Imprese ed Aziende

Thursday 11 September 2003

Concorrenza. Se la normativa nazionale è in contrasto con le regole comunitarie l’ Antitrust ha il potere-dovere di disapplicarla. Corte di Giustizia Europea – sentenza 9 settembre 2003

Concorrenza. Se la normativa nazionale è in contrasto con le regole comunitarie lAntitrust ha il potere-dovere di disapplicarla

Corte di Giustizia Europea sentenza 9 settembre 2003

Presidente Iglesias relatore Wathelet

Ricorrente Consorzio Industrie Fiammiferi

Causa C-198/01 «Diritto della concorrenza – Legislazione nazionale anticoncorrenziale – Potere dellautorità nazionale garante della concorrenza di dichiarare inapplicabile una tale legislazione – Condizioni di non imputabilità alle imprese delle condotte anticoncorrenziali»

1. Con ordinanza 24 gennaio 2001, pervenuta nella cancelleria della Corte l11 maggio successivo, il Tar per il Lazio ha presentato, ai sensi dellarticolo 234 CE, due questioni pregiudiziali sullinterpretazione dellarticolo 81 CE.

2. Tali questioni sono state proposte nellambito di un ricorso presentato dal Consorzio Industrie Fiammiferi, il consorzio italiano dei produttori nazionali di fiammiferi (in prosieguo: il «CIF»), contro la decisione 13 luglio 2000 dellAutorità Garante della Concorrenza e del Mercato (in prosieguo: l«Autorità») che dichiarava in contrasto con gli articoli 10 CE e 81 CE la normativa che istituisce il CIF e ne disciplina il funzionamento, affermava che il CIF e le imprese che ne erano membri (in prosieguo: le «imprese consorziate») avevano violato larticolo 81 CE a causa della ripartizione delle quote di produzione e ingiungeva loro di porre fine alle violazioni constatate.

Diritto nazionale

3. Con Regio Decreto 11 marzo 1923, n. 560 (in prosieguo: il «Regio Decreto»), il legislatore italiano introduceva una nuova disciplina della fabbricazione e della vendita di fiammiferi, istituendo un consorzio tra i produttori nazionali di fiammiferi, il CIF. Il decreto affidava al consorzio un monopolio commerciale che consisteva nel diritto esclusivo di fabbricazione e vendita dei fiammiferi necessari al fabbisogno del mercato nazionale italiano.

4. Inoltre, al CIF venivano assegnate apposite marche-contrassegno ufficiali, strumentali alla riscossione dellimposta di fabbricazione sui fiammiferi, che era stata istituita dallo stesso decreto. Tali marche dovevano essere distribuite tra le imprese consorziate, affinché queste le applicassero sulle confezioni di fiammiferi di loro produzione.

5. II CIF, quindi, è nato come consorzio obbligatorio e chiuso, istituito dalla legge italiana per la produzione e la vendita dei fiammiferi necessari a soddisfare il fabbisogno nazionale.

6. Lattività del CIF era disciplinata da una convenzione stipulata tra il CIF e lo Stato italiano, che era allegata al decreto e ne formava parte integrante. In virtù della convenzione, lo Stato italiano si impegnava a vietare la distribuzione sul mercato nazionale di prodotti provenienti da imprese estranee al CIF, a impedire la costituzione di nuove imprese produttrici di fiammiferi e a fissare con provvedimento del Ministero delle Finanze il prezzo di vendita dei fiammiferi. Il CIF, per parte sua, era chiamato principalmente ad assicurare il versamento dellimposta di fabbricazione sui fiammiferi destinati al consumo interno da parte di tutte le imprese consorziate, attraverso il sistema delle marche-contrassegno.

7. La convenzione, inoltre, regolava dettagliatamente il funzionamento interno del CIF. Larticolo 4 affidava il compito di contingentare e di ripartire le quote di produzione dei fiammiferi tra le imprese del CIF a unapposita commissione (in prosieguo: la «commissione per la ripartizione delle quote»). Tale commissione è composta da un funzionario dellAmministrazione dei Monopoli di Stato (in prosieguo: l«Amministrazione dei Monopoli di Stato»), che ne è presidente, da un rappresentante del CIF e da tre rappresentanti delle imprese consorziate nominati dal consiglio di amministrazione del CIF e delibera a maggioranza. Le sue decisioni sono comunicate per approvazione allAmministrazione dei Monopoli di Stato. Inoltre, talune decisioni, tra cui le cessioni delle assegnazioni, devono essere comunicate per approvazione al Ministero delle Finanze. Lo statuto del CIF prevede che la ripartizione della produzione devessere stabilita «tenendosi conto del rapporto percentuale esistente».

8. La regolarità di tale ripartizione è controllata da unaltra commissione, prevista dallarticolo 23, secondo comma, dello statuto del CIF (in prosieguo: la «commissione per il rispetto delle quote»), composta da tre membri nominati dal consiglio di amministrazione del CIF, che al principio di ogni anno propone alla direzione del CIF il programma delle consegne di fiammiferi da parte delle imprese consorziate.

9. II sistema è rimasto pressoché inalterato fino alla sentenza della Corte Costituzionale n. 78 del 3 giugno 1970, con la quale le modalità di organizzazione del CIF sono state dichiarate illegittime per violazione del principio di libertà di iniziativa economica privata di cui allarticolo 41 della Costituzione italiana, in quanto precludevano a nuove imprese laccesso al CIF.

10. Con decreto ministeriale del 23 dicembre 1983, che ha approvato una nuova convenzione tra il CIF e lo Stato italiano, si è ammesso che potessero aderire al CIF anche nuove aziende, le quali avessero ottenuto dallAmministrazione fiscale una licenza di fabbricazione di fiammiferi.

11. La partecipazione al CIF è rimasta comunque obbligatoria almeno fino alla soppressione del monopolio fiscale nel 1993 (su tale soppressione, v. punto 14 della presente sentenza).

12. Il decreto del Ministero delle Finanze del 5 agosto 1992 (in prosieguo: il «decreto del 5 agosto 1992») ha approvato lultima versione della convenzione tra il CIF e lo Stato italiano, la cui scadenza era fissata per il 31 dicembre del 2001 (in prosieguo: la «convenzione del 1992»).

13. Ai sensi dellarticolo 4 di questultima convenzione, che regola il funzionamento del CIF, le quote di produzione devono essere sempre ripartite tra le imprese del consorzio dalla commissione di ripartizione delle quote. Il controllo del rispetto delle quote, dal canto suo, rimane di competenza della commissione per il rispetto delle quote.

14. Con il decreto legge 30 agosto 1993, n. 331 (in prosieguo: il «decreto legge n. 331/1993»), il legislatore italiano ha adottato nuove norme sulle accise e altri tributi indiretti. Larticolo 29 di tale decreto legge individua direttamente nel fabbricante e nellimportatore i soggetti obbligati al pagamento del tributo. Secondo il giudice del rinvio, questa norma ha eliminato il monopolio fiscale del CIF.

15. Vi sono opinioni divergenti circa la natura volontaria o obbligatoria dellappartenenza al CIF, dopo tale data, per i fabbricanti di fiammiferi che ne erano membri prima della fine del monopolio fiscale.

16. Prima del 1996, lAutorità Garante era competente ad applicare solamente il diritto italiano della concorrenza, ma non il diritto comunitario in materia. Dallentrata in vigore della legge 6 febbraio 1996, n. 52 (in prosieguo: la «legge n. 52/96»), tuttavia, essa ha acquisito anche la competenza ad applicare gli articoli 81, n. 1, CE e 82 CE.

Procedimento principale

17. A seguito della denuncia di un fabbricante di fiammiferi tedesco che segnalava le difficoltà incontrate nel distribuire i suoi prodotti sul mercato italiano, nel novembre 1998 lAutorità apriva unistruttoria nei confronti del CIF, delle imprese consorziate e del Consorzio Nazionale Attività Economico-Distributiva Integrata (in prosieguo: il «Conaedi»), espressione della quasi totalità dei gestori di Magazzini di Generi di Monopolio, depositi di articoli soggetti a monopolio che fungono da grossisti, per accertare lesistenza di violazioni degli articoli 85 e 86 del Trattato CE (divenuti articoli 81 CE e 82 CE) e verificare se latto costitutivo del CIF e le convenzioni successive stipulate dal CIF e dallo Stato italiano rappresentassero violazioni dellarticolo 85, n. 1, del Trattato.

18. Loggetto dellistruttoria veniva presto ampliato, in particolare a unintesa tra il CIF e uno dei maggiori produttori europei di fiammiferi, la società di diritto svizzero Swedish Match SA (in prosieguo: la «Swedish Match»), in virtù della quale il primo si sarebbe impegnato ad acquistare dalla seconda una quantità di fiammiferi corrispondente ad una quota prestabilita del consumo nazionale italiano.

19. Il 13 luglio 2000, nella sua deliberazione finale, lAutorità constatava che il comportamento degli operatori sul mercato italiano dei fiammiferi, se determinato più o meno direttamente dal contesto normativo che aveva disciplinato il settore a partire dal Regio Decreto n. 560/1923, costituiva tuttavia in parte il risultato di autonome decisioni imprenditoriali.

20. LAutorità perveniva a distinguere tre tipi di comportamenti del CIF: le condotte che gli erano imposte da disposizioni normative; quelle che erano semplicemente agevolate da disposizioni normative e quelle riconducibili a libere scelte del CIF. Sotto questo profilo, essa individuava altresì un cesura tra due periodi.

21. In primo luogo, prima dellentrata in vigore del decreto legge n. 331/1993, lAutorità riconduceva in via esclusiva alla normativa nazionale sopra illustrata tanto la costituzione del CIF, quanto laver dotato il medesimo del compito di curare la produzione e lo smercio dei fiammiferi.

22. LAutorità Garante riteneva, quindi, che, innanzi tutto, la normativa nazionale vigente in quel momento, richiedendo la partecipazione al CIF al fine della produzione e dello smercio dei fiammiferi in Italia, offrisse una «copertura legale» a comportamenti del CIF e delle imprese consorziate che, altrimenti, sarebbero stati proibiti; inoltre, che tale normativa dovesse «essere disapplicata dal giudice e/o da qualsivoglia amministrazione pubblica», in quanto in contrasto con il combinato disposto degli articoli 3, n. 1, lett. g), CE, 10 CE e 81, n. 1, CE; e, infine, che tale disapplicazione avrebbe «implic[ato]» il venir meno della «copertura legale».

23. LAutorità riteneva altresì che potesse essere considerata come comportamento dimpresa, ai sensi dellarticolo 81 CE, lazione dispiegata dagli operatori del settore nellesercizio del potere di ripartizione della produzione, assegnato dallarticolo 4 della convenzione ad una commissione composta da una maggioranza di rappresentanti dei produttori italiani di fiammiferi.

24. In questa prospettiva, lAutorità giungeva alla conclusione che le modalità concretamente seguite ai fini della ripartizione della produzione fossero state causa di una effettiva ed ulteriore restrizione della concorrenza rispetto a quanto già risultante dalla normativa. A questo proposito, faceva riferimento allapplicazione, da parte della commissione per la ripartizione delle quote, di un criterio di ripartizione che rifletteva le quote storiche di ciascuna impresa e alle frequenti cessioni di quote di produzione o agli scambi di produzione tra le imprese consorziate.

25. In secondo luogo, dopo aver rilevato che il decreto legge n. 331/1993 e la convenzione del 1992 avevano di fatto abolito il monopolio fiscale e commerciale del CIF, lAutorità sottolineava che, dal 1994 in poi, la partecipazione al CIF non era più obbligatoria ai fini della produzione e dello smercio dei fiammiferi sul territorio italiano.

26. Ne deduceva, inoltre, che il decreto legge n. 331/1993, pur non avendo abrogato la convenzione del 1992, aveva modificato il regime giuridico della partecipazione delle imprese al CIF, rendendola semplicemente volontaria, con la conseguente possibilità per ogni impresa consorziata di recedere perfino senza attendere la scadenza prevista.

27. LAutorità riteneva, quindi, che i comportamenti delle imprese consorziate dovessero essere apprezzati, a partire dal 1994, come il frutto di scelte imprenditoriali autonome, di cui tali imprese potevano essere considerate responsabili.

28. Inoltre, lAutorità riteneva che due accordi conclusi dal CIF restringessero la concorrenza. Laccordo con la Swedish Match, principale concorrente europeo del CIF, aveva avuto leffetto di evitare che questa società smerciasse essa stessa i propri fiammiferi direttamente sul mercato italiano. Il secondo accordo con il Conaedi aveva avuto leffetto di consentire al CIF di accaparrarsi lesclusiva del canale commerciale costituito dalla rete dei Magazzini di Generi di Monopolio.

29. Per questi motivi, lAutorità decideva, in particolare, quanto segue:

– lesistenza e lattività del CIF, quali disciplinate dal Regio Decreto n. 560/1923 e dallannessa convenzione, così come da ultimo modificata dal decreto del 5 agosto 1992, sono in contrasto con gli articoli 3, n. 1, lett. g), CE, 10 CE e 81, n. 1, CE, nella misura in cui hanno imposto, fino al 1994, e, a partire da tale data, consentito e agevolato al CIF e alle imprese consorziate comportamenti anticoncorrenziali in violazione dellarticolo 81, n. 1, CE;

– in ogni caso, il CIF e le imprese consorziate hanno adottato delibere consortili e proceduto ad accordi che, in quanto volti a definire le modalità e i meccanismi di ripartizione, tra le dette imprese, della produzione di fiammiferi destinati ad essere smerciati dallo stesso CIF in modo da limitare la concorrenza al di là di quanto ammesso dalla conferente normativa, ledono la concorrenza, in violazione dellarticolo 81, n. 1, CE;

– il CIF e la Swedish Match hanno concluso un accordo, volto alla ripartizione della produzione di fiammiferi e alla distribuzione in comune degli stessi attraverso il CIF, che integra una fattispecie lesiva della concorrenza, in violazione dellarticolo 81, n. 1, CE;

– il CIF, le imprese consorziate e la Swedish Match devono cessare lattuazione delle infrazioni accertate ed astenersi da ogni intesa che possa avere oggetto o effetto analogo a quella accertata;

– il Conaedi e i Magazzini di Generi di Monopolio devono astenersi in futuro dal porre in essere intese che abbiano oggetto o effetto analogo a quello delle intese accertate.

Procedimento principale

30. Avverso la deliberazione dellAutorità il CIF ha proposto ricorso dinanzi al Tar per il Lazio il 14 novembre 2000.

31. Oltre alla contestazione della valutazione degli elementi di fatto e dellinterpretazione degli elementi di diritto effettuate dallAutorità, il CIF ha sostenuto che questa non era legittimata a sindacare la validità e lefficacia delle norme di diritto nazionale, non ricevendo una legittimazione a procedere in tal senso né dalla legge n. 52/1996 né dal principio del primato del diritto comunitario, il quale, infatti, varrebbe solo a permettere le disapplicazioni di tipo incidentale, e non ai fini degli accertamenti in via principale con autonoma statuizione.

32. Il giudice del rinvio, pur non essendo convinto della validità di questultima distinzione, dubita che lAutorità abbia il potere di dichiarare non applicabile la normativa italiana nel caso di specie per unaltra ragione.

33. Infatti, non gli sembra fermamente acquisito, nella giurisprudenza comunitaria, il punto secondo il quale la disapplicazione delle misure normative nazionali in contrasto con gli articoli 81 CE e 82 CE può essere operata anche in una prospettiva quale quella in cui si è mossa lAutorità.

34. A far sorgere qualche perplessità in merito ad una possibilità del genere non sarebbe solo il problema della dubbia imputabilità dellillecito concorrenziale ad un operatore che agisca o abbia agito, in ogni caso, sotto la copertura legale nazionale e goda, pertanto, di una presunzione di buona fede.

35. Il ricorso al meccanismo della disapplicazione di una normativa nazionale in malam partem (cioè la disapplicazione di una normativa nazionale favorevole agli operatori economici privati interessati, il che si traduce per loro in unimposizione di obblighi) da parte di un organo dotato di poteri sanzionatori si rivelerebbe altresì problematico dal punto di vista dellimportante valore della certezza del diritto, il quale risulterebbe annoverato tra i principi generali del diritto comunitario.

36. Il giudice del rinvio dubita anche che la normativa italiana, sia prima sia dopo il 1994, lasciasse e lasci sussistere la possibilità di una concorrenza suscettibile di essere ostacolata, ristretta o falsata da comportamenti autonomi delle imprese. Infatti, essa non permetterebbe alle imprese consorziate di intraprendere un confronto concorrenziale sui prezzi, rimessi alla potestà tariffaria ministeriale, e sottoporrebbe tali imprese, inoltre, ad un regime di quote di produzione contingentate.

37. A questo proposito, il giudice del rinvio rileva che la controversia di cui è investito concerne un mercato caratterizzato dal fatto che la determinazione del prezzo dei prodotti (i fiammiferi) competeva al Ministero delle Finanze, in forza dellarticolo 6 della convenzione, e che, al tempo stesso, vige un regime di contingentamento (sia pure attenuato, nei suoi effetti pregiudizievoli, dalla soppressione del monopolio commerciale del CIF), con laffidamento del potere di ripartizione tra le imprese consorziate della produzione occorrente per il consumo interno in capo ad unapposita commissione, composta essenzialmente di rappresentanti degli stessi produttori (articolo 4 della convenzione).

38. Stando così le cose, il giudice del rinvio considera che la tesi del CIF secondo cui le norme regolatrici dellattività di settore guasterebbero già in radice la libera concorrenza, senza lasciar sussistere alcuna significativa possibilità di competizione tra le imprese, non potrebbe essere considerata manifestamente destituita di fondamento. Infatti, dal punto di vista della tutela della concorrenza, può verificarsi che risulti indifferente la circostanza che la singola quota faccia capo alluna o allaltra impresa, o venga ceduta ad un terzo operatore, trattandosi di evenienze comunque interne ad un regime retto da regole che precludono lesplicazione di un confronto concorrenziale tra le aziende.

39. Pertanto, il Tar per il Lazio ha deciso di sospendere il giudizio e di rimettere alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se, in presenza di circostanze per cui unintesa tra imprese provoca effetti pregiudizievoli al commercio comunitario, e qualora lintesa stessa sia imposta o favorita da un provvedimento legislativo nazionale che ne legittima o rafforza gli effetti, con specifico riguardo alla determinazione dei prezzi e alla ripartizione del mercato, larticolo 81 CE impone o consente allAutorità nazionale preposta alla tutela della concorrenza di disapplicare comunque tale disciplina e di provvedere a sanzionare o almeno a vietare per il futuro il comportamento anticoncorrenziale delle imprese, e con quali conseguenze giuridiche;

2) se una normativa nazionale che rimette alla competenza ministeriale la determinazione della tariffa di vendita di un prodotto e affida, inoltre, ad un consorzio obbligatorio tra i produttori il potere di ripartire la produzione fra le imprese possa essere considerata, per quanto rileva ai fini dellapplicazione dellarticolo 81, n. 1, CE, come una disciplina che lascia sussistere la possibilità di una concorrenza suscettibile di venire ostacolata, ristretta o falsata da comportamenti autonomi delle imprese».

Sulla prima questione

40. Il CIF ricorda che, secondo la giurisprudenza della Corte, gli articoli 81 CE e 82 CE riguardano soltanto comportamenti anticoncorrenziali adottati dalle imprese di loro propria iniziativa. Se un comportamento anticoncorrenziale viene imposto alle imprese da una normativa nazionale o se questultima crea un contesto giuridico che di per sé elimina ogni possibilità di comportamento concorrenziale da parte loro, gli articoli 81 CE e 82 CE non trovano applicazione. In una situazione del genere la restrizione alla concorrenza non trova origine, come queste norme implicano, in comportamenti autonomi delle imprese. Gli articoli 81 CE e 82 CE si applicano invece nel caso in cui la normativa nazionale lasci sussistere la possibilità di una concorrenza che possa essere ostacolata, ristretta o falsata da comportamenti autonomi delle imprese (sentenza 11 novembre 1997, cause riunite C-359/95 P e C-379/95 P, Commissione e Francia/Ladbroke Racing, Raccolta pagina I-6265, punti 33 e 34).

41. Il CIF sottolinea anche che nellambito dellesame, da parte della Commissione, dellapplicabilità degli articoli 81 CE e 82 CE ai comportamenti delle imprese, la previa valutazione di una normativa nazionale che incida su tali comportamenti è quindi diretta unicamente ad accertare se la detta normativa lasci sussistere la possibilità di una concorrenza che possa essere ostacolata, ristretta o falsata da comportamenti autonomi da parte delle imprese interessate (sentenza Commissione e Francia/Ladbroke Racing, cit., punto 35).

42. Il CIF ne deduce che lAutorità, nellambito delle operazioni distruzione da essa condotte, deve unicamente accertare preventivamente se la normativa italiana consenta o meno margini di autonomia nei comportamenti delle imprese interessate. Solo in caso di esito positivo potranno applicarsi gli articoli 81 CE e 82 CE alle imprese stesse. Ne discenderebbe, in maniera implicita, che non può configurarsi alcun obbligo di disapplicazione della normativa italiana esistente in capo alle imprese a fronte di norme nazionali cogenti.

43. Secondo il CIF, la legge n. 52/1996 attribuisce allAutorità il potere dapplicare larticolo 81 CE per accertare e sanzionare intese anticompetitive tra imprese, non anche quello di sindacare la validità di atti normativi nazionali con riferimento al combinato disposto degli articoli 3 CE, 10 CE e 81 CE.

44. Di conseguenza, condotte dimpresa quali quelle del CIF sarebbero potute ricadere nellambito dapplicazione dellarticolo 81 CE solo ove lAutorità avesse preventivamente – e incidentalmente – verificato e accertato la loro autonomia rispetto a quanto previsto nella legislazione nazionale.

45. A questo proposito, si deve ricordare, in primo luogo, che, sebbene di per sé gli articoli 81 CE e 82 CE riguardino esclusivamente la condotta delle imprese e non le disposizioni legislative o regolamentari emanate dagli Stati membri, ciò non toglie che tali articoli, in combinato disposto con larticolo 10 CE, che instaura un dovere di collaborazione, obbligano gli Stati membri a non adottare o mantenere in vigore provvedimenti, anche di natura legislativa o regolamentare, idonei a eliminare leffetto utile delle regole di concorrenza applicabili alle imprese [v. sentenze 16 novembre 1977, causa 13/77, INNO/ATAB, Raccolta pagina 2115, punto 31; 21 settembre 1988, causa 267/86, Van Eycke, Raccolta pagina 4769, punto 16; 17 novembre 1993, causa C-185/91, Reiff, Raccolta pagina I-5801, punto 14; 9 giugno 1994, causa C-153/93, Delta Schiffahrts- und Speditionsgesellschaft, Raccolta pagina I-2517, punto 14; 5 ottobre 1995, causa C-96/94, Centro Servizi Spediporto, Raccolta pagina I-2883, punto 20, e 19 febbraio 2002, causa C-35/99, Arduino, Raccolta pagina I-1529, punto 34).

46. La Corte ha in particolare dichiarato che si è in presenza di una violazione degli articoli 10 CE e 81 CE quando uno Stato membro imponga o agevoli la conclusione di accordi in contrasto con larticolo 81 CE, o rafforzi gli effetti di siffatti accordi, ovvero tolga alla propria normativa il suo carattere pubblico delegando ad operatori privati la responsabilità di adottare decisioni dintervento in materia economica (v. precitate sentenze Van Eycke, punto 16, Reiff, punto 14, Delta Schiffahrts- und Speditionsgesellschaft, punto 14, Centro Servizi Spediporto, punto 21, e Arduino, punto 35).

47. Del resto, dallentrata in vigore del Trattato di Maastricht, il Trattato CE prevede espressamente che lazione degli Stati membri, nellambito della loro politica economica, debba rispettare il principio di uneconomia di mercato aperta e in libera concorrenza [v. articoli 3 A, n. 1, e 102 A del Trattato CE (divenuti rispettivamente articoli 4, n. 1, CE e 98 CE)].

48. Si deve ricordare, in secondo luogo, che, secondo una giurisprudenza costante, il principio del primato del diritto comunitario esige che sia disapplicata qualsiasi disposizione della legislazione nazionale in contrasto con una norma comunitaria, indipendentemente dal fatto che sia anteriore o posteriore a questultima.

49. Tale obbligo di disapplicare una normativa nazionale in contrasto con il diritto comunitario incombe non solo al giudice nazionale, ma anche a tutti gli organi dello Stato, comprese le autorità amministrative (v., in questo senso, sentenza 22 giugno 1989, causa 103/88, Fratelli Costanzo, Raccolta pagina 1839, punto 31), il che implica, ove necessario, lobbligo di adottare tutti i provvedimenti necessari per agevolare la piena efficacia del diritto comunitario (v. sentenza 13 luglio 1972, causa 48/71, Commissione/Italia, Raccolta pagina 529, punto 7).

50. Dal momento che unautorità nazionale garante della concorrenza, quale lAutorità, è investita della missione di vigilare, in particolare, sul rispetto dellarticolo 81 CE e che tale norma, in combinato disposto con larticolo 10 CE, impone un obbligo di astensione a carico degli Stati membri, leffetto utile delle norme comunitarie sarebbe affievolito se, nellambito di uninchiesta sul comportamento di imprese ai sensi dellarticolo 81 CE, quellautorità non potesse accertare se una misura nazionale sia in contrasto con il combinato disposto degli articoli 10 CE e 81 CE e se, conseguentemente, non la disapplicasse.

51. A questo proposito, poco importa che, nellipotesi che la normativa nazionale imponga a delle imprese ladozione di comportamenti anticoncorrenziali, non possa essere addebitata a queste anche una violazione degli articoli 81 CE e 82 CE (v., in questo senso, sentenza Commissione e Francia/Ladbroke Racing, cit., punto 33). Infatti, gli obblighi incombenti agli Stati membri ai sensi degli articoli 3, n. 1, lett. g), CE, 10 CE, 81 CE e 82 CE, che sono distinti da quelli che scaturiscono a carico delle imprese dagli articoli 81 CE e 82 CE, continuano ad esistere, cosicché lautorità nazionale garante della concorrenza mantiene lobbligo di disapplicare la misura nazionale di cui si tratta.

52. In relazione, invece, alle sanzioni che possono essere inflitte alle imprese interessate, si deve operare una doppia distinzione a seconda che la normativa nazionale escluda o meno la possibilità di una concorrenza che potrebbe ancora essere ostacolata, ristretta o falsata da comportamenti autonomi delle imprese e, nel primo caso, a seconda che i fatti in causa siano precedenti o successivi alla dichiarazione dellautorità nazionale garante della concorrenza sulla disapplicazione della normativa nazionale.

53. In primo luogo, se una legge nazionale esclude la possibilità di una concorrenza che possa essere ostacolata, ristretta o falsata da comportamenti autonomi delle imprese, si deve constatare che, a meno che non si intenda violare il principio generale di diritto comunitario della certezza del diritto, lobbligo delle autorità nazionali garanti della concorrenza di disapplicare tale legge anticoncorrenziale non può esporre le imprese interessate a sanzioni, di natura penale o amministrativa, per un comportamento pregresso, giacché tale comportamento era imposto da quella legge.

54. La decisione di disapplicare la legge di cui si tratta, infatti, non toglie che nel passato essa abbia condizionato il comportamento delle imprese. Tale legge continua quindi a costituire, per il periodo precedente la decisione di disapplicazione della legge, una causa giustificatrice che sottrae le imprese interessate a qualsiasi conseguenza della violazione degli articoli 81 CE e 82 CE, sia nei confronti delle pubbliche autorità sia degli altri operatori economici.

55. Quanto al sanzionamento di comportamenti futuri di imprese fino a quel momento costrette da una legge nazionale ad adottare comportamenti anticoncorrenziali, occorre rilevare che, dal momento in cui la decisione dellautorità nazionale garante della concorrenza che constata la violazione dellarticolo 81 CE e disapplica tale legge anticoncorrenziale diventa definitiva nei loro confronti, tale decisione simpone alle imprese interessate. A partire dal quel momento, le imprese non possono più asserire di essere costrette da detta legge a violare le regole comunitarie sulla concorrenza. Il loro comportamento futuro è quindi passibile di sanzioni.

56. In secondo luogo, se una legge nazionale si limita a sollecitare o a facilitare ladozione di comportamenti anticoncorrenziali autonomi da parte delle imprese, queste rimangono soggette agli articoli 81 CE e 82 CE e possono incorrere in sanzioni, anche per comportamenti anteriori alla decisione di disapplicare detta legge.

57. Occorre sottolineare, cionondimeno, che una situazione del genere, benché non possa servire a giustificare pratiche atte ad aggravare ulteriormente le violazioni delle concorrenza, ha comunque come conseguenza il fatto che, nel momento della determinazione del livello della sanzione, il comportamento delle imprese interessate può essere valutato alla luce della circostanza attenuante costituita dal contesto giuridico interno (v., in questo senso, sentenza 16 dicembre 1975, cause riunite 40/73-48/73, 50/73, 54/73-56/73, 111/73, 113/73 e 114/73, Suiker Unie e a./Commissione, Raccolta pagina 1663, punto 620).

58. Date le considerazioni che precedono, si deve risolvere la prima questione pregiudiziale dichiarando che, in presenza di comportamenti dimprese in contrasto con larticolo 81, n. 1, CE, che sono imposti o favoriti da una normativa nazionale che ne legittima o rafforza gli effetti, con specifico riguardo alla determinazione dei prezzi e alla ripartizione del mercato, unautorità nazionale preposta alla tutela della concorrenza cui sia stato affidato il compito, in particolare, di vigilare sul rispetto dellarticolo 81 CE:

– ha lobbligo di disapplicare tale normativa nazionale;

– non può infliggere sanzioni alle imprese interessate per comportamenti pregressi qualora questi siano stati loro imposti dalla detta normativa nazionale;

– può infliggere sanzioni alle imprese interessate per i loro comportamenti successivi alla decisione di disapplicare tale normativa nazionale, una volta che quella decisione sia diventata definitiva nei loro confronti;

– può infliggere sanzioni alle imprese interessate per comportamenti pregressi qualora questi siano stati semplicemente facilitati o incoraggiati da quella normativa nazionale, pur tenendo in debito conto le specificità del contesto normativo nel quale le imprese hanno agito.

Sulla seconda questione

59. Mediante la seconda questione, il giudice del rinvio intende sapere se una normativa nazionale che rimette alla competenza ministeriale la determinazione del prezzo di vendita al dettaglio di un prodotto e affida, inoltre, ad un consorzio obbligatorio tra i produttori il potere di ripartire la produzione fra le imprese possa essere considerata, per quanto rileva ai fini dellapplicazione dellarticolo 81, n. 1, CE, come una disciplina che lascia sussistere la possibilità di una concorrenza suscettibile di venire ostacolata, ristretta o falsata da comportamenti autonomi di quelle imprese.

60. In via preliminare, occorre sottolineare, da un lato, che secondo lAutorità il CIF è stato un «consorzio obbligatorio» solo fino al 1994. Infatti, il decreto legge n. 331/1993 avrebbe reso facoltativa la partecipazione delle imprese al CIF.

61. Pertanto, spetta al giudice del rinvio stabilire se la sua seconda questione si riferisca unicamente al periodo precedente allentrata in vigore del decreto legge n. 331/1993 ovvero si riferisca anche al periodo successivo.

62. Dallaltro, si deve ricordare che, nellambito di un procedimento ai sensi dellarticolo 234 CE, che è basato sulla netta separazione di funzioni tra i giudici nazionali e la Corte, questa può pronunciarsi unicamente sullinterpretazione o sulla validità di una norma comunitaria, sulla base dei fatti indicati dal giudice nazionale (v. sentenza 2 giugno 1994, causa C-30/93, AC-ATEL Electronics Vertriebs, Raccolta pagina I-2305, punto 16). Non spetta alla Corte applicare il diritto comunitario alla causa principale (v. sentenza 10 luglio 1980, cause riunite 253/78 e 1/79-3/79, Giry e Guerlain e a., Raccolta pagina 2327, punto 6) né valutare i fatti di cui alla causa principale.

63. Il CIF sostiene che il legislatore italiano, imponendogli lobbligo di procedere alla ripartizione delle quote tra le imprese consorziate – a prescindere dalle modalità e dai criteri di determinazione di tali quote – ha eliminato alla radice qualsiasi possibilità per quelle imprese di entrare in concorrenza al fine di conquistare quote di mercato più consistenti.

64. Ricorda che larticolo 4 della convenzione del 1992 impone di procedere alla ripartizione della produzione di fiammiferi tra le imprese consorziate per tramite di unapposita commissione, cioè la commissione di ripartizione delle quote, composta da rappresentanti dellindustria e presieduta da un funzionario dellAmministrazione dei Monopoli di Stato designato dal Ministro delle Finanze.

65. Pertanto, a prescindere dalla quota effettivamente attribuita a ciascuna impresa, il sistema di ripartizione voluto dal legislatore eliminerebbe a priori la concorrenza tra le imprese consorziate, che dovrebbero attenersi in ogni caso al livello di produzione assegnato. Di conseguenza, qualsiasi sforzo in senso concorrenziale per aumentare quella produzione sarebbe vano.

66. Per risolvere la seconda questione, occorre stabilire innanzi tutto se una normativa nazionale come quella di cui alla causa principale lasci sussistere la possibilità di una concorrenza che potrebbe essere ancora ostacolata, ristretta o falsata da comportamenti autonomi delle imprese e, in caso affermativo, verificare successivamente se le eventuali ulteriori restrizioni addebitate alle imprese non siano di fatto imputabili allo Stato membro interessato.

67. In primo luogo, si deve ricordare che la possibilità di escludere un determinato comportamento anticoncorrenziale dallambito di applicazione dellarticolo 81, n. 1, CE per il fatto che esso è stato imposto alle imprese in questione dalla normativa nazionale esistente ovvero per il fatto che questa ha eliminato ogni possibilità di comportamento anticoncorrenziale da parte loro è stata ammessa solo in maniera restrittiva dalla Corte (v., ad esempio, sentenze 29 ottobre 1980, cause riunite 209/78-215/78 e 218/78, Van Landewyck/Commissione, Raccolta pagina 3125, punti 130-134; 20 marzo 1985, causa 41/83, Italia/Commissione, Raccolta pagina 873, punto 19, e 10 dicembre 1985, cause riunite 240/82-242/82, 261/82, 262/82, 268/82 e 269/82, Stichting Sigarettenindustrie/Commissione, Raccolta pagina 3831, punti 27-29).

68. Si deve ricordare, in secondo luogo, che la concorrenza dei prezzi non è la sola forma efficace di concorrenza né quella cui si debba dare in ogni caso la preminenza assoluta (v. sentenza 25 ottobre 1977, causa 26/76, Metro/Commissione, Raccolta pagina 1875, punto 21).

69. Di conseguenza, la fissazione preliminare dei prezzi di vendita dei fiammiferi da parte dello Stato italiano non esclude, di per sé, ogni possibilità di comportamento concorrenziale. Seppur limitata, la concorrenza può prodursi attraverso altri fattori.

70. Si deve rilevare, in terzo luogo, che la legislazione italiana controversa nella causa principale, benché attribuisca al CIF, consorzio obbligatorio di produttori, il potere di ripartire la produzione tra le imprese consorziate, non definisce i criteri né le modalità in base ai quali tale ripartizione deve avvenire. Inoltre, come rilevato dallavvocato generale al paragrafo 7 delle sue conclusioni, il monopolio commerciale del CIF sembra essere stato abolito già nel 1993, con labolizione del divieto di fabbricazione e di vendita di fiammiferi a carico delle imprese non consorziate.

71. Pertanto, la libera concorrenza residua tra le imprese consorziate può essere falsata oltre quanto derivante dallobbligo di legge stesso.

72. A questo proposito, listruzione condotta dallAutorità avrebbe rivelato un sistema di cessioni fisse e temporanee delle quote di produzione, nonché accordi sugli scambi di produzione effettuati tra le imprese, cioè accordi che non sarebbero stati previsti dalla legge.

73. Inoltre, la Commissione si è riferita ad una quota «fissa» del 15% circa riservata alle importazioni. A suo avviso, tale quota non sarebbe determinata dalla normativa nazionale, cosicché il CIF avrebbe disposto di unautonomia decisionale in merito.

74. Sempre secondo la Commissione, laccordo concluso tra il CIF e la Swedish Match che, dal 1994, ha consentito a questultima di fornire importanti quantità di fiammiferi al fine della loro commercializzazione in Italia da parte del CIF, a fronte dellimpegno della Swedish Match di non penetrare direttamente sul mercato italiano, sarebbe lespressione della libera scelta imprenditoriale del CIF.

75. Spetta al giudice del rinvio valutare se tali asserzioni siano fondate.

76. In quarto ed ultimo luogo, dal fascicolo non risulta che le decisioni del CIF come quelle citate ai punti 70-74 della presente sentenza sfuggano allapplicazione dellarticolo 81, n. 1, CE in seguito allintervento di un atto della pubblica autorità.

77. Da un lato, quattro dei cinque membri della commissione per la ripartizione delle quote sono rappresentanti dei produttori cui nulla, nella normativa nazionale in discussione, impedisce di agire nellinteresse esclusivo di questi ultimi. Tale commissione, che statuisce a maggioranza semplice, può adottare risoluzioni nonostante il voto contrario del suo presidente, sola persona investita di un compito di interesse pubblico, talché essa può conformarsi alle esigenze delle imprese consorziate.

78. Inoltre, le pubbliche autorità non disporrebbero di un effettivo potere di controllo sulle decisioni della commissione per la ripartizione delle quote.

79. Daltro lato, listruzione condotta dallAutorità avrebbe rivelato che il compito di ripartire la produzione tra le imprese consorziate è effettuato in realtà non dalla commissione per la ripartizione delle quote, bensì dalla commissione per il rispetto delle quote, che è costituita unicamente da membri del CIF, sulla base di accordi definiti dalle imprese consorziate.

80. La seconda questione pregiudiziale devessere pertanto risolta dichiarando che spetta al giudice del rinvio valutare se una normativa nazionale come quella di cui alla causa principale, che rimette alla competenza ministeriale la determinazione del prezzo di vendita al dettaglio di un prodotto e affida, inoltre, ad un consorzio obbligatorio tra i produttori il potere di ripartire la produzione tra le imprese, possa essere considerata, per quanto rileva ai fini dellapplicazione dellarticolo 81, n. 1, CE, come una disciplina che lascia sussistere la possibilità di una concorrenza che sia ancora suscettibile di venire ostacolata, ristretta o falsata da comportamenti autonomi di quelle imprese.

Sulle spese

81. Le spese sostenute dalla Commissione delle Comunità europee, che ha presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

PQM

La Corte pronunciandosi sulle questioni sottopostele dal Tar per il Lazio con ordinanza 24 gennaio 2001, dichiara:

1) In presenza di comportamenti dimprese in contrasto con larticolo 81, n. 1, CE, che sono imposti o favoriti da una normativa nazionale che ne legittima o rafforza gli effetti, con specifico riguardo alla determinazione dei prezzi e alla ripartizione del mercato, unautorità nazionale preposta alla tutela della concorrenza cui sia stato affidato il compito, in particolare, di vigilare sul rispetto dellarticolo 81 CE:

– ha lobbligo di disapplicare tale normativa nazionale;

– non può infliggere sanzioni alle imprese interessate per comportamenti pregressi qualora questi siano stati loro imposti dalla detta normativa nazionale;

– può infliggere sanzioni alle imprese interessate per i loro comportamenti successivi alla decisione di disapplicare tale normativa nazionale, una volta che quella decisione sia diventata definitiva nei loro confronti;

– può infliggere sanzioni alle imprese interessate per comportamenti pregressi qualora questi siano stati semplicemente facilitati o incoraggiati da quella normativa nazionale, pur tenendo in debito conto le specificità del contesto normativo nel quale le imprese hanno agito.

2) Spetta al giudice del rinvio valutare se una normativa nazionale come quella di cui alla causa principale, che rimette alla competenza ministeriale la determinazione del prezzo di vendita al dettaglio di un prodotto e affida, inoltre, ad un consorzio obbligatorio tra i produttori il potere di ripartire la produzione fra le imprese, possa essere considerata, per quanto rileva ai fini dellapplicazione dellarticolo 81, n. 1, CE, come una disciplina che lascia sussistere la possibilità di una concorrenza suscettibile di venire ostacolata, ristretta o falsata da comportamenti autonomi di quelle imprese.