dalla parte o dalle parti nel procedimento dinanzi ad essa [v.,
in tal senso, sentenza del Tribunale 23 settembre 2003, causa T-308/01, Henkel/UAMI – LHS (UK) (KLEENCARE), Racc.
pag. II-0000, punti 29 e 32].

19 Per quanto attiene all’ambito
fattuale, dall’art. 74, n. 2, del regolamento n. 40/94 discende che spetta alle
parti fornire in tempo utile dinanzi all’UAMI gli elementi di fatto di cui esse
intendono avvalersi. Ne consegue che nessuna illegittimità
può essere rimproverata all’UAMI in base ad elementi di fatto che non sono
stati ad esso presentati.

20 Pertanto, elementi di fatto
invocati dinanzi al Tribunale senza essere stati prima presentati dinanzi ad
una delle istanze dell’UAMI devono essere respinti
[v., in tal senso, sentenza del Tribunale 5 marzo 2003, causa T-237/01, Alcon/UAMI – Dr. Robert Winzer Pharma (BSS), Racc. pag. II-411, punti 61 e 62,
confermata in seguito ad impugnazione con ordinanza della Corte 5 ottobre 2004,
causa C-192/03 P, Alcon/UAMI, Racc.
pag. I-0000; sentenze del Tribunale 6 marzo 2003, causa T-128/01, DaimlerChrysler/UAMI (Calandre), Racc.
pag. II-701, punto 18; 3 luglio 2003, causa T-129/01, Alejandro/UAMI – Anheuser-Busch
(BUDMEN), Racc. pag. II-2251,
punto 67; 4 novembre 2003, causa T-85/02, Díaz/UAMI –
Granjas Castelló
(CASTILLO), Racc. pag. II-0000,
punto 46, e 13 luglio 2004, causa T-115/03, Samar/UAMI
– Grotto (GAS STATION), Racc.
pag. II-0000, punto 13].

21 Per quanto attiene all’ambito
giuridico, va osservato che, in un procedimento relativo agli
impedimenti relativi di rifiuto, secondo il tenore stesso dell’art. 74, n. 1, in fine, del regolamento
n. 40/94, l’esame dell’UAMI è limitato ai motivi invocati e alle domande
presentate dalle parti. Così la commissione di ricorso, nel pronunciarsi su un
ricorso contro una decisione che conclude un
procedimento di opposizione, può fondare la propria decisione solo sugli
impedimenti relativi alla registrazione che la parte interessata ha invocato
nonché sui fatti e sulle prove ad essi afferenti presentati dalle parti [v.
sentenza del Tribunale 22 giugno 2004, causa T-185/02, Ruiz-Picasso
e a./UAMI – DaimlerChrysler (PICARO), non ancora
pubblicata nella Raccolta, punto 28, e la giurisprudenza ivi citata]. I criteri
di applicazione di un impedimento relativo di rifiuto
o di qualsiasi altra disposizione addotti a sostegno delle domande presentate
dalle parti costituiscono naturalmente parte degli elementi di diritto
presentati all’esame dell’UAMI. Va precisato, al riguardo, che una questione di
diritto può dover essere risolta dall’UAMI anche quando essa non è stata
sollevata dalle parti, se la soluzione di tale questione è necessaria per
garantire una corretta applicazione del regolamento n. 40/94 con riguardo ai
motivi e alle domande presentati dalle parti. Fa quindi del
pari parte degli elementi di diritto presentati dinanzi alla commissione
di ricorso una questione di diritto che deve necessariamente essere esaminata
per la valutazione dei motivi addotti dalle parti e per l’accoglimento o il
rigetto delle domande, anche se queste ultime non si sono espresse su tale
questione e anche se l’UAMI ha omesso di pronunciarsi su tale aspetto. Del
pari, se si sostiene che l’UAMI ha commesso un’irregolarità nell’esame delle
domande delle parti, quale, ad esempio, la violazione del principio del
contraddittorio, tale asserita irregolarità costituisce del
pari parte dell’ambito giuridico della causa.

22 Ne consegue che elementi di
diritto invocati dinanzi al Tribunale senza essere stati precedentemente
addotti dinanzi alle istanze dell’UAMI, qualora essi si riferiscano ad una
questione di diritto che non era necessaria per garantire una corretta
applicazione del regolamento n. 40/94 con riguardo ai motivi e alle domande
presentati dalle parti, non possono incidere sulla legittimità di una decisione
della commissione di ricorso relativa all’applicazione di un impedimento
relativo di rifiuto, in quanto essi non appartengono all’ambito giuridico della
lite quale è stato presentato dinanzi alla commissione di ricorso. Pertanto,
essi sono irricevibili. Per contro, quando una norma
di diritto deve essere rispettata o una questione di diritto deve essere
risolta per garantire una corretta applicazione del regolamento n. 40/94 con
riguardo ai motivi e alle domande presentati dalle parti, un elemento di
diritto in relazione a tale questione può essere
invocato per la prima volta dinanzi al Tribunale.

23 Si deve
infine precisare che siffatte norme di ricevibilità
quanto agli elementi di fatto si impongono anche all’UAMI o alle parti intervenienti ex art. 134 del regolamento di procedura che
agiscono dinanzi al Tribunale [v., per quanto riguarda elementi di prova
presentati da un interveniente, sentenza del Tribunale 18 febbraio 2004, causa
T-10/03, Koubi/UAMI – Flabesa
(CONFORFLEX), non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 52]. Per quanto
concerne gli elementi di diritto, gli intervenienti
sono soggetti alle stesse norme di ricevibilità dei
ricorrenti. Infatti, «il principio di parità delle armi» richiede che i
ricorrenti e gli intervenienti dinanzi al Tribunale dispongano degli stessi mezzi.

24 Nella specie, si può rilevare che
la ricorrente non ha presentato osservazioni dinanzi alla commissione di
ricorso. L’UAMI sostiene che il Tribunale non può più esaminare le questioni
non soggette all’esame della commissione di ricorso, relative
all’identità dei prodotti di cui trattasi, ai territori per i quali la prova di
una seria utilizzazione dei marchi precedenti è stata fornita, alla pertinenza
dei territori considerati per l’analisi e alla mancanza di somiglianza visiva
tra i segni in conflitto. Per le ragioni esposte sopra al
punto 18, tale argomento deve essere respinto.

25 Occorre infatti
osservare che tali questioni facevano parte dell’ambito fattuale e giuridico
dinanzi alla commissione di ricorso. Tutte queste questioni sono state
esaminate dalla divisione di opposizione nella sua
decisione, replicando agli argomenti delle parti o di propria iniziativa,
poiché tali questioni dovevano essere obbligatoriamente risolte per statuire
sull’opposizione. Pertanto, la commissione di ricorso ha necessariamente
basato, o avrebbe potuto basare, la sua decisione alla luce di tutti gli
elementi di fatto e di diritto che hanno portato alla decisione impugnata
dinanzi ad essa. Siffatte questioni possono quindi
essere discusse nel merito dinanzi al Tribunale.

26 Per contro, per quanto concerne
l’accentuato carattere distintivo dei marchi precedenti, tanto intrinseco
quanto a causa della loro notorietà, invocato dalla ricorrente, si deve
constatare che, alla luce del fascicolo di procedura dinanzi all’UAMI, la
ricorrente non ha mai fatto valere tale accentuato carattere distintivo dinanzi
all’UAMI stesso, dinanzi alla divisione di opposizione
oppure, a fortiori, dinanzi alla commissione di ricorso, poiché la ricorrente
non era presente dinanzi a quest’ultima.

27 A questo proposito, la Corte ha considerato che il
carattere distintivo del marchio precedente, in particolare la sua notorietà, deve essere considerato quando si valuta il rischio di
confusione (sentenza della Corte 29 settembre 1998, causa C-39/97, Canon, Racc. pag. I-5507, punto 24 e dispositivo). In detta sentenza la Corte ha fornito
l’interpretazione esatta dell’art. 4, n. 1, lett. b), della direttiva del
Consiglio 21 dicembre 1988, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati
membri in materia di marchi d’impresa (GU L 40, pag.
1), il cui testo è ampiamente analogo a quello dell’art. 8, n. 1, lett. b), del
regolamento n. 40/94. Peraltro, nel settimo ‘considerando’ del regolamento n.
40/94 si afferma che la valutazione del rischio di confusione dipende, in
particolare, dalla «notorietà del marchio di impresa
sul mercato».

28 Tuttavia, a differenza di detta
direttiva, il legislatore ha inserito nel regolamento n. 40/94 le norme
sull’attività dell’amministrazione competente in materia di marchi, nonché sui diritti e sugli obblighi delle persone intervenienti dinanzi a tale amministrazione. Così,
conformemente all’art. 74, n. 1,
in fine, dello stesso regolamento, l’esame in materia di impedimenti relativi di rifiuto è limitato ai motivi e
alle domande delle parti. Conformemente all’art. 74, n. 2, dello stesso
regolamento, l’UAMI può non tener conto dei fatti che le parti non hanno
invocato o delle prove da esse non prodotte
tempestivamente. Poiché l’invocazione dell’accentuato carattere distintivo
costituisce un motivo misto di fatto e di diritto, una
distinzione deve essere effettuata a seconda che l’UAMI sia in grado o meno di
statuire sulle domande delle parti alla luce dei documenti da esse presentati.

29 Per quanto attiene, in primo
luogo, al carattere distintivo risultante dalla notorietà dei marchi
precedenti, va rilevato che tale carattere è esclusivamente invocato dalla
ricorrente in occasione della valutazione del rischio di
confusione in forza dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94.

30 Con riguardo all’art. 74 del
regolamento n. 40/94, è compito dell’UAMI esaminare qualsiasi motivo relativo al carattere distintivo di un marchio a causa della
sua notorietà. Per contro, in mancanza di qualsiasi invocazione ad opera di una parte tanto della notorietà dei marchi
precedenti quanto delle prove addotte a sostegno di tale notorietà, non si può
rimproverare all’UAMI di non essersi pronunciato, d’ufficio, su tale aspetto. Infatti, da un lato, essendo la notorietà di un marchio a priori
puramente congetturale, tocca alle parti precisare sufficientemente la loro
domanda per consentire all’UAMI di statuire pienamente sulle loro pretese.
D’altro lato, la valutazione della notorietà si basa in linea di principio su
elementi di fatto che spetta alle parti fornire. Quando la parte che ha
presentato l’opposizione intende avvalersi del fatto che il suo marchio è ben
noto, essa è tenuta ad addurre gli elementi di fatto
e, se occorre, di prova che consentano all’UAMI di verificare la materialità di
tale affermazione [sentenza del Tribunale 22 giugno 2004, causa T-66/03, «Drie Mollen sinds 1818»/UAMI – Nabeiro Silveira (Galáxia), non ancora
pubblicata nella Raccolta, punto 32].

31 Si deve
quindi considerare che l’UAMI non era tenuto ad esaminare la notorietà dei
marchi precedenti di cui trattasi. Infatti, tale notorietà non faceva parte
della domanda di opposizione che gli era stata
presentata. Il motivo della ricorrente relativo alla
notorietà dei suoi marchi precedenti e gli atti ivi relativi devono quindi
essere dichiarati irricevibili.

32 Per quanto concerne, in secondo
luogo, il carattere distintivo intrinseco di un marchio precedente, occorre
invece constatare che l’UAMI era tenuto ad esaminare, eventualmente d’ufficio, tale elemento a seguito di una domanda di opposizione. Infatti, a differenza della notorietà, la valutazione del
carattere distintivo intrinseco non implica alcun elemento di fatto che le
parti dovrebbero presentare. Inoltre, tale valutazione non è subordinata alla
presentazione ad opera delle parti di motivi o di
argomenti volti a provare tale carattere distintivo intrinseco, in quanto
l’UAMI è in grado, da solo, di individuare e di valutare la sua esistenza
tenuto conto del marchio precedente su cui si basa l’opposizione.

33 Ne consegue,
nella specie, che il carattere distintivo intrinseco dei marchi precedenti
della ricorrente all’atto dell’analisi del rischio di confusione faceva parte
degli elementi di diritto necessari per garantire una corretta applicazione del
regolamento n. 40/94 tenuto conto della domanda e dei motivi presentati dalla
ricorrente dinanzi all’UAMI. Di conseguenza, l’argomento della
ricorrente ivi relativo deve essere esaminato nel merito.

34 Per quanto concerne, infine, gli
elementi di fatto presentati per la prima volta dinanzi al Tribunale, l’UAMI
non ha individuato allegati del ricorso che siano
relativi ad un aspetto diverso dalla notorietà dei marchi precedenti già sopra
respinto. Tuttavia, dal fascicolo risulta che gli
allegati A 7 e A 8, che mirano a provare che l’evocazione del concetto di houligan da parte dei marchi precedenti OLLY GAN è già
stata rilevata, sono volti in particolare a dimostrare l’erroneità della
valutazione della commissione di ricorso secondo cui i marchi di cui trattasi
sono concettualmente diversi. Anche se tali allegati
sostengono la critica degli elementi di fatto e di diritto contenuti nella
decisione impugnata, essi non sono stati presentati all’UAMI. Pertanto, tali
allegati non fanno parte dell’ambito fattuale portato all’esame della
commissione di ricorso e sono quindi irricevibili.

35

Del pari, va respinto l’elemento di
fatto nuovo addotto dagli intervenienti, cioè il risultato di una ricerca sul sito Internet Google, poiché tale elemento non è stato presentato durante
la procedura amministrativa dinanzi all’UAMI. Va del pari
respinta l’affermazione degli intervenienti
secondo la quale il marchio richiesto usufruirebbe di un carattere distintivo
elevato a causa del suo uso intenso, poiché tale argomento non è stato addotto
dinanzi all’UAMI.

Nel merito

Argomenti delle parti

36 Secondo la ricorrente, è pacifico
che i prodotti considerati dai marchi in conflitto
sono identici.

37 Essa osserva che i segni in
conflitto presentano una certa somiglianza visiva, poiché entrambi contengono le lettere «ol» e
terminano con la sillaba «gan».

38 Essa fa valere che tali segni sono
foneticamente identici o molto simili. Contesta la
pertinenza delle pronunce fornite dai dizionari francese e spagnolo citati
dalla commissione di ricorso in quanto, da un lato, la parola francese è «houligan» e, d’altro lato, il carattere accademico di tali
pronunce è inadeguato per una parola comune, persino familiare. Il pubblico
pertinente, vale a dire i consumatori medi, in particolare
francesi, spagnoli e portoghesi, non sarebbe, in una misura abbastanza
ampia, anglofono. Di conseguenza, non sarebbe
evidente che egli sappia pronunciare correttamente la parola «hooligan» e ne conosca l’ortografia. Inoltre, coloro che fra
tali consumatori parlano inglese lo farebbero con un accento latino assai
pronunciato che cancella le differenze tra la pronuncia dei segni verbali in
conflitto concernenti l’«h» aspirata, la doppia «o» o
la pausa tra le parole «Olly» et
«Gan». I due segni in conflitto avrebbero quindi una
pronuncia assai simile.

39 Essa adduce
che i segni in conflitto sono concettualmente identici o molto simili. A causa
della loro somiglianza fonetica, i segni farebbero riferimento necessariamente
allo stesso concetto di houligan.

40 Essa osserva che, conformemente
alla giurisprudenza e ai testi normativi, il rischio di confusione è tanto più
elevato quanto più il carattere distintivo intrinseco del marchio precedente risulti accentuato. Orbene, i marchi precedenti in esame
avrebbero un forte carattere distintivo intrinseco.

41 Tenuto conto del fatto che il consumatore medio
ha soltanto raramente l’occasione di procedere ad un confronto diretto dei
marchi in conflitto, il rischio di confusione sarebbe provato [sentenza del
Tribunale 15 gennaio 2003, causa T-99/01, Mystery Drinks/UAMI
– Karlsberg Brauerei
(MYSTERY), Racc. pag. II-43].

42 L’UAMI osserva,
ad abundantiam tenuto conto dell’eccezione di irricevibilità opposta all’argomento relativo alla
somiglianza visiva dei segni in conflitto, che tali segni sono diversi, a parte
i soli elementi «ol» e «gan».

43 Gli intervenienti
deducono che non vi è somiglianza visiva tra i segni di cui trattasi. Il
marchio richiesto sarebbe composto da un’unica parola
e possiederebbe la doppia «o» come elemento dominante, mentre i marchi
precedenti sarebbero composti da due parole e possiederebbero l’elemento «oll» come elemento dominante.

44 L’UAMI adduce che i segni in conflitto sono foneticamente diversi. La parola inglese «hooligan» sarebbe
compresa in tutta la Comunità
e, in particolare, in Francia, paese nel quale è
entrata nella lingua, principalmente a causa del suo impiego nel settore
calcistico. Tale parola sarebbe caratterizzata dalla pronuncia inglese o,
quantomeno, da una pronuncia poco diversa. Così,
evidenti differenze uditive esisterebbero tra i segni in conflitto, in
particolare quanto alla pronuncia della prima sillaba e alla pausa tra le due
parole che costituiscono i marchi precedenti.

45 Gli intervenienti
affermano che non vi è nemmeno una somiglianza fonetica. La parola «hooligan»
sarebbe nota e corrente in Francia, anche con una grafia leggermente diversa, nonché in Spagna e sarebbe pronunciata correttamente
all’inglese. Così, i termini «hooligan» e «Olly Gan» sarebbero costituiti da
serie vocaliche diverse, vale a dire rispettivamente [u-i-ä] e [o-i-a], e
recherebbero un accento tonico in un punto diverso, vale a dire,
rispettivamente, sulla prima sillaba e sulla seconda parola. Inoltre, la pausa
tra le due parole che compongono i marchi precedenti costituirebbe una
differenza fonetica sufficiente.

46 Secondo l’UAMI,
essendo i marchi precedenti privi di significato, qualsiasi somiglianza
concettuale tra i segni in conflitto sarebbe esclusa. Infatti, a causa della conoscenza
della parola «hooligan», anzi «houligan», e delle
differenze visive e fonetiche tra i marchi di cui trattasi, il pubblico
pertinente non potrebbe confondere la parola
«hooligan» con i termini «Olly Gan»
[sentenza del Tribunale 14 ottobre 2003, causa T-292/01, Phillips-Van
Heusen/UAMI – Pash Textilvertrieb und Einzelhandel (BASS), non ancora pubblicata nella Raccolta].

47 Secondo gli intervenienti,
non vi è somiglianza concettuale tra i marchi di cui trattasi. OLLY GAN sarebbe
percepito come un nome e un cognome maschile e sarebbe inteso come il nome di
un «designer», prassi corrente nel settore della moda,
il che escluderebbe altre associazioni. Per contro, la parola «hooligan» sarebbe largamente usata nei testi francese,
italiano, portoghese e spagnolo. Pertanto, sarebbe esclusa qualsiasi confusione
concettuale.

48 L’UAMI sostiene
che, dato che si deve tener conto soltanto di un carattere distintivo medio dei
marchi precedenti, le differenze fra i segni in conflitto escluderebbero qualsiasi
rischio di confusione (sentenza MYSTERY, supra, punto 41).

49 Gli intervenienti
negano il fatto che i marchi precedenti siano
particolarmente noti.

Giudizio del Tribunale

50 Ai sensi dell’art. 8, n. 1, lett.
b), del regolamento n. 40/94, in seguito all’opposizione del titolare di un
marchio anteriore, il marchio richiesto è escluso
dalla registrazione se, a causa dell’identità o della somiglianza di detto
marchio col marchio anteriore e dell’identità o somiglianza dei prodotti o
servizi per i quali i due marchi sono stati richiesti, sussiste un rischio di
confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è
tutelato.

51 Per giurisprudenza costante, il
rischio di confusione quanto all’origine commerciale dei prodotti o dei servizi
deve essere valutato complessivamente secondo la
percezione che il pubblico pertinente ha dei segni e dei prodotti o servizi di
cui trattasi e tenendo conto di tutti i fattori caratterizzanti il caso di
specie, in particolare dell’interdipendenza tra la somiglianza dei segni e
quella dei prodotti o servizi designati [v. sentenza del Tribunale 9 luglio
2003, causa, T-162/01, Laboratorios RTB/UAMI –
Giorgio Beverly Hills (GIORGIO BEVERLY HILLS), Racc. pag. II-2821, punti 29-33, e
la giurisprudenza ivi citata].

52 Quanto alla definizione del
pubblico pertinente nel caso di specie, tutte le parti concordano nel
considerare che esso è costituito, quanto meno, dai
consumatori medi francesi e portoghesi.

53 Va constatato inoltre che
l’identità dei prodotti considerati dai marchi di cui trattasi non è contestata
dinanzi al Tribunale.

54 Quanto alla somiglianza dei segni
in conflitto, dalla giurisprudenza risulta che la
valutazione globale del rischio di confusione, per quanto concerne la
somiglianza visiva, uditiva o concettuale dei segni di cui trattasi, deve
essere basata sull’impressione complessiva prodotta da questi, tenuto conto, in
particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti (sentenze della Corte 11
novembre 1997, causa C-251/95, SABEL, Racc. pag.
I-6191, punto 23, e 22 giugno 1999, causa C-342/97, Lloyd Schuhfabrik Meyer, Racc. pag. I-3819, punto 25). Si deve del pari, all’atto della determinazione
del loro grado di somiglianza visiva, uditiva e concettuale, valutare, se del
caso, l’importanza che va attribuita a detti vari elementi, tenendo conto della
categoria dei prodotti o servizi di cui trattasi e delle condizioni nelle quali
essi sono messi in commercio (sentenza Lloyd Schuhfabrik Meyer, cit., punto 27).

55 Nel caso di specie, per quanto
concerne anzitutto la somiglianza visiva dei segni in conflitto, la commissione
di ricorso ha confermato la valutazione della divisione di opposizione
secondo la quale tali segni erano visualmente diversi
(punto 20 della decisione impugnata). La ricorrente si limita a sostenere che i
segni in conflitto hanno in comune le lettere «ol» e
la sillaba finale «gan».

56 Occorre osservare che la
somiglianza visiva si limita agli elementi comuni addotti dalla ricorrente. Per
contro, i segni in conflitto presentano differenze visive significative.
I marchi precedenti sono costituiti da due parole, cominciano con una «o» e
contengono una doppia «l» e una «y». Il marchio richiesto è costituito da una
sola parola, comincia con una « h » e contiene una doppia «o» e una «i». Si
deve quindi concludere che la commissione di ricorso
ha giustamente ritenuto che i segni in conflitto sono visualmente
diversi.

57 Per quanto concerne
inoltre la somiglianza fonetica dei segni in conflitto, la commissione di
ricorso ha ritenuto che la loro pronuncia era diversa secondo i dizionari
spagnolo e francese. All’udienza, l’UAMI ha sostenuto che le commissioni di
ricorso avevano una conoscenza «interna» della pronuncia in varie lingue a
causa delle varie cittadinanze dei suoi membri. La
commissione di ricorso ha rilevato del pari che, poiché i consumatori medi
francesi e portoghesi conoscevano il significato della parola «hooligan», in relazione al football, essi ne conoscevano anche la
pronuncia. La pausa fra le parole, presente nella pronuncia dei marchi
precedenti e mancante in quella del marchio richiesto, costituirebbe anche una
differenza fonetica (punti 21 e 22 della decisione impugnata).

58 Si deve
osservare che la pronuncia da parte del consumatore medio di una parola di una
lingua straniera nella sua lingua materna difficilmente può essere stabilita
con sicurezza. In primo luogo, non è certo che tale parola sia riconosciuta
come straniera, soprattutto quando, poiché nella specie si tratta del
consumatore francese, essa è stata trasformata secondo la grafia della lingua di arrivo. Così, la parola inglese «hooligan»
presenta in francese la forma «houligan». In secondo
luogo, anche se l’origine straniera della parola di cui trattasi è
riconosciuta, la sua pronuncia non è necessariamente quella della lingua di origine. Infatti, una pronuncia corretta secondo la
lingua di origine implica non solo la conoscenza di
tale pronuncia, ma anche la capacità di pronunciare la parola in questione con
l’accento corretto. In terzo luogo, in occasione della valutazione di un
rischio di confusione, occorrerebbe anche stabilire
che una parte maggioritaria del pubblico pertinente ha tale capacità.

59 A questo proposito, i dizionari della
lingua del pubblico pertinente possono, in linea di principio, essere
considerati tanto dalla prima istanza dell’UAMI quanto
dalle commissioni di ricorso, anche senza essere stati presentatati alle parti,
poiché essi costituiscono, a priori, elementi notori. Tali dizionari forniscono
una pertinente indicazione della pronuncia corretta della parola di cui
trattasi nella lingua di arrivo, anche se nulla
garantisce che tale pronuncia corretta sia quella realmente praticata nella
lingua corrente. Peraltro, la conoscenza che possiedono
le varie istanze dell’UAMI a causa delle varie cittadinanze dei suoi agenti o
membri può, eventualmente, confermare gli elementi volti a definire la
pronuncia del consumatore medio.

60 Per quanto concerne
la conoscenza fonetica della parola «hooligan» da parte del pubblico pertinente,
la commissione di ricorso ha giustamente potuto considerare che tale pubblico
conosceva tale parola a causa del suo uso corrente nel settore calcistico. Essa
ha del pari giustamente ritenuto che la prima sillaba di tale parola sarebbe a priori pronunciata in francese «ou».
La commissione di ricorso poteva validamente considerare che il consumatore
francese conosceva o il termine inglese «hooligan» e
la pronuncia di base ad esso associata, o il termine francese «houligan» quale figura nel dizionario francese cui si fa
riferimento nella decisione impugnata. Infatti, la parte del pubblico
pertinente francese che non conosce la parola francese e che pronuncia la
parola inglese alla francese malgrado la sua origine
manifestamente straniera è, all’inverso, probabilmente ridotta. Pertanto, anche
se le vocali «ou» e «o» sono simili, esse
costituiscono una differenza fonetica fra i marchi in conflitto. Quanto per
contro al consumatore portoghese, la validità della tesi della commissione di ricorso è sminuita dal fatto che essa si è basata, a
torto, su un dizionario spagnolo, senza pertinenza rispetto alla lingua parlata
da detto consumatore. Peraltro, la commissione di ricorso ha sottolineato,
giustamente, che il fatto che i marchi precedenti fossero costituiti da due
parole, mentre il marchio richiesto era formato da una sola parola, costituiva
del pari una differenza fonetica pertinente fra i marchi in conflitto.

61 Tuttavia, va rilevato che nulla indica che le sillabe «li» del marchio richiesto e «ly» dei marchi precedenti siano pronunciati diversamente
dal pubblico pertinente. Del pari, quale che sia la
maniera di pronunciarla, la sillaga «gan», comune ai marchi in conflitto, sarà percepita
identica dal pubblico pertinente. Nulla indica nemmeno che l’iniziale «h» del
marchio richiesto e la differenza oggettiva di accento
tonico quando i marchi in conflitto sono pronunciati in inglese consentano al
pubblico pertinente, francese e portoghese, di differenziare foneticamente i marchi in conflitto quali pronunciati da
detto pubblico.

62
In
conclusione, prevalendo le somiglianze fonetiche sulle differenze, i marchi HOOLIGAN e OLLY GAN presentano una somiglianza fonetica per
il pubblico pertinente. La commissione di ricorso ha quindi commesso un errore
di valutazione considerando che i segni in conflitto sono,
per i consumatori medi francesi e portoghesi, foneticamente
diversi.

63 Per quanto concerne, infine, la
somiglianza concettuale dei segni in conflitto, la commissione di ricorso ha
considerato che, essendo tale somiglianza basata, nella decisione della
divisione di opposizione, soltanto sulla somiglianza
fonetica, la mancanza di quest’ultima somiglianza
comportava il rigetto di qualsiasi somiglianza concettuale.

64 Dato che tale ragionamento parte
da una premessa che sopra è stata considerata erronea, si deve constatare del
pari che la decisione impugnata è errata su tale punto.

65 Tuttavia, la conclusione della
commissione di ricorso secondo la quale i marchi in
conflitto sono concettualmente diversi è giusta.

66 È evidente, da un lato, che il
marchio richiesto è intrinsecamente basato sul concetto di houligan.
Peraltro, è pacifico che tale concetto è conosciuto dai consumatori medi
francesi e portoghesi, in particolare a causa del suo uso nel settore calcistico.
Pertanto, il marchio richiesto sarà compreso e assimilato in tal senso dal
pubblico pertinente. D’altro lato, i termini dei marchi precedenti non hanno a priori alcun significato e fanno riferimento in primo
luogo a un nome e a un cognome. Quest’ultimo concetto
è largamente diffuso nel settore dell’abbigliamento e sarà quindi pienamente
assimilato dal pubblico pertinente, di modo che i marchi precedenti saranno
memorizzati in tal senso. Non è che indirettamente, e
strettamente da un punto di vista fonetico, che un’associazione può
eventualmente essere fatta, nel pubblico pertinente, fra i marchi precedenti e
il concetto di houligan. Tale associazione si
baserebbe tuttavia su una confusione preliminare dei marchi in conflitto a
causa della loro somiglianza fonetica. Orbene, la percezione visiva dei marchi
precedenti stabilirà immediatamente una distanza tra il concetto di houligan e tali marchi. A questo proposito, la commissione
di ricorso ha correttamente ritenuto che, in genere, l’acquisto di un articolo di abbigliamento implica l’esame visivo dei marchi (punto 23
della decisione impugnata). Il consumatore medio memorizzerà quindi i marchi
precedenti secondo il concetto del nome e del cognome.

67 A questo stadio dell’iter logico
seguito, va esaminato l’argomento della ricorrente secondo il
quale i marchi precedenti sono dotati di un accentuato carattere
distintivo intrinseco. Come si è sopra rilevato, i marchi precedenti sono
congegnati secondo un sistema che sarà compreso dal pubblico pertinente come
l’associazione di un nome e di un cognome. Tale concetto è comune nel settore
dell’abbigliamento. Inoltre, nulla indica che il nome e il cognome scelti possano essere considerati particolarmente significativi
agli occhi del pubblico pertinente. Non si può quindi affermare che i marchi
precedenti abbiano un intrinseco carattere distintivo accentuato.

68 Pertanto, nell’ambito della
valutazione globale della somiglianza dei segni in
conflitto, va considerato che la commissione di ricorso a giusto titolo ha concluso,
malgrado l’errore di valutazione per quanto concerne la mancanza di somiglianza
fonetica, che la differenza visiva tra questi e la mancanza di somiglianza
concettuale comportano una mancanza di somiglianza fra detti segni.

69 Nell’ambito della valutazione
complessiva dei marchi in conflitto, la commissione di ricorso ha quindi
correttamente concluso, al punto 23 della decisione
impugnata, che il pubblico pertinente non sarà indotto a confondere il marchio
richiesto con i marchi precedenti, in particolare nel settore
dell’abbigliamento.

70 Alla luce di quanto precede, si
deve respingere il ricorso.

Sulle spese

71 Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del
regolamento di procedura, la parte che soccombe è condannata alle spese, se ne è stata fatta domanda. La ricorrente, essendo rimasta
soccombente, va condannata alle spese, conformemente alle conclusioni dell’UAMI
e degli intervenienti.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

dichiara e statuisce:

1) Il ricorso è respinto.

2) La ricorrente è condannata alle
spese.

Firme