Tributario e Fiscale

Thursday 05 February 2004

Concordato preventivo: i chiarimenti dell’ Agenzia delle Entrate. CIRCOLARE N. 5 del 04.02.2004

Concordato preventivo: i chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate.

OGGETTO: Articolo 33 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito dalla legge 24 novembre 2003, n. 326. Concordato preventivo.Agenzia delle Entrate CIRCOLARE N. 5 del 04.02.2004

INDICE

1 CONCORDATO PREVENTIVO BIENNALE

1.1 Premessa

2 CONDIZIONI DI AMMISSIBILITÀ

2.1 Soggetti ammessi

2.2 Soggetti esclusi

2.3 Continuità dell’attività svolta sotto l’aspetto oggettivo e soggettivo

2.4 La congruità dei ricavi o compensi relativi al 2001.

2.4.1 Contribuenti con ricavi o compensi congrui nel 2001, anche per effetto di atti di accertamento ovvero di integrazioni e definizioni.

2.4.1.1 Contribuenti congrui in modo “naturale”

2.4.1.2 Effetti degli accertamenti e delle sanatorie fiscali sulla congruità

2.4.1.2.1 Effetti degli accertamenti

2.4.1.2.2 Effetti della definizione ai sensi dell’articolo 7 della legge n. 289 del 2002.

2.4.1.2.3 Effetti della dichiarazione integrativa ai sensi dell’articolo 8 della legge n. 289 del 2002.

2.4.1.2.4 Effetti della definizione ai sensi dell’articolo 9 della legge n. 289 del 2002.

2.4.2 Adeguamento dei ricavi o compensi del 2001

2.4.2.1 Adeguamento tramite definizione del periodo d’imposta 2002

2.5 Inesistenza delle condizioni di ammissibilità e legittima fuoriuscita dal concordato preventivo – effetti

3 IMPEGNI DA RISPETTARE PER FRUIRE DEI BENEFICI DEL CONCORDATO PREVENTIVO

3.1 Determinazione dei ricavi o compensi e del reddito minimi

3.1.1 Ricavi o compensi e reddito da prendere a base per l’applicazione delle maggiorazioni

3.1.2 Obbligo di dichiarare un reddito minimo

3.2 Determinazione dei ricavi o compensi e del reddito per gli anni 2003 e 2004, tenendo conto degli importi minimi concordati

3.2.1 Adeguamento ai minimi concordati

4 BENEFICI

4.1 Tassazione agevolata

4.2 Limiti ai poteri di accertamento

4.3 Decadenza dal concordato preventivo

4.4 Esonero dall’obbligo di certificazione dei ricavi o compensi

4.5 Soppressione della sanzione per i consumatori senza scontrino

5 SOCIETÀ DI PERSONE E SOGGETTI AD ESSE EQUIPARATI

5.1 La congruità dei ricavi o compensi e del reddito relativi al 2001

5.2 Contribuenti con ricavi o compensi congrui nel 2001, anche per effetto di atti di accertamento ovvero di integrazioni e definizioni

5.2.1 Contribuenti congrui in modo “naturale”

5.2.2 Effetti degli accertamenti e delle sanatorie fiscali sulla congruità

5.2.2.1 Effetti degli accertamenti

5.2.2.2 Effetti della definizione ai sensi dell’articolo 7 della legge n. 289 del 2002

5.2.2.3 Effetti della dichiarazione integrativa ai sensi dell’articolo 8 della legge n. 289 del 2002

5.2.2.4 Effetti della definizione ai sensi dell’articolo 9 della legge n. 289 del 2002

5.3 Adeguamento dei ricavi o compensi del 2001

5.4 Adeguamento tramite definizione del periodo d’imposta 2002

5.5 Impegni da rispettare per fruire dei benefici del concordato preventivo e determinazione del reddito agevolabile

5.6 Società a responsabilità limitata che hanno optato per il regime di trasparenza previsto dall’articolo 116 del nuovo TUIR.

6 SUCCESSIONE EREDITARIA E DONAZIONE D’AZIENDA

7 IMPRESA FAMILIARE

8 IMPRESA CONIUGALE

9 TRASFORMAZIONE SOCIETARIA

1 CONCORDATO PREVENTIVO BIENNALE

1.1 Premessa

     L’articolo 33 del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito con modificazioni dalla legge 24 novembre 2003, n. 326 (di seguito “decreto”), così come integrato dall’articolo 2, comma 10, della legge n. 350 del 24 dicembre 2003 (di seguito “Finanziaria 2004”) disciplina l’istituto del concordato preventivo biennale.

     La possibilità di concordare preventivamente l’obbligazione tributaria si colloca nel più generale progetto di riforma del sistema tributario.

     L’introduzione di tale istituto, con ambito di applicazione triennale, era peraltro già prevista:

       – dall’articolo 3, comma 1, lettera e), numero 3, della legge delega per la riforma del sistema tributario statale n. 80 del 7 aprile 2003 che ha previsto “l’introduzione del concordato triennale preventivo per l’imposizione sul reddito di impresa e di lavoro autonomo anche in funzione del potenziamento degli studi di settore”;

       – dall’articolo 6 della legge 28 dicembre 2002, n. 289 (Finanziaria 2003), rubricato tra le disposizioni contenute nel capo I, “Primo modulo della riforma del sistema fiscale statale”. Tale disposizione demandava ad un successivo regolamento del Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il compito di individuare le singole categorie di contribuenti interessati e le relative norme di attuazione. In luogo dell’attuazione di tale disposizione il legislatore introduce, ora, il concordato preventivo biennale disciplinato dall’articolo 33 del decreto citato.

     Il concordato preventivo biennale previsto dall’articolo 33 del decreto, è una sperimentazione del concordato “triennale” ipotizzato dalla legge delega per la riforma del sistema tributario.

     La transitorietà del regime è del resto ben evidenziata non soltanto dalle parole con cui si apre l’articolo 33 del decreto: “In attesa dell’avvio a regime del concordato preventivo triennale”, ma altresì dal comma 15 che lo conclude e nel quale si afferma che le disposizioni contenute nell’articolo 33 del decreto “non incidono sull’esercizio della delega legislativa di cui all’articolo 3, comma 1, lettera e), numero 3 della legge 7 aprile 2003, n. 80”.

     A differenza del concordato triennale a regime, che avrà caratteristiche di concordato “individuale” in quanto tiene conto in modo più puntuale della specificità della posizione tributaria dei contribuenti, il concordato preventivo biennale ha carattere “di massa”, nel senso che si applica a tutti i contribuenti secondo criteri uniformi, sia pure tenendo conto dei dati dichiarati da ciascun contribuente per l’applicazione degli studi di settore e dei parametri.

     Il concordato preventivo biennale (di seguito “concordato preventivo”) si colloca nell’ambito degli istituti diretti a facilitare l’adempimento spontaneo da parte dei contribuenti e si caratterizza per il fatto di anticipare ad un momento che precede l’esercizio dell’attività di controllo la possibilità di definire l’obbligazione tributaria.

     Nella relazione governativa d’accompagnamento al provvedimento che introduce il concordato preventivo sono evidenziati i seguenti obiettivi di fondo del provvedimento:

       – favorire l’emersione di nuova materia imponibile;

       – offrire al contribuente l’opportunità di porsi in condizioni di maggiore certezza e tranquillità per quanto riguarda la propria posizione tributaria;

       – anticipare l’applicazione, sul maggior reddito dichiarato rispetto al 2001, delle nuove aliquote previste dalla riforma.

     Il concordato preventivo si sostanzia nella possibilità di optare per un regime impositivo e contributivo agevolato per il periodo d’imposta in corso al 1° gennaio 2003 e per quello successivo. Per i contribuenti con periodo di imposta coincidente con l’anno solare si tratta degli anni 2003 e 2004 (ai quali, per semplicità espositiva, si farà riferimento nel corso della trattazione che segue).

     Più precisamente, ai titolari di reddito d’impresa e di lavoro autonomo è riconosciuta la possibilità di accedere al concordato con l’effetto di:

       – definire l’onere tributario ad un livello minimo [il contribuente si impegna a dichiarare un ammontare di ricavi o compensi e di redditi almeno pari a quelli del periodo d’imposta di riferimento (2001), incrementati di una determinata percentuale];

       – fruire di una serie di vantaggi, consistenti:

          ° nell’applicazione di aliquote ridotte sull’eccedenza di reddito imponibile rispetto al periodo di riferimento. Su tale eccedenza si applicano, infatti, anticipatamente le nuove aliquote di imposizione (del 23 e del 33 per cento) previste, a regime, dalla riforma del sistema tributario;

         ° nella sospensione dell’obbligo di emissione dello scontrino e della ricevuta fiscale;

         ° nella limitazione del potere d’accertamento degli Uffici dell’Amministrazione finanziaria.

     L’adesione al nuovo istituto, fatta eccezione per il rilascio degli scontrini e delle ricevute fiscali, non fa venir meno gli obblighi connessi con la tenuta delle scritture contabili previsti ai fini dell’IVA e delle imposte sui redditi, che ordinariamente gravano sui titolari di reddito d’impresa e di lavoro autonomo.

     Si sottolinea, infine, che l’adesione al concordato è una facoltà, non un obbligo: i contribuenti sono liberi di fruirne al fine di beneficiare dei vantaggi che saranno dettagliatamente esaminati al successivo capitolo 4.

     Tra l’altro, i contribuenti che siano contemporaneamente titolari di redditi sia d’impresa che di lavoro autonomo possono avvalersi del concordato per una soltanto ovvero per entrambe le tipologie di attività svolte.

     La decisione del contribuente di aderire al concordato preventivo deve essere comunicata all’Agenzia delle entrate secondo le modalità e su modello conforme a quello approvato con provvedimento del direttore della stessa Agenzia. La comunicazione dovrà essere trasmessa in via telematica entro il 16 marzo 2004. Tale adempimento e, in particolare, la dichiarazione resa nel corpo della comunicazione di rispettare gli impegni assunti con l’adesione al concordato preventivo, è condizione essenziale per l’ammissione ai relativi benefici, essendo a tal fine irrilevanti i comportamenti concludenti tenuti dal contribuente.

     Per fruire dei benefici del concordato:

       – devono ricorrere determinate condizioni di ammissibilità;

       – occorre rispettare gli impegni assunti con l’atto di adesione.

     Si riporta in calce alla circolare, per facilitarne la lettura, il testo del menzionato articolo 33 del decreto.

2 CONDIZIONI DI AMMISSIBILITÀ

     Le condizioni di ammissibilità si desumono agevolmente dalle disposizioni dell’articolo 33 del decreto disciplinanti:

       – i soggetti ammessi e quelli esclusi;

       – le caratteristiche dell’attività;

       – l’identità soggettiva dei contribuenti che intendono avvalersi del concordato preventivo;

       – la congruità di ricavi o compensi e reddito riferibili al 2001.

2.1 Soggetti ammessi

     Possono aderire al concordato preventivo i contribuenti esercenti attività d’impresa ovvero arti e professioni, senza alcuna distinzione in ordine alla forma giuridica con la quale tale attività è svolta. Rientrano, dunque, nell’ambito applicativo dell’articolo 33 del decreto:

       – gli esercenti arti e professioni;

       – gli imprenditori individuali;

       – le imprese familiari;

       – le società semplici che hanno per oggetto un’attività di lavoro autonomo;

       – le associazioni tra artisti e professionisti;

       – le società in nome collettivo;

       – le società in accomandita semplice;

       – le società per azioni;

       – le società in accomandita per azioni;

       – le società a responsabilità limitata;

       – le cooperative;

       – gli enti commerciali;

       – gli enti non commerciali, relativamente ad attività commerciali eventualmente esercitate.

     Possono avvalersi del concordato preventivo anche le società di capitali che dal 2004 optano per il regime della trasparenza previsto dagli articoli 115 e 116 del testo unico delle imposte sui redditi come modificato dal d.Lgs. 12 dicembre 2003, n. 344. istitutivo dell’IRES (di seguito, nuovo TUIR).

     Tale opportunità appare particolarmente vantaggiosa per i soci persone fisiche di società a responsabilità limitata che optano per il regime previsto dall’articolo 116, i quali, ricorrendone le condizioni, potranno, in applicazione del principio di trasparenza, avvalersi del beneficio di tassare il reddito agevolato relativo al 2004 con l’aliquota del 23 per cento.

     Sono ammessi al beneficio anche i soggetti in regime di contabilità semplificata di cui all’articolo 18 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 che determinano il reddito ai sensi dell’articolo 66 (già articolo 79) del nuovo TUIR).

     Del concordato preventivo possono avvalersi anche i titolari di reddito d’impresa e di lavoro autonomo che nel 2001 hanno conseguito una perdita. In tal caso si assume come reddito minimo dovuto per l’anno 2003 l’importo di 1.000 euro, atteso che non possono ovviamente trovare applicazione gli incrementi percentuali del reddito dichiarato previsti dal comma 4.

     La facoltà di aderire al concordato è riconosciuta soltanto ai contribuenti in attività al 31 dicembre 2000.

     Tale requisito risponde all’esigenza, immanente nel sistema applicativo del concordato preventivo, che gli impegni assunti dal contribuente per gli anni 2003 e 2004 siano definiti sulla base di un parametro di riferimento omogeneo innanzitutto sotto l’aspetto dell’estensione temporale. Così come i ricavi o compensi e il reddito minimi che il contribuente si impegna a dichiarare per gli anni 2003 e 2004 si riflettono sull’intero periodo d’imposta in corso al 1° gennaio 2003 e quello successivo, anche i corrispondenti dati del 2001 (da assumere come base di calcolo per l’applicazione delle percentuali previste dal comma 4 del citato articolo 33 del decreto) devono potersi riferire ad un periodo d’imposta “pieno” e siano, quindi, espressione dell’attività svolta dal contribuente per tutta la durata del periodo d’imposta 2001.

     L’individuazione dell’attività in essere al 31 dicembre 2000 costituisce una questione di fatto e, quindi, non coincide necessariamente con la nascita “giuridica” del contribuente.

     Tuttavia, essa può essere verificata, in linea di massima, alla stregua delle indicazioni fornite con circolare n. 90/E del 17 ottobre 2001 e successiva risoluzione n. 93/E del 20 marzo 2002, in relazione all’agevolazione c.d. “Tremonti-bis” di cui all’articolo 4 della legge 18 ottobre 2001, n. 383. In particolare, si presume che le persone fisiche titolari di reddito d’impresa o di lavoro autonomo e le società e associazioni di cui all’articolo 5 del nuovo TUIR, non obbligate alla predisposizione dell’atto costitutivo, svolgevano l’attività al 31 dicembre 2000 (e quindi sono ammesse al concordato preventivo) qualora nel modello di dichiarazione inizio attività ai fini IVA abbiano indicato una data di inizio dell’attività anteriore al 1° gennaio 2001. Per le società commerciali tenute alla redazione di un atto costitutivo, invece, si presume che l’inizio dell’attività coincida con la data di stipula dello stesso.

     Possono accedere al concordato preventivo anche i contribuenti che hanno un periodo di imposta in corso al 1 gennaio 2001 di durata superiore da 12 mesi (ad esempio una società che si sia costituita il 1 giugno 2000 e che termini il primo periodo di imposta al 31 dicembre 2001). In tal caso per assicurare la omogeneità necessaria per l’applicazione del concordato preventivo occorrerà ragguagliare ad anno:

       – i ricavi o compensi rilevanti ai fini della verifica del limite dimensionale di 5.164.569,00 euro, stabilito all’articolo 33, comma 12, lettera b) del decreto;

       – i ricavi o compensi nonché il reddito relativi al 2001, sui quali operare i confronti previsti dal comma 4 dell’articolo 33 del decreto.

2.2 Soggetti esclusi

     Non sono ammessi al concordato preventivo i seguenti soggetti:

        1. titolari di reddito d’impresa ed esercenti arti e professioni che hanno iniziato l’attività in data successiva al 31 dicembre 2000 [cfr. articolo 33, comma 12, lettera a) del decreto];

        2. soggetti che hanno dichiarato, per il periodo d’imposta 2001, ricavi o compensi di importo superiore a 5.164.569,00 euro [cfr. articolo 33, comma 12, lettera b) del decreto, come modificato dall’articolo 2, comma 10, lettera h), della Finanziaria 2004]. A tal fine, per espressa disposizione normativa, rilevano i ricavi di cui all’articolo 53 del TUIR (attuale articolo 85, del nuovo TUIR), ad eccezione dei corrispettivi delle cessioni di azioni e partecipazioni di cui al comma 1, lettera c) del medesimo articolo. In sintesi, la condizione d’accesso al concordato preventivo deve essere verificata avendo riguardo alle seguenti tipologie di ricavi dichiarati:

         – corrispettivi delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività dell’ impresa [articolo 85, comma 1, lettera a), del nuovo TUIR];

         – corrispettivi delle cessioni di materie prime e sussidiarie, di semilavorati e di altri beni mobili, esclusi quelli strumentali, acquistati o prodotti per essere impiegati nella produzione [articolo 85, comma 1, lettera b), del nuovo TUIR];

         – indennità conseguite a titolo di risarcimento, anche in forma assicurativa, per la perdita o il danneggiamento di beni di cui alle precedenti lettere [articolo 85, comma 1, lettera f), del nuovo TUIR];

         – contributi in denaro, o il valore normale di quelli in natura, spettanti sotto qualsiasi denominazione in base a contratto [articolo 85, comma 1, lettera g), del nuovo TUIR];

         – contributi spettanti esclusivamente in conto esercizio a norma di legge [articolo 85, comma 1, lettera h), del nuovo TUIR];

         – valore normale dei predetti beni, destinati al consumo personale o familiare dell’imprenditore, o assegnati ai soci o destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa [articolo 85, comma 2 del nuovo TUIR].

     Per quanto riguarda i compensi, si assumono quelli indicati all’articolo 50, comma 1, del TUIR (attuale articolo 54 del nuovo TUIR).

     Per determinare la predetta soglia di ricavi o compensi occorre guardare alle risultanze della dichiarazione originariamente presentata. Non si applica – pertanto – la disposizione contenuta nel comma 6 dell’articolo 33 del decreto secondo cui, al diverso fine di determinare la base di calcolo degli incrementi previsti al comma 4 dell’articolo 33 del decreto, si tiene conto anche dei ricavi o compensi desumibili da eventuali avvisi di accertamento e dalle dichiarazioni di definizione e integrazione presentate ai sensi della legge 27 dicembre 2002, n. 289.

     Più precisamente, non rilevano ai fini del superamento del predetto limite, gli incrementi di ricavi o compensi conseguenti all’adeguamento agli studi di settore o ai parametri (compreso, per esigenze di coerenza e sistematicità, l’adeguamento effettuato in dichiarazione) e quelli risultanti da avvisi di accertamento non più impugnabili (anche se definiti con l’istituto dell’accertamento con adesione di cui al d.Lgs. n. 218 del 1997) ovvero risultanti dalle integrazioni e definizioni di cui alla legge n. 289 del 2002.

     In tal senso depongono:

       – il chiaro riferimento normativo ai ricavi o compensi dichiarati di cui all’articolo 33, comma 12, lettera b) del decreto;

       – la disposizione riportata al comma 6 dell’articolo 33 del decreto secondo cui tali atti, definizioni ed integrazioni, rilevano fini di quanto previsto dai commi 4 e 5”.

     Poiché la condizione in esame si riferisce ai ricavi o compensi dichiarati per il 2001, deve ritenersi che l’eventuale superamento del limite di € 5.164.569,00, negli anni 2003 o 2004 non fa venir meno gli effetti del concordato preventivo;

        3. titolari di reddito d’impresa ed esercenti arti e professioni che “si sono avvalsi dei regimi forfetari” di determinazione dell’imponibile o dell’imposta anche per uno solo dei due periodi d’imposta in corso al 1° gennaio 2001 e al 1° gennaio 2003 [cfr. articolo 33, comma 12, lettera c), del decreto, come modificato dall’articolo 2, comma 10, lettera h) della Finanziaria 2004].

In forza della generica previsione di cui all’articolo 33, comma 12, lett. c), del decreto, la preclusione all’utilizzo del concordato preventivo si verifica in tutti i casi in cui la determinazione del reddito ovvero dell’imposta avvenga secondo criteri forfetari.

     E’ preclusa, per esempio, la possibilità di aderire al concordato preventivo ai soggetti che si sono avvalsi dei regimi forfetari disciplinati:

       – dall’articolo 3, commi da 171 a 183, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, per gli esercenti attività d’impresa ovvero arti e professioni che, nell’anno solare precedente non hanno realizzato un volume d’affari superiore a 10.329,14 euro (c.d. contribuenti minimi);

       – dall’articolo 5 della legge 30 dicembre 1991, n. 413, che disciplina il regime forfetario per opzione a favore dei soggetti che esercitano l’attività di agriturismo di cui alla legge 5 dicembre 1985, n. 730;

       – dall’articolo 56, comma 5, del nuovo TUIR per i contribuenti che esercitano l’attività di allevamento di animali oltre il limite di cui all’articolo 32, comma 2, lett. b), del nuovo TUIR e che, per il periodo d’imposta in corso al 1°gennaio 2001, ovvero per quello in corso al 1°gennaio 2003, hanno determinato il reddito eccedente i predetti limiti sulla base del criterio forfetario di cui al citato articolo 56, comma 5;

       – dall’articolo 1 della legge n. 398 del 1991 per le associazioni sportive dilettantistiche, le associazioni senza scopo di lucro e le associazioni pro-loco che, nel 2001 ovvero nel 2003, hanno determinato il reddito derivante dalle attività commerciali sulla base del regime opzionale previsto da tale disposizione.

     I contribuenti che si avvalgono del regime previsto dall’articolo 13 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 per le nuove iniziative imprenditoriali e di lavoro autonomo non sono ammessi al concordato preventivo, a prescindere dalle caratteristiche di tale regime, perché allo stesso possono accedere solo contribuenti che hanno iniziato l’attività a partire dal 1° gennaio 2001 e che pertanto non erano in attività il 31 dicembre 2000.

     Per i soggetti ammessi al regime agevolato delle attività marginali di cui all’articolo 14 della richiamata legge n. 388 del 2000, non si ravvisa, invece, alcuna preclusione dovuta alle particolari modalità di determinazione dell’imponibile o dell’imposta, posto che gli stessi assolvono l’IVA nei modi ordinari e l’IRPEF attraverso l’applicazione di un’imposta sostitutiva proporzionale. Si evidenzia, infatti, che la base imponibile IRPEF dei soggetti in esame si determina per differenza tra l’ammontare dei ricavi o compensi (determinati in base all’applicazione degli studi di settore dopo aver normalizzato la posizione del contribuente tenendo conto delle peculiarità delle situazioni di marginalità, anche in riferimento agli indici di coerenza economica che caratterizzano il contribuente stesso) e quello dei costi e delle spese determinati secondo le ordinarie regole previste per il reddito d’impresa ovvero di lavoro autonomo.

        4. soggetti che – nella comunicazione di adesione – non assumono formale impegno a soddisfare per ciascun periodo d’imposta oggetto di concordato i requisiti fissati nell’articolo 33, comma 4, del decreto, relativamente ai livelli minimi di ricavi o compensi e di reddito [cfr. articolo 33, comma 12, lettera d) del decreto].

     In relazione ai contribuenti con periodo d’imposta non coincidente con l’anno solare si fa presente che gli stessi non potranno accedere all’istituto del concordato preventivo nel caso che, alla data di invio della comunicazione di adesione sia:

       – già scaduto il termine di presentazione della dichiarazione annuale, relativamente al primo dei due periodi d’imposta concordabili;

       – già concluso il secondo dei predetti periodi d’imposta.

     Il comma 1 dell’articolo 33 del decreto prevede, infatti, che il concordato preventivo si applichi al periodo d’imposta in corso al 1° gennaio 2003 ed a quello successivo, ma va fatta comunque salva la “preventività” del concordato.

     Non è conseguentemente ammessa al concordato preventivo una società con periodo d’imposta 1° marzo-28 febbraio relativamente alla quale:

       – i dati da prendere a base per il concordato sarebbero quelli riferibili al periodo d’imposta in corso al 1° gennaio 2001 ossia al periodo 1° marzo 2000-28 febbraio 2001;

       – il primo periodo di imposta oggetto di concordato sarebbe quello relativo all’esercizio 1° marzo 2002-28 febbraio 2003;

       – il secondo periodo d’imposta dovrebbe coincidere con l’esercizio 1° marzo 2003-29 febbraio 2004.

     Non possono avvalersi del concordato preventivo i contribuenti che abbiano omesso di dichiarare reddito di impresa o di lavoro autonomo per l’anno 2001, perché in tal caso mancano i dati da prendere a base per determinare i ricavi o compensi minimi da dichiarare per il periodo d’imposta in corso al 1° gennaio 2003 e per quello successivo.

     Non costituisce, invece, motivo di esclusione dal concordato preventivo la circostanza che il contribuente nel 2001 o negli anni successivi abbia svolto un’attività per la quale non siano stati approvati studi di settore o parametri, ovvero caratterizzata dalla presenza di cause di esclusione dall’applicazione dei predetti strumenti di determinazione presuntiva dei ricavi o compensi.

     In tali casi i ricavi o compensi del 2001, da prendere a base per determinare i ricavi o compensi minimi ed il reddito che il contribuente è tenuto a dichiarare nel 2003 e 2004, saranno assunti per l’ammontare dichiarato o eventualmente per l’ammontare risultante da atti di accertamento o da dichiarazioni integrative o di definizione ai sensi della legge n. 289 del 2002.

2.3 Continuità dell’attività svolta sotto l’aspetto oggettivo e soggettivo

     Per esigenze di sistematicità e di semplificazione, deve ritenersi che possano accedere al concordato preventivo soltanto i contribuenti che nel biennio 2003 – 2004 svolgono attività che per caratteristiche di continuità possono essere considerate sostanzialmente omogenee a quelle svolte nel 2001. Tale omogeneità è funzionale all’attendibilità dei raffronti postulati dalla norma tra i dati del 2003/2004 e quelli del 2001 e, quindi, alla significatività degli impegni assunti dai contribuenti sulla base del predetto raffronto.

     In linea generale il requisito della omogeneità sussiste se le attività sono contraddistinte da uno stesso codice di attività. A tal fine, tuttavia, si considerano ininfluenti le modifiche di classificazione derivanti dal solo fatto dell’applicazione della nuova codifica ATECOFIN 2004. E’ il caso, ad esempio, di un contribuente che svolge l’attività di produzione di aceto, che nella vecchia codificazione (ATECOFIN 1993) era classificato con il codice 15.89.3, e nella nuova ha, invece, il codice 15.87.0. Appare del tutto evidente che se tale contribuente continua nel 2003 e nel 2004 a produrre aceto, non opera alcuna causa che impedisca la prosecuzione del regime di concordato preventivo.

     Possono ritenersi, altresì, omogenee le attività contraddistinte da codici d’attività compresi nel medesimo studio di settore. E’ il caso, ad esempio, dello studio di settore identificato con il codice SD07B che raccoglie fabbricazione di pullover, cardigan ed altri articoli simili a maglia (codice attività 17.72.0), di altra maglieria esterna (17.73.0), di maglieria intima (17.74.0) e di altri articoli e accessori a maglia (17.75.0). Conseguentemente è ammesso al concordato preventivo, ad esempio, un contribuente che nel 2001 fabbricava pullover e cardigan, anche se nel 2003 ha smesso di produrre tali articoli per dedicarsi alla produzione di maglieria intima.

     I raggruppamenti di codici riguardanti studi di settore approvati con decorrenza 2002 e 2003 possono assumere rilievo in relazione all’omogeneità delle attività svolte dai contribuenti ai quali sono applicabili i parametri. Ad esempio, un contribuente che avesse svolto nel 2001 l’attività di costruzione di opere idrauliche (codice attività 45.24.0) e nel 2003 quella di lavori generali di costruzione di edifici e lavori di ingegneria civile (45.21.0) può essere ammesso al concordato preventivo perché le due attività sono confluite in un unico studio di settore (identificato con il codice SG69U) approvato con decreto ministeriale del 6 marzo 2003.

     In presenza del requisito in esame, è ininfluente che le attività siano svolte con l’utilizzazione di più punti di produzione o vendita. Non impedisce, quindi, l’accesso al concordato preventivo l’apertura di una nuova sede o il trasferimento della stessa.

     Per converso, non possono avvalersi dell’istituto i contribuenti che nei periodi d’imposta oggetto di concordato preventivo svolgono un’attività d’impresa o di lavoro autonomo non omogenea a quella svolta nel 2001. Si tratta di un’esigenza giustificata dalla necessità di operare confronti significativi. Tale esigenza sarebbe vanificata se la comparazione fosse eseguita tra i ricavi o compensi prodotti da un’attività soggetta a un determinato studio di settore nel 2001, e i ricavi o compensi prodotti nel 2003 o nel 2004 da un’attività soggetta ad un diverso studio di settore.

     Analoghe esigenze di omogeneità e semplificazione, riconducibili alla stessa ratio dell’articolo 33, comma 12, lettera a) del decreto, che esclude dal concordato preventivo i contribuenti non in attività il 31 dicembre 2000, inducono ad affermare il principio della continuità anche da un punto di vista soggettivo.

     Conseguentemente, non possono accedere al concordato preventivo ovvero perdono il diritto a beneficiarne, i contribuenti che, successivamente al 2001, avviano un’attività commerciale dopo aver rilevato attività svolte da altri contribuenti nonché le società interessate, nel periodo 2001-2004, da operazioni straordinarie di fusione e scissione, anche parziale.

     Per i casi di liquidazione e trasformazione di società, si rinvia rispettivamente ai capitoli 2 e 9.

2.4 La congruità dei ricavi o compensi relativi al 2001.

     L’adesione al concordato preventivo comporta l’obbligo di dichiarare, per il periodo d’imposta in corso al 1° gennaio 2003 e per quello successivo, determinati ricavi o compensi e determinati redditi, il cui ammontare non potrà risultare inferiore a quello che si ottiene applicando, ai ricavi o compensi e al reddito relativi al periodo d’imposta in corso al 1° gennaio 2001, gli incrementi percentuali previsti dal comma 4 dell’articolo 33 del decreto.

     I dati del periodo in corso al 1° gennaio 2001, da assumere a base del predetto calcolo, sono quelli risultanti dalle dichiarazioni presentate dal contribuente (eventualmente integrati – come si dirà – da accertamenti definitivi o da dichiarazioni di definizione o integrazione ai sensi della legge n. 289 del 2002) o, se superiori, dall’applicazione degli studi di settore o dei parametri.

     Qualora per il 2001 siano applicabili studi di settore o parametri, infatti, per accedere al concordato preventivo i relativi ricavi o compensi devono risultare congrui, ossia non inferiori a quelli derivanti dalla applicazione di tali strumenti presuntivi. Non hanno alcun rilievo, invece, eventuali anomalie di posizionamento del contribuente rispetto agli indicatori di coerenza economica.

In sintesi, possono accedere al concordato preventivo:

       – i contribuenti che, anche per effetto di adeguamento in dichiarazione, abbiano dichiarato ricavi o compensi congrui, ossia non inferiori a quelli risultanti dagli studi di settore o dei parametri, quando tali strumenti sono applicabili;

       – i contribuenti che possono far valere la congruità dei compensi o ricavi per effetto di atti di accertamento ovvero per l’adesione alle procedure di definizione o di integrazione previste dalla legge n. 289 del 2002;

       – i contribuenti che, avendo dichiarato ricavi o compensi non congrui, rimuovono tale impedimento avvalendosi delle disposizioni contenute:

        ° nell’articolo 33, comma 5, del decreto. Tale disposizione prevede la possibilità di accedere al concordato preventivo a condizione che, anteriormente alla data di presentazione della comunicazione di adesione al concordato preventivo, si proceda ad adeguare per il 2001 i predetti ricavi o compensi e ad assolvere alle relative imposte.

        ° nell’articolo 2, comma 52, della Finanziaria 2004. Tale disposizione prevede che possono accedere al concordato preventivo, senza assolvere eventuali oneri fiscali da adeguamento, anche i contribuenti che per il 2001 non hanno dichiarato ricavi o compensi congrui, a condizione che gli stessi si avvalgano per l’anno 2002, prima di formalizzare la richiesta di adesione, della definizione ai sensi della legge n. 289 del 2002.

     Nei successivi paragrafi saranno esaminate in modo particolareggiato le diverse fattispecie di adeguamento appena elencate.

2.4.1 Contribuenti con ricavi o compensi congrui nel 2001, anche per effetto di atti di accertamento ovvero di integrazioni e definizioni.

2.4.1.1 Contribuenti congrui in modo “naturale”

     Sono ammessi al concordato preventivo i contribuenti che hanno dichiarato, anche per effetto di adeguamento in dichiarazione, ricavi o compensi congrui. Il valore rilevante affinché i ricavi o compensi possano considerarsi congrui è:

       – per gli studi di settore, quello che nel software Ge.Ri.Co., utilizzato per applicare gli studi stessi, è indicato quale ricavo o compenso di riferimento puntuale;

        – per i parametri, quello previsto ai fini dell’adeguamento in dichiarazione.

     Per la determinazione dell’entità dei ricavi o compensi congrui devono essere presi a base i dati per l’applicazione degli studi di settore e dei parametri, così come dichiarati dal contribuente in occasione della presentazione della dichiarazione.

     Per esigenze di semplificazione e coerentemente a quanto previsto dalla circolare 21 febbraio 2003 n 12/E in materia di condono (paragrafo 2.8.2), non è possibile modificare tale dati né in favore, né contro il contribuente.

     Il contribuente può essere considerato del tutto congruo solo se risulta tale sia ai fini delle imposte sul reddito che dell’IVA. Qualora risulti congruo solo in relazione ad una di tali imposte, per accedere al concordato dovrà provvedere a regolarizzare la propria posizione anche per l’altro settore impositivo.

2.4.1.2 Effetti degli accertamenti e delle sanatorie fiscali sulla congruità

     Per verificare il rispetto della condizione di congruità, ai sensi dell’articolo 33, comma 6, del decreto, occorre tener conto di eventuali atti di accertamento non più impugnabili alla data di presentazione della comunicazione di adesione nonché di eventuali integrazioni e definizioni di cui alla legge n. 289 del 2002, perfezionate entro la medesima data.

2.4.1.2.1 Effetti degli accertamenti

     In presenza di un atto di accertamento, non più impugnabile alla data di presentazione della comunicazione di adesione (per effetto, ad esempio, della mancata impugnazione dello stesso nel termine previsto ovvero della presentazione di un’istanza di definizione di cui agli articoli 15 e 16 della legge n. 289 del 2002), si dovrà distinguere tra:

       – avvisi di accertamento ordinari;

       – avvisi di accertamento parziali emanati ai sensi degli articoli 41-bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54, comma 5, del d.P.R. n. 633 del 1972.

     Nel primo caso, l’intervenuta definitività dell’accertamento porterà a ritenere congrua la posizione del contribuente, sia pure ai soli fini dell’accesso al concordato preventivo. In deroga a quanto previsto dal comma 5 dell’articolo 33, il contribuente – pertanto – deve ritenersi comunque sollevato dall’onere di assolvere le imposte relative all’adeguamento agli studi di settore o ai parametri.

     Stante il tenore letterale del comma 5 dell’articolo 33 del decreto, ai fini della quantificazione dei ricavi o compensi e dei redditi che il contribuente per effetto del concordato si impegna a dichiarare per il biennio 2003/2004, resta immutata la necessità di confrontare le risultanze dell’accertamento con gli studi di settore o i parametri. In particolare, nel caso che i ricavi o compensi risultanti dall’avviso di accertamento siano inferiori a quelli determinabili sulla base degli studi di settore o dei parametri, sarà necessario assumere quest’ultimi come base di partenza per l’applicazione delle maggiorazioni previste dal comma 4 del citato articolo 33.

     Il contribuente dovrà fare riferimento, invece, ai ricavi o compensi risultanti dall’avviso di accertamento, qualora il relativo ammontare sia superiore a quello determinabile in base agli studi di settore o parametri. Tanto si evince, dal disposto del comma 6 del medesimo articolo, che annovera l’accertamento definitivo tra gli atti che si sovrappongono, senza sostituirsi, agli studi di settore o parametri (“Ai fini di quanto previsto dai commi 4 e 5, si tiene conto, inoltre, …degli atti di accertamento non più impugnabili …”),

     Con riguardo agli accertamenti emessi ai sensi dell’articolo 41-bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (ai fini delle imposte sui redditi) ovvero dell’articolo 54, comma 5, del d.P.R. n. 633 del 1972 (ai fini dell’IVA), resta parimenti immutata la necessità di valutare la congruità sulla base degli studi di settore e dei parametri; anche in tal caso, infatti, può rendersi necessario aumentare i ricavi o compensi risultanti dai predetti avvisi di accertamento non più impugnabili, al fine di raggiungere la soglia di congruità derivante dall’applicazione degli studi di settore o dei parametri.

     In tal caso è tuttavia necessario assolvere anche le imposte relative all’adeguamento agli studi di settore o ai parametri. Ciò in quanto l’accertamento parziale, a differenza di quello ordinario, non implica un completo giudizio di congruità della posizione fiscale del contribuente, nei confronti del quale la potestà di accertamento, entro i prescritti termini di decadenza, potrà essere nuovamente esercitata.

     A titolo di esempio, si consideri un contribuente che, dopo aver dichiarato per il 2001 ricavi pari a € 70.000 ed un reddito pari a € 40.000, è stato raggiunto da un avviso di accertamento ai sensi dell’articolo 41-bis del d.P.R. n. 600 del 1973, con il quale sono stati accertati maggiori ricavi (e conseguente maggior reddito), pari a € 10.000. Sulla base degli studi di settore avrebbe dovuto dichiarare ricavi per € 90.000 e quindi reddito per € 60.000. Nel caso in cui l’accertamento si sia definito per mancata impugnazione, ovvero per effetto della definizione agevolata di cui agli articoli 15 e 16 della legge n. 289 del 2002, il contribuente dovrà – al fine di accedere al concordato – rendere congrui i ricavi (e, conseguentemente, il reddito) relativi al 2001 avvalendosi della facoltà prevista dall’articolo 33, comma 5, del decreto, ossia integrare i ricavi risultanti dall’accertamento parziale di un ulteriore importo pari a € 10.000 e assolvere le imposte conseguenti all’adeguamento.

     Per le considerazioni fin qui svolte, il contribuente in parola dovrà prendere a base di calcolo per il 2001 gli importi di € 90.000 e € 60.000, rispettivamente per i ricavi e il reddito.

     Come già anticipato, occorrerà tenere conto dei maggiori ricavi o compensi (e dei relativi effetti sul reddito) desumibili dagli accertamenti divenuti definitivi tutte le volte che i medesimi sono superiori a quelli determinati applicando gli studi di settore o i parametri. In tal caso non si distingue tra accertamenti ordinari o parziali.

     Si consideri, a tal fine, l’ipotesi in cui la rettifica operata dall’ufficio sia pari a € 30.000, fermi restando gli altri dati dell’esempio precedente (dichiarati: ricavi € 70.000, reddito € 40.000 e livello di congruità € 90.000). Il contribuente in parola dovrà prendere a base di calcolo per il 2001 gli importi di € 100.000 e € 70.000, rispettivamente per i ricavi e il reddito, prescindendo dal dato relativo agli studi e dal tipo di accertamento operato dall’Ufficio.

2.4.1.2.2 Effetti della definizione ai sensi dell’articolo 7 della legge n. 289 del 2002.

     La condizione di congruità si intende realizzata anche nel caso in cui i contribuenti, entro la data di invio della comunicazione di adesione al concordato, abbiano definito il periodo d’imposta 2001 mediante la sanatoria di cui all’articolo 7 della legge n. 289 del 2002.

     Anche in tal caso il valore da prendere a base per calcolare i ricavi o compensi ed il reddito minimo del 2003 è quello determinato in base alle risultanze della definizione che, si ricorda, pone il contribuente in una situazione di congruità, rilevante sia ai fini delle imposte sul reddito sia ai fini dell’IVA.

2.4.1.2.3 Effetti della dichiarazione integrativa ai sensi dell’articolo 8 della legge n. 289 del 2002.

     Il contribuente che si è avvalso della facoltà di integrare i redditi dell’anno 2001 ai sensi dell’articolo 8 della legge n. 289 del 2002 potrà far riferimento alle risultanze dell’apposito prospetto compilato in occasione della presentazione della dichiarazione integrativa (cfr. istruzioni al modello di dichiarazione integrativa) e – se del caso – considerare il maggior imponibile esposto nella relativa istanza come dichiarato a titolo di integrazione dei ricavi o compensi. Ne consegue che, nell’effettuare il confronto con i ricavi o compensi ed il reddito derivanti dall’applicazione degli studi o dei parametri, i ricavi o compensi ed il reddito dichiarati sono aumentati, in tale ipotesi, del maggior imponibile esposto nella dichiarazione integrativa, senza la possibilità di avvalersi del beneficio della “franchigia” previsto dal comma 6 del citato articolo 8.

     Ad esempio, in presenza di ricavi o compensi dichiarati pari a € 70.000 (reddito relativo € 40.000) e di ricavi o compensi congrui pari a € 90.000, una eventuale dichiarazione integrativa ai sensi dell’articolo 8, che esponga un maggior imponibile di € 10.000, potrà essere presa in considerazione per considerare dichiarati ricavi o compensi pari a € 80.000. In tale situazione, per accedere al concordato preventivo, il contribuente si dovrà avvalere della facoltà prevista dall’articolo 33, comma 5, del decreto, integrando i ricavi o compensi fino a quel momento dichiarati di un ulteriore importo pari a € 10.000.

     Anche in tal caso il valore da prendere a base per calcolare i ricavi o compensi ed il reddito minimo del 2003 è quello post-adeguamento, ossia pari – rispettivamente a € 90.000 e € 60.000.

     Se invece la dichiarazione integrativa evidenzia, in aggiunta agli stessi dati riportati nell’esempio precedente, maggiori imponibili pari a € 50.000, il contribuente, sempre sulla base delle risultanze del predetto prospetto, può far valere una parte di tale importo (nell’esempio € 20.000) al fine di rendere congruo il 2001. In tal caso, il medesimo contribuente:

       – non verserà, ai fini delle imposte sui redditi e delle relative addizionali, alcuna imposta per il 2001;

       – assumerà il valore post-adeguamento (rispettivamente, € 90.000 e € 60.000) per calcolare i ricavi o compensi ed il reddito minimo del 2003;

       – in caso di accertamento, non può utilizzare l’importo di € 20.000 a fronte della eventuale rettifica di componenti positivi di reddito diversi dai ricavi o compensi, di componenti negativi di reddito, ovvero di altre categorie reddituali.

     Se il contribuente, infatti, si è avvalso della facoltà di considerare il maggior imponibile integrato per il 2001 come dichiarato a titolo di maggiori ricavi o compensi, in caso di accertamento lo stesso importo non potrà più essere utilizzato per impedire o attenuare gli effetti di un’eventuale rettifica di componenti positivi di reddito diversi dai ricavi o compensi, di componenti negativi del reddito di impresa o di lavoro autonomo ovvero di una rettifica in aumento di altre tipologie di reddito.

2.4.1.2.4 Effetti della definizione ai sensi dell’articolo 9 della legge n. 289 del 2002.

     Il perfezionamento della definizione automatica ai sensi dell’articolo 9 della legge n. 289 del 2002, che abbia interessato il periodo d’imposta 2001, rende congrua la posizione del contribuente ai soli fini dell’accesso al concordato preventivo. Conseguentemente se i ricavi o compensi dichiarati dal contribuente sono inferiori a quelli determinabili in base agli studi di settore o ai parametri:

       – in deroga a quanto previsto dal comma 5 dell’articolo 33, del decreto, non occorrerà assolvere le imposte relative all’adeguamento agli studi di settore o ai parametri;

       – i ricavi o compensi ed il reddito del 2001 da prendere a base per l’applicazione delle maggiorazioni vanno, comunque, adeguati alle risultanze degli studi di settore o dei parametri.

2.4.2 Adeguamento dei ricavi o compensi del 2001

     Il comma 5 dell’articolo 33 del decreto consente ai contribuenti che non risultino congrui per il 2001 di accedere al concordato preventivo, a condizione che, anteriormente alla data di presentazione della comunicazione di adesione al concordato stesso (il cui termine ultimo è fissato al 16 marzo 2004 dal comma 15 dell’articolo 33 del decreto), essi provvedano ad adeguare i predetti ricavi o compensi e ad assolvere le relative imposte.

     Il valore rilevante ai fini di tale adeguamento è:

       – per gli studi di settore, quello che nel software Ge.Ri.Co., utilizzato per applicare gli studi stessi, è indicato quale ricavo o compenso di riferimento puntuale;

        – per i parametri, quello previsto ai fini dell’adeguamento in dichiarazione.

     L’adeguamento dei ricavi si riflette in termini di maggior reddito, per un importo pari alla differenza tra l’ammontare dei ricavi o compensi che risulta congruo in base agli studi di settore o ai parametri e quanto dichiarato dal contribuente, eventualmente aumentato degli importi indicati ai precedenti paragrafi.

     Per effetto di tale adeguamento il contribuente dovrà riliquidare la propria dichiarazione dei redditi, versando la maggiore IRPEF o IRPEG (e le relative addizionali regionali e comunali) eventualmente dovute per effetto dell’inserimento in dichiarazione dei predetti maggiori ricavi o compensi e tenendo conto degli importi (indicati nei precedenti paragrafi) conseguenti ad accertamenti, integrazioni e definizioni.

     L’adeguamento dei ricavi o compensi sulla base dei parametri e degli studi di settore rileva anche ai fini dell’IVA che, in base ai principi affermati nell’articolo 33, comma 7-bis, del decreto si calcola applicando all’ammontare dei maggiori ricavi o compensi, “tenendo conto della esistenza di operazioni non soggette ad imposta ovvero soggette a regimi speciali, l’aliquota media risultante dal rapporto tra l’imposta relativa alle operazioni imponibili, diminuita di quella relativa alle cessioni dei beni ammortizzabili, e il volume d’affari dichiarato”.

     Si tratta, sostanzialmente, dei criteri utilizzati per l’adeguamento agli studi di settore previsti dall’articolo 10, comma 5 della legge 146 del 1998, e per l’adeguamento ai parametri, dettagliatamente illustrati nella circolare 13 maggio 1996, n. 117/E.

     Qualora il contribuente risulti congruo in relazione ad un solo settore impositivo l’adeguamento previsto dal comma 5 dell’articolo 33 del decreto dovrà essere effettuato solo in relazione all’altro settore.

     I maggiori ricavi o compensi ed il reddito nonché la maggiore IVA corrisposta a seguito di adeguamento, in caso di accertamento relativo al periodo d’imposta 2001, si considerano come dichiarati dal contribuente sin dall’origine.

     Le imposte per le quali è dovuto l’adeguamento sono, pertanto, le imposte sul reddito, le addizionali regionali e comunali ad esse connesse e l’IVA.

     I versamenti di tali imposte ed addizionali devono essere effettuati utilizzando gli appositi codici-tributo approvati dall’Agenzia delle entrate, anche avvalendosi dell’istituto della compensazione disciplinato dal d.Lgs. n. 241 del 1997. Non è, invece, possibile alcuna rateazione di tali pagamenti.

     In conformità al dato testuale della norma riportata al comma 4. dell’articolo 33 del decreto (secondo cui l’adeguamento in dichiarazione rileva “ai fini delle imposte sui redditi e sul valore aggiunto”) e in coerenza con quanto ordinariamente previsto nei casi di adeguamento agli studi di settore ed ai parametri, non è dovuto, invece, l’adeguamento all’IRAP; nel caso di specie, invero, il legislatore consente di effettuare un adeguamento di tipo extra contabile che rende irrilevante tale componente ai fini della determinazione della base imponibile della predetta imposta.

2.4.2.1 Adeguamento tramite definizione del periodo d’imposta 2002

     L’articolo 2, comma 52, della Finanziaria 2004, consente ai contribuenti che non risultino congrui di accedere al concordato preventivo effettuando, per l’anno 2001, l’adeguamento previsto dal comma 5 dell’articolo 33 del decreto, senza assolvere le relative imposte, a condizione che provvedano “alla definizione del periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2002 ai sensi del comma 44” della medesima legge Finanziaria 2004.

     Atteso l’esplicito rinvio alle “definizioni” operato dalla predetta disposizione, si ritiene che possano beneficiare della possibilità recata dal predetto comma 52 soltanto i contribuenti che per l’anno 2002 si avvalgono delle definizioni di cui agli articoli 7 e 9 della legge n. 289 del 2002.

     La definizione ai sensi dell’articolo 9 della legge n. 289 del 2002 deve essere effettuata per entrambi i settori impositivi. Nel caso in cui, invece, il contribuente dovesse optare per la definizione in parola limitatamente ad uno solo di essi (ad esempio, solo per le imposte sul reddito), dovrà provvedere al versamento della maggiore imposta, liquidata in applicazione dell’adeguamento agli studi di settore o dei parametri, relativa all’altro settore impositivo (nell’esempio, l’IVA).

     Il beneficio non può essere conseguito, invece, da coloro che per il 2002 presentino una dichiarazione integrativa ai sensi dell’articolo 8 della legge n. 289 del 2002, considerato che la stessa non definisce l’obbligazione tributaria afferente l’annualità oggetto d’integrazione.

     E’ evidente, infine, come l’omessa presentazione della dichiarazione originaria per l’anno 2001, considerata l’indisponibilità dei dati necessari cui raffrontare i minimi del 2003, precluda in ogni caso l’accesso al concordato preventivo, anche in presenza di definizione automatica del periodo d’imposta 2002.

     Resta inteso che il beneficio conseguente alla definizione del periodo d’imposta 2002 comporta l’esonero dal pagamento delle imposte da adeguamento, ma non fa venir meno la necessità di definire gli obblighi del concordato preventivo con riferimento ai ricavi o compensi del 2001 ritenuti congrui sulla base della risultanza degli studi di settore o dei parametri.

2.5 Inesistenza delle condizioni di ammissibilità e legittima fuoriuscita dal concordato preventivo – effetti

     L’insussistenza, alla data d’invio della comunicazione di adesione, delle condizioni di ammissibilità impedisce il perfezionamento dell’adesione e, sotto il profilo degli effetti che ne conseguono, realizza un’ipotesi distinta da quella della decadenza, prevista – invece – in caso di mancato raggiungimento dei ricavi o compensi e del reddito minimi.

     L’insussistenza delle condizioni di ammissibilità comporta l’impossibilità di fruire, con effetto ex tunc, dei seguenti benefici:

       – limitazione dei poteri di accertamento dell’Amministrazione finanziaria;

       – sospensione dell’obbligo di emettere lo scontrino o la ricevuta fiscale. Sono sanzionabili, invero, anche le violazioni commesse dopo la comunicazione di adesione a un concordato preventivo che non si sia perfezionato. Non trova applicazione, nel caso di specie, il disposto del comma 9, lettera c), dell’articolo 33 del decreto, che – relativamente alla diversa fattispecie della decadenza dal concordato preventivo – prevede la ripresa dell’obbligo di certificazione dei corrispettivi dal periodo d’imposta successivo a quello nel quale la decadenza si è verificata;

       – tassazione agevolata.

     Qualora, invece, una di tali condizioni venga meno per effetto del sopravvenuto modificarsi di situazioni di fatto, si determina una causa di legittima fuoriuscita dal regime del concordato preventivo. Restano fermi, in tal caso, gli effetti che si sono prodotti fino al periodo di imposta precedente quello in cui la situazione di fatto si è modificata, mentre da tale momento riprendono gli obblighi di emissione dello scontrino e della ricevuta fiscale. E’ il caso, ad esempio, di un contribuente che nel giugno del 2004 cessa l’attività svolta nel 2001 per iniziarne una nuova, non omogenea. In tal caso, venendo meno il requisito della continuità dell’attività sotto l’aspetto oggettivo, si avrà che:

       – restano validi gli effetti del concordato preventivo per il periodo di imposta 2003;

       – da giugno 2004 si ripristina l’obbligo di emettere scontrini o ricevute fiscali

       – il concordato preventivo non produce più alcun effetto per il 2004 e conseguentemente non operano:

         ° le limitazioni ai poteri di accertamento;

         ° le disposizioni riguardanti l’obbligo di dichiarare i ricavi ed il reddito concordato e quelle sulla tassazione agevolata dell’extra reddito.

     Anche la cessazione dell’attività realizza una legittima causa di fuoriuscita dal concordato preventivo.

     Ai predetti fini l’apertura della fase di liquidazione è assimilabile alla cessazione dell’attività.

     Gli effetti della decadenza, espressamente previsti dal comma 9 dell’articolo 33 del decreto, saranno illustrati nel paragrafo 4.3.

3 IMPEGNI DA RISPETTARE PER FRUIRE DEI BENEFICI DEL CONCORDATO PREVENTIVO

     Per fruire dei vantaggi del concordato preventivo devono essere soddisfatte alcune condizioni in termini di ricavi o compensi e reddito minimi da dichiarare per il biennio 2003 – 2004.

3.1 Determinazione dei ricavi o compensi e del reddito minimi

     I contribuenti che accedono al concordato preventivo devono impegnarsi a dichiarare importi non inferiori a quelli di seguito indicati.

     Per il periodo d’imposta in corso al 1° gennaio 2003:

       – ricavi o compensi almeno pari a quelli del periodo d’imposta 2001, maggiorati dell’8 per cento;

       – reddito almeno pari a quello dichiarato nel periodo d’imposta 2001, maggiorato del 7 per cento.

     Per il periodo d’imposta in corso al 1° gennaio 2004:

       – ricavi o compensi almeno pari a quelli minimi concordati per il periodo d’imposta 2003, maggiorati del 5 per cento;

       – reddito almeno pari a quello minimo concordato per il periodo d’imposta 2003, maggiorato del 3,5 per cento.

     Gli incrementi del 5 e del 3,5 per cento previsti per il 2004 si applicano ai ricavi o compensi e redditi minimi concordati per il 2003 anche nell’ipotesi in cui per tale periodo d’imposta siano stati effettivamente conseguiti ricavi, compensi o redditi di importo superiore a quello concordato.

     Nell’esempio che segue i ricavi minimi del 2004 sono pari a 63.000 e il relativo reddito minimo è pari a 31.050:

  Concordati per il 2003 Dichiarati nel 2003

Ricavi  60.000 80.000

Reddito 30.000 40.000

3.1.1 Ricavi o compensi e reddito da prendere a base per l’applicazione delle maggiorazioni

     Per determinare i ricavi o compensi e i redditi minimi dovuti per gli anni 2003 e 2004 occorre applicare le percentuali previste al comma 4 dell’articolo 33 del decreto ai corrispondenti dati del 2001, assunti dopo aver tenuto conto di eventuali integrazioni, accertamenti e definizioni.

     Si dovrà, pertanto, prendere in considerazione i ricavi o compensi ed il reddito:

       – dichiarati (anche tramite integrazioni ai sensi dell’articolo 8 della legge 289 del 2002), ovvero

       – definiti in applicazione della sanatoria di cui all’articolo 7 della legge n. 289 del 2002, ovvero

       – “riallineati” in caso di applicabilità degli studi di settore e dei parametri, nel caso in cui il contribuente non risulti congruo, ovvero

       – risultanti da accertamenti definitivi (se superiori).

     A titolo esemplificativo, si consideri un contribuente che (per il 2001) aveva dichiarato ricavi pari a € 50.000 ed un reddito pari a € 30.000, con un livello di congruità dei ricavi pari a € 60.000. Per tale contribuente la base da assumere per l’applicazione delle maggiorazioni dovrà essere pari a € 60.000 per i ricavi e € 40.000 per il reddito (in conseguenza dell’adeguamento dei ricavi).

     Per valutare l’effetto di una dichiarazione integrativa, si consideri, ad esempio, un contribuente che abbia dichiarato per il 2001 ricavi pari a € 50.000 (con un livello di congruità pari, ad esempio, a € 45.000) ed un reddito di € 40.000; se ha presentato una dichiarazione integrativa ai sensi dell’articolo 8 della legge n. 289 del 2002 con un maggior imponibile di € 10.000 (imputati a ricavi in precedenza omessi), dovrà applicare la percentuale di maggiorazione dell’8 per cento sull’importo di € 60.000 e la percentuale di maggiorazione del 7 per cento sull’importo di € 50.000.

     I ricavi o compensi del 2001 da prendere a base per l’applicazione delle maggiorazioni – così come i ricavi o compensi minimi concordati per gli anni 2003 o 2004 di cui al successivo punto 3.2 – sono quelli tassativamente indicati nel comma 14 dell’articolo 33 del decreto, ossia i ricavi di cui all’articolo 53 (attuale articolo 85 del nuovo TUIR), comma 1, lettere a) e b), e comma 2, vale a dire:

       – i corrispettivi delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa;

        – i corrispettivi delle cessioni di materie prime e sussidiarie, di semilavorati e di altri beni mobili, esclusi quelli strumentali, acquistati o prodotti per essere impiegati nella produzione;

       – il valore normale dei predetti beni assegnati ai soci o destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa.

     Per converso, al predetto fine, non rilevano:

       – i corrispettivi delle cessioni di azioni o quote partecipative [articolo 85, comma 1, lettera c)];

       – i corrispettivi delle cessioni di strumenti finanziari similari alle azioni (lettera d);

       – i corrispettivi delle cessioni di obbligazioni e di altri titoli in serie o di massa (lettera e);

       – le indennità conseguite a titolo di risarcimento del danno per perdita o danneggiamento dei beni – merce (lettera f);

       – i contributi in denaro o il valore normale di quelli in natura spettanti in base a contratto (lettera g);

       – i contributi spettanti in conto esercizio a norma di legge (lettera h).

     Il reddito d’impresa o di lavoro autonomo rilevante ai fini dell’applicazione del comma 4, da assumere tenendo conto di eventuali integrazioni, definizioni e accertamenti, è quello che risulta dal relativo prospetto della dichiarazione dei redditi, comprensivo quindi di tutti i componenti di reddito di tipo ordinario e straordinario, senza tener conto tuttavia delle riduzioni conseguenti alla applicazione di norme che prevedono agevolazioni limitate ad un determinato periodo di tempo.

     A differenza, infatti, delle componenti straordinarie di reddito previste a regime, che possono influenzare positivamente o negativamente sia il reddito del periodo d’imposta di riferimento (2001) sia il reddito dei periodi oggetto di concordato (2003 e 2004), la deduzione effettuata in applicazione di agevolazioni temporanee introduce un elemento di disomogeneità tra i periodi d’imposta da raffrontare e per ciò stesso si pone in contrasto con la ratio e il meccanismo applicativo del concordato preventivo.

     Nel caso, quindi, di un contribuente che abbia beneficiato di incentivi fiscali di portata temporale limitata, sotto forma di riduzione del reddito (in applicazione, ad esempio, dell’articolo 4 della legge 18 ottobre 2001, n. 383, c.d. agevolazione Tremonti-bis), occorrerà assumere il reddito del 2001 senza tenere conto degli effetti di tali agevolazioni.

     Se il contribuente ha utilizzato perdite pregresse in diminuzione dei redditi d’impresa o di lavoro autonomo relativi al periodo d’imposta 2001, tali redditi vanno assunti al lordo delle predette perdite.

     A titolo di esempio, si consideri un contribuente che nel 2001 abbia conseguito un reddito d’impresa (come in precedenza definito) pari a € 50.000, ridotto – per effetto dell’utilizzo di perdite pregresse – a € 30.000. Il valore da prendere a base al fine di calcolare gli incrementi sarà, in tale ipotesi, pari a € 50.000.

     In considerazione della stretta relazione esistente tra il livello dei ricavi o compensi e del reddito da prendere a base per l’applicazione delle maggiorazioni e quello rilevante ai fini della congruità, per ulteriori esemplificazioni numeriche si rinvia agli esempi contenuti nel paragrafo 2.4 e nei suoi sottoparagrafi.

     Si fa presente, inoltre, che per effetto della disposizione antielusiva contenuta nell’ultimo periodo del comma 6 dell’articolo 33 del decreto, non si può tener conto degli effetti della presentazione delle dichiarazioni integrative previste dall’articolo 2 del d.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, che abbiano determinato una diminuzione del reddito ovvero dei ricavi o compensi dichiarati.

3.1.2 Obbligo di dichiarare un reddito minimo

     Per le annualità oggetto di concordato esiste, comunque, l’obbligo di dichiarare un reddito minimo (d’impresa o di lavoro autonomo) che – per il 2003 – deve essere almeno pari a 1.000 euro.

     In particolare, tale disposizione trova applicazione nell’ipotesi in cui ricorrono congiuntamente le seguenti condizioni:

       – il contribuente realizza, per il 2003, una perdita oppure un reddito di impresa o lavoro autonomo inferiore ai 1.000 euro;

       – il reddito minimo che è tenuto a dichiarare sia inferiore al predetto importo (ad esempio, perché nel 2001 il contribuente ha dichiarato una perdita). E’ evidente, infatti, che in presenza di una perdita nel 2001, l’applicazione degli incrementi percentuali non potrebbe assolvere alla funzione di determinare il reddito minimo imponibile da dichiarare.

     Stante il tenore letterale della norma, si ritiene che per il 2004, anche in caso di applicazione per il 2003 del reddito minimo di 1.000 euro, si dovranno applicare le maggiorazioni percentuali necessarie a determinare il reddito minimo dovuto tenendo conto di quello minimo “concordato” per il 2003. Conseguentemente, il reddito minimo per il 2004 sarà pari a 1.035 euro.

3.2 Determinazione dei ricavi o compensi e del reddito per gli anni 2003 e 2004, tenendo conto degli importi minimi concordati

     Il contribuente che aderisce al concordato preventivo non può prescindere dalle risultanze delle scritture contabili.

     Pur in presenza di concordato preventivo, i ricavi o compensi e il reddito d’impresa o di lavoro autonomo da dichiarare per i periodi d’imposta 2003 e 2004 si determinano, in prima battuta, secondo le ordinarie modalità, ossia contrapponendo i componenti positivi e negativi di reddito, sia ordinari che straordinari, analiticamente determinati sulla base delle risultanze delle scritture contabili, senza tener conto degli effetti di agevolazioni temporanee.

     Soltanto se l’ammontare dei ricavi o compensi o del reddito così determinato risulta inferiore a quello che il contribuente si è impegnato a garantire in sede di adesione al concordato, egli dovrà adeguare in dichiarazione le risultanze delle scritture contabili fino al livello minimo necessario per rispettare gli impegni concordati.

     Per quanto riguarda i ricavi o compensi, il valore minimo che il contribuente s’impegna a dichiarare è riferito non alla generalità dei ricavi, ma esclusivamente:

       – ai ricavi di cui all’articolo 53, comma 1, lettere a) e b), e comma 2 (attuale articolo 85 del nuovo TUIR), ossia alle stesse tipologie di ricavi cui vanno applicate le maggiorazioni previste dal comma 4 dell’articolo 33 del decreto, elencati al precedente paragrafo 3.1.1;

        – ai compensi di cui all’articolo 50, comma 1 (attuale articolo 54 del nuovo TUIR), ossia ai compensi in denaro o in natura percepiti nel periodo di imposta, anche sotto forma di partecipazione agli utili, nell’esercizio dell’arte o della professione al netto dei contributi previdenziali e assistenziali stabiliti dalla legge a carico del soggetto che li corrisponde.

     Nell’eventualità che non sia possibile garantire, sulla base delle risultanze delle scritture contabili, il valore minimo dei predetti ricavi o compensi, il contribuente dovrà adeguare i ricavi o compensi dichiarati in base alle disposizioni contenute nel comma 4, lettere a) e b) dell’articolo 33 del decreto che prevedono:

       – per il 2003, la possibilità di adeguamento integrale, ossia senza limiti di importo, in dichiarazione;

       – per il 2004, la possibilità di adeguamento nei limiti del 10 per cento dei ricavi o compensi annotati nelle scritture contabili, con l’applicazione di una sanzione pari al 5 per cento delle imposte correlate all’adeguamento effettuato.

     Verificata tale condizione, dovrà essere assicurato anche il rispetto del reddito minimo concordato.

     Sono quindi due gli adeguamenti possibili, uno riguardante l’entità dei ricavi di cui all’articolo 53 comma 1, lettere a) e b) e comma 2, e l’altro relativo all’entità del reddito.

     Ad esempio, in presenza dell’impegno a dichiarare – per l’anno 2003 – ricavi minimi pari a 3.000 e reddito minimo pari a 2.200, ipotizziamo che il contribuente abbia contabilizzato i componenti di reddito indicati nella seguente tabella:

Ricavi di cui all’articolo 53, comma 1, lettere a) e b) e comma 2 2.700

Maggiori ricavi dovuti per allineamento al minimo 300

Contributi in denaro previsti all’articolo 53, comma 1, lettera e) 400

Totale componenti positivi 3.400

Totale componenti negativi 1.400

Differenza tra componenti positivi e negativi 2.000

Allineamento al reddito minimo 200

     Nel caso esaminato, a seguito dell’allineamento dei ricavi, dovrà essere versata anche l’imposta sul valore aggiunto applicando (sull’importo di 300) l’aliquota media determinata in sede di dichiarazione.

     L’ulteriore allineamento (pari a 200) relativo al reddito, invece, rileva ai soli fini delle imposte dirette. L’IVA non è dovuta, atteso che tale adeguamento non agisce sui ricavi, ma consegue al rispetto dell’obbligo di garantire il reddito minimo, che assolve alla funzione di contenere gli effetti di una eventuale lievitazione dei costi.

     Anche se il reddito imponibile prima dell’adeguamento dei ricavi o compensi (inferiori ai minimi concordati) è superiore a quello concordato, l’adeguamento dei ricavi produce effetti sulla determinazione del reddito imponibile.

     Ad esempio, con riferimento a ricavi minimi pari a 3.000 euro e reddito minimo pari a 2.200 euro, la tabella che segue evidenzia le modalità di calcolo del reddito da dichiarare per effetto dell’adesione al concordato:

Ricavi di cui all’articolo 53, comma 1, lettere a) e b) e comma 2 2.700

Totale componenti positivi prima dell’adeguamento 2.700

Totale componenti negativi prima dell’adeguamento 500

Differenza tra componenti positivi e negativi 2.200

Maggiori ricavi dovuti per allineamento al minimo 300

Reddito imponibile 2.500

     Nella diversa ipotesi in cui il contribuente abbia raggiunto il livello minimo di ricavi, ma non quello relativo al reddito, utilizzando i valori di ricavi e reddito minimi degli esempi precedenti (ricavi 3.000, reddito 2.200), si avrà:

Ricavi di cui all’articolo 53, comma 1, lettere a) e b) e comma 2 3.000

Contributi in denaro previsti all’articolo 53, comma 1, lettera e) 400

Totale componenti positivi 3.400

Totale componenti negativi 1.400

Differenza tra componenti positivi e negativi 2.000

Allineamento al reddito minimo 200

      In sede di dichiarazione, il contribuente ha facoltà di scomputare dal reddito d’impresa, determinato in conformità agli impegni assunti con l’adesione al concordato, eventuali perdite pregresse “riportabili” ai sensi degli articoli 8 e 84 del nuovo TUIR. In assenza di indicazioni normative, si ritiene che il contribuente, per massimizzare i vantaggi derivanti dall’opzione per il concordato preventivo, possa liberamente utilizzare dette perdite in diminuzione del reddito d’impresa, scomputandole dal reddito soggetto a tassazione ordinaria o da quello a tassazione agevolata oppure in parte dall’uno e in parte dall’altro, al fine di ottenere il maggior risparmio fiscale consentito.

     Tale scelta, tuttavia, non modifica l’applicazione degli articoli 8 e 84 del nuovo TUIR, ai sensi dei quali le perdite “riportabili” diminuiscono il reddito imponibile “per l’intero importo che trova capienza” in esso.

     Si ipotizzi il caso di un contribuente che, in attuazione degli impegni assunti con l’adesione al concordato preventivo, abbia dichiarato per il 2003 un reddito pari a € 40.000, di cui € 8.000 soggetto a tassazione “agevolata” perché eccedente il reddito dichiarato per il 2001. Il medesimo contribuente, che abbia conseguito – in un periodo d’imposta precedente – una perdita fiscalmente riportabile pari a € 40.000, e che decida di utilizzare detta perdita solo per abbattere il reddito a tassazione ordinaria (32.000) e non anche quello agevolato (8.000), non avrà possibilità di riportare negli esercizi successivi la residua perdita non utilizzata (8.000).

     L’utilizzo delle perdite pregresse avviene, pertanto, direttamente a scomputo del reddito d’impresa prima che lo stesso confluisca nel reddito complessivo.

     Le deduzioni previste dagli articoli 10 (oneri deducibili) e 11 (no-tax area) del nuovo TUIR vanno operate, invece, dal reddito complessivo, in tal modo concorrendo a determinare un minor reddito imponibile, che sarà assoggettato a tassazione ordinaria per la parte eccedente il reddito agevolato.

      Si ipotizzi il caso di un contribuente (persona fisica) che abbia conseguito nel 2003 un reddito d’impresa pari a € 130.000 (con un reddito 2001 pari a € 70.000) ed altri redditi pari a € 10.000. Il prospetto relativo al calcolo dell’imposta – ipotizzando oneri deducibili pari a 4.000 e detrazioni d’imposta pari a 992 – è il seguente:

REDDITO COMPLESSIVO 140.000

ONERI DEDUCIBILI 4.000

REDDITO IMPONIBILE 136.000

di cui  

“AGEVOLATO” (€ 60.000)    imposta lorda 13.800

“ORDINARIO” (€ 76.000)      imposta lorda 25.988

Imposta lorda totale 39.788

Detrazioni d’imposta 992

Imposta netta 38.796

3.2.1 Adeguamento ai minimi concordati

     I contribuenti che, sulla base delle risultanze delle scritture contabili, non raggiungono i livelli di ricavi o compensi e di reddito concordati, dovranno adeguarsi a tali livelli in dichiarazione, in base alle disposizioni contenute nei commi 4 e 7-bis dell’articolo 33 del decreto.

     L’adeguamento ha effetto ai fini delle imposte sul reddito e relative addizionali comunali e regionali, nonché ai fini dell’IVA. Non è, invece, dovuta l’IRAP, sulla base delle considerazioni svolte nel paragrafo 2.4.2.

     L’IVA conseguente all’adeguamento, determinata applicando il meccanismo dell’aliquota media ovvero quella “risultante dal rapporto tra l’imposta relativa alle operazioni imponibili, diminuita di quella relativa alle cessioni di beni ammortizzabili, e il volume d’affari dichiarato” (comma 7-bis, dell’articolo 33 del decreto), deve essere versata entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi, in analogia a quanto previsto in caso di adeguamento agli studi di settore. Non è consentito effettuare l’adeguamento nella dichiarazione IVA facendo confluire la relativa imposta nell’IVA a debito scaturente dalla dichiarazione.

      Ovviamente, i contribuenti che operano l’adeguamento ai fini delle imposte sul reddito e delle relative addizionali comunali e regionali sono tenuti al versamento delle relative imposte complessivamente dovute nei termini ordinari di cui all’articolo 17 del d.P.R. 7 dicembre 2001, n. 435 e successive modificazioni (così, ad esempio, le persone fisiche dovranno effettuare il versamento entro il 20 giugno dell’anno successivo a quello cui si riferiscono i redditi dichiarati).

     L’adeguamento in dichiarazione per l’anno 2003 è disciplinato dal comma 4, lettera a), dell’articolo 33 del decreto e può essere effettuato senza limiti di importo.

     Relativamente all’anno 2004, invece, il comma 4, lettera b) dell’articolo 33 del decreto, pone un limite tassativo all’adeguamento dei ricavi o compensi, prevedendo altresì l’applicazione di una sanzione. La disposizione da ultimo citata consente, infatti, l’adeguamento solo entro il limite del 10 per cento dei ricavi o compensi annotati nelle scritture contabili. Tale adeguamento, diversamente da quello relativo al 2003, non è gratuito ma comporta l’applicazione di una sanzione pari al 5 per cento delle imposte correlate alla differenza tra i ricavi o compensi concordati e i predetti ricavi o compensi annotati nelle scritture contabili.

     La sanzione va calcolata su tutte le maggiori imposte che scaturiscono dall’adeguamento, vale a dire: imposte sui redditi, addizionali regionali e comunali ed IVA. La maggiore IVA deve essere determinata applicando il meccanismo dell’aliquota media.

     Qualora per raggiungere i ricavi minimi “concordati” sia necessario aumentare i ricavi contabilizzati di un importo superiore al 10%, l’adeguamento non è consentito. Si realizza, in tal caso, un’ipotesi di decadenza dai benefici del concordato, ai sensi del comma 9 dell’articolo 33 del decreto.

4 BENEFICI

4.1 Tassazione agevolata

     L’adesione al concordato offre la possibilità di applicare una aliquota agevolata (pari al 23 oppure al 33 per cento) sul maggior reddito dichiarato per gli anni 2003 e 2004 rispetto a quello del 2001. Ciò pone la necessità di ripartire l’unitario reddito d’impresa o di lavoro autonomo in due parti:

       – una prima parte, di importo pari al reddito relativo all’anno 2001, da assoggettare a tassazione ordinaria;

       – una seconda, pari alla restante parte di reddito dichiarato, soggetta all’aliquota agevolata del 23 o del 33 per cento.

     Gli incrementi di reddito sui quali applicare le aliquote agevolate si determinano per differenza tra il reddito dichiarato per ciascuno degli anni 2003 e 2004 e quello dichiarato per il 2001, eventualmente aumentato per effetto dell’adeguamento agli studi di settore e ai parametri nonché di eventuali accertamenti, integrazioni, e definizioni come precisato nel paragrafo 2.4.

     Resta inteso che il reddito dichiarato da assumere ai fini dell’incremento agevolabile, tiene conto sia delle componenti desumibili dalle scritture contabili sia degli importi evidenziati in dichiarazione per adeguare le risultanze delle menzionate scritture ai valori minimi concordati.

     E’ stato evidenziato come i contribuenti non possano limitarsi a dichiarare il reddito minimo concordato, ma devono fare riferimento al reddito effettivo, se d’importo superiore a detto minimo. In quest’ultimo caso possono avvalersi comunque del beneficio della tassazione agevolata ai sensi del comma 7 dell’articolo 33 del decreto, applicando le aliquote agevolate sulla quota parte di reddito d’impresa o di lavoro autonomo determinato sulla base delle scritture contabili (in ipotesi, superiore a quello minimo concordato) che eccede quello relativo al periodo d’imposta in corso al 1° gennaio 2001 (eventualmente maggiorato delle integrazioni, adeguamenti e accertamenti esaminati al paragrafo 2.4).

      L’aliquota agevolata applicabile da parte dei soggetti IRPEF è pari al 23 per cento se il reddito di impresa o di lavoro autonomo relativo al 2001 non è superiore a 100.000 euro; qualora nel 2001 sia stato superato, invece, il predetto importo, si applica l’aliquota del 33 per cento.

     I soggetti IRPEG (IRES per il 2004) indicati all’articolo 87 del TUIR (attuale articolo 73 del nuovo TUIR), applicano in ogni caso l’aliquota del 33 per cento.

     Da una lettura sistematica della norma, si desume che l’aliquota IRPEF del 23 per cento si applica anche agli incrementi di reddito che eccedono la soglia di € 100.000, a condizione che il reddito relativo al 2001 non sia superiore alla predetta soglia.

     Anche il parametro dei 100.000 euro va assunto tenendo conto del reddito dichiarato per il 2001, eventualmente maggiorato per effetto di integrazioni, adeguamenti e accertamenti che ne abbiano aumentato l’importo.

     Nell’ipotesi di adesione a due distinti concordati, per effetto dello svolgimento da parte di uno stesso soggetto di attività sia d’impresa che di lavoro autonomo, il limite di 100.000 euro, rilevante ai fini dell’applicazione dell’aliquota del 23 per cento, deve essere considerato distintamente per ciascuna delle menzionate d’attività.

     Il comma 7 dell’articolo 33 del decreto prevede che su questi importi “l’imposta è determinata separatamente” senza richiamare la tassazione separata prevista dall’articolo 16 del TUIR. Ne consegue che il reddito sul quale vanno applicate le aliquote agevolate concorre, comunque, alla formazione del reddito complessivo del contribuente e che soltanto al momento del calcolo dell’imposta lorda si applicano allo stesso le aliquote agevolate in luogo di quelle ordinarie.

     Considerata la portata agevolativa della disposizione in esame ed in assenza di previsioni analoghe, ad esempio, a quelle recate dall’articolo 5 del decreto legislativo n. 466 del 1997 concernente la DIT, si ritiene che il reddito assoggettato ad aliquote agevolate non concorre, però, alla formazione del reddito complessivo IRPEF ai fini della individuazione delle aliquote applicabili.

     Ad esempio, un contribuente che abbia conseguito un reddito d’impresa o di lavoro autonomo pari a € 55.000, di cui € 30.000 soggetto ad aliquota agevolata del 23 per cento (perché il reddito 2001 era pari a € 25.000), applicherà le ordinarie aliquote per scaglioni di reddito sulla restante parte pari a € 25.000. L’imposta sarà così determinata:

REDDITO “AGEVOLATO” 

€ 30.000 aliquota 23%

REDDITO “ORDINARIO” 

fino a € 15.000 aliquota 23%

da € 15.000 a € 25.000 aliquota 29%

     Nel caso in cui il reddito conseguito nel 2003 fosse pari a € 130.000 (con un reddito 2001 pari a € 70.000), il prospetto relativo al calcolo dell’imposta sarebbe il seguente:

REDDITO “AGEVOLATO” 

€ 60.000 aliquota 23%

REDDITO “ORDINARIO” 

fino a € 15.000 aliquota 23%

da € 15.000 a € 29.000 aliquota 29%

da € 29.000 a € 32.600 aliquota 31%

da € 32.600 a € 70.000 aliquota 39%

     Dal momento che il reddito agevolato concorre, comunque, alla formazione del reddito complessivo, anche sul reddito agevolato vanno corrisposte le addizionali regionali e comunali, che – secondo i criteri ordinari – devono essere commisurate al reddito complessivo.

     Il comma 7, ultimo periodo, dell’articolo 33 del decreto prevede che sulla quota di reddito eccedente il minimo che il contribuente si impegna a dichiarare per effetto del concordato, non sono dovuti contributi previdenziali. Il contribuente che ne abbia interesse ha però facoltà di commisurare i contributi previdenziali anche sulla parte che eccede il predetto minimo.

     Qualora l’aliquota agevolata riferibile agli incrementi di reddito risultasse superiore rispetto alle aliquote ordinariamente applicabili, il contribuente potrà optare per la tassazione ordinaria sull’intero reddito.

4.2 Limiti ai poteri di accertamento

     Il comma 8 dell’articolo 33 del decreto prevede, a beneficio dei contribuenti che aderiscono al concordato preventivo, una limitazione dei poteri di accertamento in materia di imposte sui redditi e di imposta sul valore aggiunto.

     In particolare, ai fini delle imposte sui redditi, i redditi d’impresa e di lavoro autonomo possono essere accertati esclusivamente in applicazione delle norme di cui all’articolo 39, primo comma, lettere a), b), c) e d), primo periodo, e secondo comma, lettera c) e agli articoli 40 e 41-bis del d.P.R. n. 600 del 1973.

     Nei confronti dei soggetti che si avvalgono del concordato preventivo, quindi, gli uffici non potranno emettere accertamenti riconducibili alle seguenti tipologie [comma 8, lettera a) dell’articolo 33 del decreto]:

       – accertamento analitico-induttivo ai sensi dell’articolo 39, comma 1, lettera d) secondo periodo del d.P.R. n. 600 del 1973, che gli uffici possono attivare quando “l’esistenza di attività non dichiarate o l’inesistenza di passività dichiarate è desumibile anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti”;

       – accertamento induttivo ai sensi dell’articolo 39, comma 2, lettere a), d) e d-bis) del d.P.R. n. 600 del 1973. Secondo quest’ultima disposizione l’ufficio, in presenza di determinate omissioni e irregolarità e in deroga alle disposizioni del primo comma dell’articolo 39 del d.P.R. n. 600 del 1973 “(…) determina il reddito d’impresa sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza, con facoltà di prescindere in tutto o in parte dalle risultanze del bilancio e dalle scritture contabili in quanto esistenti e di avvalersi anche di presunzioni prive dei requisiti di cui alla lettera d) del precedente comma”. L’accertamento induttivo è tuttavia ammesso nel caso in cui dal verbale d’ispezione, redatto ai sensi dell’articolo 33 del d.P.R. n. 600 del 1973, risulta che il contribuente non ha tenuto o ha comunque sottratto all’ispezione una o più scritture contabili ovvero quando le scritture medesime non sono disponibili per causa di forza maggiore (articolo 33, comma 8 del decreto).

     E’ opportuno precisare che nei limitati casi in cui è consentito esercitare, nei confronti di quanti hanno aderito al concordato, il potere di accertamento, la rettifica del reddito d’impresa e di lavoro autonomo potrà essere effettuata a condizione che il maggior reddito accertato sia superiore al 50 per cento di quello dichiarato.

     Al verificarsi di tale condizione, gli uffici potranno emettere avvisi di rettifica del reddito d’impresa e di lavoro autonomo, per la totalità dell’ammontare degli imponibili recuperabili a tassazione, senza che operi alcuna franchigia. La predetta soglia di reddito, quindi, assolve esclusivamente la funzione di verificare la legittimazione dell’amministrazione finanziaria all’esercizio del potere di accertamento, ma non opera in abbattimento dell’imponibile accertabile.

     Se il contribuente è titolare sia di reddito d’impresa che di lavoro autonomo il superamento della soglia del 50 per cento deve essere riscontrata separatamente per le due categorie reddituali.

     Per il chiaro riferimento normativo (comma 8-bis dell’articolo 33 del decreto) al reddito d’impresa e di lavoro autonomo, la soglia del 50 per cento rileva ai fini delle imposte dirette e non anche ai fini dell’accertamento IVA. Ciò anche nei casi in cui la rettifica del reddito d’impresa o di lavoro autonomo determini una conseguente rettifica ai fini dell’imposta sul valore aggiunto.

     Nei confronti dei soggetti che si avvalgono del concordato preventivo, sono altresì limitati i poteri di accertamento ai fini dell’IVA. Ai sensi del comma 8, lettere b) e c) dell’articolo 33 del decreto, infatti, non possono essere emessi:

       – accertamenti ai sensi dell’articolo 54, secondo comma, secondo periodo del d.P.R. n. 633 del 1972 e successive modificazioni, che gli uffici possono normalmente attivare quando “le omissioni e le false o inesatte indicazioni possono essere indirettamente desunte da … dati e notizie a norma dell’articolo 53 o anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti”. Per effetto della richiamata disposizione, non sono applicabili le presunzioni di cessione e di acquisto, contemplate prima, dall’articolo 53 del d.P.R. n. 633 del 1972 e ora, dal d.P.R. 10 novembre 1997, n. 441 (“Regolamento recante norme per il riordino della disciplina delle presunzioni di cessione e di acquisto”). Ciò in quanto le originarie disposizioni di cui all’articolo 53 sono richiamate dal citato articolo 54, comma secondo, secondo periodo;

       – accertamenti ai sensi dell’articolo 55, secondo comma, numero 3), del d.P.R. n. 633 del 1972 ossia “quando le omissioni e le false o inesatte indicazioni o annotazioni accertate ai sensi dell’articolo 54, ovvero le irregolarità formali dei registri e delle altre scritture contabili risultanti dal verbale di ispezione, sono così gravi, numerose e ripetute da rendere inattendibile la contabilità del contribuente”.

     Al di fuori delle ipotesi richiamate, l’accertamento IVA non incontra limitazioni. Possono essere effettuati, in particolare, gli accertamenti analitici (articolo 54, secondo comma, primo periodo, e terzo comma del d.P.R. n. 633 del 1972) e quelli induttivi, motivati dalla circostanza che il contribuente non abbia tenuto o abbia sottratto all’ispezione i registri e le altre scritture contabili obbligatorie ovvero non abbia emesso fatture per una parte rilevante delle operazioni (articolo 55, secondo comma, numeri 1) e 2) del citato d.P.R. n. 633 del 1972).

     Per i periodi d’imposta oggetto di concordato preventivo non è applicabile l’accertamento sulla base degli studi di settore, posto che quest’ultimo rientra tra gli accertamenti di tipo analitico-induttivo di cui agli articoli 39, comma 1, lettera d), secondo periodo, del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54, secondo comma, secondo periodo, del d.P.R. n. 633 del 1972, che – come si è detto – sono preclusi all’Amministrazione finanziaria.

     Resta fermo, tuttavia, l’obbligo di trasmettere i modelli per l’applicazione degli studi di settore per gli anni 2003 e 2004, considerata la necessità di disporre di una banca dati completa per la “manutenzione” ed il potenziamento degli studi medesimi.

4.3 Decadenza dal concordato preventivo

     Il contribuente che, dopo aver aderito al concordato preventivo, non dovesse soddisfare le condizioni di cui al comma 4 dell’articolo 33 del decreto, rilevanti ai fini delle imposte sul reddito e dell’IVA, deve darne comunicazione nella relativa dichiarazione dei redditi ai sensi del comma 9 dell’articolo 33 del decreto.

     Il mancato raggiungimento, nel primo periodo d’imposta oggetto di concordato, del limite di ricavi o compensi e/o di reddito di cui al comma 4 dell’articolo 33 del decreto, comporta la decadenza dai benefici per entrambi i periodi d’imposta oggetto del concordato preventivo.

     Qualora il valore minimo di ricavi o compensi e/o di reddito sia raggiunto nel primo periodo d’imposta ma non anche nel secondo, gli effetti della decadenza si riflettono esclusivamente su quest’ultimo.

     Per effetto della decadenza:

       a) vengono meno i benefici della tassazione agevolata ai fini delle imposte sul reddito e della limitazione dei poteri di accertamento;

       b) l’ufficio emette accertamento parziale sulla base dei ricavi o compensi e del reddito concordati;

       c) gli obblighi di certificazione dei corrispettivi riprendono efficacia a decorrere dall’inizio del periodo d’imposta successivo a quello nel quale si verifica la decadenza.

     Secondo quanto prescritto dalla lettera b) del comma 9 dell’articolo 33 del decreto, l’ufficio emette accertamento parziale, rilevante sia ai fini delle imposte sui redditi sia ai fini dell’imposta sul valore aggiunto (rispettivamente, ai sensi dell’articolo 41-bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’articolo 54, comma 5, del d.P.R. n. 633 del 1972) per il recupero delle maggiori imposte commisurate ai ricavi o compensi e al reddito concordati e non dichiarati.

     Come evidenziato al paragrafo 3.2, si conferma che l’accertamento parziale ai fini delle imposte dirette recupera in ogni caso a tassazione il maggior reddito derivante dai maggiori ricavi o compensi concordati.

     Ancorché sia stato raggiunto il limite di ricavi o compensi ma non anche il limite di reddito, l’ufficio attiverà ugualmente la procedura di accertamento parziale per il recupero a tassazione del maggior reddito concordato.

     In entrambi i casi, il calcolo dell’imposta è effettuato in base alle aliquote ordinarie in quanto non è applicabile la tassazione di favore prevista dal comma 7 del citato articolo 33 del decreto.

     Resta impregiudicato in capo all’Amministrazione finanziaria il potere di esercitare ulteriori attività accertative al fine di recuperare a tassazione eventuali, ulteriori, componenti positivi ovvero componenti negativi indebitamente dedotti.

     In sede di dichiarazione dei redditi, il contribuente, dopo aver comunicato il mancato rispetto delle condizioni di cui al comma 4 dell’articolo 33 del decreto, può evidenziare anche l’eventuale verificarsi di accadimenti straordinari ed imprevedibili. In tale situazione, l’amministrazione procederà in via preventiva all’avvio della procedura di accertamento con adesione di cui al decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, al solo fine di consentire al contribuente di giustificare lo scostamento fra ricavi o compensi e redditi dichiarati e ricavi o compensi e redditi minimi concordati.

4.4 Esonero dall’obbligo di certificazione dei ricavi o compensi

     Il beneficio della sospensione dall’obbligo di documentare i ricavi o i compensi – disciplinato dal comma 13 dell’articolo 33 del decreto – produce effetti dalla data della ricevuta rilasciata dall’Agenzia delle entrate, in cui si attesta la ricezione della comunicazione di adesione al concordato preventivo.

     Tale beneficio si estende fino al termine dell’esercizio in corso al 1° gennaio 2004.

     Si è detto in via generale che il mancato rispetto degli impegni assunti con il concordato stesso determina la decadenza dagli effetti del concordato preventivo. Con riferimento tuttavia al beneficio in esame, il comma 13, lettera c) dell’articolo 33 del decreto, dispone che, al verificarsi della causa di decadenza, il contribuente cessa dal beneficio dell’esonero dall’obbligo di documentare i ricavi o compensi tramite scontrino o ricevuta fiscale a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello nel corso del quale la decadenza si è verificata.

     Si fa presente che il beneficio della sospensione dell’obbligo di emissione dello scontrino o della ricevuta fiscale incontra un limite nel diritto del cliente di richiedere il rilascio degli stessi. Come previsto dal comma 3, lettera b), dell’articolo 33 del decreto, infatti, a seguito di tale richiesta, l’operatore commerciale è obbligato ad emettere i predetti documenti. Si pensi, ad esempio, alle circostanze in cui la documentazione dell’acquisto effettuato sia necessaria ai fini della deducibilità o detraibilità fiscale del relativo costo da parte dell’acquirente.

     Tale circostanza induce a ritenere che l’obbligo d’installazione e di permanenza presso l’esercizio commerciale degli apparecchi misuratori fiscali non venga meno.

     La sospensione dell’obbligo di emissione dello scontrino e della ricevuta fiscale non incide sugli ordinari adempimenti connessi all’obbligo di registrazione dei corrispettivi di cui al Titolo II del d.P.R. n. 633 del 1972.

     Per effetto di tale sospensione, si rende inapplicabile, peraltro, il disposto dell’articolo 6, comma 4, del d.P.R. 9 dicembre 1996, n. 695, che consente di annotare i corrispettivi mediante un’unica registrazione, nel registro di cui al citato articolo 24 del d.P.R. n. 633 del 1972, entro il quindicesimo giorno del mese successivo. Ciò in quanto tale norma trova applicazione con esclusivo riferimento alle operazioni per le quali venga rilasciato lo scontrino o la ricevuta fiscale.

     Ne consegue che – per i contribuenti che hanno aderito al concordato preventivo – l’annotazione dei corrispettivi giornalieri nel registro di cui all’articolo 24 del d.P.R. n. 633 del 1972 deve essere eseguita, ai sensi del primo comma del medesimo articolo, “con riferimento al giorno in cui le operazioni sono effettuate, entro il giorno non festivo successivo”.

     I soggetti che, avendo aderito al concordato preventivo, tengono il registro dei corrispettivi in un luogo diverso da quello in cui svolgono l’attività di vendita, sono obbligati alla tenuta del registro di prima nota, di cui al quarto comma del citato articolo 24. L’esonero dalla tenuta della prima nota, infatti, è previsto soltanto a beneficio dei soggetti che hanno l’obbligo di rilasciare lo scontrino o la ricevuta fiscale.

     Permangono, altresì, gli obblighi di tenuta e conservazione delle scritture contabili di cui al Titolo II del d.P.R. n. 600 del 1973.

     L’obbligo di separata indicazione delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi effettuate nei confronti dei consumatori finali e di soggetti titolari di partita IVA, prevista dal comma 13 dell’articolo 33 del decreto, va assolto nel modello di dichiarazione relativo al periodo d’imposta 2004, secondo le modalità che saranno specificate in apposito provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate.

     Qualora nei riguardi dei contribuenti che non abbiano aderito al concordato preventivo siano constatate, in tempi diversi, tre distinte violazioni dell’obbligo di emettere ricevuta o scontrino fiscale, compiute in giorni diversi nel corso di un quinquennio, è disposta dal Direttore Regionale dell’Agenzia delle entrate, per un periodo da 15 giorni a due mesi, la sospensione dell’esercizio dell’attività o della licenza (articolo 12, comma 2 del d.Lgs. n. 471 del 1997). Il provvedimento di sospensione è immediatamente esecutivo.

     La suddetta sanzione accessoria non è irrogata allorquando i corrispettivi non documentati sono complessivamente inferiori a 50 euro.

     E’ importante precisare altresì che tale disposizione non trova applicazione per le violazioni constatate prima della data di entrata in vigore del decreto (2 ottobre 2003).

4.5 Soppressione della sanzione per i consumatori senza scontrino

     Una significativa modifica in materia di sanzioni amministrative tributarie è apportata dal comma 10 dell’articolo 33 del decreto, secondo cui, a decorrere dal 2 ottobre 2003 “è soppresso l’articolo 11, comma 6, del decreto legislativo n. 471 del 1997, concernente la sanzione applicabile al destinatario dello scontrino o della ricevuta fiscale”.

     Il soppresso articolo 11, comma 6, del d.Lgs. n. 471 del 1997 prevedeva una sanzione amministrativa da 51 a 1.032 euro nei confronti del destinatario dello scontrino fiscale e della ricevuta fiscale che, a richiesta degli organi accertatori, nel luogo della prestazione o nelle sue adiacenze, non esibiva il documento o lo esibiva con indicazione di un corrispettivo inferiore a quello reale.

     L’abolizione della suddetta sanzione in capo al consumatore opera indipendentemente dall’adesione dell’operatore commerciale al concordato preventivo.

     Inoltre, poiché ai sensi dell’articolo 3, comma 2, del d.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, “nessuno può essere assoggettato a sanzione per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce violazione punibile”, sono esenti da sanzione anche le violazioni di mancata esibizione dello scontrino e della ricevuta fiscale commesse antecedentemente all’entrata in vigore del decreto.

     E’ evidente che l’abolizione della sanzione predetta non fa venir meno gli obblighi di certificazione delle operazioni, che permangono in capo a tutti i soggetti tenuti a tali adempimenti, fatta eccezione per gli operatori economici che aderiscono al concordato preventivo.

5 SOCIETÀ DI PERSONE E SOGGETTI AD ESSE EQUIPARATI

     Le modalità di adesione al concordato preventivo da parte delle società di persone e dei soggetti ad esse assimilati non sono state espressamente disciplinate dal legislatore. Si forniscono, pertanto, i chiarimenti utili per consentire l’applicazione del nuovo istituto a questa categoria di contribuenti, tenendo conto delle peculiarità che la caratterizzano.

     La comunicazione di adesione al concordato preventivo deve essere presentata dal soggetto che ha la legale rappresentanza della società o del soggetto ad essa assimilato, considerato che è la società (o la compagine sociale presente alla data in cui viene inviata la comunicazione) ad aver interesse al concordato preventivo.

5.1 La congruità dei ricavi o compensi e del reddito relativi al 2001

     I ricavi o compensi ed i redditi riferibili al 2001 da prendere a base dei calcoli da effettuare per determinare quanto la società s’impegna a dichiarare nei periodi d’imposta 2003 e 2004 sono quelli che si riferiscono alla società e non ai singoli soci o associati.

     Nella valutazione della congruità occorre tener conto, seppur con particolari modalità che saranno fornite nel seguito, anche degli accertamenti, integrazioni e definizioni, come avviene per gli altri soggetti ammessi all’istituto.

     Trovano applicazione le disposizioni (commentate nel successivo paragrafo) contenute:

       – nell’articolo 33, comma 5 del decreto;

       – nell’articolo 2, comma 52, della Finanziaria 2004.

5.2 Contribuenti con ricavi o compensi congrui nel 2001, anche per effetto di atti di accertamento ovvero di integrazioni e definizioni

5.2.1 Contribuenti congrui in modo “naturale”

     Sono ammesse al concordato preventivo, senza altri oneri aggiuntivi, le società di persone ed i soggetti ad esse assimilati che hanno dichiarato, anche per effetto di adeguamento in dichiarazione, ricavi o compensi congrui. In tal caso, infatti, anche i maggiori ricavi dovuti per effetto dell’adeguamento hanno concorso alla determinazione dell’imponibile IVA nonché alla determinazione del reddito imputato per trasparenza ai singoli soci o associati.

5.2.2 Effetti degli accertamenti e delle sanatorie fiscali sulla congruità

     Il rispetto della condizione di congruità, ai sensi dell’articolo 33, comma 6 del decreto, va valutato tenendo conto anche degli atti di accertamento divenuti non più impugnabili alla data in cui è presentata la comunicazione di adesione nonché delle integrazioni e definizioni di cui alla legge n. 289 del 2002, effettuate entro la medesima data, ai sensi dell’articolo 34 del decreto.

5.2.2.1 Effetti degli accertamenti

     Si potrà tener conto della presenza di un atto di accertamento non più impugnabile alla data di presentazione della comunicazione di adesione (per effetto, ad esempio, della mancata impugnazione dello stesso nel termine previsto, ovvero della presentazione di un’istanza di definizione di cui agli articoli 15 e 16 della legge n. 289 del 2002) solo per la parte che ha prodotto effetti sostanziali sulla posizione della società e dei soci o associati.

     In altri termini una rettifica dei ricavi e del reddito operata nei confronti della società, senza che siano divenuti definitivi i consequenziali atti di accertamento nei confronti dei soci, risulta ininfluente. Ne consegue che in tal caso:

       – i dati del 2001 da prendere a base per il concordato preventivo non sono influenzati dai ricavi e dal reddito imputabile ai soci mediante avvisi di accertamento non emessi o ancora impugnabili alla data di presentazione della comunicazione di adesione;

       – permane l’onere di riallineare i ricavi o compensi dichiarati alle risultanze degli studi di settore o dei parametri, senza tener conto delle risultanze dei predetti avvisi di accertamento non emessi o ancora impugnabili alla data di presentazione della comunicazione di adesione.

     Anche nei confronti di questa categoria di contribuenti rileva la distinzione, operata nel paragrafo 2.4.1.2.1, tra accertamenti di tipo ordinario ed accertamenti emanati ai sensi degli articoli 41-bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54, quinto comma, del d.P.R. n. 633 del 1972.

5.2.2.2 Effetti della definizione ai sensi dell’articolo 7 della legge n. 289 del 2002

     Per effetto dell’adesione alla definizione del reddito d’impresa o di lavoro autonomo ai sensi dell’articolo 7 della legge n. 289 del 2002, i ricavi o compensi della società s’intendono congrui.

     In tal caso la congruità rileva anche ai fini delle imposte sui redditi, nel senso che i ricavi e il reddito che, per effetto dell’adesione al concordato preventivo, la società si impegna di dichiarare per gli anni 2003 e 2004, devono essere quantificati sulla base dei ricavi e del reddito complessivo del 2001 riferito alla stessa società, così come evidenziato nell’istanza di definizione ai sensi del comma 10 dell’articolo 7 della legge n. 289 del 2002.

     In presenza di tale istanza di definizione, che la società può presentare anche avvalendosi della riapertura dei termini al 16 marzo 2004, infatti, la condizione di ammissibilità al concordato preventivo si intende senz’altro realizzata. E ciò a prescindere dalla circostanza che ciascuno dei soci che figuravano nella compagine sociale alla fine del periodo d’imposta 2001, entro la data di comunicazione dell’adesione al concordato preventivo, abbia definito il proprio reddito di partecipazione in modo corrispondente all’iniziativa della società.

     Infatti, nell’eventualità che uno o più soci omettano di regolarizzare le rispettive posizioni ai fini delle imposte dirette, queste saranno rettificate dall’Amministrazione finanziaria attraverso l’accertamento parziale ai sensi del comma 10 del citato articolo 7.

5.2.2.3 Effetti della dichiarazione integrativa ai sensi dell’articolo 8 della legge n. 289 del 2002

     La presentazione, da parte della società, di dichiarazioni integrative ai sensi dell’articolo 8 della legge n. 289 del 2002 rileva in relazione al settore per il quale è stata presentata la dichiarazione integrativa medesima.

     Anche in relazione alla fattispecie in esame, l’integrazione perfezionata dalla società costituisce titolo per l’accertamento ai sensi dell’articolo 41-bis del d.P.R. n. 600 del 1973 nei confronti dei soci che non abbiano corrispondentemente integrato i redditi prodotti in forma associata (cfr. articolo 8, comma 11, della legge n. 289 del 2002).

5.2.2.4 Effetti della definizione ai sensi dell’articolo 9 della legge n. 289 del 2002

     La definizione automatica perfezionata dalla società ai sensi dell’articolo 9 della legge n. 289 del 2002 per il comparto dell’IVA rende comunque congrua la posizione della società rispetto a tale imposta.

     Ai fini delle imposte sui redditi la società può essere considerata congrua, invece, solo se tutti i soci si siano avvalsi della definizione automatica ai sensi dell’articolo 9 della legge n. 289 del 2002.

     In presenza di ricavi o compensi non congrui, per consentire l’accesso al concordato preventivo alla società, i soci che non avessero perfezionato tale definizione dovranno versare le maggiori imposte dovute per effetto dell’adeguamento a titolo di IRPEF o IRPEG e relative addizionali.

     Si ricorda che la definizione ai sensi dell’articolo 9 della legge n. 289 del 2002, non fa venir meno la necessità che i ricavi o compensi ed il reddito del 2001 da prendere a base per l’applicazione delle maggiorazioni siano assunti tenendo conto degli effetti dell’adeguamento alle risultanze degli studi di settore o dei parametri.

5.3 Adeguamento dei ricavi o compensi del 2001

     In presenza di ricavi o compensi non congrui sulla base degli studi di settore o dei parametri, la società (ai fini dell’IVA) ed i soci esistenti alla fine del periodo d’imposta 2001 (per le imposte sui redditi) sono tenuti ad effettuare l’adeguamento e ad assolvere le relative imposte.

     Più precisamente, eventuali oneri riguardanti l’adeguamento ai fini IVA per l’anno 2001 saranno sostenuti dalla società.

     Al contrario, le maggiori imposte dovute per effetto dell’adeguamento a titolo di IRPEF o IRPEG e relative addizionali dovranno essere versate da ciascuno dei soci presenti al 31 dicembre 2001 che – a tal fine – riliquideranno la propria dichiarazione dei redditi, includendovi il maggior reddito di partecipazione agli stessi imputabile per trasparenza.

5.4 Adeguamento tramite definizione del periodo d’imposta 2002

     Come si è detto, l’articolo 2, comma 52, della Finanziaria 2004 consente ai contribuenti che non risultano congrui di accedere al concordato preventivo effettuando, per l’anno 2001, l’adeguamento previsto dal comma 5 dell’articolo 33 del decreto senza assolvere le relative imposte, a condizione che provvedano “alla definizione del periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2002 ai sensi del comma 44” della medesima legge Finanziaria 2004.

     Applicando tale disposizione alle società di persone, occorre precisare che la definizione automatica per il settore IVA ai sensi dell’articolo 9 della legge n. 289 del 2002, fatta valere dalla società anche per l’anno 2002, spiega senz’altro effetti ai sensi del citato comma 52 della Finanziaria 2004 rendendo non dovuta l’IVA che scaturisce dall’adeguamento agli studi di settore o ai parametri.

     Per ottenere il medesimo effetto ai fini del settore delle imposte sui redditi è, invece, necessario che ciascun socio abbia definito automaticamente la propria posizione ai sensi dell’articolo 9 della citata legge n. 289 del 2002, includendovi l’anno 2002.

     La definizione ai sensi dell’articolo 7 della citata legge n. 289 del 2002, riferita al periodo d’imposta 2002, solleva tanto la società (ai fini IVA) quanto i singoli soci (ai fini delle imposte sui redditi) dall’onere di assolvere le imposte da adeguamento per l’anno 2001. Essa spiega effetti immediati sia ai fini dell’IVA che ai fini IRPEF e IRPEG (e relative addizionali), ancorché uno o più soci non provvedano a definire in modo corrispondente la propria posizione. Il maggior reddito imputabile a quest’ultimi sulla base della definizione perfezionata dalla società, infatti, sarà recuperato con l’accertamento parziale ai sensi dell’articolo 41-bis del d.P.R. n. 600 del 1973.

5.5 Impegni da rispettare per fruire dei benefici del concordato preventivo e determinazione del reddito agevolabile

     I ricavi o compensi ed il reddito che le società di persone ed i soggetti ad esse assimilati si impegnano a dichiarare devono essere determinati in relazione alla posizione riferibile alla società, senza tener conto delle posizioni dei singoli soci.

     Per i periodi d’imposta oggetto del concordato preventivo, il reddito dichiarato dalla società è imputato a ciascun socio e tassato per trasparenza:

       – ad aliquota ordinaria, limitatamente alla quota commisurata al reddito che la società ha complessivamente dichiarato nel 2001;

       – ad aliquota agevolata per la parte riferibile al reddito che eccede quello che la società ha complessivamente dichiarato nel 2001. Per conoscere quale delle due aliquote (23 o 33 per cento) debba essere applicata da ciascun socio, occorre determinare la quota parte di reddito del 2001 che, tenendo conto delle attuali quote di partecipazione, sarebbe stato attribuito ai soci esistenti nel 2003 e 2004.

     Si riporta il seguente esempio riferito ad una società di persone che nel 2003 ha come soci A e B sapendo che:

       – nel 2001 il socio A aveva una quota di partecipazione del 40%, il socio B del 30 % ed il socio C (non più presente nella compagine societaria del 2003) del 30%;

       – nel 2003 il socio A possiede una quota del 10% ed il socio B del 90 %;

       – nel 2001 la società ha dichiarato ricavi congrui ed un reddito pari a € 120.000;

       – nel 2003 la società dichiara un reddito pari a € 170.000 .

     Il reddito del 2003 sarà così imputato ai soci:

  Socio A Socio B

Reddito ad aliquota ordinaria 12.000

(pari al 10 % di 120.000,

totale reddito 2001 della società) 108.000

(pari al 90 % di 120.000,

totale reddito 2001 della società)

Reddito ad aliquota agevolata 5.000

(pari al 10 % di 50.000,

totale reddito agevolato per la società) 45.000

(pari al 90 % di 50.000,

totale reddito agevolato per la società)

     I soci a questo punto verificheranno quale sia l’aliquota agevolabile considerando come reddito dichiarato del 2001, 12.000 euro per il socio A e 108.000 euro per il socio B. Il socio A applicherà l’aliquota del 23 per cento (in quanto il reddito di riferimento non è superiore a 100.000 euro) ed il socio B quella del 33 per cento (in tal caso, il reddito 2001 supera 100.000 euro). Qualora nel 2001 ciascun socio avesse dichiarato ulteriori redditi d’impresa (conseguiti a titolo individuale o per effetto della partecipazione in altre società), l’aliquota sarà determinata tenendo conto del loro importo totale.

5.6 Società a responsabilità limitata che hanno optato per il regime di trasparenza previsto dall’articolo 116 del nuovo TUIR.

     Le società a responsabilità limitata che, avendo aderito al concordato preventivo, optino per il regime di trasparenza previsto dall’articolo 116 del nuovo TUIR, relativamente al periodo d’imposta 2004 operano con le modalità previste per le società di persone. In particolare:

       – la società determina il reddito agevolato confrontando il proprio reddito conseguito nel 2004 con quello conseguito nel 2001;

       – i soci determinano l’aliquota (23 o 33 per cento) da applicare alla quota parte di reddito agevolato ad essi imputato, tenendo conto della quota di reddito del 2001 che sarebbe stato loro attribuito, sulla base delle quote di partecipazione esistenti alla data del 31 dicembre 2004, come evidenziato nel precedente paragrafo.

6 SUCCESSIONE EREDITARIA E DONAZIONE D’AZIENDA

     E’ noto che l’apertura di una successione ereditaria non fa venir meno la continuità dell’esercizio d’impresa in capo all’erede, il quale subentra nella universalità dei rapporti giuridici attivi e passivi facenti capo al defunto.

     Tanto si afferma sia nell’ipotesi in cui la successione ereditaria si apra a favore di più eredi, che esercitino congiuntamente (in forma collettiva) l’attività originariamente svolta dal de cuius, sia nel caso che l’attività venga proseguita da uno solo di essi.

     Benché in linea di principio la successione ereditaria non costituisca causa di esclusione dal concordato preventivo, si evidenzia che in taluni casi l’esigenza di affermare la continuità dell’attività d’impresa in capo all’erede mal si concilia con il sistema delle norme disciplinanti il concordato preventivo.

     Invero, per necessità connesse con l’integrità dei periodi d’imposta oggetto di concordato e con la stessa significatività del raffronto con i dati del 2001, si ritiene che l’apertura della successione nel corso dell’anno 2003 impedisce l’adesione al concordato, mentre quella avvenuta nel 2004 ne fa venir meno gli effetti limitatamente a quest’ultimo periodo d’imposta.

     Non è di ostacolo, invece, l’apertura della successione nell’anno 2002 ovvero nell’anno di riferimento 2001. In quest’ultimo caso va tenuto presente che:

       – i dati del 2001 da prendere a base per l’applicazione del concordato e la determinazione del reddito agevolato (da sottoporre alle aliquote del 23 e 33 per cento) si ottengono cumulando i ricavi o compensi e il reddito realizzati dal de cuius nella frazione di periodo antecedente al decesso con quelli realizzati, nella frazione d’anno successiva, dagli eredi che continuano l’attività;

       – opera una causa di esclusione dall’applicazione degli studi di settore o dei parametri, per cui non si applica il disposto dell’articolo 33, comma 5, del decreto. Ne consegue che i ricavi o compensi del 2001, da prendere a base per determinare i ricavi o compensi ed il reddito per il 2003, non dovranno essere riallineati alle risultanze degli studi di settore o dei parametri ma assunti per l’ammontare dichiarato tenendo anche conto di eventuali accertamenti, integrazioni e definizioni.

     Gli stessi criteri rilevanti per la successione mortis causa si applicano alla donazione di azienda, perché anche in tal caso, così come per la successione mortis causa, il trasferimento dell’azienda avviene in continuità di valori, ai sensi dell’articolo 58, comma 1, del nuovo TUIR.

7 IMPRESA FAMILIARE

     Le imprese familiari possono accedere al concordato preventivo nel rispetto del principio di continuità soggettiva, che esige, negli anni oggetto di concordato, la medesima identità dell’imprenditore, ossia del titolare dell’impresa familiare.

     Il titolare dell’impresa familiare, in quanto responsabile delle decisioni aziendali in virtù di una partecipazione agli utili almeno pari al 51 per cento, svolge un ruolo preminente nella gestione del concordato preventivo.

     La centralità della posizione del titolare nel concordato preventivo trova giustificazione nella stessa logica sottostante le disposizioni che consentono di attivare l’azione accertativa esclusivamente nei suoi confronti.

     È dunque il titolare dell’impresa familiare, in quanto soggetto interessato ad aderire al concordato preventivo che è tenuto a presentare la comunicazione di adesione.

     Eventuali oneri riguardanti l’adeguamento dei ricavi per l’anno 2001 verranno sostenuti:

       – dal titolare, relativamente all’IVA;

       – dal titolare e dai collaboratori, secondo le rispettive quote, relativamente all’IRPEF, in applicazione di criteri analoghi a quelli esaminati per le società di persone al capitolo 5.

     La verifica degli incrementi percentuali del reddito va effettuata prendendo in considerazione il reddito dell’impresa prima dell’imputazione delle quote di reddito ai collaboratori familiari.

     Per i periodi di imposta oggetto del concordato preventivo, il reddito dell’impresa familiare è imputato al titolare e ai collaboratori familiari secondo le disposizioni di cui all’articolo 5 del TUIR, e viene assoggettato a tassazione:

       – con aliquota ordinaria, limitatamente alla quota commisurata al reddito che l’impresa familiare ha dichiarato nel 2001;

       – con aliquota agevolata per la parte riferibile al reddito che eccede quello che l’impresa familiare ha dichiarato nel 2001. La quota parte di reddito da imputare alle aliquote agevolate del 23 o del 33 per cento viene stabilita con gli stessi criteri indicati per l’individuazione dell’aliquota agevolata applicabile nei confronti dei soci illustrati nel paragrafo 5.5.

     Nei confronti dello stesso titolare andrà attivato, in particolare, l’accertamento parziale nei casi di decadenza, qualora cioè egli dichiari ricavi o redditi inferiori a quelli minimi concordati. Ovviamente, la rettifica del reddito d’impresa, in vigenza di concordato preventivo, potrà essere operata con le limitazioni di cui al comma 8 dell’articolo 33 del decreto.

      Ai fini del concordato preventivo, non rilevano eventuali variazioni intervenute nella forma dell’impresa. Così, è ininfluente che l’impresa, già individuale nel 2001, operi sotto forma di impresa familiare nel 2003 o nel 2004; parimenti è ininfluente che l’impresa familiare nel 2001 e nel 2003 si presenti come impresa individuale nel 2004.

8 IMPRESA CONIUGALE

     Per quanto concerne l’applicabilità del concordato preventivo alle aziende tra coniugi, occorre aver riguardo alle modalità di gestione dell’azienda medesima. In particolare, è opportuno distinguere l’azienda coniugale costituita prima o dopo il matrimonio.

     L’azienda coniugale, caratterizzata dal fatto che entrambi i coniugi assumono la gestione dell’impresa, è assimilabile alle società di persone, se costituita in regime di comunione dopo il matrimonio. Ai fini dichiarativi, infatti, il reddito d’impresa va dichiarato nel modello riservato alle società di persone. Per queste aziende valgono i chiarimenti illustrati al capitolo 5 per le società di persone.

     Viceversa, la stessa, pur se gestita da entrambi i coniugi, è assimilabile all’impresa familiare se appartenente ad uno dei coniugi anteriormente al matrimonio. In tal caso valgono i chiarimenti forniti in merito alle imprese familiari.

9 TRASFORMAZIONE SOCIETARIA

     Come affermato in precedenza, il concordato preventivo presuppone la continuità soggettiva, che nel caso dell’impresa individuale esige la stessa identità negli anni interessati.

     La trasformazione societaria determina una diversa configurazione giuridica di un medesimo soggetto e non l’estinzione di una entità legale e la creazione di un’altra.

     In considerazione della sostanziale continuità dell’attività, si ritiene, pertanto, che il concordato preventivo continui a produrre effetti anche nei casi di trasformazione, a condizione tuttavia che non venga meno l’integrità dei periodi d’imposta oggetto di concordato.

     Con riferimento, quindi, alla trasformazione di società soggette alla medesima imposta (ad esempio, da s.n.c. a s.a.s.), l’adesione al concordato è ammessa in quanto non si ha alcun frazionamento del periodo d’imposta.

     Per gli altri tipi di trasformazione caratterizzati dal frazionamento del periodo d’imposta (ad esempio, trasformazione da s.n.c. a S.p.A.), così come affermato con riguardo agli eredi, l’adesione al concordato preventivo incontra gli stessi limiti evidenziati al capitolo 6.