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Wednesday 10 March 2004

Condannata la RAI per pubblicità occulta. TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL LAZIO SENTENZA 2020/2004

Condannata la RAI per pubblicità occulta

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL LAZIO – SENTENZA 2020/2004

Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, sezione I

composto dai signori:

Corrado Calabrò Presidente

Germana Panzironi Consigliere

Davide Soricelli Primo Referendario, estensore

ha pronunciato la seguente

sentenza

sul ricorso n. 15371 del 1996 R.G., proposto da RAI Radiotelevisione italiana s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Carlo Pandiscia, presso il cui studio in Roma, via dei Prefetti n. 17, è elettivamente domiciliata

contro

Autorità garante della concorrenza e del mercato, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocatura generale dello Stato, presso la cui sede in Roma, via dei Portoghesi n. 12, è domiciliata ex lege

per l’annullamento

del provvedimento n. 24450 (PI/801) del 27 agosto 1996 [1] e di ogni altro atto presupposto, connesso e/o conseguente.

Visto il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’amministrazione intimata;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore alla udienza pubblica del 10 dicembre 2003 il Primo Referendario Davide Soricelli; uditi altresì l’avvocato Pandiscia per la ricorrente e l’avvocato Arena per l’amministrazione intimata;

FATTO e DIRITTO

1. Con il provvedimento impugnato, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha ritenuto che alcune sequenze dei programmi televisivi “Sanremo giovani” (puntate del 7-11-95 e del 8-11-95) e “Mille lire al mese” (puntate del 20-1-96 e del 10-2-96) costituissero pubblicità ingannevole ai sensi degli articoli 1, comma 2, e 2, lett. b), con riferimento agli articoli 3, lett. a) e 4, comma 1 del d.lgs. 25 gennaio 1992, n. 74; pertanto ne vietava l’ulteriore diffusione.

2. La Rai Radiotelevisione italiana s.p.a. ha proposto il ricorso in esame con cui denuncia che il provvedimento dell’Autorità è illegittimo in quanto le sequenze contestate non erano riconducibili ad una fattispecie di pubblicità occulta.

3. L’amministrazione intimata si è costituita e resiste al ricorso.

4. Il ricorso è infondato e pertanto deve essere respinto.

5. Ai fini di una migliore comprensione della decisione è opportuno descrivere brevemente le sequenze qualificate come pubblicità occulta dall’atto impugnato.

Il contesto è costituito da due trasmissioni televisive, “Sanremo giovani” (puntate del 7-11-95 e del 8-11-95) e “Mille lire al mese” (puntate del 20-1-96 e del 10-2-96). Durante tali programmi sono state trasmesse “telepromozioni” dell’acqua minerale “San Benedetto”.

In ciascuna puntata la pubblicità – identificata come tale dalla dicitura “messaggio promozionale” – era introdotta da dialoghi dei presentatori; tali dialoghi – al di là delle differenze – sono stati ritenuti dall’Autorità “pubblicità occulta” in quanto avevano un chiaro contenuto promozionale e non erano “accompagnati” da accorgimenti tecnici di evidente percezione che ne evidenziassero la natura promozionale (la dicitura “messaggio promozionale” compariva infatti solo in un secondo tempo cioè al momento dell’inizio del messaggio pubblicitario vero e proprio). A ciò si aggiunge che l’affermazione circa il carattere “vitaminico” dell’acqua fatta dai conduttori è stata ritenuta – in difetto di prova della sussistenza di tale proprietà – ingannevole.

6. La ricorrente contesta le conclusioni dell’Autorità, sostenendo che gli elementi in base ai quali essa ha ritenuto, in mancanza di prova del rapporto di committenza (l’accordo contrattuale aveva infatti ad oggetto la sola trasmissione del messaggio pubblicitario), la natura pubblicitaria della “battute” volte a introdurre la pubblicità sono privi di gravità, precisione e concordanza; essa sostiene infatti che i presentatori si sarebbero limitati a introdurre in modo scherzoso e con battute improvvisate il messaggio pubblicitario in modo da evitare che il suo improvviso e meccanico inserimento nel contesto della trasmissione ingenerasse nel pubblico impreparato l’effetto di rifiuto del filmato dello sponsor e alterasse l’armonico svolgimento del programma. In questo quadro le battute in questione sono pienamente giustificate da naturali esigenze “artistico – narrative” e di ritmo del programma. In definitiva – come si legge nella memoria depositata il 1° dicembre 2003 – l’Autorità avrebbe dovuto escludere la natura pubblicitaria dei passaggi in questione, rivestendo essi carattere meramente artistico, e comunque applicare la regola secondo cui nel dubbio deve comunque prevalere la salvaguardia della libera manifestazione del pensiero.

Quanto infine all’affermazione circa la “vitaminicità” dell’acqua, sostiene la ricorrente che essa non sarebbe idonea a trarre in inganno gli spettatori: si tratta infatti di “una frase pronunciata tra le altre nel corso di un’improvvisazione di un presentatore in diretta televisiva, che l’Autorità avrebbe dovuto esaminare nell’esatto contesto artistico”; d’altro canto il parametro delle decisioni in materia di pubblicità ingannevole è quello del “consumatore medio, dovendosi assumere che un minimo di attenzione, capacità critica e facoltà intellettive, ben possa essere preteso da qualsiasi destinatario della pubblicità”.

7.1 Le argomentazioni della ricorrente non sono fondate.

E’ opportuno premettere che la giurisprudenza di questo Tribunale ha più volte affermato che in materia di pubblicità “occulta” è possibile pervenire alla individuazione dello scopo promozionale sulla base di elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti, anche in mancanza della prova storica del rapporto di committenza, che solo eccezionalmente può essere acquisita essendo nella esclusiva disponibilità delle parti. Nel caso di specie, l’atto impugnato si fonda su elementi che hanno i prescritti caratteri di gravità precisione e concordanza, cosicchè la valutazione compiuta dall’Autorità, che in generale è sindacabile in sede di legittimità solo sotto il profilo dell’eccesso di potere, con conseguente limitazione del sindacato del giudice amministrativo ai profili di logicità, congruità, ragionevolezza, completezza dell’istruttoria e sufficienza della motivazione, appare immune da vizi.

7.2. Né gli argomenti della ricorrente circa il carattere di improvvisato dialogo avente una insindacabile connotazione artistica delle battute di cui si tratta sono tali da infirmare le conclusioni dell’Autorità. Non si vuole contestare che la difesa dei consumatori debba essere resa compatibile con la salvaguardia della libertà di divulgazione del pensiero; tale distinzione è tuttavia netta sul piano logico cosicchè, quando un messaggio ha lo scopo di influire sul comportamento economico dei consumatori, deve conformarsi alla disciplina specifica in materia di pubblicità e l’invocazione della libertà di manifestazione del pensiero non vale a derogare a tale disciplina (così T.A.R. Lazio, sezione I, 28 marzo 2002, n. 2638).

7.3. Nel caso in esame gli elementi su cui si basa la qualificazione dei dialoghi contestati come messaggio pubblicitario da parte dell’Autorità (l’intrinseco contenuto delle affermazioni, la loro intima connessione con il messaggio promozionale che inizia subito dopo, senza soluzione di continuità, la loro evidente funzione di preparare lo spettatore a ricevere il successivo messaggio pubblicitario, peraltro ammessa dalla stessa ricorrente) appaiono solidi e convincenti; la valutazione compiuta al riguardo è poi congruamente motivata e immune da vizi logici.

Mutatis mutandis, considerazioni simili valgono per la valutazione circa l’ingannevolezza dell’affermazione del carattere vitaminico dell’acqua. Anche in questo caso il giudizio dell’Autorità – secondo cui quest’affermazione (a differenza di quella circa la miracolosità dell’acqua, che è stata invece giudicata una “iperbole pubblicitaria”) per la sua valenza definitoria di una caratteristica del prodotto ha idoneità ingannatoria, in mancanza di prova circa la sua veridicità – risulta immune da vizi logici.

Nello stesso tempo la tesi sostenuta nella memoria della ricorrente circa l’inidoneità delle battute sulla vitaminicità dell’acqua a trarre in inganno un consumatore medio dotato di un minimo di attenzione, capacità critica e facoltà intellettive è priva di fondamento.

Tale tesi appare in contrasto coi canoni generali di trasparenza, veridicità e correttezza della pubblicità fissati nell’articolo 1 del d.lgs. 25 gennaio 1992, n. 74 [2]; d’altra parte tale decreto non fissa una soglia media di protezione del consumatore, nel senso che sarebbe tutelato solo un ideale consumatore dotato di media cultura, senso critico etc. … Il limite della protezione è invece costituito dalla idoneità del messaggio a trarre in errore il destinatario pregiudicandone il comportamento economico: nella relativa valutazione l’Autorità deve tra l’altro avere riguardo a “caratteristiche dei beni o dei servizi, quali la loro disponibilità, la natura, l’esecuzione, la composizione, il metodo e la data di fabbricazione o della prestazione, l’idoneità allo scopo, gli usi, la quantità, la descrizione, l’origine geografica o commerciale, o i risultati che si possono ottenere con il loro uso, o i risultati e le caratteristiche fondamentali di prove o controlli effettuati sui beni o sui servizi”.

Nel caso in esame il messaggio pubblicitario – tra l’altro non percepibile come tale e pertanto particolarmente “insidioso” – attribuiva una specifica qualità al prodotto, cosicchè, dato il contesto, il destinatario del messaggio avrebbe potuto ragionevolmente pensare che tale qualità fosse reale; correttamente quindi l’Autorità, in mancanza di riscontri della sussistenza della qualità in questione, ha ritenuto la relativa affermazione ingannevole.

8. Conclusivamente il ricorso dev’essere respinto. Sussistono giusti motivi per compensare interamente tra le parti le spese della presente fase del giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, sezione I, definitivamente pronunciandosi sul ricorso in epigrafe, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma il 10 dicembre 2003.

Corrado Calabrò, Presidente

Davide Soricelli, Primo Referendario estensore

Segretario