Imprese ed Aziende

Wednesday 24 November 2004

Circolari IRES/4 – Il nuovo regime della trasparenza fiscale delle società di capitali. Decreto Legislativo 12 dicembre 2003, n. 344Agenzia delle Entrate CIRCOLARE N. 49 del 22.11.2004

Circolari IRES/4 – Il nuovo regime della trasparenza fiscale
delle società di capitali
. Decreto Legislativo 12 dicembre
2003, n. 344

Agenzia delle Entrate CIRCOLARE N. 49
del 22.11.2004

INDICE

1

PREMESSA

2

LA TRASPARENZA FISCALE DELLE SOCIETA’ DI
CAPITALI

2.1

Profili generali

2.2

Finalità e vantaggi

2.3

Modalità di funzionamento

2.4

Ambito soggettivo di applicazione

2.4.1

Soggetti ammessi

2.4.2

Requisito della territorialità

2.4.3

Requisito delle percentuali di partecipazione

2.4.4

Diritti di voto esercitabili
dai soci

2.4.5

Contestuale possesso
dei requisiti

2.4.5.1

Usufrutto di azioni

2.4.5.2

Sequestro di azioni

2.4.5.3

Azioni date in pegno

2.4.6

Il principio "all in, all out"

2.5

Presenza di soci non residenti

2.6

Cause di esclusione

2.6.1

Opzione per il
consolidato nazionale o mondiale

2.6.2

Assoggettamento a procedure concorsuali

2.7

Esercizio dell’opzione

2.8

Il regime degli utili e delle riserve di utili generati in regime di trasparenza fiscale

2.9

Il regime delle riserve di utili
pregressi

2.10

Trattamento delle perdite fiscali

2.10.1

Le perdite pregresse della società partecipata

2.10.2

Le perdite pregresse dei soci

2.10.3

Le perdite della società partecipata realizzate durante il periodo di trasparenza

2.11

Imputazione delle ritenute e dei crediti
d’imposta

2.12

Il costo fiscale della partecipazione

2.13

Perdita di efficacia
dell’opzione

2.14

Rideterminazione del
reddito imponibile imputato al socio

2.14.1

Presupposti e finalità della disposizione

2.14.2

Modalità operative per la rideterminazione
dell’imponibile

2.14.3

Svalutazioni della partecipazione rilevanti

2.14.4

Individuazione delle rettifiche di valore e
degli accantonamenti fiscalmente non riconosciuti

2.14.5

I disallineamenti da
considerare

2.15

Acconti d’imposta

2.16

Accertamento e responsabilità

2.17

Operazioni straordinarie e assoggettamento
della partecipata a procedure concorsuali

2.17.1

Assoggettamento della società partecipata a
procedure concorsuali

2.17.2

La trasformazione della società partecipata

2.17.3

Trasferimento all’estero della residenza della
società partecipata

2.17.4

La fusione e la scissione della società
partecipata

2.17.5

La liquidazione della società partecipata

3

LA TRASPARENZA FISCALE DELLE SOCIETA’ A
RISTRETTA BASE PROPRIETARIA

3.1

Il quadro normativo

3.2

Profili generali dell’istituto. Finalità e
vantaggi

3.3

Ambito soggettivo 1

3.3.1

Il volume di ricavi della partecipata

3.3.2

Caratteristiche dei soci delle società che
possono adottare il regime di trasparenza

3.4

Rilevanza della qualità di "socio"

3.5

Cause di esclusione
dal regime

3.5.1

Cause specifiche di esclusione:
possesso o acquisizione di partecipazioni esenti

3.5.2

Ulteriori cause di
esclusione

3.6

Esercizio e durata dell’opzione

3.7

Le comunicazioni all’Agenzia delle Entrate

3.8

La cessione delle quote e le variazioni della
compagine societaria

3.9

Decadenza dal regime

3.9.1

Le specifiche cause di decadenza dal regime

3.9.2

Altre cause di decadenza dal regime

3.10

Imputazione del reddito della società
partecipata

3.11

Imputazione delle ritenute e dei crediti
d’imposta

3.12

Imputazione delle perdite della partecipata

3.13

Responsabilità ed accertamento nella
trasparenza delle s.r.l. e coop.

3.14

Regole residuali applicabili alle società a
responsabilità limitata

3.15

Opzione delle s.r.l.
trasparenti per il concordato

4

DETENZIONE DI AZIONI O QUOTE PER IL TRAMITE
DELLE "SOCIETA’ FIDUCIARIE"

5

L’ENTRATA IN VIGORE

1

ALLEGATO TECNICO [in allestimento – nota T&L]

1 Premessa

Gli articoli 115 e 116 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (di
seguito nuovo TUIR), quale risulta dopo le modifiche
apportate dal decreto legislativo 23 dicembre 2003, n. 344 (di seguito decreto)
disciplinano il regime di tassazione per trasparenza dei redditi prodotti dalle
società di capitali, previsto dall’articolo 4, comma 1, lettera h) della legge
7 aprile 2003, n. 80, che ha delegato il Governo ad attuare la riforma del
sistema fiscale italiano.

In particolare, al fine di incrementare la competitività del sistema
produttivo del nostro Paese, la citata lettera h) ha stabilito, tra gli altri,
i seguenti principi e criteri direttivi cui attenersi per riformare
l’imposizione sul reddito delle società:

> "facoltà delle società di
capitali i cui soci siano a loro volta società di capitali residenti, ciascuna
con una percentuale di partecipazione non inferiore al 10 per cento, di optare per il regime di trasparenza fiscale delle società di
persone.

La stessa opzione potrà eventualmente essere
consentita in presenza di soci non residenti solo nel caso in cui nei loro
confronti non si applichi alcun prelievo sugli utili distribuiti.

La società che esercita l’opzione garantisce
con il proprio patrimonio l’adempimento degli obblighi tributari da parte dei
soci;

> previsione di un’opzione analoga a quella di cui alla presente lettera per le
società a responsabilità limitata a ristretta base proprietaria esclusivamente
composta da persone fisiche e rientranti nell’ambito di applicazione degli
studi di settore;

> esclusione dell’opzione di cui alla presente lettera o), se già esercitata,
cessazione dei suoi effetti nel caso di detenzione da parte della società a
responsabilità limitata di partecipazione in società con i requisiti per
l’esenzione di cui alla lettera c);

> equiparazione ai fini delle
imposte dirette della società a responsabilità limitata che esercita l’opzione ad una società di persone".

L’istituto in esame costituisce senz’altro una
delle principali novità introdotte dalla riforma nel nostro ordinamento
tributario perchè, per la prima volta, il reddito prodotto da una società di
capitali residente potrà essere imputato direttamente alle altre società di
capitali socie, a prescindere dalla sua effettiva percezione.

La presente circolare analizza nel dettaglio gli aspetti
tecnico-giuridici che contraddistinguono il nuovo
regime di tassazione per trasparenza, disciplinato dagli articoli 115 e 116 del
nuovo TUIR, anche alla luce delle disposizioni di attuazione contenute nel
decreto ministeriale del 23 aprile 2004 (di seguito, decreto ministeriale).

Per una maggiore chiarezza espositiva, si esamina dapprima l’istituto
della trasparenza fiscale applicabile alle società partecipate da altre società
di capitali (articolo 115) e, successivamente, quello
della trasparenza fiscale delle società a ristretta base proprietaria (articolo
116).

2 La trasparenza fiscale delle
società di capitali

2.1 Profili generali

Con l’articolo 115 del nuovo TUIR, il regime di trasparenza, già in
vigore per le sole società di persone, viene esteso
alle società di capitali i cui soci siano a loro volta società di capitali, in
possesso dei particolari requisiti che verranno in seguito esaminati.

Il nuovo istituto presenta una fondamentale differenza rispetto a quello
già conosciuto nel nostro ordinamento tributario in quanto per le società di persone la trasparenza fiscale costituisce da sempre il
regime obbligatorio di tassazione, mentre per le società di capitali essa
rappresenta una modalità di imposizione alternativa.

In sostanza, con riferimento alle società di capitali, il legislatore ha
lasciato la facoltà di optare o meno per la
trasparenza a condizione che: a) sia la società partecipata sia i soci siano in
possesso dei requisiti previsti dalla legge; b) tutte le società coinvolte vi
acconsentano.

Nel caso in cui tali condizioni non risultino
soddisfatte (s’immagini, ad esempio, che un socio di minoranza sia contrario ad
esercitare l’opzione), continua a trovare applicazione il regime di tassazione
ordinaria (nell’esempio, è impedita l’opzione per la trasparenza anche agli
altri soci). Regime che, peraltro, torna ad essere operativo anche in ipotesi
di mancato rinnovo dell’opzione entro il primo periodo
d’imposta successivo al triennio di efficacia della stessa o nell’eventualità
che i requisiti richiesti dalla legge vengano meno durante il periodo di
trasparenza.

In caso di esercizio dell’opzione, la società
partecipata non deve assolvere l’IRES sul reddito prodotto perché questo viene
imputato per trasparenza ai singoli soci partecipanti, per la loro quota
percentuale di partecipazione.

A differenza del consolidato fiscale, il meccanismo impositivo
della trasparenza prevede il consolidamento dei risultati della società
partecipata in capo a tutti i soci e in misura corrispondente alla quota di
partecipazione di ciascuno di essi. Nel regime di
tassazione di gruppo, invece, è solo il soggetto controllante a determinare il
reddito complessivo globale, calcolato come somma
algebrica dei redditi complessivi netti delle società controllate. Inoltre,
tali redditi rilevano integralmente per la società consolidante, cioè indipendentemente dalla quota di partecipazione
posseduta (vedi articolo 118, comma 1, del nuovo TUIR).

Il reddito imputato per trasparenza, tassato in capo alla partecipante,
è comunque determinato dalla società partecipata
trasparente: pertanto quest’ultima, se pur priva di
soggettività passiva di imposta in termini sostanziali, sarà comunque tenuta
alla presentazione della dichiarazione dei redditi, analogamente a quanto
accade per le società di persone.

2.2 Finalità e vantaggi

Nel valutare l’opportunità di avvalersi o meno
del regime fiscale della trasparenza occorre tener presente che se, da un lato,
il regime alternativo può comportare la tassazione del socio prima che gli
utili siano effettivamente percepiti, dall’altro consente di ovviare alla
parziale doppia imposizione che si realizza in capo al socio al momento della
distribuzione dei dividendi. Il regime ordinario al quale sono attualmente assoggettate le società di capitali prevede,
infatti, la tassazione del reddito prodotto in capo alla società e un’ulteriore
tassazione, sia pur ridotta, sul dividendo percepito dal socio.

Come
già accennato nel paragrafo precedente, la tassazione per trasparenza,
realizzando il consolidamento, pro-quota, dei risultati prodotti dalla
partecipata con i risultati dei singoli soci, permette
di ottenere vantaggi analoghi a quelli derivanti dal consolidamento fiscale
vero e proprio, senza la necessità di possedere le percentuali di
partecipazione richieste dalla legge per accedere a quest’ultimo
regime.

In particolare, grazie all’opzione di cui
all’art. 115, si può ovviare all’irrilevanza delle perdite derivanti dalla
svalutazione delle partecipazioni, che caratterizza il sistema impositivo dell’IRES. Tale finalità viene
espressa chiaramente nella relazione al disegno di legge delega in cui si
afferma che "l’indeducibilità delle perdite su
partecipazioni, conseguenti all’introduzione della participation
exemption, richiede l’introduzione di opportuni
correttivi, per evitare la penalizzazione delle corporate
joint ventures e, in
genere, degli altri accordi che richiedono la costituzione di società di
capitali, alla cui compagine sociale partecipano a loro volta altre società di
capitali o enti commerciali. In questi casi, gli eventuali risultati negativi
della joint venture sarebbero
infatti fiscalmente irrilevanti per i partners,
salva la possibilità per uno solo di questi, ricorrendone le condizioni, di
avvalersi del consolidato fiscale. Al fine di rimuovere questo
effetto negativo, sarà consentito, in questi casi, di optare per il
regime di trasparenza fiscale delle società di persone".

Naturalmente, la partecipante
che opti per il regime di trasparenza non solo può
compensare i propri redditi con le perdite prodotte dalla società trasparente,
ma anche operare la compensazione opposta.

Si pensi, ad esempio, alla situazione in cui la partecipante generi
delle perdite nel periodo di validità dell’opzione o
abbia la disponibilità di perdite pregresse: in questo caso la società socia ha
il vantaggio di poter utilizzare i suoi risultati negativi a fronte dei redditi
imputati per trasparenza.

Infine, non va trascurato il beneficio che il nuovo regime presenta ai
fini del calcolo del pro-rata patrimoniale, previsto dall’articolo
97, comma 2, lettera b), del nuovo TUIR. Tale disposizione, infatti, nel
fissare una regola forfetaria volta a determinare l’ammontare degli oneri
finanziari non deducibili nel caso di partecipazioni che si qualificano per
l’esenzione di cui all’articolo 87 (qualora il loro valore di
iscrizione in bilancio ecceda quello del patrimonio netto contabile),
esclude che tale meccanismo operi con riferimento sia alle partecipazioni in
società il cui reddito concorre insieme a quello della partecipante alla
formazione dell’imponibile di gruppo, sia alle partecipazioni "in società
il cui reddito è imputato ai soci anche per effetto dell’opzione di cui
all’art. 115".

Tuttavia, si segnala che, per evitare comportamenti elusivi, il
legislatore fa salva l’ipotesi della cessione di tali partecipazioni entro il
terzo anno successivo all’acquisto, disponendo, in tal caso, la rettifica in
aumento del reddito imponibile per l’importo corrispondente a quello degli
interessi passivi dedotti nei precedenti esercizi in virtù della disposizione
di favore.

2.3 Modalità di funzionamento

Come espressamente disposto dal legislatore
delegato, il meccanismo di funzionamento del regime di tassazione per
trasparenza è strutturato in maniera analoga a quello già previsto, nel vecchio
ordinamento, per le società di persone.

Il comma 1 dell’articolo 115, ricalcando la
formulazione dell’articolo 5 del previgente TUIR,
stabilisce, infatti, che il reddito prodotto dalla società di capitali "è
imputato a ciascun socio, indipendentemente dall’effettiva percezione,
proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili".

Il successivo comma 3 disciplina la modalità di
imputazione ai soci del reddito prodotto dalla società trasparente, stabilendo
che lo stesso è attribuito alla data di chiusura dell’esercizio della
partecipata e in proporzione alla quota di partecipazione agli utili che
ciascuno di essi possiede alla predetta data.

Nel regime di trasparenza, in assenza di disposizioni analoghe a quelle
previste per il regime del consolidato, l’opzione può
essere esercitata anche se il periodo d’imposta della partecipata non coincide
con quello delle società partecipanti. Nel regime del consolidato, invece, per
effetto del comma 1, lettera a) dell’articolo 119 del nuovo TUIR, l’efficacia
dell’opzione è subordinata al verificarsi della
condizione riguardante l’identità di chiusura dell’esercizio sociale di
ciascuna società controllata con quello della società o ente controllante.

L’imputazione del reddito per trasparenza non comporta particolari
problemi qualora tutte le società coinvolte abbiano esercizi coincidenti con
l’anno solare; diversamente, l’imputazione del reddito può verificarsi "in
corso d’anno", con la conseguenza che le imposte sul reddito prodotto
dalla partecipata, dovute pro-quota dalle partecipanti, potrebbero essere
liquidate mesi dopo, in sede di dichiarazione dei redditi di
ciascuna società socia.

Si immagini, ad esempio, che la partecipata
abbia un periodo d’imposta coincidente con l’anno solare mentre alcune
partecipanti abbiano esercizi a cavallo. Se l’opzione
per il regime di tassazione per trasparenza viene esercitata nel 2004, il
reddito prodotto dalla partecipata nel primo periodo d’imposta in cui è valida
l’opzione verrà imputato, per trasparenza, al 31 dicembre 2004. Tuttavia, tale
reddito verrà inserito nella dichiarazione che le
partecipanti presenteranno, in via telematica, entro l’ultimo giorno del decimo
mese successivo a quello di chiusura del rispettivo periodo d’imposta.

Fig. 1 – Imputazione
del reddito per trasparenza a due società – partecipanti con esercizi sociali
differenti

La
norma precisa che, sulla base dello stesso criterio di attribuzione,
ogni socio può scomputare dalle relative imposte dovute le ritenute operate a
titolo di acconto sui redditi della società partecipata, i crediti d’imposta e
gli acconti versati dalla stessa.

Conformemente alle società di persone, si ritiene che l’imputazione del
reddito per trasparenza (fermo restando il possesso degli altri requisiti)
possa avvenire soltanto nei confronti di coloro che
possiedono la qualifica di soci alla data di chiusura dell’esercizio.

Si ritiene, altresì, che gli atti con i quali si modificano le
percentuali di partecipazione agli utili, lasciando immutata l’originaria
compagine societaria e senza fuoriuscita dal range
fissato dalla norma, spiegano efficacia, ai fini dell’imputazione del reddito, a partire dal periodo d’imposta successivo a quello nel
quale sono posti in essere. Ciò in analogia con la disposizione di cui
all’articolo 5, comma 2, del TUIR, riferita alle società di persone, al cui
regime fiscale s’ispira la trasparenza delle società in esame.

E’ possibile applicare il regime di trasparenza "a cascata"
lungo la catena societaria. La società alla quale viene
imputato, per trasparenza, il reddito della partecipata può, a sua volta,
imputare per trasparenza il proprio reddito alle sue partecipanti. Semprechè, naturalmente, tutte le società coinvolte abbiano
esercitato l’opzione e soddisfino le condizioni
previste dalla legge.

Nonostante l’espressione "imputazione del
reddito imponibile" utilizzata dal legislatore, il regime di trasparenza
si riferisce anche all’ipotesi in cui la società partecipata abbia registrato
una perdita di periodo. Ipotesi, peraltro, espressamente
disciplinata nell’ultimo capoverso del comma 3 del citato articolo 115.

Considerato che l’imputazione "per trasparenza" può riferirsi
anche ad un risultato fiscale negativo della partecipata, l’esercizio dell’opzione può comportare il verificarsi di situazioni
differenti in capo a ciascuna società partecipante.

In particolare, l’imputazione del
reddito della partecipata trasparente può:

– determinare un aumento dell’imponibile in capo al socio;

– essere compensata, in tutto o in parte, con una perdita del socio.

Mentre, l’imputazione per trasparenza di una
perdita può:

– compensare, in tutto o in parte, i redditi positivi
del socio;

– incrementare la perdita del socio.

Si immagini, a titolo esemplificativo, che le
società B, C, D e E siano socie della società A ed
abbiano una percentuale di partecipazione, rispettivamente, del 50%, 15%, 25% e
10%.

Fig. 2 – Percentuali di partecipazioni
detenute in Alfa

I ipotesi: Imputazione per trasparenza
di un risultato positivo – Reddito della
Società A: 300

Società B

Società C

Società D

Società E

TOTALE

Reddito proprio

100

20

-30

15

105

Percentuale di partecipazione in A

50

15

25

10

100

Reddito imputato per trasparenza

150

45

75

30

300

Reddito complessivo dichiarato

250

65

45

45

405

II ipotesi:
Imputazione per trasparenza di un risultato negativo – Perdita della Società A:
-300

Società
B

Società C

Società D

Società E

TOTALE

Reddito proprio

100

20

-30

15

105

Percentuale di partecipazione in A

50

15

25

10

100

Reddito imputato per trasparenza

-150

-45

-75

-30

– 300

Reddito complessivo dichiarato

-50

-25

-105

-15

-195

2.4 Ambito soggettivo di applicazione

Il comma 1 dell’articolo 115 delinea l’ambito
soggettivo di applicazione del nuovo istituto, stabilendo i requisiti necessari
per esercitare l’opzione.

La possibilità di accedere al regime di
trasparenza fiscale viene circoscritta, in generale, alle sole società di
capitali residenti, interamente partecipate da altre società di capitali
anch’esse residenti, ciascuna con una percentuale di partecipazione agli utili
e di diritti di voto esercitabili nell’assemblea
generale non inferiore al 10% e non superiore al 50%. Tali requisiti devono
sussistere in capo a tutti i soci e permanere ininterrottamente per l’intero
periodo di validità dell’opzione, pena la fuoriuscita
dal regime.

Benché, in linea di massima, operazioni che comportino una modifica dei requisiti
non possono qualificarsi automaticamente come elusive, resta
ferma, tuttavia, la possibilità di sindacare la elusività o meno di
specifici comportamenti sulla base di un giudizio che non può prescindere
dall’esame del singolo caso concreto e della valutazione dell’operazione posta
in essere nel suo complesso.

2.4.1 Soggetti ammessi

La disposizione recata dal comma 1 dell’articolo 115,
facendo espresso rinvio "ai soggetti di cui all’art. 73, comma 1, lettera
a), al cui capitale sociale partecipano esclusivamente soggetti di cui allo
stesso art. 73, comma 1, lettera a)…", consente l’applicazione del
regime di trasparenza a condizione che la società partecipata e tutte le
società partecipanti abbiano forma giuridica di società per azioni, in accomandita
per azioni, di società a responsabilità limitata, di società cooperative e di
società di mutua assicurazione.

Ne deriva che non possono avvalersi di tale regime gli enti pubblici
economici e i consorzi che non risultino costituiti in
forma societaria, essendo essi ricompresi nella
lettera b) e non nella lettera a) del citato articolo 73.

Risultano in ogni caso escluse dal regime le
persone fisiche e le società di persone in qualità sia di società socie che di
società partecipate.

2.4.2 Requisito della territorialità

Le società caratterizzate dalla forma giuridica sopra indicata devono
essere residenti nel territorio dello Stato (salvo quanto precisato nel
paragrafo successivo con riferimento alle società partecipanti).

2.4.3 Requisito delle percentuali di partecipazione

Ai sensi dell’articolo 115, comma 1, le società partecipanti possono optare per la trasparenza a condizione che detengano una
partecipazione non inferiore al 10 per cento (percentuale minima) nè superiore al 50 per cento (percentuale massima).

La previsione riguardante la percentuale
massima esclude dal regime di trasparenza le partecipazioni totalitarie, o
comunque di controllo, per le quali risulta invece applicabile il regime del
consolidato fiscale.

L’articolo 3 del decreto ministeriale precisa, inoltre, che le
percentuali di partecipazioni agli utili (e le percentuali di diritti di voto esercitabili in assemblea generale, esaminate nel paragrafo
successivo) previste dal comma 1 dell’articolo 115 del
nuovo TUIR devono essere computate tenendo conto esclusivamente della
partecipazione diretta detenuta dal socio nella società partecipata. Non assume
rilevanza, quindi, l’effetto di demoltiplicazione previsto dall’articolo 120,
comma 1, del nuovo TUIR in materia di consolidato fiscale.

Pertanto, in virtù della disposizione recata dall’articolo 3 del decreto
ministeriale, il socio (B) che, ad esempio, possiede direttamente una
partecipazione del 50 per cento nella società trasparente (A), e una ulteriore partecipazione in altro soggetto (C),
anch’esso socio nella stessa società trasparente (A), può comunque esercitare
l’opzione per la trasparenza fiscale, in quanto la partecipazione indiretta
(tramite C) nella società trasparente (A) non rileva ai fini del computo delle
percentuali di partecipazione.

2.4.4 Diritti di voto esercitabili dai soci.

Sempre in tema di requisiti richiesti per accedere
al regime opzionale, si osserva che le percentuali (minime e massime) di
partecipazione possedute dal socio devono essere tali da assicurargli sia
diritti di voto che partecipazione agli utili. In particolare, per quanto
attiene al diritto di voto, il comma 1 dell’articolo 115 stabilisce che lo
stesso deve essere "esercitabile nell’assemblea
generale richiamata dall’art. 2346 del codice civile". Si tratta, in altri
termini, del voto nell’assemblea generale degli azionisti che l’articolo 2346
del codice civile preclude ai titolari di strumenti finanziari partecipativi.

A questo riguardo, il decreto ministeriale (articolo 3, comma 2)
chiarisce che l’assemblea generale nella quale deve esercitarsi il diritto di
voto, per le società per azioni e in accomandita per azioni,
coincide con l’assemblea ordinaria prevista dagli articoli 2364 e 2364-bis del
codice civile, mentre per le società a responsabilità limitata occorre fare
riferimento all’assemblea di cui all’articolo 2479-bis del codice civile.

2.4.5 Contestuale
possesso dei
requisiti

I soci devono possedere, contestualmente, tutti i requisiti previsti
dalla norma.

E’ dunque necessario che siano residenti nel territorio dello Stato,
siano costituiti in forma di società di capitali e possedere azioni o quote
rappresentative del capitale sociale che attribuiscano
loro sia il diritto patrimoniale a percepire utili, sia il diritto
amministrativo collegato all’esercizio del voto in assemblea ordinaria, in una
percentuale non inferiore al 10% e non superiore al 50%.

In alcuni casi si può verificare una dissociazione fra qualità di socio
e titolarità di tali diritti, nel senso che gli stessi possono spettare a
soggetti diversi. Tale ipotesi si verifica, ad
esempio, quando un socio dà in pegno o in usufrutto i propri titoli o nel caso
di sequestro delle azioni.

2.4.5.1 Usufrutto di
azioni

Qualora i titoli vengano dati in usufrutto ad
un terzo, l’opzione per la trasparenza fiscale non può essere esercitata e, se
fosse stata già esercitata, cesserebbe di aver effetto, in quanto:

– nel caso in cui all’usufruttuario sia
attribuito, in virtù del contratto stipulato, solamente il diritto agli utili,
né il nudo proprietario (socio) né lo stesso usufruttuario avrebbero il
contemporaneo possesso dei requisiti richiesti dalla norma;

– nel caso in cui le parti stabiliscano il
trasferimento di entrambi i diritti in capo all’usufruttuario, quest’ultimo non godrebbe comunque della qualifica di
socio, non partecipando al capitale.

Diversamente, la possibilità di optare per la
trasparenza fiscale non viene automaticamente preclusa se il socio decide di
concedere in usufrutto parte dei suoi titoli ad un altro socio, privandosi dei
connessi diritti patrimoniali e amministrativi. A tal fine, sarà necessario
verificare che le percentuali di partecipazione agli utili e di diritti di voto
effettivamente spettanti a ciascuno di essi restino
nel range di ammissibilità voluto dal legislatore.

In tal caso, si precisa che gli effetti fiscali conseguenti alla
concessione in usufrutto delle azioni ad altri soci si manifesteranno a partire dal periodo d’imposta successivo alla suddetta
operazione (cfr. paragrafo
2.3).

2.4.5.2 Sequestro di
azioni

Nell’ipotesi di sequestro di azioni,
analogamente a quanto accade per l’usufrutto, si ritiene che non sia possibile
per il socio accedere al regime di trasparenza in quanto lo stesso perde il
diritto di voto sulle azioni sequestrate. Tale diritto, infatti, ai sensi
dell’articolo 2352 del codice civile, spetta al custode dei titoli.

2.4.5.3 Azioni date in pegno

Con riferimento al pegno, si possono verificare due diverse situazioni
considerato che, ai sensi degli artt. 2352 (Pegno,
usufrutto e sequestro delle azioni) e 2791 (Pegno di cosa fruttifera) del
codice civile, il socio può accordarsi con il creditore pignoratizio sia in
merito alla spettanza del diritto di voto, sia in merito all’attribuzione del
diritto agli utili. I citati articoli prevedono, rispettivamente, che il
diritto di voto spetti al creditore pignoratizio se non si conviene
diversamente e che, in caso di pegno di cose fruttifere, il creditore abbia la
facoltà di fare suoi i frutti, salvo patto contrario.

Ne consegue che se il socio si priva di entrambi
i diritti o di uno solo di essi, la società non può accedere alla trasparenza
(o se l’opzione è già stata esercitata, la stessa perde efficacia), venendo
meno i requisiti per il socio. Diversamente, nel caso in cui il socio e il
creditore pignoratizio convengono che il diritto di voto e il diritto agli
utili continuino a sussistere in capo al socio medesimo, non si
verificano preclusioni all’esercizio dell’opzione (o al mantenimento del
regime fiscale della trasparenza).

2.4.6 Il principio "all in, all out"

I requisiti previsti dalla norma devono risultare
soddisfatti in capo a tutte le società partecipanti. Lo stabilisce espressamente
la norma, affermando che il regime di tassazione alternativo per le società di
capitali si può applicare solo alle società cui "partecipano
esclusivamente" soci con i requisiti sopra richiamati. Ne consegue che se
anche uno solo dei soci non presenta i requisiti richiesti, l’opzione risulta inesperibile anche
da parte degli altri.

L’opzione non può essere esercitata e, dunque
non trova applicazione il regime di trasparenza nell’ipotesi in cui, ad
esempio, una società sia partecipata da tre soci di cui, il primo, con una
partecipazione del 50%, il secondo con il 45% e l’ultimo con una partecipazione
minoritaria del 5%.

La norma precisa, altresì, che i requisiti richiesti "devono
sussistere a partire dal primo giorno del periodo
d’imposta della partecipata in cui si esercita l’opzione e permanere
ininterrottamente sino al termine del periodo d’opzione".

In sostanza, il meccanismo è rigido e prevede che se uno solo dei
requisiti previsti al comma 1 venga temporaneamente a mancare, in capo ad uno o
più soci, durante il periodo d’imposta interessato dall’opzione,
si perde il diritto alla tassazione per trasparenza.

2.5 Presenza di soci non residenti

Il comma 2 della norma in esame disciplina l’eventuale presenza di soci
non residenti nella compagine sociale della società per la quale s’intende optare per la trasparenza. Infatti, la circostanza che una o
più società partecipanti abbiano la residenza all’estero non impedisce di per sè l’esercizio dell’opzione.

Il legislatore, riproponendo fedelmente la disposizione della delega, ha
esteso, infatti, anche alle società non residenti nel territorio dello Stato la
possibilità di accedere al regime fiscale della
trasparenza, a condizione che:

1) abbiano gli stessi requisiti richiesti alle residenti;

2) non vi sia l’obbligo di ritenuta alla fonte sugli utili distribuiti.

In sostanza, la disposizione contenuta nel comma 2 dell’articolo 115 non
opera che un rinvio a quanto previsto per le società residenti, salvo aggiungere
l’ulteriore condizione inerente alla esclusione della
ritenuta sopra menzionata.

Con riferimento alla prima condizione, si osserva che il comma 2
dell’articolo 1 del decreto ministeriale, nel delineare l’ambito soggettivo di applicazione dell’istituto, stabilisce che
"l’opzione può essere esercitata, in qualità di soci, anche dai soggetti
indicati nell’art. 73, comma 1, lettera d) del testo unico, a condizione che
per gli utili distribuiti dalla società partecipata non vi sia obbligo di
ritenuta fiscale ovvero la ritenuta, se applicata, sia suscettibile di
integrale rimborso".

In atri termini, il decreto ministeriale chiarisce che il coinvolgimento
dei soggetti non residenti si riferisce alle sole società socie, che possono
avvalersi del regime della trasparenza indipendentemente dalla loro forma
giuridica.

Sulla base di tale disposizione, viene
semplificato l’accesso al regime opzionale, eliminando la necessità di
compiere, caso per caso, il difficile esame sulla tipologia della società non residente
per verificare se la stessa possa essere assimilata o meno alle società di
capitali previste dall’ordinamento interno.

Nei confronti delle società non residenti permane,
naturalmente, l’obbligo di possedere tutti gli altri requisiti previsti dal
comma 1, relativi alle percentuali di diritti di voto e di partecipazione agli
utili.

Resta ferma, inoltre, la necessità che tali requisiti siano posseduti
ininterrottamente, a partire dal primo giorno fino al
termine del periodo di validità dell’opzione.

La ratio della seconda condizione consiste, invece, nel
mantenere inalterata, sul piano della tassazione, la situazione vigente
anteriormente all’esercizio dell’opzione per il regime di trasparenza. Tale
finalità poteva essere perseguita dal legislatore soltanto ammettendo al regime
in esame soci non residenti non assoggettati a ritenuta in
relazione agli utili distribuiti dalla partecipata residente.

Ordinariamente, infatti, dopo che la società partecipata da soggetti non
residenti è stata tassata sui redditi prodotti, si
aggiunge la tassazione del socio estero, tramite la ritenuta, sul dividendo
percepito.

In tal caso, a voler ammettere tutte le società non residenti al regime
di trasparenza, la tassazione avrebbe colpito soltanto il reddito imputato per
trasparenza ai soci esteri, posto che le successive distribuzioni di dividendi
non avrebbero concorso a formare il reddito dei percettori.

Si ricorda che, attualmente, non esistono
convenzioni stipulate dal nostro Paese contro le doppie imposizioni che
prevedano dividendi erogati da partecipate italiane che siano esenti da
ritenuta. Pertanto, questa condizione risulta
soddisfatta soltanto in due ipotesi:

1) la partecipante non residente beneficia della Direttiva del Consiglio
23 luglio 1990, n. 90/435 (cosiddette società madri e figlie), attuata per i
dividendi in uscita dall’articolo 27 -bis del D.P.R. n. 600/73. L’applicazione
della Direttiva citata presuppone il rispetto delle seguenti condizioni:

– costituzione in
una delle forme giuridiche previste nell’allegato alla citata Direttiva;

– fissazione della
residenza, ai fini fiscali, in un Paese appartenente alla Comunità Europea;

– assoggettamento, nello stato di
residenza, ad una delle imposte indicate nell’allegato della predetta
Direttiva, senza possibilità di fruire di regimi di opzione
o di esonero da tassazione che non siano territorialmente o temporalmente
limitati;

– possesso di una partecipazione
diretta nel capitale della società residente (che intende optare
per la tassazione per trasparenza) non inferiore al 25% (1), e a condizione che
la partecipazione sia detenuta ininterrottamente per almeno un anno (deve
essere anche prodotta la certificazione rilasciata dallo Stato estero che
attesti che la società non residente possieda i requisiti sopra indicati nonchè la documentazione attestante la sussistenza delle
condizioni richieste).

2) la partecipante non residente abbia nel territorio dello Stato
italiano una stabile organizzazione cui si riferisce la partecipazione nella
società trasparente, posto che, ai sensi dell’articolo 27, comma 3, del D.P.R.
n. 600 del 1973, nessuna ritenuta deve essere operata in tale circostanza sugli
utili distribuiti dalla società trasparente in relazione alla
suddetta partecipazione. Si osserva che, in questa ipotesi,
la società partecipante potrà essere anche una società residente in un Paese
non appartenente alla Comunità Europea.

Se non viene soddisfatto il requisito della non
applicazione delle ritenute sui dividendi distribuiti ai soci non residenti,
l’opzione non può essere esercitata e, se già esercitata, cessa di avere
efficacia fin dall’inizio del periodo d’imposta in cui il socio estero perde
l’agevolazione.

Si fa presente che il requisito della detenzione ininterrotta per almeno
un anno della partecipazione qualificata, richiesto per la non applicazione
delle ritenute sui dividendi distribuiti (v. punto n. 1, riguardante la
Direttiva società madri e figlie), non va necessariamente verificato su un arco
temporale precedente a quello dal quale decorre il regime di trasparenza. Si
rammenta, a questo riguardo, che al socio estero è
riconosciuta la possibilità di non subire ritenute sui dividendi anche
prima che sia decorso il periodo minimo, purché la condizione richiesta per
fruire di tale beneficio sia adempiuta anche successivamente alla data della
delibera di distribuzione (2). Nell’eventualità che la condizione della
detenzione ininterrotta non risulti soddisfatta entro
il primo periodo di trasparenza, l’opzione si considera come non perfezionata.

Come per i soci residenti, la tassazione per trasparenza comporta
l’imputazione, pro quota, dei redditi della partecipata in capo ai soggetti non
residenti, indipendentemente dell’effettiva percezione dei dividendi.

Considerata l’espressa previsione normativa dell’articolo
23, comma 1, lettera g) del nuovo TUIR (3), i redditi imputati ai soci
non residenti si considerano prodotti nel territorio dello Stato e,
conseguentemente, concorrono a formare il reddito imponibile degli stessi soci
in Italia.

_________________________

1.Si ricorda che la percentuale minima di partecipazione nel capitale della
società residente è destinata a cambiare per effetto della Direttiva 2003/123/CE,
pubblicata sulla G.U.C.E. del 13 gennaio 2004, che
deve essere recepita dai Paesi membri entro e non oltre il 1 gennaio 2005.
Questa, infatti, modifica la Direttiva madre-figlia prevedendo una riduzione
graduale della suddetta percentuale di partecipazione, che scenderà,
inizialmente, dal 25al 20%, successivamente al 15% e,
infine, al 10%. La riduzione finale al 10%, avrà effetto a
partire dal 1 gennaio 2009

2. La Corte di Giustizia europea, con
sentenza del 17 ottobre 1996, ha affermato che gli Stati membri non possono
vincolare la concessione dell’agevolazione prevista dalla Direttiva
madre-figlia alla condizione che al momento della distribuzione dei dividendi
"la società capogruppo abbia già detenuto la partecipazione minima"
per il periodo fissato dai singoli Stati membri. Per recepire
la sentenza della Corte di Giustizia, il legislatore italiano è intervenuto
modificando la formulazione dell’articolo 96-bis del nuovo TUIR, vigente ante
riforma, con il decreto legislativo del 18 dicembre 1997, n. 467.

3. Trattasi di disposizione
introdotta dalle modifiche apportate al nuovo TUIR dall’articolo 1 del decreto
legislativo 12 dicembre 2003, n. 344

2.6 Cause di esclusione

Nella seconda parte del comma 1 dell’articolo 115 del nuovo TUIR sono
state inserite due cause di inammissibilità al regime
fiscale in esame, che trovano applicazione solo con riferimento alla società
partecipata.

Si tratta dell’emissione di strumenti finanziari di cui all’art. 2346,
ultimo comma, del codice civile e dell’esercizio dell’opzione
per il consolidato nazionale o mondiale. Per effetto di tale disposizione, il
regime di trasparenza non può trovare applicazione (e se l’opzione
è già esercitata viene meno) nell’eventualità in cui la società partecipata
abbia emesso tali strumenti finanziari partecipativi o abbia esercitato
l’opzione per la tassazione di gruppo, nonostante risultino soddisfatti tutti
gli altri requisiti previsti dalla norma (in termini di residenza, di natura
giuridica di tutti i soggetti coinvolti, delle percentuali di partecipazioni
agli utili e di diritti di voto, nonchè, per le
partecipanti non residenti, la non applicazione di ritenuta sui dividendi
percepiti).

Alle cause previste dalla legge che inibiscono
la trasparenza fiscale, il decreto ministeriale (art. 2, comma 1), ha aggiunto
l’assoggettamento della partecipata alle procedure concorsuali di cui all’art.
101, comma 5, del nuovo TUIR.

2.6.1 Opzione
per il consolidato nazionale o mondiale

La società partecipata che decida di optare per
la trasparenza fiscale non può farlo, con riferimento ai medesimi periodi
d’imposta, anche per il regime del consolidato nazionale o mondiale. La norma
vuole impedire che l’imponibile di gruppo, da tassare in capo alla sola società
controllante capofila, possa essere imputato ad altri soggetti (soci ma non
controllanti della stessa società capogruppo consolidante), mediante
l’esercizio dell’opzione per la trasparenza fiscale.

Fig. 3 – Effetti che produrrebbe
l’esercizio dell’opzione per la tassazione di gruppo
(non ammesso), da parte della società partecipata trasparente

L’art. 1, comma 3, del decreto ministeriale chiarisce espressamente che
l’opzione, viceversa, può essere esercitata qualora i
soci partecipano, in qualità di soggetti controllanti o controllati, alle forme
di consolidamento fiscale previste dagli articoli 117 e 130 del nuovo TUIR.

Fig. 4 – Partecipante cha opta per la tassazione di gruppo, in qualità di società
consolidante

Fig. 5 – Partecipante che opta per la tassazione di gruppo, in qualità di società
controllata

2.6.2 Assoggettamento a procedure concorsuali

Il decreto ministeriale ha specificato che tra le cause ostative al
regime della trasparenza è da ricomprendere anche
l’assoggettamento della società partecipata alle procedure concorsuali di cui
all’articolo 101, comma 5, del nuovo TUIR.

Si tratta, in altri termini, del fallimento, della liquidazione coatta
amministrativa, della procedura di concordato preventivo e della procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in
crisi.

Pertanto, se una delle suddette procedure concorsuali si è aperta nei
confronti della società partecipata, questa non potrà esercitare l’opzione di cui all’articolo 115.

Nell’ipotesi in cui la partecipata si trovi già in regime di
trasparenza, l’articolo 10 del decreto prevede, più precisamente, che l’opzione esercitata perde efficacia a partire dal periodo
d’imposta avente inizio dalla data della sentenza dichiarativa del fallimento o
del provvedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa o del
decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo o del decreto che
dispone la procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in
crisi (per maggiori chiarimenti si rinvia al paragrafo 2.17. in cui viene
trattata la disciplina delle operazioni straordinarie della società partecipata
trasparente).

2.7 Esercizio dell’opzione

Dal contenuto della legge delega non emergono le modalità di esercizio dell’opzione che sono invece disciplinate nel
comma 4 dell’articolo 115 e, più in dettaglio, dal decreto ministeriale.

Il comma 4 dell’articolo 115 stabilisce che l’opzione:

– deve essere esercitata congiuntamente dalla stessa società e da tutti
i suoi soci;

– deve essere comunicata all’amministrazione finanziaria entro il primo
dei tre periodi d’imposta della partecipata;

– è vincolante per tre periodi d’imposta della società partecipata.

Motivi di cautela fiscale hanno indotto il legislatore a stabilire,
anche per il regime della trasparenza, l’irrevocabilità della scelta operata
per un congruo periodo di tempo, cioè tale da evitare
un utilizzo distorto dell’istituto.

La norma prevede, inoltre, che l’opzione sia
esercitata entro il primo dei tre periodi d’imposta della partecipata. Ciò
significa che le società interessate possono decidere di effettuare
l’opzione all’inizio come alla fine dell’anno, dunque anche dopo aver versato
gli acconti. Se la partecipata ha già versato gli acconti relativi
al periodo d’imposta per il quale è valida l’opzione per la trasparenza,
il comma 3 dell’articolo 115 stabilisce che questi siano scomputati dalle
imposte dovute dai singoli soci, secondo la percentuale di partecipazione agli
utili di ciascuno. In altri termini, la partecipata deve attribuirli
proporzionalmente ai suoi soci.

Per le modalità operative con cui effettuare
l’opzione all’Amministrazione finanziaria, la norma rinvia ad un provvedimento
del Direttore dell’Agenzia delle Entrate che è stato emanato in data 4 agosto
2004 e pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 195 del 20 agosto 2004.

Il decreto ministeriale che disciplina, all’articolo 4, le modalità di esercizio dell’opzione per la trasparenza conferma che quest’ultima, per essere valida, deve essere effettuata da
tutte le società (partecipanti e partecipata). Fornisce, inoltre, le seguenti
precisazioni:

a) l’esercizio dell’opzione deve essere
effettuato, oltre che dalla partecipata, anche dai soci, mediante l’invio alla
società partecipata di una raccomandata con ricevuta di ritorno contenente la
volontà di optare per il regime della trasparenza (comma 1, primo periodo). Il
decreto ministeriale non stabilisce gli specifici contenuti della comunicazione
essendo sufficiente che dalla medesima si evinca inequivocabilmente la volontà
della società di optare per la tassazione per
trasparenza di cui all’articolo 115 del nuovo TUIR;

b) l’opzione si perfeziona quando è trasmessa
all’Agenzia delle Entrate a cura della sola società partecipata, secondo le
modalità che sono indicate nel provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle
Entrate (comma 1, secondo periodo). L’invio della comunicazione è condizione
essenziale per l’ammissione al regime di trasparenza, essendo a tal fine
irrilevanti eventuali comportamenti concludenti tenuti dalle società
interessate;

c) l’obbligo di informativa
all’Agenzia dell’Entrate ricade sulla società partecipata nelle ipotesi in cui
vi sia una modificazione della compagine sociale – ad esempio mediante ingresso
di nuovi soci – e/o una modificazione delle percentuali di partecipazione
nell’ambito della compagine sociale esistente che comportino la perdita di
efficacia dell’opzione (comma 2). Tale obbligo va assolto entro i trenta giorni
successivi al mutamento verificatosi, secondo le modalità indicate nel
provvedimento emanato dall’Agenzia delle Entrate.

Sempre con riferimento all’opzione, l’art. 5
del decreto ministeriale chiarisce che non è valido il rinnovo tacito della
scelta esercitata. Al riguardo viene stabilito,
infatti, che le modalità mediante le quali è possibile rinnovare l’opzione alla
scadenza naturale del triennio sono le medesime previste per la prima opzione.

2.8 Il regime degli utili e delle
riserve di utili generati in regime di trasparenza fiscale

Analogamente a quanto avviene nelle società di persone, gli utili
maturati in regime di trasparenza fiscale non concorrono a formare il reddito
dei soci, anche qualora siano distribuiti dopo la vigenza dell’opzione, in regime di tassazione ordinaria, e in misura
eccedente il reddito imputato per trasparenza. Lo chiarisce espressamente il comma 1 dell’articolo 8 del decreto ministeriale,
aggiungendo che la disposizione resta valida anche con riferimento alla
distribuzione di tali utili e riserve, dopo il periodo di trasparenza, a favore
di nuovi soci.

Tale previsione è, tuttavia, subordinata alla circostanza che questi
ultimi siano compresi tra i soggetti che, ai sensi dei
primi due commi dell’articolo 115, possono essere soci di una società trasparente.
Si tratta – a prescindere dagli ulteriori requisiti
richiesti per l’ammissione al regime di trasparenza – dei soggetti:

– residenti, con forma giuridica di società per
azioni, in accomandita per azioni, di società a responsabilità limitata, di
società cooperative e di società di mutua assicurazione (cfr: lettera a) del comma 1, dell’articolo 73 del nuovo
TUIR);

– non residenti, sia società che enti di ogni
tipo, con o senza personalità giuridica (cfr: lettera
d), comma 1, dell’articolo 73 del nuovo TUIR), non assoggettati ad alcuna
ritenuta sugli utili distribuiti dalla partecipata oppure tale ritenuta, se
applicata, sia suscettibile di integrale rimborso.

La disposizione in esame impedisce, ad esempio, che un
nuovo socio-persona fisica, avvalendosi del regime di trasparenza, possa
sottrarsi all’obbligo di far concorrere gli utili percepiti dopo la vigenza
dell’opzione all’imposizione progressiva, sia pure nei limiti del 40% del
relativo ammontare.

Il comma 3 dell’articolo 8 del decreto ministeriale, precisa, altresì,
che in caso di distribuzione di utili e di riserve di
utili, comunque costituite, si applicano nei confronti della partecipata le
disposizioni contenute nell’articolo 109, comma 4, lettera b), del nuovo TUIR.
Queste, come noto, prevedono che in caso di distribuzione, le riserve di
patrimonio netto e gli utili d’esercizio concorrono a formare il reddito se e
nella misura in cui l’ammontare delle restanti riserve di patrimonio netto,
diverse dalla riserva legale, e dei restanti utili portati a nuovo risulti inferiore all’eccedenza degli ammortamenti, delle
rettifiche di valore e degli accantonamenti dedotti rispetto a quelli imputati
a conto economico, al netto del fondo imposte differite correlato agli importi
dedotti.

L’ammontare della predetta eccedenza è ridotto degli ammortamenti, delle
plusvalenze o minusvalenze, delle rettifiche di
valore relativi agli stessi beni e degli
accantonamenti, nonchè delle riserve di patrimonio
netto e degli utili d’esercizio distribuiti, che hanno concorso alla formazione
del reddito. Una volta individuata la variazione in aumento del reddito della
società partecipata, anch’essa, ovviamente, concorrerà a formare il reddito che
verrà imputato per trasparenza ai soci, in base alle
disposizioni stabilite dal comma 1 dell’articolo 7 del decreto ministeriale.

Infine, si ricorda che il comma 6 dell’articolo 8 del decreto
ministeriale, al fine di monitorare la formazione degli utili e delle riserve di utili trasparenti nonchè la loro
distribuzione ai soci ovvero l’utilizzo per altre finalità, dispone l’obbligo
per la società partecipata di fornire in dichiarazione dei redditi i relativi
elementi.

2.9 Il regime delle riserve di utili pregressi

Il comma 5 dell’articolo 115 del nuovo TUIR disciplina gli effetti
dell’esercizio dell’opzione.

In particolare, al primo periodo, si stabilisce che l’esercizio dell’opzione non influenza in alcun modo il trattamento fiscale
delle riserve formate con utili di esercizi precedenti a quelli di applicazione
del regime di trasparenza. Pertanto, le distribuzioni di riserve che si sono
formate anteriormente mantengono il regime ordinario,
cioè quello che avrebbero subito in assenza dell’opzione (cfr.
anche articolo 8, comma 2, del decreto ministeriale).

In altri termini, ai sensi del comma in esame, le somme distribuite
attingendo da tali riserve sono tassate o meno in capo al socio a seconda che
le stesse siano formate da utili o, al contrario,
abbiano natura di riserve di capitale cioè siano riserve costituite con
sopraprezzi di emissione delle azioni o quote, con interessi di conguaglio
versati dai sottoscrittori di nuove azioni o quote, con versamenti fatti dagli
stessi soci a fondo perduto o in conto capitale e con saldi di rivalutazione
monetaria esenti da imposta (articolo 47, comma 5, del nuovo TUIR).

La disciplina delle riserve di utili pregressi,
distribuiti durante il periodo di trasparenza, è coerente con quella contenuta
nell’attuale articolo 170 del nuovo TUIR, in tema di trasformazione di una
società soggetta ad IRES "in una società non soggetta a tale
imposta". In tal caso, infatti, la distribuzione di riserve costituite
prima della trasformazione, concorre a formare il reddito del socio, ai sensi
dell’articolo 5, nello stesso esercizio in cui sono distribuite o nel periodo
d’imposta successivo alla trasformazione a seconda se siano
iscritte o meno in bilancio con indicazione della loro origine.

Il secondo periodo del comma 5 aggiunge inoltre che, ai fini del regime di
tassazione per trasparenza, "durante i periodi di validità dell’opzione, salva una diversa esplicita volontà assembleare, si
considerano prioritariamente distribuiti gli utili imputati ai soci ai sensi
del comma 1".

Il legislatore introduce un’importante presunzione che può essere
superata solo da una contraria volontà espressa dall’assemblea: si ritengono
distribuiti prima gli utili o riserve di utili che
sono stati tassati per trasparenza. Considerato che questi utili, come più volte chiarito, non sono assoggettati ad ulteriori imposte
al momento della loro distribuzione, la disposizione in parola può essere
considerata di favore per il socio. Tale presunzione si assume valida sia nei
periodi d’imposta di vigenza dell’opzione, sia nei
periodi successivi in cui non risulta più valida per mancato rinnovo ovvero per
perdita di efficacia dell’opzione stessa.

Ai sensi dell’ultimo periodo del comma 5, anche in ipotesi di copertura
di perdite, "si considerano prioritariamente utilizzati gli utili imputati
ai soci ai sensi del comma 1".

Diversamente dalla distribuzione di utili, la
presunzione riguardante la copertura di perdite è una presunzione assoluta che
non può essere superata da una diversa volontà assembleare e si ritiene resti
valida, come la prima, sia nei periodi d’imposta di vigenza dell’opzione, sia
nei periodi successivi.

Il comma 5 dell’articolo 8 del decreto
ministeriale coordina le presunzioni introdotte con la disciplina della
trasparenza fiscale, in materia di distribuzione degli utili e delle riserve,
con le presunzioni ordinarie previste dall’articolo 47, comma 1, del nuovo
TUIR.

In particolare, stabilisce che se la delibera assembleare decide la
distribuzione di riserve di capitale, la disposizione di cui all’articolo 47,
comma 1 del nuovo TUIR si applica solo con riguardo alle riserve di utili formatesi in periodi d’imposta in cui non è stata
efficace la trasparenza. Si rammenta, a questo proposito, che ai sensi del
comma 1 dell’articolo 47 del nuovo TUIR, indipendentemente dalla delibera
assembleare, si presumono prioritariamente distribuiti l’utile di esercizio e le riserve che non hanno natura di riserve di
capitale, per la quota di esse non accantonata in sospensione d’imposta. La
disposizione recata dal comma 5 dell’articolo 8 in esame (applicabilità della
presunzione ex articolo 47, comma 1, del nuovo TUIR soltanto alle riserve
costituite con utili realizzati in periodi d’imposta diversi da quelli di
vigenza dell’opzione) si applica anche nell’ipotesi in
cui la distribuzione avvenga successivamente ai periodi di efficacia
dell’opzione e anche se i soci a favore dei quali la distribuzione è effettuata
sono diversi da quelli cui è stato imputato il reddito per trasparenza, a
condizione che gli stessi rientrino tra i soggetti di cui ai commi 1 e 2
dell’articolo 1 del decreto ministeriale.

Il regime delle presunzioni disciplinato dall’articolo 8 del decreto
ministeriale, in tema di distribuzioni di utili e di
riserve, può essere sintetizzato nel modo seguente:

1) l’assemblea della società
partecipata delibera la distribuzione di utili o
riserve di utili per effetto della presunzione di cui al comma 4 dell’articolo
8 del decreto ministeriale, la distribuzione si considera effettuata con utili
o riserve di utili formatesi nei periodi di trasparenza. I dividendi
distribuiti, pertanto, non concorrono a formare il reddito della società percipiente;

2) l’assemblea della società partecipata decide di distribuire utili che
non si sono formati in periodi di validità dell’opzione
per il regime di trasparenza non opera la presunzione di cui al comma 4
dell’articolo 8 del decreto ministeriale e gli utili distribuiti concorrono a
formare il reddito della partecipante nella misura del 5 per cento del loro
ammontare;

3) l’assemblea della società
partecipata delibera la distribuzione di riserve di capitali si possono
verificare due diverse situazioni:

3a) nel patrimonio netto della
partecipata sono assenti riserve di utili formatesi in
periodi d’imposta nei quali non ha operato la tassazione per trasparenza in
mancanza di riserve di quest’ultima tipologia, si
applicano le disposizioni contenute nell’articolo 47, comma 5, del nuovo TUIR e
la distribuzione non costituisce evento reddituale
per la società partecipante;

3b) nel patrimonio netto della società
partecipata sono presenti riserve di utili formatesi
in periodi d’imposta in cui non è stata efficace la trasparenza opera la
presunzione di cui all’articolo 47, comma 1, del nuovo TUIR e si assumono
prioritariamente distribuiti gli utili o riserve di utili che non hanno natura
di riserve di capitale, per la quota di esse non accantonata in sospensione
d’imposta. Tali somme, pertanto, concorrono a formare il reddito della società
partecipante nella misura del 5 per cento del loro ammontare.

2.10 Trattamento delle perdite fiscali

2.10.1 Le perdite pregresse della
società partecipata

La relazione di accompagnamento allo schema di
decreto delegato precisa che le perdite pregresse della società che ha
esercitato l’opzione di cui all’articolo 115 del nuovo TUIR "…riducono
il reddito formatosi in capo alla partecipata nel periodo c.d. di
"trasparenza" secondo le originarie regole del riporto previste dal
TUIR".

In sostanza, le perdite prodotte dalla partecipata prima dell’inizio del
periodo di trasparenza non potranno mai essere
attribuite ai soci; tuttavia, come precisato dall’articolo 7, comma 2, del
decreto ministeriale, esse conservano rilevanza fiscale in capo alla stessa
società che le ha prodotte. Quest’ultima potrà
utilizzarle direttamente, computandole in diminuzione del reddito prodotto
negli esercizi successivi e imputato per trasparenza ai soci, secondo le
ordinarie modalità stabilite dall’articolo 84 del nuovo TUIR.

I ipotesi:

reddito 2004

reddito 2003

reddito 2004 imputato
per trasparenza

perdita da riportare

Partecipata A

300

-100

200

0

II ipotesi:

reddito 2004

reddito 2003

reddito 2004 imputato
per trasparenza

perdita da riportare

Partecipata A

60

-100

0

40

2.10.2 Le perdite pregresse dei soci

In caso di esercizio dell’opzione per il regime
fiscale della trasparenza, le società partecipanti hanno la possibilità di
utilizzare le perdite pregresse sia per compensare i propri redditi che per
compensare i redditi imputati per trasparenza dalla società partecipata.

Il legislatore non ha inserito nella trasparenza i vincoli previsti per
la tassazione di gruppo, permettendo a ciascun socio di compensare con le
proprie perdite, anche pregresse, la quota di reddito imputata dalla società
partecipata trasparente.

Diversamente, nel regime del consolidato fiscale, il comma 2
dell’articolo 118 stabilisce, come noto, che le perdite fiscali relative agli
esercizi anteriori all’inizio della tassazione di gruppo possono essere
utilizzate soltanto per compensare i redditi prodotti dalla stessa società cui
si riferiscono.

2.10.3 Le perdite della società
partecipata realizzate durante il periodo di
trasparenza

Al pari del reddito prodotto dalla società partecipata, la perdita
fiscale che la stessa società realizza durante il periodo di validità dell’opzione è imputata ai soci in proporzione alle rispettive
quote di partecipazione alle perdite e può essere da questi utilizzata in
diminuzione degli altri redditi conseguiti.

In tal senso dispone l’articolo 7, comma 2, del decreto ministeriale,
che fa riferimento alla possibilità di creare categorie di azioni
fornite di diritti diversi anche per quanto concerne la incidenza delle
perdite; pertanto, la percentuale di partecipazione agli utili della
partecipata potrebbe non coincidere con la percentuale di partecipazione alle
perdite prodotte dalla stessa società (cfr. articolo 2348, comma 2, del codice civile).

La perdita imputata per trasparenza viene
prioritariamente utilizzata dalla società partecipante, confluendo nel reddito
complessivo dichiarato dalla stessa. Ne consegue che le eventuali perdite
subite dalla partecipante nei cinque periodi d’imposta precedenti possono
essere computate in diminuzione di tale reddito se e nella misura in cui
trovano capienza nel reddito stesso (per le esemplificazioni si rinvia alle
tabelle successive).

Se il socio non riesce ad utilizzare integralmente la perdita della
partecipata nel periodo d’imposta in cui gli è stata attribuita, può
utilizzarla in diminuzione dei redditi futuri, cioè
per abbattere sia i redditi derivanti dal regime di trasparenza sia i redditi
prodotti in regime ordinario.

In particolare, il riporto di tale perdita da parte del socio deve
avvenire, negli esercizi successivi, secondo le ordinarie regole disciplinate
dall’articolo 84 del nuovo TUIR.

Ciò equivale ad affermare che la perdita:

a) può essere computata in diminuzione del reddito dei periodi
successivi, ma non oltre il quinto (a partire dal
periodo di imputazione), per l’intero importo che trova capienza nel reddito
imponibile di ciascuno di essi;

b) può essere riportata senza limiti temporali qualora si tratti di
perdite imputate alla società partecipante nei suoi primi tre periodi
d’imposta;

c) non può essere riportata nell’ipotesi prevista dal
comma 3 dell’articolo 84 in esame (4).

L’articolo 115 reca un’innovativa disposizione in materia di imputazione delle perdite da parte della società partecipata.
Il comma 3, terzo periodo, stabilisce che "le perdite fiscali della
società partecipata relative a periodi in cui è efficace l’opzione
sono imputate ai soci in proporzione alle rispettive quote di partecipazione ed
entro il limite della propria quota di patrimonio netto contabile della società
partecipata".

Al riguardo, il decreto ministeriale (comma 2
dell’articolo 7) fornisce due importanti precisazioni:

– il patrimonio netto contabile alla data di chiusura del periodo
d’imposta della società partecipata è determinato senza tenere conto della
perdita dell’esercizio e considerando i conferimenti in denaro e in natura
effettuati entro la data di approvazione del bilancio;

– al pari delle perdite pregresse della partecipata, le eventuali
eccedenze di perdite fiscali realizzate nei periodi di
efficacia dell’opzione da parte della società trasparente non potranno mai
essere imputate ai soci. Tale eccedenze, infatti,
restano in capo alla società trasparente che potrà computarle in diminuzione
del reddito dei periodi d’imposta successivi, sempre nel rispetto dei limiti
fissati dall’art. 84 del nuovo TUIR.

Esempio: Nell’esercizio 2004, le
società A, B, C, D e E
decidono di esercitare l’opzione per il regime di trasparenza fiscale nel periodo
d’imposta 2004.

I Ipotesi:

P.N. di riferimento

perdita 2004

perdita 2004 imputata
per trasparenza

perdita da riportare

Partecipata A

130

-120

-120

0

Società B

Società C

Società D

Società E

TOTALE

percentuale di partecipazione in A

50

15

25

10

100

reddito imputato per trasparenza

-60

-18

-30

-12

– 120

reddito proprio

100

20

-30

15

105

reddito complessivo dichiarato

40

2

-60

3

– 15

perdite pregresse

– 20

0

– 10

0

– 30

reddito imponibile

20

2

– 60

3

– 35

perdite da utilizzare esercizi succ.

0

0

– 70

0

– 70

II Ipotesi:

P.N. di riferimento

perdita 2004

perdita 2004 imputata
per trasparenza

perdita da riportare

Partecipata A

100

-120

-100

-20

Società B

Società C

Società D

Società E

TOTALE

percentuale di partecipazione in A

50

15

25

10

100

reddito imputato per trasparenza

– 50

– 15

– 25

-10

– 100

reddito proprio

100

20

– 30

15

105

reddito complessivo dichiarato

50

5

– 55

5

5

perdite pregresse

– 20

0

-10

0

– 30

reddito imponibile 30

5

– 55

5

– 15

perdite da utilizzare

0

0

– 65

0

– 65

esercizi succ.

____________________

4. La norma citata esclude il riporto
delle perdite disciplinato al comma 1 dello stesso
articolo nel caso in cui si verifichino entrambe le seguenti situazioni: a) la
maggioranza delle partecipazioni aventi diritto di voto nelle assemblee
ordinarie del soggetto che riporta le perdite venga trasferita o comunque
acquisita da terzi, anche a titolo temporaneo; b) venga modificata l’attività
principale in fatto esercitata nei periodi d’imposta in cui le perdite sono
state realizzate

2.11 Imputazione delle ritenute e dei crediti d’imposta

L’art. 115, al comma 3, secondo periodo, dispone che le ritenute
d’acconto subite dalla partecipata ed i
"relativi" crediti d’imposta (vale a dire i crediti che possono
essere utilizzati soltanto in diminuzione delle imposte sul reddito), devono
essere obbligatoriamente imputati ai soci secondo la percentuale di
partecipazione agli utili e sono da questi scomputabili dalle proprie imposte.
Analogamente, sono ripartiti tra i soci, pro quota, gli acconti versati dalla
società trasparente. Ne consegue che in questi casi la società non può
trattenere per sé stessa le ritenute, i relativi
crediti e gli acconti, i quali devono essere necessariamente ripartiti tra i
soci.

L’articolo 165, comma 9, del nuovo TUIR prevede altresì che la
detrazione per le imposte pagate all’estero dalla società trasparente spetti ai
singoli soci nella medesima proporzione stabilita dall’articolo 115.

L’art. 7, comma 3, del decreto ministeriale
integra la disciplina generale precisando ulteriormente in quale misura sono
attribuibili ai soci:

– gli oneri detraibili di cui all’art.
78 del nuovo TUIR ("erogazioni liberali in denaro in favore dei partiti e
movimenti politici", previsti dall’art. 15, comma 1-bis, del nuovo TUIR),
sostenuti dalla partecipata; nonchè

– i "crediti d’imposta fruibili
dalla società nei limiti dell’imposta sul reddito della società
liquidata": trattasi dei crediti di imposta
utilizzabili normalmente dalle società a scomputo delle proprie imposte ed
indicati nel quadro RU dell’Unico riservato alle società di capitali.

La norma citata chiarisce che tali oneri e crediti d’imposta sono
"interamente" attribuiti ai soci in proporzione alle rispettive quote
di partecipazione agli utili, svincolando di fatto la
relativa attribuzione dal calcolo delle imposte dovute dalla società
trasparente.

Gli oneri ed i crediti in questione, per evidenti ragioni di
semplificazione, sono, infatti, ripartiti interamente tra i soci, a prescindere
dal limite di utilizzo di cui la partecipata avrebbe
dovuto tener conto se avesse provveduto alla liquidazione dell’imposta.

Resta in ogni caso fermo per i soci il limite
di fruibilità di tali oneri e crediti d’imposta, rappresentato dall’imposta
calcolata da ciascuno di essi sul proprio reddito complessivo, comprensivo
pertanto anche del reddito imputato per trasparenza. I soci potranno riportare
nei periodi d’imposta successivi la sola eccedenza di crediti d’imposta da essi non utilizzati; di contro, l’eccedenza di oneri ex art.
78, non utilizzata dai medesimi soci, andrà definitivamente persa.

La società trasparente, che come noto non è soggetta ad IRES, nel
periodo d’imposta in cui sorge il diritto al credito di imposta
può utilizzarlo in diminuzione dei propri debiti tributari e contributivi.

La società è libera di determinare la parte di credito di imposta che trasferisce ai soci. In analogia a quanto
previsto dalla risoluzione 18 aprile 2002, n. 120, per le società di persone,
potrà essere imputato a questi ultimi tutto o parte del credito che residua
dopo gli utilizzi effettuati dalla società.

Il credito d’imposta che si intende trasferire
verrà attribuito ai soci in proporzione alle loro quote di partecipazione.

Non rientrano nell’ambito applicativo del citato art. 7, comma 3, i
crediti d’imposta per i quali non è possibile
l’attribuzione ai soci; si tratta dei crediti d’imposta di cui all’articolo 8
della legge 23 dicembre 1998, n. 448 e successive modifiche ("carbon tax") e di cui
all’articolo 1 del decreto legge 26 settembre 2000, n. 265 ("caro
petrolio"), nonchè del credito d’imposta di cui
all’articolo 1 del decreto legge del 23 dicembre 1993, n. 532 ("creditori
verso Efim") (sull’argomento si veda la
risoluzione del 31 luglio 2003, n. 163/E).

I crediti di imposta diversi da quelli
"relativi" presi in considerazione dall’articolo 115, comma 3,
secondo periodo, dall’art. 165, comma 9 e da quelli fruibili dalla società nei
limiti dell’imposta sul reddito della società liquidata, non possono essere
trasferiti ai soci.

2.12 Il costo fiscale della partecipazione

Il comma 12 dell’articolo 115 stabilisce che
"per le partecipazioni in società indicate nel comma 1 il relativo costo è
aumentato o diminuito, rispettivamente, dei redditi e delle perdite imputati ai
soci ed è altresì diminuito, fino a concorrenza dei redditi imputati, degli
utili distribuiti ai soci".

Per evitare che si verifichino doppie
tassazioni della medesima ricchezza, l’imputazione dei redditi per trasparenza
deve incidere sul valore fiscalmente riconosciuto della partecipazione detenuta
dal socio.

Pertanto, analogamente a quanto previsto per le società di persone, il
costo fiscale della partecipazione aumenta e diminuisce, rispettivamente, dei
redditi e delle perdite imputati al socio e diminuisce, fino a concorrenza dei
redditi imputati, anche in caso di distribuzione di utili.

Posto che la quota di perdita eccedente il
patrimonio netto contabile di riferimento della società partecipata non può
essere trasferita al socio (v. paragrafo 2.10.3), ne consegue che le eventuali
coperture delle perdite eccedenti, mediante versamenti da parte dei soci,
producono un aumento del costo fiscale della partecipazione posseduta dagli
stessi.

Si faccia riferimento all’ultimo esempio riportato nel paragrafo
precedente 2.10, in cui si assume che la società partecipata A
abbia registrato una perdita fiscale di 120. Considerato che il patrimonio
netto contabile di riferimento è pari a 100 (a lordo della perdita), la perdita è stata imputata alle società partecipanti, nel
rispetto delle rispettive percentuali di partecipazioni, soltanto in misura
complessivamente pari a 100. Nel dettaglio:

– 50 alla società B, che detiene una partecipazione pari al 50% del
capitale sociale di A;

– 15 alla società C, che detiene una partecipazione del 15% del capitale
sociale di A;

– 25 alla società D, che detiene una partecipazione del 25% del capitale
sociale di A;

– 10 alla società E, che detiene una partecipazione del 10% del capitale
sociale di A.

Si supponga inoltre che, nel corso dell’esercizio successivo e dopo
l’approvazione del bilancio chiuso in perdita, le partecipanti effettuino dei versamenti per coprire la perdita civilistica (coincidente con quella fiscale) di 120.

Ciascuna società effettua versamenti in
proporzione alla rispettiva quota di partecipazione: B versa 60; C versa 18; D
versa 30 ed E versa 12.

Ai fini della determinazione del costo fiscale delle partecipazioni
detenute dalle quattro società socie, occorre tener conto sia dei suddetti
versamenti che delle perdite fiscali imputate per
trasparenza a ciascuna di loro dalla società partecipata.

Pertanto, il valore fiscale delle partecipazioni sarà il seguente:

– 60 il costo fiscale della partecipazione detenuta da
B, ottenuto sommando al costo fiscale originario di 50 (100 x 50%) il
versamento effettuato di 60, al netto della perdita imputata di 50;

– 18 il costo fiscale della partecipazione detenuta da
C, ottenuto sommando al costo fiscale originario di 15 (100 x 15%) il
versamento effettuato di 18, al netto della perdita imputata di 15;

– 30 il costo fiscale della partecipazione detenuta da
D, ottenuto sommando al costo fiscale originario di 25 (100 x 25%) il
versamento effettuato di 30, al netto della perdita imputata di 25;

– 12 il costo fiscale della partecipazione detenuta da
E, ottenuto sommando al costo fiscale originario di 10 (100 x 10%) il
versamento effettuato di 12, al netto della perdita imputata di 10.

In sostanza, il costo fiscale della partecipazione
detenuta da ciascun socio si è incrementato del relativo versamento effettuato
a copertura della perdita eccedente: per la società B si è incrementato di 10
(che è esattamente pari alla differenza tra il versamento effettuato di 60 e la
perdita 50), per la società C di 3 (18 – 15); per la società D di 5 (30 – 25);
per la società E di 2 (12 – 10).

Dal punto di vista degli effetti prodotti sul valore fiscale della
partecipazione, si evidenzia come la distribuzione di utili
prodotti in periodi di tassazione per trasparenza (nei limiti del reddito
imputato) risulti sostanzialmente equivalente ad una distribuzione di riserve
di capitale.

Il decreto ministeriale non affronta direttamente la questione del costo
fiscale della partecipazione; assicura, tuttavia, che il criterio stabilito dal
comma 12 dell’articolo 115 trova applicazione anche in ipotesi di distribuzioni
di utili "trasparenti" che avvengano in
periodi in cui non è più efficace l’opzione (v. articolo 8, comma 1, ultimo
periodo).

Tale precisazione comporta che, in caso di successiva cessione della
partecipazione, il costo fiscalmente riconosciuto della stessa si riduce per
effetto della distribuzione di una riserva di utili
anche in capo ad un soggetto al quale non è stato imputato il reddito per
trasparenza.

2.13 Perdita di efficacia
dell’opzione

Se vengono meno le condizioni per l’esercizio dell’opzione,
come è stato già anticipato, torna applicabile il regime ordinario generalmente
dall’inizio dell’esercizio sociale in corso della società partecipata (art. 115
comma 6). L’effetto di decadenza dal regime opzionale può, dunque, retroagire fino a tale data.

L’art. 6, comma 1, del decreto ministeriale individua i casi in cui l’opzione perde efficacia e la data dalla quale tale efficacia
viene meno.

Si tratta, in particolare, della perdita dei requisiti previsti dai commi 1 e 2 dell’articolo 115 e dell’emissione, nel
corso del regime di trasparenza, degli strumenti finanziari di cui all’art.
2346 c.c. da parte della società partecipata.

L’opzione, inoltre, perde efficacia al
manifestarsi degli eventi indicati nell’articolo 10 del decreto ministeriale,
con esclusione della liquidazione, disciplinata al comma 3 del medesimo
articolo, che non fa interrompere il regime di trasparenza.

In sintesi, le cause di decadenza dal regime fiscale della trasparenza
possono essere:

A. con riferimento alle società
partecipanti:

1) variazione della percentuale di partecipazione agli
utili posseduta, al di sotto del 10% o al di sopra del 50% (articolo 6,
comma 1, lettera a), del decreto ministeriale);

2) variazione della percentuale di diritti di voto posseduta, al di sotto del 10% o al di sopra 50% (articolo 6, comma 1,
lettera a), del decreto ministeriale);

3) mancato possesso ininterrotto dei requisiti previsti dalla legge per
l’intero periodo di validità dell’opzione (articolo 6,
comma 1, lettera a) del decreto ministeriale);

4) trasferimento all’estero della residenza, con obbligo di assoggettamento a ritenuta alla fonte sugli utili
distribuiti (articolo 6, comma 1, lettera a) del decreto ministeriale);

5) trasformazione in un soggetto non rientrante tra
quelli indicati nella lettera a) dell’articolo 73 del nuovo TUIR (articolo 6,
comma 1, lettera a) del decreto ministeriale);

B. con riferimento alla società
partecipata:

6) emissione degli strumenti finanziari partecipativi
di cui all’articolo 2346 del codice civile (articolo 6, comma 1, lettera a) del
decreto ministeriale);

7) assoggettamento a procedure concorsuali di cui
all’articolo 101, comma 5, del nuovo TUIR (articolo 6, comma 1, lettera b) del
decreto ministeriale);

8) trasformazione in un soggetto non rientrante tra
quelli indicati nella lettera a) dell’articolo 73 del nuovo TUIR (articolo 6,
comma 1, lettera a) del decreto ministeriale);

9) trasferimento all’estero della residenza (articolo
6, comma 1, lettera b) del decreto ministeriale);

10) fusione o scissione della società partecipata, salvo che l’opzione non venga confermata da tutti i soggetti
interessati, ricorrendone i presupposti indicati nei commi 1 e 2 dell’articolo
115 (articolo 6, comma 1, lettera b) del decreto ministeriale).

Si osserva che la modifica delle percentuali di partecipazione agli
utili e dei diritti di voto tra i soci e/o la modifica della compagine sociale
non comportano l’automatica perdita di efficacia
dell’opzione. Anche al verificarsi di tali cambiamenti, infatti, è garantita la
possibilità di continuare ad avvalersi della trasparenza fiscale se comunque permangono in capo ai soci i requisiti previsti
dall’articolo 115 del nuovo TUIR (articolo 6, comma 2, del decreto
ministeriale).

In particolare, con riferimento alla variazione della compagine sociale,
si evidenzia che qualora i soci entranti soddisfino le condizioni previste
dalla legge, questi restano vincolati all’opzione già
esercitata dai vecchi soci.

Se, da un lato, il legislatore ha ritenuto opportuno tutelare i soci di
minoranza prevedendo l’espressa manifestazione di assenso
da parte di tutte le società coinvolte dal nuovo istituto prima di consentire
l’imputazione ai soci di redditi non effettivamente percepiti, dall’altro, per
garantire una maggiore facilità e semplicità di accesso al regime della
trasparenza, ha stabilito che tale opzione continui ad essere efficace anche
nei confronti degli eventuali successivi soci entranti (in possesso dei
requisiti). In altre parole, non si è ritenuto necessario che anche questi
ultimi esercitino, a loro volta, l’opzione per il
regime di trasparenza. A differenza del socio uscente, infatti, chi decide di
subentrare in una società di capitali che, a dispetto della personalità
giuridica cui è dotata, ha optato per la trasparenza
fiscale, decide di farlo consapevole del regime di tassazione che si renderà
applicabile alla sua partecipazione.

Occorre considerare, inoltre, che, ai sensi dell’articolo 6, comma 2,
del decreto ministeriale, il socio cedente ha l’obbligo di comunicare al socio
cessionario l’avvenuta opzione. In caso di aumento del capitale sociale con ingresso di nuovi soci,
sarà solo la partecipata a dover effettuare nei confronti di costoro la
comunicazione del regime fiscale vigente. Si osserva che il decreto
ministeriale, sul punto, non fissa alcuna regola nè
specifica la forma che deve avere tale comunicazione (sia quella
effettuata dal cedente che quella della partecipata). Si ritiene,
pertanto, valida qualunque modalità che dia evidenza
giuridica di tale adempimento, ferma restando, per ovvie ragioni, l’esigenza
che tale comunicazione venga effettuata prima della cessione delle quote.

L’eventuale omissione della comunicazione al socio entrante,
prescindendo da ogni valutazione civilistica, non
provoca però effetti sul piano fiscale, nel senso che la scelta operata per il
regime di trasparenza, essendo irrevocabile, continuerà comunque
ad avere efficacia.

2.14 Rideterminazione
del reddito imponibile imputato al socio

2.14.1 Presupposti e finalità della disposizione

L’articolo 115, al comma 11, dispone che "il socio ridetermina il
reddito imponibile oggetto di imputazione rettificando i valori patrimoniali
della società partecipata secondo le modalità previste dall’articolo 128, fino
a concorrenza delle svalutazioni determinatesi per effetto di rettifiche di
valore ed accantonamenti fiscalmente non riconosciuti, al netto delle
rivalutazioni assoggettate a tassazione, dedotte dal socio medesimo nel periodo
d’imposta antecedente a quello dal quale ha effetto l’opzione di cui al comma 4
e nei nove precedenti".

Come precisato nella relazione di accompagnamento
allo schema di decreto delegato, la disposizione in esame è finalizzata ad
evitare che "gli stessi costi concorrano più volte alla riduzione del
reddito imponibile dapprima indirettamente tramite le svalutazioni delle
partecipazioni operate a fronte di rettifiche di valore e di accantonamenti a
fondi rischi non deducibili effettuati dalla società controllata e tali da
ridurre il proprio patrimonio contabile (…) e poi, all’atto dell’utilizzo dei
fondi, mediante la conseguente variazione in diminuzione".

Il legislatore, dunque, ha voluto impedire che il socio, optando per il regime della trasparenza, potesse fruire due
volte degli effetti fiscali prodotti da elementi negativi di reddito rilevanti
in capo alla partecipata: una prima volta, in maniera indiretta, attraverso la
svalutazione della sua partecipazione (collegata ad una riduzione patrimoniale
della società partecipata fiscalmente non rilevante) e, una seconda volta,
direttamente attraverso l’imputazione per trasparenza di una perdita o di un
reddito reso minore per effetto di variazioni in diminuzione operate dalla
partecipata al verificarsi delle condizioni di deducibilità
di tali elementi negativi.

Il riallineamento dei valori previsto nella disciplina della trasparenza
fiscale, in caso di precedenti svalutazioni operate dalle partecipanti, è
richiesto anche per il regime del consolidato (vedi lettera a), dell’articolo
4, comma 1 del provvedimento di delega).

Tuttavia, la diversa natura dei due regimi di tassazione e dei relativi
presupposti ha comportato che, in caso di trasparenza,
si rendesse necessario prevedere non solo il riallineamento del valore
fiscalmente riconosciuto del patrimonio della partecipata ma anche la rettifica
del reddito imputato per trasparenza al socio, da apportare sulla base di tale
riallineamento.

In sintesi, la disposizione contenuta nel comma 11 si applica se:

a) la partecipata opta per il regime di
trasparenza;

b) durante il periodo di osservazione stabilito
dalla norma, una delle società socie ha svalutato, con rilevanza fiscale, la
partecipazione detenuta in tale società per un ammontare che non sia stato
interamente riassorbito da eventuali rivalutazioni assoggettate a tassazione;

c) la riduzione patrimoniale della società partecipata, che ha
legittimato la svalutazione, è stata determinata da rettifiche di valore ed
accantonamenti fiscalmente non riconosciuti;

d) nel periodo d’imposta precedente a quello di inizio
della tassazione per trasparenza, i valori fiscali degli elementi dell’attivo e
del passivo patrimoniale della società partecipata divergono da quelli
contabili.

Al verificarsi di tutte le condizioni sopra indicate,
la società partecipante deve rideterminare la propria
quota di reddito imputato per trasparenza, aggiungendo a quello proveniente
dalla società partecipata anche il maggior imponibile che deriva dal
riallineamento dei suoi valori patrimoniali.

Occorre tuttavia evidenziare che il meccanismo applicativo del
riallineamento è tale da non produrre degli automatici effetti reddituali.

Questi si producono, infatti, soltanto nel caso in cui si verifica il presupposto del doppio beneficio in capo alla
partecipante (ad esempio, l’evento che implica la deduzione, da parte della
società partecipata, della componente reddituale
negativa che non ha assunto rilevanza fiscale quando è stata contabilizzata ma
che, comunque, ha consentito alla partecipante di svalutare la sua
partecipazione). Ne consegue che il riallineamento effettuato ai sensi della
norma in esame può, di fatto, non incidere sul reddito oggetto di imputazione ai soci se non si verificano le condizioni di
deducibilità, in capo alla partecipata, delle rettifiche
di valore e degli accantonamenti dalla stessa effettuati (e che hanno generato
il disallineamento) o se queste si verificano in un
periodo d’imposta in cui non è più efficace l’opzione per la trasparenza.

Di seguito vengono illustrate le modalità
operative per l’applicazione delle norme recate al comma 11 dell’articolo 115
del nuovo TUIR, rinviando all’"Allegato tecnico" riportato in calce
alla circolare per talune esemplificazioni pratiche.

2.14.2 Modalità operative per la rideterminazione dell’imponibile

Le disposizioni attuative riguardanti
la "rideterminazione del reddito
imponibile oggetto di imputazione", contenute nell’articolo 11 del decreto
ministeriale, stabiliscono che:

1) la società partecipante dovrà rettificare il valore fiscale degli
elementi patrimoniali della partecipata che divergono da quelli contabili,
ripartendo su ciascuno di essi, e fino al
riassorbimento delle predette differenze, l’importo che risulta minore tra:

– le svalutazioni complessivamente dedotte
nei dieci periodi d’imposta precedenti a quello dal quale ha effetto l’opzione, al netto delle rivalutazioni assoggettate a
tassazione (vedi paragrafo 2.14.3);

– le rettifiche di
valore e gli accantonamenti fiscalmente non riconosciuti che hanno originato le
svalutazioni della partecipazione (v. paragrafo 2.14.4).

In sostanza, è necessario che la società partecipante effettui
un confronto tra l’ammontare delle svalutazioni dedotte e l’ammontare delle
rettifiche di valore e degli accantonamenti fiscalmente non riconosciuti
operati dalla partecipata che hanno determinato le suddette svalutazioni:
l’importo che dovrà ripartire, per determinare in diminuzione i valori fiscali
delle attività e in aumento i valori fiscali delle passività della partecipata,
sarà pari al minore dei due;

2) la partecipante deve procedere a ripartire
l’ammontare come sopra determinato, in base al rapporto in cui, al numeratore,
è indicata la differenza tra il valore fiscale e quello contabile di ciascun
elemento o fondo preso in considerazione e, al denominatore, l’ammontare
complessivo delle differenze relative a tutti i suddetti elementi o fondi. In
sintesi, l’operazione descritta può essere rappresentata dalla seguente
formula:

3) la rettifica del valore fiscale degli elementi patrimoniali della
società trasparente deve essere indicata dalla partecipante in un apposito prospetto della dichiarazione (cfr.
articolo 11, comma 1, del decreto ministeriale). Il
descritto meccanismo di riallineamento va effettuato
nel primo periodo di tassazione per trasparenza, sulla base della situazione
patrimoniale della partecipata risultante dal bilancio chiuso nell’esercizio
precedente quello dal quale ha effetto l’opzione. In sostanza, l’obbligo di
rettificare il valore fiscale degli elementi patrimoniali deve essere
ottemperato da ciascuna società partecipante in sede di dichiarazione dei
redditi relativa al primo periodo di tassazione per
trasparenza, indipendentemente dalla circostanza che si sia concretamente verificato
o meno il presupposto della doppia deduzione;

4) a seguito delle suddette rettifiche che hanno riguardato gli elementi
patrimoniali della società partecipata, la società partecipante dovrà procedere ad aumentare, in ciascun esercizio, il reddito che
le verrà imputato per trasparenza diminuendo i componenti negativi dedotti
dalla società partecipata e aumentando i componenti positivi imponibili
(collegati al disallineamento dei valori civilistici e fiscali dei predetti elementi patrimoniali);

5) l’obbligo del riallineamento dei valori si riferisce esclusivamente
al periodo di efficacia dell’opzione per trasparenza
(articolo 11, comma 5, del decreto ministeriale). Naturalmente, se l’opzione perde efficacia, cesseranno di trovare applicazione
le disposizioni contenute nell’articolo 115, comma 11, del nuovo TUIR.

2.14.3 Svalutazioni della
partecipazione rilevanti

Ai fini del calcolo dell’importo da ripartire ai sensi del comma 1 dell’articolo 11 del decreto ministeriale,
occorre tener presente quanto segue:

– rilevano le sole svalutazioni dedotte dalle partecipanti nei dieci
periodi d’imposta che precedono quello dal quale ha effetto l’opzione per la trasparenza fiscale (cfr.
articolo 11, comma 2, del decreto ministeriale).

Considerata l’indeducibilità
delle svalutazioni operate a decorrere dalla data di entrata
in vigore della riforma, di fatto, la valenza applicativa della disposizione in
esame andrà affievolendosi nel tempo. Si consideri, ad esempio, che i soggetti
con esercizio coincidente con l’anno solare, che hanno esercitato l’opzione nel 2004, dovranno verificare la natura delle
svalutazioni dedotte tra il 1994 al 2003. Se, diversamente, decidono di
esercitare l’opzione nel 2005, le svalutazioni da
monitorare saranno quelle operate dal 1995 al 2003, e così via. Pertanto, la
disposizione contenuta nel comma 11 dell’articolo 115 assume carattere
transitorio, non trovando più applicazione per coloro che
vorranno optare per la tassazione per trasparenza nel periodo d’imposta 2014.
Coerentemente, nell’ipotesi di rinnovo dell’opzione,
il periodo di osservazione sarà un periodo mobile, che muterà con il
trascorrere del periodo di validità dell’opzione. Con riferimento al caso
prospettato sopra, il periodo di riferimento per l’individuazione delle
svalutazioni rilevanti, ai fini che qui interessano, che va dal 1994 al 2003 va
riferito al primo triennio in cui è efficace l’opzione
esercitata. Nel triennio successivo, nell’ipotesi di rinnovo dell’opzione per il regime della trasparenza nel periodo
d’imposta 2007, le svalutazioni da considerare saranno quelle dedotte tra il
1997 e il 2003.

Nel terzo triennio di validità dell’opzione (2010-2012), le svalutazioni della partecipazione
nella società trasparente da tenere sotto controllo saranno quelle effettuate
tra il 2000 e il 2003. Nel quarto triennio (2013 – 2015), il periodo di osservazione sarà il solo anno 2003.

Esercizio dell’opzione

Triennio di validità dell’opzione

Svalutazioni rilevanti

periodi da monitorare

2004

2004 – 2006

1994 – 2003

10

2005

2005 -2007

1995 – 2003

9

2006

2006 -2008

1996 – 2003

8

2007

2007 – 2009

1997 – 2003

7

2008

2008 – 2010

1998 – 2003

6

2009

2009 – 2011

1999 – 2003

5

2010

2010 – 2012

2000 – 2003

4

2011

2011 – 2013

2001 – 2003

3

2012

2012 – 2014

2002 – 2003

2

2013

2013 – 2015

2003

1

2014

2014 – 2016

0

Risulta chiaro che, ai fini del meccanismo del
riallineamento previsto dall’articolo 115, comma 11, del nuovo TUIR, in caso di
rinnovo dell’opzione occorrerà tener conto del disallineamento
tra valori civilistici e valori fiscali della
partecipata relativo all’esercizio precedente il rinnovo e ciascuna società
partecipante interessata dovrà indicare nell’apposito prospetto della
dichiarazione le nuove rettifiche che saranno operate sulla base del mutato
periodo di riferimento;

– nel caso di svalutazioni che, ai sensi dell’articolo
1, comma 1, lettera b), del decreto legge n. 209 del 2002 (5), sono
state dedotte per quinti, l’importo da considerare è pari all’intero ammontare
delle svalutazioni, a prescindere dalla quota parte che ha avuto rilevanza
fiscale (cfr. comma 2,
articolo 11, del decreto ministeriale).

In altri termini, nel caso in cui la
partecipazione nella società trasparente ha costituito una immobilizzazione
finanziaria per la partecipante, l’ammontare da considerare, ai fini della rideterminazione del reddito imponibile, coincide con
l’intero importo delle eventuali svalutazioni effettuate in vigenza del decreto
legge n. 209 del 2002, anziché l’importo al netto dei "quinti" che
devono essere ancora dedotti.

Si osserva che una disposizione
analoga, riferita a fattispecie diverse da quella in esame, è contenuta
nell’articolo 4, comma 1, lettera p) del decreto delegato secondo cui le
svalutazioni dedotte per quinti si considerano comunque
integralmente dedotte nel periodo d’imposta che precede quello a decorrere dal
quale hanno effetto le nuove disposizioni previste dalla riforma "ai fini
dell’applicazione delle lettere c) e d)" dell’articolo 4, comma 1, del
decreto delegato;

– rilevano le svalutazioni che la partecipante non avrebbe
effettuato, ai sensi dell’articolo 61, comma 3, lettera b) del previgente TUIR, in assenza delle rettifiche e
accantonamenti indeducibili operati dalla società partecipata (cfr. articolo 11, comma 3, lettera
a), n. 2).

Le svalutazioni operate nei dieci
periodi d’imposta precedenti possono essere state determinate da perdite civilistiche della partecipata originatesi sia per effetto
di rettifiche di valore e/o di accantonamenti a fondi
non deducibili sia per effetto di costi deducibili. In tale situazione,
pertanto, sarà rilevante solo la quota parte della
svalutazione collegata ai costi indeducibili che hanno contribuito ad incrementare
la perdita di bilancio della partecipata. E’ solo il caso di osservare, al
riguardo, che l’articolo 11, comma 3, lettera a), n. 2
del decreto ministeriale fa esclusivo riferimento alle svalutazioni operate ai
sensi dell’articolo 61, comma 3, lettera b), del TUIR, nel testo vigente prima
dell’entrata in vigore del decreto. Come noto, la norma
richiamata riguardava la determinazione del valore minimo, ai fini
dell’applicazione del previgente comma 4
dell’articolo 59 del TUIR, delle sole azioni e titoli similari non negoziati in
mercati regolamentati italiani ed esteri.

Considerata la ratio
ispiratrice della norma sul riallineamento dei valori, questa non poteva che
far riferimento alla deduzione delle sole svalutazioni effettuate in misura
proporzionalmente corrispondente alle diminuzioni patrimoniali contabili subite
dalle società partecipate e sulle quali potevano, indi, incidere le rettifiche
di valore e gli accantonamenti fiscalmente indeducibili operati dalle stesse;

– le svalutazioni effettuate devono essere considerate al netto delle
rivalutazioni assoggettate a tassazione (cfr. articolo 11, comma 2, del decreto ministeriale).

Tra le rivalutazioni rilevanti si
ritiene rientrino sia quelle tassate in via ordinaria
sia quelle assoggettate a tassazione agevolata per effetto di provvedimenti
agevolativi. A questo riguardo, va osservato che il decreto ministeriale non
fissa un criterio di utilizzo, a tali fini, delle
rivalutazioni, nel senso che non indica la modalità di imputazione delle stesse
in diminuzione delle svalutazioni nel caso in cui queste abbiano natura
"mista", vale a dire quando siano determinate da perdite civilistiche della partecipata originatesi sia per effetto
di rettifiche di valore e/o di accantonamenti a fondi non deducibili sia per
effetto di costi deducibili.

Si consideri che, in tale
fattispecie, è sicuramente individuabile la quota parte di svalutazione
correlata ai costi indeducibili che hanno contribuito ad incrementare la
perdita di bilancio della partecipata, mentre in caso di successiva
rivalutazione non è parimenti così facile quantificare la quota parte
imputabile a decremento della svalutazione. Pertanto, in assenza di un criterio
di utilizzo delle rivalutazioni, si ritiene opportuno
adottare una metodologia semplificatrice di favore nei confronti delle società
socie, considerando le stesse prioritariamente utilizzate a compensazione delle
svalutazioni rilevanti ai fini del riallineamento. Tale modalità di
quantificazione delle rivalutazioni, da un lato, come premesso, favorisce la
partecipante, dall’altro, ha il pregio di semplificare la procedura di calcolo.

Infine, sempre in tema di
rivalutazioni, si evidenzia che per queste vale lo stesso arco temporale
fissato per le svalutazioni rilevanti ai fini del meccanismo di rideterminazione in esame. Assumono rilevanza, dunque, le
rivalutazioni delle partecipazioni effettuate successivamente
alle svalutazioni, nei dieci periodi d’imposta che precedono quello dal quale
ha effetto l’opzione;

– non vanno prese in considerazione le svalutazioni delle partecipazioni
qualora le stesse siano cedute a soggetti non appartenenti al gruppo,
intendendo per società appartenenti al medesimo gruppo
quelle controllate, controllanti o controllate da uno stesso soggetto ai sensi
dell’articolo 2359 del codice civile (cfr. articolo 11, comma 3, lettera b) del decreto ministeriale).

La norma contenuta nel comma 11,
dell’articolo 115 del nuovo TUIR non trova applicazione nei confronti di coloro che acquistano la partecipazione da soggetti che
hanno dedotto le svalutazioni nel periodo di osservazione, a condizione che gli
stessi non siano legati tra loro da un rapporto di controllo, sia di diritto
che di fatto.

L’articolo 11 del decreto
ministeriale stabilisce, infatti, che, per le società appartenenti allo stesso
gruppo, l’obbligo di rideterminazione del reddito
permane e si trasferisce in capo alla società cessionaria, ancorché la stessa
non abbia proceduto ad alcuna svalutazione. In tale ipotesi, la svalutazione
effettuata dal cedente sulla partecipazione sarà rilevante, ai fini del
meccanismo in esame, esclusivamente nei limiti in cui la stessa non sia stata annullata dal maggior valore di cessione della
partecipazione. Si ritiene, al riguardo, che tale maggior valore dovrà essere
considerato sia nel caso in cui sia stato assoggettato a tassazione ordinaria
che nel caso in cui sia stato assoggettato a tassazione in via sostitutiva,
mediante applicazione dell’imposta di cui all’articolo 2
del decreto legislativo 8 ottobre 1997, n. 358. Si osserva, inoltre, che la
citata disposizione contenuta nel decreto ministeriale riguarda le plusvalenze
realizzate dal socio cedente, successivamente alle
svalutazioni operate sulle partecipazioni, nelle seguenti ipotesi:

1) cessione dell’intera partecipazione posseduta;

2) cessione di una parte dell’intera partecipazione posseduta;

3) cessione della partecipazione prima dell’esercizio dell’opzione per il regime di tassazione per trasparenza;

4) cessione della partecipazione durante il periodo di validità dell’opzione.

______________________

5.La disposizione richiamata stabilisce che "ai soli fini fiscali, le minusvalenze non realizzate relative a partecipazioni che
costituiscono immobilizzazioni finanziarie sono deducibili in quote costanti
nell’esercizio in cui sono state iscritte e nei quattro successivi". Per ulteriori chiarimenti v. circolare n. 85/E del 2002

2.14.4
Individuazione
delle rettifiche di valore e degli accantonamenti fiscalmente non riconosciuti

Per quanto concerne l’individuazione delle rettifiche di valore e degli
accantonamenti fiscalmente non riconosciuti (che hanno determinato le
svalutazioni) operate dalla società partecipata, si osserva che:

– il comma 3 dell’articolo 11 del decreto
ministeriale chiarisce che assumono rilevanza esclusivamente le rettifiche di
valore e gli accantonamenti operati dalla partecipata negli esercizi in perdita
e fino a concorrenza della perdita stessa. In altri termini, sono rilevanti le
sole rettifiche che hanno comportato una diminuzione patrimoniale contabile
della società partecipata (legittimando una corrispondente svalutazione della
partecipazione ai sensi del previgente art. 61 del
TUIR) e nella misura in cui hanno contribuito a tale diminuzione. La perdita
subita dalla partecipata potrebbe essere stata, infatti, superiore rispetto a
tali rettifiche, perchè determinata anche da altre componenti
reddituali negative deducibili fiscalmente (v.
allegato tecnico – esempio n. 3). Così come potrebbe essersi verificato anche
il caso opposto, in cui le rettifiche indeducibili operate
dalla partecipata siano risultate maggiori della effettiva perdita patrimoniale
registrata (v. allegato tecnico – esempio n. 2). La disposizione in esame,
pertanto, contribuisce a rafforzare la correlazione esistente tra rettifiche di
valore e/o fondi di accantonamento e le conseguenti
svalutazioni della partecipazione;

– ai sensi del comma 3, lettera a), n. 1) dell’articolo 11 del decreto
ministeriale, sono da considerare le rettifiche di valore e gli accantonamenti
operati dalla controllata nello stesso arco temporale indicato per le
svalutazioni, vale a dire operati entro i dieci periodi d’imposta precedenti
quello dal quale ha effetto l’opzione per la
trasparenza;

– considerata la finalità della disposizione in esame, non determinano
la necessità di effettuare alcuna rettifica gli oneri
sostenuti dalla partecipata la cui irrilevanza fiscale non è temporanea ma
definitiva, definiti in lingua anglosassone "permanent
differences" (cfr. articolo 11, comma 3, lettera a), n. 1), del decreto
ministeriale). Tali componenti negative di reddito,
contabilizzate dalla società trasparente, contribuiscono a decrementare il
valore contabile del patrimonio netto della società ma, essendo indeducibili in
senso assoluto, non danno luogo ad una variazione in diminuzione in capo alla
stessa e, dunque, non possono esplicare i loro effetti sul reddito imputato per
trasparenza.

2.14.5 I disallineamenti
da considerare

Come già anticipato, una volta individuato il minore importo tra quello
delle svalutazioni dedotte e quello riferito alle rettifiche e gli
accantonamenti indeducibili che hanno determinato tali svalutazioni, la società
partecipante deve procedere a rettificare i valori fiscali, rispetto ai
corrispondenti valori contabili, degli elementi patrimoniali della partecipata,
ripartendo su ciascuno di essi tale minore importo. A
tal fine, occorre tener presente quanto segue:

– il comma 4 dell’articolo 11 del decreto ministeriale precisa che si
deve considerare il patrimonio della società partecipata relativo all’esercizio
precedente a quello di inizio del regime di tassazione
per trasparenza e che il riallineamento si rende necessario qualora il valore
fiscale degli elementi dell’attivo e del passivo – che la norma, in quest’ultimo caso, individua esclusivamente nei fondi di
accantonamento – è rispettivamente superiore e inferiore a quello contabile. In
sostanza, se nel bilancio della partecipata relativo
all’esercizio precedente quello di accesso al regime della trasparenza, il
valore fiscale degli elementi patrimoniali è perfettamente allineato al
corrispondente valore civilistico, non trova
applicazione la norma transitoria, a nulla rilevando la circostanza che, nei
dieci periodi d’imposta precedenti, siano state dedotte svalutazioni della
partecipazione nella stessa società a fronte di diminuzioni patrimoniali subite
per effetto di rettifiche di valore e accantonamenti a fondi fiscalmente
indeducibili. Risulta chiaro, altresì, che la sussistenza
del presupposto per l’applicazione delle disposizioni sul riallineamento dei
valori fiscali deve essere verificata non solo nel primo periodo d’imposta in
regime di trasparenza ma anche in ciascun periodo in cui, eventualmente, si
decide di rinnovare l’opzione, tenendo conto degli elementi patrimoniali del
bilancio relativo all’esercizio precedente il rinnovo stesso;

– indipendentemente dall’importo preso a base della rettifica, così come
individuato ai sensi del comma 2 dell’articolo 11 del decreto ministeriale,
ciascuna società partecipante deve aumentare il valore fiscale dei fondi del
passivo patrimoniale e ridurre il valore fiscale degli elementi dell’attivo
patrimoniale della partecipata nei limiti del disallineamento
che ciascuno di essi presenta. La rettifica, dunque,
oltre ad interessare esclusivamente gli elementi patrimoniali che hanno un
diverso valore fiscale (minore per le passività/maggiore per le attività)
rispetto a quello contabile, deve essere operata (tenendo conto dell’importo da
ripartire secondo le modalità indicate dalla norma) in ogni caso fino "al
riassorbimento delle predette differenze";

– l’obbligo di rettificare i valori fiscali della partecipata sussiste a
prescindere dalle vicende collegate agli accantonamenti e alle rettifiche che
hanno concorso a determinare la perdita di bilancio (che, a sua volta, ha
consentito la svalutazione della partecipazione nella società stessa). Si
osserva, infatti, che il decreto ministeriale non fissa alcun legame tra il
riallineamento e le specifiche differenze tra i valori contabili e fiscali
delle voci del patrimonio della partecipata che hanno
inciso sulla svalutazione della partecipazione; al contrario, ai fini
dell’applicazione dell’articolo 115, comma 11, del nuovo TUIR, il decreto
ministeriale stabilisce, in maniera generica, che la rettifica sia da apportare
ai "valori fiscali degli elementi dell’attivo patrimoniale e dei fondi di
accantonamento del passivo patrimoniale della società stessa che divergono da
quelli contabili" (cfr. articolo
11, comma 1). Si ritiene, pertanto, che la norma transitoria si applichi anche se gli elementi disallineati,
presenti nel bilancio della partecipata, sono diversi da quelli che, in
origine, hanno determinato la svalutazione della partecipazione. Ciò comporta
che il riallineamento dovrà essere effettuato anche se
questi ultimi si fossero già riallineati prima
dell’ingresso nel regime della trasparenza.

2.15 Acconti d’imposta

Il comma 7 dell’articolo 115 del nuovo TUIR disciplina gli obblighi
degli acconti di imposta e stabilisce che l’esercizio
dell’opzione non libera completamente da tale obbligo la società partecipata,
che è comunque tenuta al versamento dell’acconto nel primo periodo di validità
dell’opzione.

Naturalmente, l’acconto versato dalla partecipata sarà scomputabile, in
base alla rispettiva percentuale di partecipazione agli utili, dall’imposta
dovuta a saldo dai singoli soci (articolo 115, comma 3, del nuovo TUIR).

Se cessa il regime di tassazione per
trasparenza, occorre far riferimento alle disposizioni contenute nell’articolo
124, comma 2, del nuovo TUIR (6), dettate in materia di consolidato nazionale.
La norma aggiunge che, in caso di mancato rinnovo dell’opzione,
la società partecipata e i suoi soci saranno tenuti a determinare gli acconti
senza considerare gli effetti dell’opzione stessa.

Si ricorda, infine, che ai sensi della lettera n) dell’articolo 4, comma
1, del decreto, per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2005, ai soli
fini dell’imposta sul reddito delle società, la misura dell’acconto è aumentata
dal 99 al 102,5 per cento.

In sintesi:

Nel primo periodo d’imposta di efficacia
dell’opzione:

Gli obblighi di acconto permangono anche in
capo alla partecipata che dovrà calcolarli:

– con il criterio
storico, sulla base del reddito prodotto nel periodo d’imposta precedente;

ovvero

– facendo
ricorso al criterio previsionale, ma senza tenere
conto degli effetti dell’opzione nella determinazione dell’imposta (articolo 9,
comma 1, del decreto ministeriale).

A differenza della partecipata, ciascuna società partecipante può
adottare, in alternativa al metodo storico, il metodo previsionale considerando gli effetti della trasparenza. Si
ritiene, infatti, che la disposizione contenuta nel comma 1
dell’articolo 9 del decreto ministeriale riguardi esclusivamente la
società partecipata.

In tal caso, se la possibilità di applicare concretamente la trasparenza
venisse meno per la sopravvenuta perdita dei requisiti richiesti per l’accesso
al regime o per il sopraggiungere di cause ostative all’esercizio dell’opzione, la partecipante dovrà integrare gli acconti, se
inferiori a quelli effettivamente dovuti, nei termini previsti dal comma 3,
dell’articolo 9 del decreto ministeriale (vedi: "perdita di efficacia
dell’opzione").

In particolare, se la perdita dei requisiti si è verificata prima del
perfezionarsi dell’opzione, eventuali versamenti
insufficienti comporteranno l’applicazione delle relative sanzioni in capo al
socio.

A partire dal secondo periodo di efficacia
dell’opzione:

La società partecipata non dove versare acconti.

L’obbligo ricade sui singoli soci che possono determinare l’importo da
versare a titolo di acconto sulla base del metodo previsionale o sulla base del metodo storico, in ogni caso
considerando anche l’imposta corrispondente al reddito imputato per
trasparenza.

Nel caso di mancato rinnovo dell’opzione:

Qualora si opti per il criterio storico, sia la
società partecipata che i soci devono calcolare gli acconti sulla base di una
imposta "virtuale", cioè assumendo come imposta del periodo
precedente quella che si sarebbe determinata in assenza dell’opzione (articolo
9, comma 2, del decreto ministeriale).

In sostanza:

– la partecipata deve commisurare l’acconto sull’imposta corrispondente
al reddito prodotto nel periodo precedente e imputato per trasparenza ai soci;

– le partecipanti determinano l’acconto sulla base dell’imposta
corrispondente al reddito dichiarato nel periodo precedente, al netto di quello
alle stesse imputato per trasparenza dalla società
partecipata.

Nel caso di perdita di efficacia dell’opzione:

Le disposizioni relative agli obblighi di
versamento dell’acconto, previste nel caso in cui l’opzione non sia rinnovata
alla sua naturale scadenza, si applicano anche nell’ipotesi in cui sopraggiunga
l’inefficacia dell’opzione nel corso del triennio di validità della stessa
(articolo 9, comma 3, del decreto ministeriale). In tal caso, l’acconto deve
essere ricalcolato ed integrato, se inferiore a
quanto dovuto, nei termini ordinari; se i predetti termini scadono prima dei
trenta giorni successivi al verificarsi dell’evento ostativo al regime di
trasparenza, il versamento va effettuato entro trenta
giorni da tale evento. In sostanza, le partecipate hanno sempre almeno trenta
giorni per integrare il versamento, senza incorrere in sanzioni.

Il decreto ministeriale, infine, integra il disposto dell’articolo 115,
comma 7, che si limita ad operare il rinvio al solo comma 2
dell’articolo 124 del nuovo TUIR estendendo alla trasparenza anche la norma
richiamata al comma 3 del medesimo articolo 124 (che, nel consolidato,
disciplina l’imputazione alle controllate dei versamenti in acconto già
effettuati dalla controllante). Ne consegue che qualora i soci abbiano effettuato versamenti maggiori rispetto a quanto dovuto
possono attribuire la parte eccedente alla società partecipata con le modalità
previste, per la cessione infragruppo dei crediti
d’imposta, dall’art. 43-ter del D.P.R. n. 602 del 1973.

___________________

6 "Nel caso di cui al comma 1
entra trenta giorni dal venir meno del requisito del controllo:

a) la società o l’ente controllante deve integrare quanto versato a titolo
di acconto se il versamento complessivamente
effettuato è inferiore a quello dovuto relativamente alle società per le quali
continua la validità dell’opzione;

b) ciascuna società controllante deve effettuare
l’integrazione di cui alla lettera precedente riferita ai redditi propri, così
come risultanti dalla comunicazione di cui all’art. 121".

2.16 Accertamento e responsabilità

Il comma 8 dell’articolo 115 del nuovo TUIR, in ossequio al principio
dettato dalla legge delega n. 80 del 2003 (art. 4, comma 1, lett. h), secondo
il quale "la società che esercita l’opzione
garantisce con il proprio patrimonio l’adempimento degli obblighi tributari da
parte dei soci", stabilisce che la società partecipata risponde
solidalmente con ciascuna società partecipante per l’assolvimento degli
obblighi tributari conseguenti all’obbligo di imputazione del reddito di
partecipazione. Tale responsabilità va riferita "all’imposta, sanzioni ed
interessi conseguenti all’obbligo di imputazione del
reddito".

La ratio della disposizione in commento è rinvenibile nella necessità di
tutelare gli interessi erariali affermando, anche in capo alla società
trasparente, una responsabilità solidale che si ricollega al reddito dalla stessa prodotto.

Ovviamente, la responsabilità solidale della partecipata viene meno allorquando la rettifica dei redditi della partecipante
non ha per oggetto i redditi imputati per trasparenza.

Il principio della responsabilità solidale dettato dal
menzionato comma 8 dell’articolo 115 viene meno nelle ipotesi
espressamente individuate dal comma 1 dell’articolo 13 del decreto
ministeriale.

Il predetto articolo, dopo aver ripreso quanto già stabilito dal nuovo
TUIR relativamente alla responsabilità solidale
intercorrente tra la società partecipata ed i soci della stessa per l’imposta,
le sanzioni e gli interessi relativi al reddito imputato per trasparenza,
precisa tuttavia che "tale disposizione non si applica nel caso di cui
all’articolo 12, comma 1, nonchè di omesso o carente
versamento dell’imposta da parte dei soci".

La disposizione appena richiamata induce a ritenere che la
responsabilità della società partecipata è riferita, in particolare, alle
ipotesi di omessa, incompleta o infedele dichiarazione
del proprio reddito, vale a dire a fattispecie riconducibili alla posizione
fiscale della stessa società partecipata; di contro, nessuna responsabilità può
affermarsi in capo a quest’ultima per fatti
ascrivibili al comportamento dei soci. E’ esclusa, in particolare, la
responsabilità della partecipata nei seguenti casi:

– omessa o parziale dichiarazione da parte della società partecipante
del reddito imputato per trasparenza dalla società partecipata; l’esclusione
della responsabilità solidale presuppone, in ogni caso, che la società
partecipata abbia posto in condizione la partecipante
di conoscere tutti i dati necessari per adempiere correttamente agli obblighi
tributari in materia di dichiarazione dei redditi e di versamento delle imposte
dovute;

– omesso o carente versamento da parte della società partecipante
dell’imposta dovuta in base alla dichiarazione del reddito alla
stessa imputato per trasparenza.

Nell’ipotesi in cui la società partecipante abbia
omesso anche parzialmente di dichiarare redditi imputati per trasparenza è
possibile attivare la procedura dell’accertamento parziale di cui all’articolo
41-bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (cfr.
articolo 12, comma 1, del decreto ministeriale).

Si ricorda che, in tal caso, gli uffici dell’amministrazione finanziaria
"senza pregiudizio dell’ulteriore azione
accertatrice …

qualora … risultino elementi che
consentano di stabilire l’esistenza di un reddito non dichiarato o il maggiore
ammontare di un reddito parzialmente dichiarato, che avrebbe dovuto concorrere
a formare il reddito imponibile, compresi i redditi da partecipazioni in
società … possono limitarsi ad accertare, … il reddito o il maggior reddito
imponibili".

Il comma 10 dell’articolo 115 del nuovo TUIR dispone che per i soggetti di
cui all’articolo 73, comma 1, lett. a), al cui capitale sociale partecipano
esclusivamente soggetti di cui allo stesso articolo 73, comma 1, lett. a),
" si applicano le disposizioni di cui
all’articolo 40, secondo comma, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600".

Il rinvio all’articolo 40, secondo comma, del predetto decreto n. 600
del 1973, che, con riferimento alle società di persone, afferma il principio
dell’unitarietà dell’atto di accertamento ("alla
rettifica delle dichiarazioni … si procede con un unico atto …"), fa
sì che anche nel regime di trasparenza delle società di capitali l’accertamento
del reddito prodotto dalla società trasparente rileva sia nei confronti della
società che dei soci tenuti all’assolvimento dell’imposta.

Ciò comporta che l’atto di accertamento deve
essere necessariamente notificato, oltre che alla società, anche ai soci i
quali potrebbero avere interesse a contestarlo autonomamente. L’impugnazione
dell’accertamento unitario da parte del singolo socio si configura, peraltro,
come il necessario strumento giuridico per tutelare l’interesse sostanziale che
si ritenga leso dall’accertamento eseguito nei confronti della società
trasparente.

2.17 Operazioni straordinarie e
assoggettamento della partecipata a procedure concorsuali

L’articolo 10 del decreto ministeriale regola gli effetti prodotti sul
regime di tassazione per trasparenza dall’assoggettamento della società
partecipata a procedure concorsuali, nonchè dal
coinvolgimento della stessa in talune operazioni straordinarie quali la
trasformazione, il trasferimento della residenza all’estero, la liquidazione,
la fusione e la scissione. In generale, le predette procedure e operazioni
costituiscono cause specifiche di decadenza dal regime in esame, salve le
specifiche eccezioni nel seguito segnalate.

2.17.1 Assoggettamento della società
partecipata a procedure concorsuali

Le procedure concorsuali richiamate dall’art. 10, comma 1 del decreto
ministeriale sono quelle indicate nel comma 5
dell’articolo 101 del nuovo TUIR, ovvero il fallimento, la liquidazione coatta
amministrativa, il concordato preventivo e l’amministrazione straordinaria
della grandi imprese in crisi.

Tali procedure, sulla base delle indicazioni fornite nel comma 1 del
citato articolo 10 del decreto ministeriale, sono causa di decadenza dalla
trasparenza a decorrere, rispettivamente, dalla data della sentenza
dichiarativa di fallimento, del provvedimento che ordina la liquidazione coatta
amministrativa, del decreto di ammissione alla
procedura di concordato preventivo e del decreto che dispone la procedura di
amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi.

2.17.2 La trasformazione della
società partecipata

In caso di trasformazione della società partecipata in altra società non
soggetta all’imposta sul reddito delle società, l’opzione
perde efficacia a partire dalla data in cui ha effetto la trasformazione (cfr. art. 10, comma 1 del decreto
ministeriale). L’art. 170 del nuovo TUIR, che disciplina il
regime fiscale delle trasformazioni in esame, non reca disposizioni espresse
sulla decorrenza fiscale dei relativi effetti. Si ritiene in tale caso
applicabile, anche ai fini fiscali, quanto previsto dall’art. 2500, terzo comma
del codice civile, secondo cui la trasformazione ha effetto a decorrere dalla
data di effettuazione dell’ultimo adempimento
pubblicitario previsto dalla legge per il tipo di società adottato nonchè per la cessazione del soggetto che effettua la
trasformazione.

Ciò precisato, ipotizzando che la società partecipata abbia un periodo
d’imposta coincidente con l’anno solare e che l’opzione
per la trasparenza valga per il triennio 2005-2007, l’eventuale trasformazione
della partecipata da società per azioni a società in accomandita semplice, con
effetto dal 10 aprile 2006, comporterà che l’ultimo periodo d’imposta in cui
sarà efficace l’opzione coinciderà con la frazione di esercizio compresa tra il
1 gennaio 2006 e il 9 aprile 2006.

Gli altri casi di trasformazione della società partecipata in soggetti
che non possiedono i requisiti individuati dall’art. 115, comma 1, del nuovo
TUIR (vale a dire i soggetti indicati nel comma 1, lettere b) e c),
dell’articolo 73 del nuovo TUIR come, ad esempio, gli enti pubblici o privati
diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che abbiano o meno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di
attività commerciale) comportano la perdita di efficacia dell’opzione con
decorrenza dall’inizio del periodo di imposta in cui ha effetto la
trasformazione stessa come si desume dall’art. 6, comma 1, lett. a) del decreto
ministeriale.

2.17.3 Trasferimento all’estero della
residenza della società partecipata

Il trasferimento all’estero della residenza della società trasparente,
ai sensi dell’articolo 166 del nuovo TUIR, comporta il venir meno del regime di
tassazione per trasparenza a partire dal periodo
d’imposta nel corso del quale è avvenuto il trasferimento (cfr.
art. 10, comma 2, del decreto ministeriale).

Per individuare tale periodo d’imposta occorre ricordare che, ai fini
delle imposte sui redditi, si considerano residenti le società e gli enti che
per la maggior parte del periodo d’imposta hanno la sede legale o
amministrativa o l’oggetto principale nel territorio nazionale (articolo 73,
comma 3, del nuovo TUIR).

Ne consegue che, in caso di validità dell’opzione
esercitata per il triennio 2005-2007, in ipotesi di esercizio coincidente con
l’anno solare, il trasferimento della residenza della società partecipata
all’estero in data 3 marzo 2007 comporta la perdita di efficacia dell’opzione a
partire dal 1 gennaio 2007. Diversamente, se il trasferimento della sede della
società partecipata avviene durante la seconda metà del periodo d’imposta, ad
esempio l’8 settembre 2007, la società si considera residente in Italia fino
alla fine dello periodo d’imposta (31 dicembre 2007)
ed il relativo reddito prodotto continuerà ad essere tassato per trasparenza in
capo alle società partecipanti.

2.17.4 La fusione e la scissione
della società partecipata

Come regola generale, in caso di fusione o di scissione della società
partecipata, l’opzione per la trasparenza fiscale
perde efficacia a partire dalla data da cui l’operazione straordinaria esplica
i suoi effetti fiscali (art. 10, comma 4 del decreto ministeriale).

Si rammenta, al riguardo, che per la decorrenza degli effetti della
fusione, l’articolo 172, comma 10 del nuovo TUIR rinvia all’articolo 2504-bis,
secondo comma del codice civile, secondo cui la fusione ha effetto
quando è stata eseguita l’ultima delle iscrizioni prescritte
dall’articolo 2504 dello stesso codice. Il medesimo articolo 2504-bis ammette
anche che nella fusione mediante incorporazione possa essere stabilita una data
successiva. Il comma 9 dell’articolo 172 consente, inoltre, la "retrodatazione"
della fusione stabilendo che, ai fini delle imposte sui redditi, gli effetti
della fusione possano decorrere "da una data non
anteriore a quella in cui si è chiuso l’ultimo esercizio di ciascuna delle
società fuse o incorporate o a quella, se più prossima, in cui si è chiuso
l’ultimo esercizio della società incorporante".

Per la decorrenza degli effetti della scissione, l’articolo 173, comma
11, del nuovo TUIR richiama le disposizioni contenute nel comma 1 dell’articolo
2506-quater del codice civile. Queste ultime stabiliscono che "la
scissione ha effetto dall’ultima delle iscrizioni dell’atto di scissione
nell’ufficio del registro delle imprese in cui sono iscritte le società
beneficiarie; può essere tuttavia stabilita una data successiva, tranne nel caso di scissione mediante costituzione di
società nuove". L’art. 173, comma 11, consente, inoltre, la retrodatazione
degli effetti limitatamente ai casi di scissione totale a condizione che vi sia coincidenza tra la chiusura dell’ultimo periodo di
imposta della società scissa e delle beneficiarie e per la fase posteriore a
tale periodo.

Ciò premesso, l’articolo 10, comma 4, del decreto ministeriale
stabilisce che la descritta perdita di efficacia
dell’opzione per la trasparenza non si verifica qualora l’opzione stessa
"venga confermata da tutti i soggetti interessati, ricorrendo i
presupposti indicati nei commi 1 e 2 dell’articolo 115 del testo unico, entro
il periodo d’imposta da cui decorrono i predetti effetti fiscali e con le stesse
modalità indicate nell’art. 4 ".

La norma da ultimo richiamata assicura ai soggetti operanti in regime di
trasparenza la possibilità di mantenere l’efficacia dell’opzione
già esercitata, pur in presenza di operazioni che possono comportare modifiche
della compagine sociale e degli assetti patrimoniali, a condizione che gli
stessi soggetti coinvolti siano in possesso dei requisiti previsti dalla legge.

Al riguardo si precisa che:

– la "conferma" deve essere espressa da
tutti i soggetti interessati e trasmessa all’Agenzia delle Entrate dalla
sola società partecipata. Ciò in analogia a quanto disposto dall’articolo 4 del
decreto ministeriale riguardo all’originario esercizio dell’opzione,
nonchè all’ipotesi di rinnovo della stessa alla
scadenza del triennio. In tali casi, come noto, l’adempimento della
comunicazione all’Agenzia ricade sulla società
trasparente, ma tutti i soci devono manifestare il loro assenso all’adozione
del regime opzionale tramite raccomandata con ricevuta di ritorno alla stessa
società partecipata. Da un punto di vista operativo, pertanto, nelle ipotesi
disciplinate dall’articolo 10, comma 4, del decreto ministeriale:

1) tutti i soggetti interessati
all’operazione straordinaria (sempre che siano in possesso
dei requisiti di cui ai primi due commi dell’articolo 115 del nuovo
TUIR) dovranno manifestare il loro assenso alla società partecipata tramite
raccomandata con ricevuta di ritorno, affinché quest’ultima
continui ad operare in regime di trasparenza (in tal senso, pertanto, il
termine "conferma" è da intendersi quale scelta di proseguire con
l’applicazione del regime di tassazione alternativo);

2) la "conferma" in parola
dovrà essere comunicata dalla società partecipata all’Agenzia delle Entrate
entro il periodo di imposta da cui decorrono gli
effetti fiscali dell’operazione straordinaria;

3) nel modello di comunicazione
saranno indicati sia i soci preesistenti (che avevano già esercitato l’opzione rispetto alla società partecipata) che gli eventuali
soci subentranti per effetto delle suddette operazioni straordinarie;

– trattandosi di "conferma" e non di novazione, questa esplica i suoi effetti limitatamente ai periodi d’imposta
residui di validità del triennio originario;

– la possibilità di esercitare la "conferma" dell’opzione di cui all’articolo 10, comma 4, del decreto
ministeriale, è concessa alla sola società partecipata già esistente e operante
in regime di tassazione per trasparenza prima del verificarsi delle operazioni
di fusione o di scissione (indipendentemente dalle eventuali modifiche
intervenute nella compagine sociale per effetto di tali operazioni), purché
tutti i soggetti coinvolti siano in possesso dei requisiti previsti dalla
legge.

Si esaminano, nel dettaglio, le operazioni straordinarie in cui può trovarsi coinvolta la società partecipata trasparente,
mettendo in evidenza quando è ammessa la conferma dell’opzione:

a) fusione propria

a.1 La partecipata si
fonde con un’altra società già esistente, dando vita ad una nuova società. In
questo caso, la società di nuova costituzione, risultante dall’operazione di
fusione, non può esercitare la "conferma" di cui al comma 4
dell’articolo 10 del decreto ministeriale, trattandosi di un soggetto giuridico
differente rispetto a quello che ha originariamente esercitato l’opzione per la trasparenza.

b) fusione per incorporazione

b.1 La società
partecipata incorpora un’altra società. In tale fattispecie, si modifica,
generalmente, la compagine sociale della partecipata, verificandosi l’ingresso
di nuovi soci. Nel caso in cui tutti i soggetti interessati (in possesso di
tutti i requisiti di cui all’articolo 115) intendano
proseguire con il regime di tassazione per trasparenza, l’opzione può essere
confermata con le stesse modalità previste per l’esercizio della stessa. La
conferma dovrà essere manifestata anche nel caso in cui i soci siano gli stessi.

Si immagini, ad esempio, che la partecipata
Alfa abbia esercitato l’opzione nel 2004 con effetto nei periodi d’imposta
2004-2006. A seguito di un’operazione di fusione in cui Alfa incorpora un’altra
società, avvenuta il 1 settembre 2005, se l’opzione
viene confermata, il regime di tassazione per trasparenza sarà efficace fino
alla fine del periodo d’imposta 2006.

b.2 La società
partecipata è incorporata da un’altra società. In tale ipotesi, la conferma non
può essere esercitata perché l’incorporante è un soggetto giuridico diverso
rispetto a quello che ha esercitato l’opzione. Esclusa
l’ipotesi della conferma, l’accesso dell’incorporante al regime di tassazione
per trasparenza resta subordinato, pertanto, all’esercizio ex novo dell’opzione di cui all’articolo 4 del decreto ministeriale.

c) scissione

c.1 L’intero
patrimonio della società partecipata (in regime di trasparenza) viene
trasferito a più società, preesistenti o di nuova costituzione, e ai soci della
prima vengono assegnate azioni o quote di tali società. Le società beneficiarie
del patrimonio della partecipata non potranno esercitare la conferma dell’opzione a meno che, se preesistenti, non operino già in tale
regime. Quest’ultima ipotesi è riconducibile a quella esaminata nel punto c.3, al
quale si rinvia.

c.2 Una parte del
patrimonio della società partecipata viene trasferito ad una o più società,
preesistenti o di nuova costituzione, e ai soci della prima vengono assegnate
azioni o quote di tali società (ipotesi di scissione parziale). La società
partecipata scissa continua ad esistere disponendo del
residuo patrimonio e, con il consenso di tutti i soci, potrà confermare
l’opzione per continuare ad operare in regime di trasparenza fiscale.

c.3 La società
trasparente preesistente risulta beneficiaria di una parte del patrimonio di
una o più società. Per effetto di tale operazione nella beneficiaria fanno
ingresso, di norma, nuovi soci (a meno che i soci
delle società estinte o scisse parzialmente siano i medesimi soci della
beneficiaria). In questo caso non trova applicazione la disposizione recata
dall’articolo 10, comma 4, del decreto ministeriale, che si rivolge alle sole
ipotesi di fusione o scissione della società partecipata. Pertanto, se
permangono i requisiti di cui ai commi 1 e 2 dell’articolo 115, la società
partecipata potrà continuare ad operare in regime di trasparenza vincolando
all’opzione già esercita, in virtù del comma 2
dell’articolo 6 del decreto ministeriale, anche i soci entranti.

In tutte le situazioni sopra esaminate, se la società partecipata si "estingue" per effetto dell’operazione straordinaria
(società fusa nella fusione propria, società incorporata, società scissa con
destinazione dell’intero patrimonio a società beneficiarie) l’opzione per la
trasparenza precedentemente esercitata conserva efficacia fino alla data in cui
l’operazione straordinaria esplica i suoi effetti, dato che, in tali casi, è
possibile determinare il reddito prodotto a partire dall’inizio dell’esercizio
e fino alla suddetta data (a meno che non sia stata decisa la retrodatazione
degli effetti all’inizio dell’esercizio).

Se la società partecipata non si
"estingue" a seguito dell’operazione straordinaria (società
incorporante nella fusione, società scissa che scorpora solo parte del
patrimonio a società beneficiarie) l’opzione per la trasparenza potrà essere
confermata nei termini ed alle condizioni indicate. In caso contrario, l’opzione per la trasparenza perde efficacia a partire
dall’inizio del periodo d’imposta della società partecipata in cui si verifica
l’operazione straordinaria, in quanto, in tale ipotesi, non è possibile
determinare il reddito prodotto a partire dall’inizio dell’esercizio e fino
alla data in cui l’operazione straordinaria esplica i suoi effetti per
l’assenza di disposizioni che individuino un corrispondente periodo d’imposta.

Il decreto ministeriale precisa, infine, che,
nell’ipotesi in cui il regime di tassazione per trasparenza venga confermato,
non trovano applicazioni le disposizioni relative agli obblighi di versamento
degli acconti secondo le modalità previste, dal comma 3 dell’articolo 9 del
decreto ministeriale, in caso di perdita di efficacia dell’opzione.

Al contrario, se l’opzione non viene
confermata, gli acconti di imposta saranno calcolati da ciascun soggetto
assumendo come imposta del periodo precedente quella che si sarebbe determinata
in assenza dell’opzione. Se l’acconto già effettuato fosse
inferiore a quello dovuto, la società partecipata e ciascun socio saranno
tenuti ad integrare quanto versato. Restano, in ogni caso, dovuti i versamenti,
inclusi quelli relativi agli acconti d’imposta ed alle
ritenute operate sui redditi altrui, dei soggetti che si estinguono per effetto
delle operazioni di fusione. Tali obblighi, ai sensi del comma 10 dell’articolo
172 del nuovo TUIR, devono essere adempiuti dagli stessi soggetti fino alla
data di efficacia della fusione; "successivamente
a tale data, i predetti obblighi s’intendono a tutti gli effetti trasferiti
alla società incorporante o comunque risultante dalla fusione".

2.17.5 La liquidazione della società partecipata

Per effetto del disposto del comma 3 dell’articolo 10 del decreto
ministeriale, la liquidazione della società partecipata non fa venir meno
l’efficacia dell’opzione. Tuttavia, ai fini del
calcolo del triennio di validità dell’opzione, è
necessario computare anche il periodo compreso tra l’inizio dell’esercizio e la
data di messa in liquidazione (art. 182, comma 1 del nuovo TUIR).

Per quanto riguarda i periodi successivi all’inizio della liquidazione
della società partecipata, in deroga all’articolo 182, comma 3, del nuovo TUIR,
il decreto ministeriale stabilisce che il reddito o le perdite fiscali di
ciascuno degli esercizi compresi nella liquidazione si considerano definitivi,
indipendentemente dalla durata della liquidazione stessa.

Al riguardo, si rammenta che il citato comma 3, dell’articolo 182,
dispone che il reddito relativo al periodo compreso
tra l’inizio e la chiusura della liquidazione è determinato in base al bilancio
finale, e che se la liquidazione si protrae per un periodo che va oltre
l’esercizio in cui ha avuto inizio la liquidazione stessa, il reddito relativo
alla residua frazione di tale esercizio e ciascun successivo esercizio
intermedio è determinato in via provvisoria in base al rispettivo bilancio.

Pertanto, nel caso in cui la messa in liquidazione della società
partecipata avvenga nel periodo in cui opera la
trasparenza, la disposizione contenuta nel comma 3 dell’articolo 10 del decreto
ministeriale fa sì che il risultato fiscale di ciascuno degli esercizi compresi
nel periodo della liquidazione non debba formare oggetto di conguaglio finale,
dal momento che il predetto risultato, non essendo determinato in via
provvisoria, sarà sempre imputabile ai soci per il relativo assoggettamento a
tassazione a titolo definitivo.

In maniera sintetica, le cause di decadenza dal regime di tassazione per
trasparenza, disciplinate dall’articolo 6 del decreto ministeriale (già
trattate nel paragrafo 2.13 Perdita di efficacia
dell’opzione), sono riportate nella seguente tabella in cui viene indicata
anche la decorrenza della perdita di efficacia dell’opzione tenendo conto delle
ulteriori precisazioni contenute nell’articolo 10 del decreto ministeriale, in
tema di operazioni straordinarie e assoggettamento della società partecipata a
procedure concorsuali.

Cause di perdita di
efficacia dell’opzione Decorrenza Comunicazione

Venir meno dei requisiti indicati nei
commi 1 e 2 dell’articolo 115 Inizio del periodo d’imposta della società
partecipata in cui sono venuti meno i requisiti In
caso di perdita di efficacia dell’opzione per mutamento della compagine
sociale, la società partecipata deve effettuare entro i successivi trenta
giorni, dal verificarsi dell’evento, la relativa comunicazione all’Agenzia
delle Entrate

Emissione di strumenti finanziari
partecipativi

Assoggettamento della partecipata a
procedure concorsuali

Inizio del periodo d’imposta in cui sono emessi gli strumenti

Periodo d’imposta avente inizio dalla
data indicata nel secondo periodo del comma 5 dell’articolo 101 del nuovo TUIR

Trasformazione in una società

non soggetta a IRES Periodo d’imposta
avente inizio dalla data in cui ha effetto la trasformazione

Trasformazione in un soggetto IRES
non rientrante nell’articolo 73, comma 1, lettera a) del nuovo TUIR Inizio del
periodo d’imposta in cui si verifica l’operazione di
trasformazione

Trasferimento all’estero della
residenza della società partecipata Periodo d’imposta nel corso del quale è avvenuto il trasferimento della residenza ai fini
delle imposte sui redditi

Fusione o scissione della società
partecipata (senza estinzione) Dall’inizio del periodo di imposta
in cui l’operazione straordinaria esplica i suoi effetti fiscali, salvo che non
sia riconfermata da tutti i soggetti interessati Ricorrendone i presupposti, i
soggetti interessati possono riconfermare il regime di trasparenza dandone
comunicazione all’Agenzia delle Entrate entro il periodo d’imposta da cui
decorrono gli effetti fiscali conseguenti a tali operazioni straordinarie

Fusione o scissione della società
partecipata (con estinzione) Data da cui l’operazione straordinaria esplica i suoi effetti fiscali Non è possibile confermare il
regime di trasparenza

3 La trasparenza fiscale delle
società a ristretta base proprietaria

3.1 Il quadro normativo

La disciplina del regime di trasparenza, riservata alle società a
responsabilità limitata ed alle cooperative con una ristretta base
proprietaria, costituite esclusivamente da persone fisiche, è
contenuta nell’articolo 116, commi 1 e 2, del nuovo TUIR.

Il comma 1 del citato articolo indica i requisiti per essere ammessi a
tale regime, prevedendo espressamente come causa di esclusione
il possesso o l’acquisto di partecipazioni esenti di cui all’art. 87 dello
stesso nuovo TUIR.

Il comma 2 disciplina il riporto, da parte dei
soci, delle perdite conseguite dalla società partecipata; a tal fine viene
operato un richiamo alle regole contenute nel comma 3, terzo periodo, dell’art.
115 nuovo TUIR (aventi valenza nei confronti delle altre società di capitali
ammesse alla trasparenza), nonchè ai limiti posti dal
comma 3, primo e terzo periodo, dell’articolo 8 del nuovo TUIR, riguardanti il
riporto delle perdite derivanti dalla partecipazione in società di persone.

Ulteriori aspetti di tale regime fiscale sono
disciplinati dall’articolo 14 del decreto ministeriale, che è strutturato in
quattro commi.

Il primo di essi, diviso nelle lettere a) e b),
integra i requisiti soggettivi richiesti dal citato art. 116.

Il secondo e terzo comma regolano la decorrenza
degli effetti della decadenza dal regime, a seguito del venir meno dei
requisiti soggettivi ovvero in conseguenza dell’acquisto o del possesso di
partecipazioni esenti, di cui all’art. 87 del nuovo TUIR.

L’ultimo comma dell’articolo 14, infine,
sancisce l’analogia del regime di trasparenza delle società a responsabilità
limitata (e delle cooperative) a ristretta base proprietaria con quello della
trasparenza previsto per la generalità delle società di capitali, richiamando –
ove compatibili – le regole a queste ultime riservate dall’articolo 115 e dalle
altre norme del decreto ministeriale.

I chiarimenti forniti in relazione a tali
disposizioni sono estensibili, pertanto, anche alla disciplina della
trasparenza delle società a ristretta base partecipativa, in tutti i casi in
cui alle medesime risultino applicabili le regole di trasparenza delle società
di capitali previste dall’articolo 115.

3.2 Profili generali dell’istituto.
Finalità e vantaggi

Il meccanismo di funzionamento del regime di tassazione per trasparenza
delle società a ristretta base partecipativa è analogo a quello
previsto dall’articolo 115 per le altre società di capitali.

Come per queste ultime, la quota di reddito (o di perdita) della società
a responsabilità limitata (o della cooperativa) viene
imputata in capo al socio, a prescindere dal fatto che questi percepisca
effettivamente tale quota di utili.

In particolare, l’adozione del regime di trasparenza permette ai soci,
che svolgono anche attività d’impresa, di compensare gli utili e le perdite,
derivanti dalla partecipazione, con le perdite ed
utili derivanti da attività commerciali.

L’obbligo del pagamento dell’imposta sul reddito della
partecipata si sposta dalla sfera societaria al socio persona fisica, con la
conseguenza che il reddito della partecipata sconterà nella sostanza le
aliquote previste nell’ambito della tassazione IRPEF.

L’opzione per il regime fiscale in esame
consente alla società ed ai suoi soci di ottenere particolari vantaggi fiscali,
considerato che:

– il reddito della società partecipata viene
trasferito dalla sfera impositiva IRES, cui
corrisponde una tassazione ordinaria con aliquota al 33 per cento, alla sfera impositiva IRPEF (futura IRE), nella quale per i redditi di
minore ammontare operano aliquote inferiori a quella proporzionale prevista per
le società;

– il regime di trasparenza consente di evitare qualsiasi ulteriore tassazione degli utili al momento della loro
distribuzione; non opererà, pertanto la ordinaria tassazione (40 per cento del
dividendo distribuito per le partecipazioni qualificate, ovvero la ritenuta a
titolo d’imposta del 12,50 per cento, nel caso di possesso di partecipazioni
non qualificate).

3.3 Ambito
soggettivo

L’articolo 116, comma 1, del nuovo TUIR stabilisce che possono accedere al regime di trasparenza le società a
responsabilità limitata, disciplinate dagli artt. 2462 e ss. del codice civile, e le società cooperative, di cui agli
artt. 2511 e ss. del codice civile.

Le società partecipate rientranti in una delle tipologie commerciali
indicate ed i suoi soci potranno avvalersi del regime di trasparenza, a
condizione che le prime siano in possesso dei seguenti
requisiti:

a) volume di ricavi non superiore alla soglia prevista
per l’applicazione degli studi di settore;

b) compagine sociale composta esclusivamente da soci
persone fisiche, anche esercenti attività d’impresa, in numero non superiore a
dieci ovvero a venti, nel caso di società cooperative.

In considerazione del requisito formale richiesto dalla norma per accedere al regime fiscale in esame, è da ritenere che
possano rientrare, nella tipologia dei soggetti ammessi alla trasparenza, anche
i consorzi svolgenti attività commerciale, costituiti da imprenditori
individuali (artt. 2612 e ss. del c.c.) sotto forma
di società a responsabilità limitata, fermo restante il possesso dei requisiti
richiesti dalle norme di seguito commentate.

3.3.1 Il volume di ricavi della
partecipata

Prevedendo che il regime si applica alle società a responsabilità
limitata, "il cui volume di ricavi non supera le soglie previste per
l’applicazione degli studi di settore", il legislatore ha voluto riservare
tale regime fiscale a soggetti di piccole dimensioni. Il regime di trasparenza
può trovare applicazione anche nei confronti di una s.r.l. con ricavi di ammontare inferiore a tale limite che operi in settori
per i quali non sia stato ancora approvato alcuno studio di settore, ovvero in
presenza di cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi stessi.

Si ricorda che l’articolo 10, comma 4, della legge 8 maggio 1998 n. 146
prevede che gli studi non si applicano nei confronti dei contribuenti che hanno
dichiarato ricavi di ammontare "superiore al
limite stabilito per ciascuno studio di settore dal relativo decreto
ministeriale di approvazione del Ministro delle Finanze, da pubblicare nella
Gazzetta Ufficiale. Tale limite non può, comunque
essere superiore a 10 miliardi di lire". Per tutti gli studi approvati
fino al 2004 i relativi decreti ministeriali hanno
fissato il limite in esame a 10 miliardi di lire corrispondenti a euro
5.164.569,00. Qualora in futuro dovessero essere approvati studi applicabili in
presenza di un ammontare di ricavi inferiore alla predetta soglia, di tale
minore importo si dovrà tenere conto anche ai fini della applicazione del
regime di trasparenza per le società che operano in tali settori.

Per il calcolo dell’ammontare dei ricavi, l’art. 14, lettera a) del
decreto ministeriale ha specificato che occorre fare riferimento alle risultanze della dichiarazione dei redditi presentata per
l’anno precedente a quello nel quale viene esercitata l’opzione per la
trasparenza.

In particolare, qualora si voglia fruire del regime fiscale a partire dal periodo d’imposta 2004, il limite posto dalla
norma andrà verificato, per i contribuenti con periodo di imposta coincidente
con l’anno solare, tenendo conto dei ricavi dichiarati nel modello Unico 2004
per il periodo d’imposta 2003, da assumere avendo riguardo anche agli eventuali
adeguamenti ai parametri, agli studi di settore ed al concordato preventivo.

Per le società costituite nel corso dell’anno, il rispetto del limite
posto dalla norma andrà verificato effettuando il
ragguaglio ad un anno dell’ammontare dei ricavi dichiarati.

L’art. 14, comma 2, del decreto ministeriale stabilisce che il
superamento della suddetta soglia di ricavi determina decadenza a partire dal periodo d’imposta successivo a detto
sconfinamento. Da ciò si evince che, qualora la s.r.l. trasparente superasse
euro 5.164.569,00 nel 2004, il regime di trasparenza sarebbe applicabile solo
per tale periodo d’imposta e non anche per il 2005 e il 2006.

Le società neo costituite, non avendo ricavi
nell’anno precedente cui fare riferimento per la verifica della soglia di
ammissibilità al regime, possono comunque optare per la trasparenza. Tuttavia, per il mantenimento del regime negli anni successivi al
primo, andrà verificato il limite dei ricavi attraverso il loro ragguaglio ad
un anno. Ad esempio, ricavi effettivi pari a tre milioni di euro realizzati da una società neo costituita con il
primo periodo d’imposta 01/07/04 – 31/12/04, corrispondono a sei milioni di
euro ragguagliati ad un anno. Pertanto, la stessa società decadrà dal regime di
trasparenza a decorrere dal periodo d’imposta successivo al primo, nel quale si
è verificato lo sconfinamento della soglia di ammissione
al regime.

Lo stesso articolo 14, comma 1, lettera a) ha
inoltre espressamente escluso dal calcolo dalla soglia dei ricavi rilevanti ai
fini dell’ammissione al regime di trasparenza:

– i ricavi di cui alle lettere c), d) dell’art. 85, comma 1, del nuovo
TUIR, vale a dire i ricavi che originano dalla cessioni
di azioni, quote di partecipazioni, strumenti finanziari similari alle azioni,
a condizione che tali valori mobiliari non costituiscano per la società
immobilizzazioni finanziarie e, quindi, non si possano qualificare per il
regime di esenzione di cui all’art. 87 dello stesso nuovo TUIR (c.d. participation exemption);

– i ricavi di cui alla lettera e), derivanti dalla cessione di obbligazioni ed altri titoli in serie o di massa, sempre
che per la società tali titoli non rappresentino immobilizzazioni finanziarie.

3.3.2
Caratteristiche dei soci delle società che possono adottare il regime di
trasparenza

La disciplina del regime fiscale della trasparenza delle società a
responsabilità limitata (o cooperative) è applicabile a condizione che tutti i
soci partecipanti siano persone fisiche.

Al riguardo il decreto ministeriale ha
previsto, nell’articolo 14, comma 1, lettera b), che detti soci debbano essere:

– residenti in Italia, anche se esercitano attività d’impresa;

– non residenti, a condizione che il reddito venga
imputato con riferimento ad una partecipazione detenuta attraverso una stabile
organizzazione.

La condizione di accesso alla trasparenza
appena richiamata si ricollega altresì alla circostanza che il socio estero non
sia soggetto alla ritenuta a titolo d’imposta (con aliquota del 27 per cento);
circostanza che si verifica quando la sua partecipazione è detenuta attraverso
una stabile organizzazione (art. 27, comma 3, del D.P.R. 29 settembre 1973, n.
600); si evita così che il regime in esame possa divenire per i non residenti
(soggetti a ritenuta) uno strumento elusivo idoneo a sottrarsi alla ritenuta
sui dividendi erogati dalla società partecipata.

3.4 Rilevanza della qualità di "socio"

Ai sensi dell’art. 116 del nuovo TUIR, l’applicazione della trasparenza
non richiede, per le società a ristretta base partecipativa, la sussistenza in
capo ai soci dei requisiti indicati al comma 1 dell’articolo 115, concernenti
le soglie massime e minime di diritti al voto e di partecipazione agli utili.

Ai fini dell’applicabilità del regime è necessario, invece, che i soci
siano persone fisiche e che il loro numero, durante tutto il periodo d’imposta
trasparente, non ecceda le dieci unità (venti per i soci delle cooperative).

Rileva, in particolare, il numero dei soci iscritti nel libro di cui
all’art. 2478, primo comma, numero 1), del codice civile; per la verifica di
tale numero occorre considerare, inoltre, gli eventuali comproprietari della
medesima quota, nel caso in cui i relativi diritti vengano
esercitati a mezzo di rappresentante comune (art. 2468, quinto comma del codice
civile).

L’applicabilità della trasparenza prevista
dall’articolo 116 non è subordinata al possesso di determinate
percentuali di diritti di voto o di partecipazioni gli utili, ma al mero
possesso della qualità di socio. A condizione che il reddito non venga trasferito a soggetti estranei alla compagine sociale,
eventuali negozi limitativi di tali diritti, quali ad esempio il pegno o
l’usufrutto, non determinano la inapplicabilità o la decadenza dal regime di
trasparenza. In tal caso, infatti, è garantito che il regime di trasparenza,
coerentemente al suo meccanismo applicativo, operi solo nei confronti dei soci
e non di soggetti che non partecipano al capitale sociale. Va, tuttavia,
precisato che, per motivazioni analoghe a quelle indicate nel paragrafo 3.10., gli effetti sulla entità della quota di reddito
imputabile per trasparenza si producono solo a decorrere dal periodo di imposta
successivo.

Alla luce del principio di assimilazione alle
altre società di capitali trasparenti, per le quali i requisiti di ammissione
al regime devono essere posseduti "a partire dal primo giorno del periodo
d’imposta della partecipata …e permanere ininterrottamente sino al termine
del periodo d’opzione", e tenuto conto di motivazioni di ordine logico e
sistematico, il possesso dei requisiti posti dall’articolo 116 deve sussistere
per l’intero arco temporale di vigenza del regime. Ne consegue che il
superamento del limite del numero dei soci, ovvero il
verificarsi della condizione di assoggettamento a ritenuta dei soci esteri in
un qualsiasi momento dei periodi di imposta, nei quali ci si avvale del regime
di trasparenza, determinerà decadenza (ovvero esclusione) dal regime stesso.

L’assenza dei vincoli connessi a soglie massime di partecipazione,
previsti invece dall’art. 115, consente di fruire del regime di
trasparenza previsto dall’articolo 116 anche alle società a
responsabilità limitata di tipo unipersonale.

3.5 Cause di esclusione
dal regime

Alcune cause che inibiscono alle società in esame l’accesso alla trasparenza sono previste, in modo specifico, dall’art. 116
del nuovo TUIR e dall’art. 14 del decreto ministeriale; la previsione degli
ulteriori eventi ostativi discende, invece, dal generico rinvio operato
dall’art. 14, ultimo comma, del decreto ministeriale, alle norme applicabili in
materia di trasparenza delle altre società di capitali.

3.5.1 Cause specifiche di esclusione: possesso o acquisizione di partecipazioni
esenti

Una prima causa di esclusione dal regime,
specificamente prevista dall’art. 116, comma 1, ultimo periodo, consiste nel
possesso o acquisizione, da parte della società trasparente, di partecipazioni
che si qualificano per il regime di esenzione, di cui all’art. 87 del nuovo nuovo TUIR (c.d. participation exemption).

Con tale limitazione il legislatore ha voluto precludere ai soci persone
fisiche la possibilità di fruire del regime agevolativo
di tassazione delle plusvalenze da partecipazioni,
riservato alle sole società di capitali.

L’art. 14, comma 3, del decreto ministeriale fa salva l’ipotesi in cui
tale acquisto o possesso di partecipazioni sia avvenuto
in base ad un obbligo normativo, regolamentare o amministrativo.

A scopo meramente esemplificativo possono essere considerate, come
rientranti tra tali partecipazioni, il possesso di quote nel consorzio CONAI (D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22) ovvero nel
consorzio COOU (D.P.R. 23 agosto 1982, n. 691), nonchè
nel consorzio POLIECO ( D.Lgs. 5 febbraio
1997, n. 22); in tutti i casi citati, la partecipazione all’entità collettiva è
stata resa obbligatoria in quanto ritenuta strumentale al finanziamento di
un’attività di interesse generale.

Diverso dai precedenti è il caso della partecipazione a consorzi non
obbligatori per legge, ma comunque disciplinati da
disposizioni legislative, statutarie o regolamentari non derogabili, come ad
esempio i consorzi "export", disciplinati dalla legge 21 febbraio
1989, n. 83, ovvero i consorzi "confidi", di cui all’art. 13 del
decreto legge 30 settembre 2003, n. 269. Tuttavia, qualora tali disposizioni
non consentano di fatto il realizzo di plusvalenze, in
quanto le quote risultano incedibili ovvero rimborsabili solo in base al valore
nominale, e considerato che non si pone il problema di contrastare possibili
manovre elusive, si ritiene che i contribuenti possano comunque accedere al
regime di trasparenza disciplinato dall’articolo 116.

La causa di esclusione o decadenza torna a sussistere
nel caso di modifiche legislative, statutarie o regolamentari che disciplinino
la predetta materia in modo da non escludere la possibilità di comportamenti
elusivi.

Non rileva, altresì, ai fini della esclusione o
della decadenza dal regime, il possesso di partecipazioni che non si
qualificano ai fini dell’esenzione prevista dall’ art. 87, in particolare anche
nel caso in cui non sia ancora maturato il requisito del possesso ininterrotto
dal primo giorno del dodicesimo mese precedente previsto dal comma 1, lettera
a) della citata disposizione.

3.5.2 Ulteriori
cause di esclusione

In considerazione del rinvio operato
dall’ultimo comma dell’art. 14, del citato decreto ministeriale, anche per le
società a ristretta base partecipativa valgono come cause di esclusione
dalla trasparenza:

– l’opzione della partecipata per il
consolidato nazionale o mondiale (art. 2, lettera b del decreto ministeriale);

– l’assoggettamento della partecipata alle procedure
concorsuali di cui all’art. 101, comma 5, del nuovo TUIR (art. 2, lettera c,
del decreto ministeriale).

Per maggiori precisazioni si rinvia ai chiarimenti forniti a proposito
del regime di trasparenza disciplinato dall’articolo 115.

Considerato che le disposizioni civilistiche
non consentono alle società a responsabilità limitata di emettere gli strumenti
finanziari partecipativi (ex art. 2346 del codice civile), per il regime in esame non trova applicazione la disposizione preclusiva
della trasparenza prevista, invece, dall’articolo 115.

3.6 Esercizio e durata dell’opzione

L’art. 116, comma 1, regolamenta l’accesso al regime da parte delle
società a ristretta base partecipativa, stabilendo che esso venga
effettuato con le medesime modalità previste per le altre società di capitali
ammesse alla trasparenza.

Pertanto, in base a quanto previsto nel
richiamato comma 4 dell’art. 115, anche nei riguardi di tali società,
l’opzione:

– è vincolante per tre periodi d’imposta della società partecipata;

– deve essere esercitata congiuntamente dalla società partecipata e da
tutti i soci;

– deve essere comunicata dalla società partecipata all’Amministrazione
Finanziaria, entro il primo dei tre periodi d’imposta.

Anche in questo caso per maggiori precisazioni si rinvia ai chiarimenti
forniti a proposito del regime di trasparenza disciplinato

dall’articolo 115.

3.7 Le comunicazioni all’Agenzia
delle Entrate

Il richiamo effettuato dall’ultimo comma dell’articolo
14 del decreto ministeriale, rende applicabile anche nei confronti delle
s.r.l. le norme sulle comunicazioni a carico delle società di capitali di cui
all’art. 115 del nuovo TUIR.

Pertanto, anche con riguardo alle società a ristretta base
partecipativa, è necessario che:

– il socio manifesti la propria volontà di optare
per il regime della trasparenza, mediante invio alla partecipata di una
raccomandata con ricevuta di ritorno;

– la società partecipata comunichi all’Agenzia delle Entrate l’esercizio
dell’opzione per il regime della trasparenza;

– la partecipata comunichi all’Agenzia delle Entrate il verificarsi di
uno degli eventi che provocano la decadenza dal
regime, entro i successivi trenta giorni, decorrenti:

a) dall’avvenuta modifica della
compagine sociale, per l’ingresso di nuovi soci, che determini il superamento
del numero massimo dei soci ammessi;

b) dall’avvenuta modifica della
compagine sociale, per l’ingresso anche di un nuovo socio che non sia persona
fisica;

c) dalla data a
partire dalla quale il socio estero non possegga la quota attraverso una
stabile organizzazione.

Non sussiste, invece, alcuno specifico obbligo di comunicazione
all’Agenzia delle Entrate qualora vengano conseguiti
ricavi di ammontare superiore al limite di 5.164.569,00 euro, giacché tale informazione è facilmente desumibile dalla
dichiarazione della società partecipata.

Il rinnovo dell’opzione, al termine del
triennio, deve avvenire con le stesse modalità con le quali è stata effettuata
la prima opzione, così come previsto per le società di capitali in genere, in
base all’art. 5 del citato decreto ministeriale: quindi i soci dovranno
reiterare la raccomandata e la società dovrà effettuare una nuova comunicazione
all’Agenzia delle Entrate, entro il primo periodo d’imposta successivo al
triennio di efficacia del regime in precedenza scelto.

Per maggiori precisazioni si rinvia anche in questo caso ai chiarimenti
forniti a proposito del regime di trasparenza disciplinato
dall’articolo 115.

3.8 La cessione delle quote e le
variazioni della compagine societaria

In caso di variazione della compagine societaria, il socio che cede la
propria quota è tenuto a comunicare al socio cessionario l’avvenuta opzione, nonchè l’ammontare dei
redditi che gli sono stati in passato imputati per trasparenza dalla società
partecipata.

Tale ultima comunicazione risulta necessaria
poiché gli utili, che eventualmente verranno distribuiti al socio cessionario,
sulla base di quanto è disposto nel comma 12 dell’art. 115, riducono per il
socio il costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione detenuta nella
società stessa fino a concorrenza dei redditi imputati.

Circa le formalità ed i tempi degli adempimenti gravanti sui soci
cedenti si fa rinvio a quanto sostenuto nel paragrafo 2.13, a proposito delle
medesime comunicazioni da effettuare nell’ambito della
trasparenza ex art. 115.

In caso di aumento del capitale sociale con
ingresso di nuovi soci ricadrà sulla partecipata l’onere di informare costoro dell’avvenuta opzione; in questi
casi si ritiene, tuttavia, che l’opzione esercitata dai vecchi soci vincola
coloro che entrano a far parte della compagine sociale, anche nel caso in cui i
nuovi soci non fossero stati informati
della circostanza che la società aveva optato per il regime di trasparenza.

3.9 Decadenza dal regime

Come per le cause di esclusione, alcune cause
di decadenza dal regime sono previste in modo specifico dall’art. 116 del nuovo
TUIR e dall’art. 14 del decreto ministeriale; ulteriori ipotesi di decadenza
vanno individuate per effetto del rinvio operato dall’art. 14, ultimo comma,
del decreto ministeriale alle norme applicabili in materia di trasparenza delle
altre società di capitali.

3.9.1 Le specifiche cause di
decadenza dal regime

L’art. 14, comma 2, del decreto ministeriale disciplina la decorrenza
degli effetti della perdita di efficacia dell’opzione,
nel caso in cui vengano meno i requisiti previsti per l’accesso alla
trasparenza, relativamente:

a) al superamento della soglia massima dei ricavi;

b) al venir meno dei requisiti dei soci.

Con riferimento a quanto previsto per la lettera a), il decreto
ministeriale precisa che la società trasparente, che in un determinato periodo di imposta (n) consegue ricavi (considerati ai fini
dell’ammissione al regime) maggiori di euro 5.164.569,00, decade dal regime
fiscale in esame a partire dal periodo d’imposta successivo (n+1).

Nelle ipotesi indicate alla lettera b), invece, la decadenza dall’opzione produce effetti immediati ossia dal periodo
d’imposta nel corso del quale si verifica che:

b.1) la compagine
sociale della società partecipata non è più costituita esclusivamente da
persone fisiche;

b.2) il numero dei
soci anche per un breve lasso di tempo risulta superiore a dieci (venti nel
caso di cooperativa);

b.3) i soci non
residenti non operano più attraverso una stabile organizzazione.

Le variazioni della compagine risultano, invece, ininfluenti ai fini
della decadenza dall’opzione, se:

– il socio entrante è una persona fisica;

– la compagine sociale rimane costituita da non più di dieci elementi
(venti per le cooperative);

– entri nella compagine un socio estero non soggetto a ritenuta sui
dividendi, fermo restanti i limiti sul numero massimo dei soci.

L’art. 14, comma 3, del decreto ministeriale stabilisce, inoltre, la
decadenza dall’opzione, qualora la società a
responsabilità limitata abbia acquistato o posseduto partecipazioni, che si
qualifichino per il regime della "participation exemption" (di cui all’art. 87 del nuovo TUIR).

Al riguardo si ritiene – tenendo anche conto di quanto precisato nella
relazione illustrativa al decreto (reperibile sul sito www.finanze.it ) – che
il possesso di partecipazioni, che maturano i requisiti per l’esenzione durante
il regime di trasparenza, produce decadenza a partire dall’inizio
del periodo d’imposta nel quale dette partecipazioni hanno maturato i requisiti
per fruire dell’esenzione.

A proposito delle partecipazioni che non determinano decadenza dal
regime, si fa rinvio al precedente paragrafo 3.5.1.

3.9.2 Altre cause di decadenza dal
regime

Per effetto di quanto previsto dall’art. 14, ultimo comma, del decreto
ministeriale, che richiama – ove compatibili – le norme sulla trasparenza delle
altre società di capitali, producono la decadenza dall’opzione:

– l’assoggettamento della partecipata ad una delle
procedure concorsuali, di cui all’art. 101, comma 5, del nuovo TUIR;

– la trasformazione della partecipata in altra società non avente forma
giuridica di s.r.l. (ovvero cooperativa, purché costituite in entrambi i casi
da sole persone fisiche);

– il trasferimento all’estero della residenza della società partecipata.

In analogia con quanto previsto dall’art. 10, comma 1, del decreto
ministeriale deve ritenersi che, in caso di trasformazione, la decadenza dall’opzione esplica i propri effetti a partire:

– dalla data di trasformazione, in caso di
trasformazione in società non soggetta ad IRES;

– dall’inizio del periodo d’imposta, in caso di trasformazione in
società di cui all’articolo 115, diverse dalle s.r.l.; in tal caso, infatti, avvenendo la trasformazione
nell’ambito di società soggette alla medesima imposta, il periodo d’imposta è
unico ed è riferibile interamente alla società trasformata; ne discende che
l’assenza, fin dall’inizio del periodo d’imposta, della forma giuridica
richiesta dall’articolo 116 produrrà effetti sulla decadenza dal regime fin dal
suddetto inizio.

Anche nell’ambito di applicazione dell’art. 116
le operazioni di fusione e scissione della partecipata producono decadenza dal
regime di trasparenza, con effetti a partire dalla data in cui la relativa
operazione assume rilevanza fiscale, tranne nel caso in cui l’opzione venga
confermata dai soggetti interessati.

La conferma non può, tuttavia, operare sia nell’ipotesi in cui la
società a responsabilità limitata si fonde con altra società assumendo una
forma giuridica diversa da una società a responsabilità limitata, sia qualora
la società trasparente si fondi con società non posseduta da persone fisiche,
anche se la risultante dalla fusione sia una società a
responsabilità limitata.

Come avviene per le altre società di capitali, la messa in liquidazione
della società a responsabilità limitata non determina la decadenza dalla
trasparenza; in tal caso, i redditi (o le perdite fiscali) dei periodi
intermedi, caratterizzanti la liquidazione, acquistano il carattere della definitività e non sono soggetti al conguaglio definitivo
da effettuare al termine della procedura medesima.

3.10 Imputazione del reddito della società
partecipata

Come avviene nel regime di trasparenza delle altre società di capitali,
il reddito prodotto dalle s.r.l. (o società cooperative) viene
attribuito ai soci esistenti alla data di chiusura dell’esercizio della
partecipata, in proporzione alla quota di partecipazione agli utili posseduta
da ciascuno di essi ed a prescindere dall’effettiva percezione.

L’imputazione ai soci dei risultati fiscali conseguiti dalla partecipata
verrà pertanto effettuata in base alla situazione
esistente alla data di chiusura del periodo d’imposta, come prescritto (in
coerenza con l’art. 115, comma 3, del nuovo TUIR) dall’art. 7, commi 1 e 2, del
decreto ministeriale, al quale deve intendersi esteso, per ragioni di
omogeneità di trattamento fiscale delle s.r.l. alle altre società di capitali,
il generico rinvio posto nel comma 4 dell’articolo 14.

Per omogeneità di trattamento fiscale con le società di persone occorre
tenere conto del disposto di cui all’art. 5, comma 2, del TUIR; al riguardo si
ritiene che le modifiche nelle quote di partecipazioni agli utili dei soci, non
legate a variazioni della compagine sociale, hanno efficacia solo a partire dal periodo d’imposta successivo (sul punto cfr. anche le istruzioni al quadro
RK di Unico società di persone).

Tale interpretazione è evidentemente ispirata a ragioni di cautela
fiscale, onde evitare che la cessione di quote in prossimità della chiusura del
periodo di imposta venga utilizzata per canalizzare la
imputazione del reddito imponibile sui soci che liquidano l’IRPEF con
applicazione di aliquote progressive comparativamente più basse.

Per le stesse esigenze di cautela fiscale, l’eventuale cessione del
diritto di usufrutto sulla quota manifesterà i propri
effetti fiscali, ai fini dell’imputazione del reddito della partecipata, a
partire dal periodo d’imposta successivo alla suddetta cessione.

Il rinvio operato dal comma 4 dell’art. 14 del decreto ministeriale, alla applicabilità (ove compatibile) delle disposizioni che
regolano il regime di trasparenza previsto dall’articolo 115, rende applicabile
anche per il regime disciplinato dall’articolo 116 quanto previsto dall’articolo
8, comma 1, del decreto ministeriale, secondo cui gli utili e le riserve di
utili, formatisi nei periodi in cui è efficace l’opzione, non concorrono a
formare il reddito dei soci cui vengono distribuiti.

Coerentemente a quanto previsto per le altre società di capitali ammesse
al regime di trasparenza disciplinato dall’articolo 115,
come del resto già chiarito nella circolare 16 giugno 2004, n. 25, l’utile
distribuito dalle società a responsabilità limitata trasparenti non concorre
alla formazione del reddito imponibile dei soci all’atto della sua
distribuzione.

Considerato il principio di delega, secondo cui il regime di trasparenza
è ispirato alla "equiparazione ai fini delle imposte dirette della società
a responsabilità limitata che esercita l’opzione ad
una società di persone", si ritiene che, come per queste ultime, anche in
caso di applicazione del regime previsto dall’articolo 116 non concorra alla
formazione del reddito imponibile dei soci neanche la parte di utile
distribuito eccedente il reddito imponibile della società partecipata.

L’irrilevanza fiscale degli utili distribuibili è da ritenersi altresì operante quando la distribuzione venga effettuata, a seguito
di una cessione di quote, nei confronti di persone fisiche che risultino soci
diversi da quelli cui è stato imputato in precedenza il reddito trasparente (si
veda al riguardo il commento sulle cessioni di azioni delle società di cui
all’articolo 115).

3.11 Imputazione delle ritenute e dei crediti
d’imposta

Le ritenute ed i crediti d’imposta vengono
attribuiti ai soci pro quota, con gli stessi criteri stabiliti dall’art. 115,
comma 3, secondo periodo, nonchè dall’art. 7, comma
3, del decreto ministeriale. Al riguardo si fa rinvio a quanto precisato nella
parte generale riservata alla trasparenza ex art. 115, nel paragrafo 2.11.

3.12 Imputazione delle perdite della partecipata

Per espressa previsione dell’articolo 116, le
perdite fiscali delle società a responsabilità limitata, ammesse alla
trasparenza, seguono le stesse regole d’imputazione delle perdite fiscali delle
società di cui all’articolo 115, al cui commento si rinvia.

Inoltre, con riguardo al riporto delle perdite da parte dei soci,
l’articolo 116 richiama – per finalità meramente antielusive – le regole
d’imputazione delle perdite previste dal primo e terzo
periodo del comma 3 dell’articolo 8.

3.13 Responsabilità ed accertamento
nella trasparenza delle s.r.l. e coop.

Pur in assenza di specifiche disposizioni normative, si ritiene che nei
confronti delle società a ristretta base partecipativa ammesse alla
trasparenza, sia applicabile il medesimo regime di responsabilità previsto
nella trasparenza delle altre società di capitali e, in particolare:

– le norme generali sulla responsabilità solidale tra socio e
partecipata, previste negli articoli 115, comma 8, del nuovo TUIR, e 13 del
decreto ministeriale; nonchè

– le norme sull’accertamento unitario di cui agli articoli 115, comma
10, del nuovo TUIR e 12 del decreto ministeriale, da effettuare
nei confronti della partecipata e dei suoi soci.

Il contenuto di tali disposizioni non presenta, infatti, elementi di
contrasto giuridico con la specifica disciplina
riservata alle società in esame, così come espressamente richiesto dall’ultimo
comma dell’articolo 14 del decreto ministeriale e, pertanto, per il relativo
commento si fa rinvio a quanto precisato nel paragrafo 2.16.

3.14 Regole residuali applicabili
alle società a responsabilità limitata

Il quarto ed ultimo comma dell’articolo 14 del
decreto ministeriale disciplina gli aspetti residuali della trasparenza
applicabile alle società a ristretta base societaria, operando un completo
rinvio alle precedenti norme di tale decreto, ove queste ultime risultino
compatibili con detto regime.

Pertanto, nei confronti delle società a ristretta base partecipativa,
devono ritenersi operanti anche le disposizioni precedentemente
commentate in relazione ai seguenti istituti:

– "regime delle riserve e degli utili
pregressi" (art. 115, comma 5) e "distribuzione degli utili e delle
riserve" (art. 8, del decreto ministeriale);

– "rideterminazione del reddito
imponibile" (artt. 115, comma
11, del nuovo TUIR ed 11 del decreto ministeriale): tale disposizione
sarà evidentemente da applicare da parte dei soli soci che detengono tali
partecipazioni in regime d’impresa.

– "costo della partecipazione" (artt.
115, comma 12, del nuovo TUIR ed 8, comma 1, del decreto
ministeriale);

– regime degli "acconti" (artt. 115,
comma 7, del nuovo TUIR e 9 del decreto ministeriale); in particolare per il
primo periodo d’imposta di applicazione della
trasparenza, la s.r.l. partecipata deve comunque corrispondere nei termini
ordinari gli acconti IRES, pur non avendo evidentemente gli obblighi per il
pagamento del relativo saldo.

Detti acconti, com’è noto, possono essere calcolati dalla società sulla
base del c.d. "criterio storico", ovvero
c.d. "metodo previsionale"; in tal caso
andrà calcolata un’imposta IRES "figurativa", dovuta qualora non si
fosse optato per la trasparenza.

L’acconto sull’Ires "figurativa"
dovrà altresì essere corrisposto dalla società partecipata nei termini ordinari
nell’ipotesi di mancato rinnovo dell’opzione al termine del triennio.

Gli stessi termini ordinari dovranno essere rispettati qualora si verifichi decadenza dal regime per una delle cause sopra
esaminate; tuttavia viene consentito di effettuare detto versamento nei trenta
giorni successivi qualora i termini ordinari scadessero prima di questi ultimi.

In base a quanto previsto dal comma 3 del
citato art. 115, gli acconti IRES versati dalla partecipata potranno essere pro
quota scomputati dai soci in relazione all’IRPEF (o futura IRE) dovuta sui
redditi imputati per trasparenza.

La disposizione dell’ultimo periodo dell’art. 9 del decreto
ministeriale, con riferimento alla trasparenza delle società di capitali di cui
all’art. 115 del nuovo TUIR, prevede che in caso di uscita
dal regime i soci possano cedere alla società gli acconti da essi corrisposti
in relazione ai redditi trasparenti. Detta cessione deve avvenire con le
modalità previste dall’art. 43-ter del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 che,
come noto, riguarda la cessione delle eccedenze d’imposta nell’ambito dei
gruppi societari.

Tale procedura troverà
applicazione anche nei confronti delle società a ristretta base partecipativa;
pertanto, in caso di uscita dal regime, i soci persone
fisiche possono cedere alla partecipata gli acconti versati, secondo la
procedura stabilita al citato art. 43-ter. Al riguardo si rileva che la
cessione dovrà riguardare l’acconto afferente il reddito trasparente; in presenza di redditi di diversa natura la quota di acconto
da cedere verrà, pertanto, calcolata in base alla percentuale derivante dal rapporto
tra il reddito imputato per trasparenza ed il reddito complessivo.

Con riferimento ai soci detentori di partecipazioni nell’ambito di attività che danno luogo a reddito d’impresa, si rileva
che, ai sensi dell’art. 97, comma 2, lettera b), n. 2, del nuovo TUIR, le
partecipazioni nelle società trasparenti, di cui all’art. 115, possono essere
escluse dal calcolo del "pro rata patrimoniale". Stante
l’equiparazione delle s.r.l. trasparenti alle società di cui all’art. 115, si
ritiene che anche i soci titolari di reddito d’impresa possano escludere dal
predetto calcolo le partecipazioni societarie rientranti nell’art. 116.

3.15 Opzione
delle s.r.l. trasparenti per il concordato

Le società trasparenti a ristretta base societaria possono aver optato anche per il concordato preventivo, di cui art. 33
del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito dalla legge 24 novembre 2003, n.
326.

Nella circolare 4 febbraio 2004, n. 5 è stato chiarito che
l’assimilazione delle società di capitali trasparenti alle società di persone
consente ai soci delle s.r.l. di fruire, alle condizioni previste da tali
norme, dell’aliquota agevolata del 23 per cento sulla quota del c.d.
extrareddito 2004, ad essi imputata per trasparenza.

Resta comunque fermo che la società a
responsabilità limitata trasparente dovrà effettuare per il 2004, quale primo
periodo d’imposta della trasparenza, i versamenti in acconto tenendo conto
dell’aliquota ordinaria del 33 per cento, da applicare sull’ammontare
complessivo del reddito concordato.

4 Detenzione di azioni
o quote per il tramite delle "società fiduciarie"

La società fiduciaria, per definizione, amministra beni non propri e
quindi non riveste, anche nei confronti dei terzi, la qualità di proprietaria
dei beni amministrati.

Nello specifico settore dei titoli azionari, infatti, l’art. 1, u.c., del Regio Decreto 29 marzo
1942, n. 239 ove dispone che "le società fiduciarie che abbiano intestato
al proprio nome titoli azionari appartenenti a terzi sono tenute a dichiarare
le generalità degli effettivi proprietari dei titoli stessi", esclude
chiaramente che, nel caso di intestazione fiduciaria di titoli azionari, la
società fiduciaria possa essere considerata proprietaria dei titoli stessi.

Considerato che attraverso il c.d. rapporto fiduciario, la società dispone dei beni affidatigli nell’interesse del socio-fiduciante, nei limiti dell’accordo-mandato con
questi concluso, è da escludere che le fiduciarie possano liberamente disporre
delle cose ricevute in consegna, se non nei limiti del mandato.

L’"affidamento in amministrazione" consente al socio affidante
di conservare la proprietà "sostanziale" della suddetta quota;
secondo la Corte di Cassazione (Cass. Civ., Sez I, 21 maggio 1999, n. 4943)
i fiducianti – dotati di una tutela di carattere
reale azionabile in via diretta ed immediata nei confronti di ogni consociato –
vanno identificati come gli effettivi proprietari dei beni da loro affidati
alla società ed a questa strumentalmente intestati.

L’interposizione della società fiduciaria, tra la partecipata ed i soci,
di per sè non rappresenta causa ostativa (nè di decadenza) per l’applicazione del regime di
trasparenza, a condizione che i partecipanti possiedano
tutti i requisiti di ammissione al regime di trasparenza applicabile.

La immediata riferibilità
di diritti alla sfera giuridica dei soci e non della fiduciaria ha come
conseguenza che i redditi della partecipata, comunicati alla fiduciaria,
debbano essere poi imputati ai fiducianti.

Ai fini dell’esercizio dell’opzione tutti i fiducianti dovranno manifestare alla società fiduciaria –
cui fa capo il legame giuridico con la partecipata – la volontà di avvalersi
del regime di trasparenza; la comunicazione della volontà di optare per la
trasparenza verrà invece effettuata alla partecipata dalla sola società
fiduciaria, che garantirà che i fiducianti abbiano
tutti i requisiti richiesti dalle norme per l’accesso al regime.

Attraverso tali comunicazioni viene garantita
la riservatezza sull’identità dei fiducianti, nonchè la possibilità per la società partecipata di
valutare l’esistenza dei presupposti previsti dall’art. 115, ovvero dall’art.
116, per accedere al relativo regime di trasparenza.

La società fiduciaria dovrà dichiarare alla partecipata:

– nell’ambito della trasparenza ex art. 115, che le società
rappresentate abbiano le percentuali di voto ed utili previste da tale norma e
che, nel caso di società estere, non vi sia obbligo di ritenuta sui dividendi;

– nell’ambito della trasparenza ex art. 116, quale sia
il numero dei soci persone fisiche che la fiduciaria rappresenta e che, nel
caso di soci non residenti, non vi sia obbligo di ritenuta sui dividendi.
La partecipata potrà quindi verificare che il numero dei soci persone fisiche
non sia superiore a quello consentito dalla norma.

Nel modello di comunicazione relativo all’opzione,
la partecipata dovrà quindi indicare, non i dati dei singoli fiducianti, bensì:

– quelli della società fiduciaria, nel caso di opzione
ex art. 115;

– quelli della società fiduciaria e del numero delle
persone fisiche da quest’ultima rappresentata, nel
caso dell’art. 116.

La fiduciaria ha anche l’obbligo di informare
la società partecipata del venir meno dei requisiti dei soci, legittimanti
l’accesso al regime, affinché detta società possa effettuare
la comunicazione di decadenza dal regime nei termini previsti.

In relazione agli obblighi di imputazione del
reddito imponibile si evidenzia che la partecipata deve trasmettere alla
fiduciaria l’attestazione delle quote di reddito che risultano imputabili ai
soci da quest’ultima rappresentati.

L’amministrazione finanziaria effettuerà il
controllo sulla corretta dichiarazione delle quote di reddito dei soci sulla
base delle informazioni che verranno
raccolte nel modello 770 che deve comunque essere presentato dalla società
fiduciaria.

Di seguito si riporta il quadro completo delle norme, che disciplinano
l’istituto della trasparenza delle altre società di
capitali, applicabili anche alle società a responsabilità limitata (ed alle
cooperative) a ristretta base partecipativa, in quanto "compatibili"
con la disciplina sulla trasparenza riservata a queste ultime, così come
prescrive l’art. 14, comma 11, del citato decreto ministeriale.

Art. 115 del TUIR Applicabilità a s.r.l.
e cooperative

Comma 1, primo e secondo periodo
“Accesso al regime” si applica solo con riferimento a:

– esercizio dell’opzione;

– regole di imputazione
del reddito (imputazione indipendente dalla percezione della quota di al
reddito spettante)

– ininterrotto possesso dei requisiti

Comma 1, ultimo periodo “Cause che
inibiscono l’accesso alla trasparenza” si applica solo per il riferimento al
consolidato nazionale ed internazionale (v. anche art. 2, lett. b del decreto
ministeriale)

Comma 2 “Società non residenti ed
esercizio per l’opzione” si applica, con riferimento
ai soci persone fisiche non residenti (cfr. decreto ministeriale, art. 14, c. 1, lett. b)

Comma 3, primo e secondo periodo
“Imputazione del reddito e delle ritenute della partecipata” si applica

Comma 3, ultimo periodo “Imputazione della
perdita della partecipata” si applica

Comma 4 “Esercizio e durata dell’opzione” si applica

Comma 5 “Il regime delle riserve ed utili
pregressi” si applica

Comma 6 “Decadenza dal regime” si
applica, tranne per il riferimento al c. 1 dello art.
115, riferito alle percentuali di voto ed utili, ininfluenti nel regime di
trasparenza ex art. 116

Comma 7 “Versamento degli acconti” si
applica

Art. 115 del TUIR
Applicabilità a s.r.l. e cooperative

Commi 8, 9 e 10 “Responsabilità ed
accertamento” si applicano

Comma 11 “Rideterminazione
del reddito imponibile”

Comma 12 “Costo della partecipazione”

si applica, se il
socio persona fisica è imprenditore

si applica

Decreto ministeriale 23 aprile 2004
Applicabilità a s.r.l. e cooperative

Art. 1, comma 2 (“soggetti non
residenti”) si applica con riferimento ai soci persone fisiche non residenti (cfr. art. 14, c.1,
lett.b)

Art. 2, lett. b) e c) (“incompatibilità
con il Consolidato e procedure concorsuali”) si applica

Art. 3 , c.1 (“percentuali di partecipazione”) Il socio persona
fisica potrà detenere le quote di partecipazione anche a mezzo società
fiduciaria

Artt. 4 e 5 (“esercizio e rinnovo dell’opzione”) si applicano

Art. 6, c. 1, lett. a
e b (“perdita dell’efficacia dell’opzione”) si applica (la lettera
"a" può riferirsi solo all’opzione per il consolidato)

Art. 6, 2° c. (“mutamento compagine
sociale”) si applica, con riferimento alla qualità di “persona fisica” del
socio

Art. 7 (“imputazione del reddito, delle
perdite e degli oneri”) si applica

Art. 8 (“distribuzione di
utili e riserve”) si applica

Art. 9 (“acconti”) si applica, la
procedura di attribuzione degli acconti versati dai
soci è quella di cui all’art. 43-ter del D.P.R. 602/1973

Art. 10 (“operazioni straordinarie”) si
applica

Decreto ministeriale 23 aprile 2004
Applicabilità a s.r.l. e cooperative

Art. 11 (“rideterminazione
del reddito”) si applica, se il socio è imprenditore

Artt. 12 e 13 (“accertamento,
responsabilità e comunicazioni”) si applicano

5 L’entrata in vigore

Il decreto, in vigore dal 1 gennaio 2004, stabilisce che le disposizioni
di cui agli articoli 1 e 2, commi 3 e 4, e 3, commi 1 e 3, hanno effetto per i
periodi di imposta che hanno inizio a decorrere da
tale data.

Pertanto, le disposizioni riguardanti il regime
di trasparenza fiscale contenute nell’articolo 115 e 116 del nuovo TUIR,
previste, rispettivamente, per le società di capitali e per le società a
ristretta base proprietaria, hanno effetto a partire dal periodo d’imposta
della società partecipata avente inizio il 1 gennaio 2004.

_____________________

1.Si ricorda che la
percentuale minima di partecipazione nel capitale della società residente è
destinata a cambiare per effetto della Direttiva 2003/123/CE, pubblicata sulla G.U.C.E. del 13 gennaio 2004, che deve essere recepita dai
Paesi membri entro e non oltre il 1 gennaio 2005. Questa, infatti, modifica la
Direttiva madre-figlia prevedendo una riduzione graduale della suddetta
percentuale di partecipazione, che scenderà, inizialmente, dal 25al 20%, successivamente al 15% e, infine, al 10%. La riduzione
finale al 10%, avrà effetto a partire dal 1 gennaio
2009.

2. La Corte di Giustizia europea, con sentenza del 17 ottobre 1996, ha
affermato che gli Stati membri non possono vincolare la concessione
dell’agevolazione prevista dalla Direttiva madre-figlia alla condizione che al
momento della distribuzione dei dividendi "la società capogruppo abbia già
detenuto la partecipazione minima" per il periodo fissato dai singoli
Stati membri. Per recepire la sentenza della Corte di
Giustizia, il legislatore italiano è intervenuto modificando la formulazione
dell’articolo 96-bis del nuovo TUIR, vigente ante riforma, con il decreto
legislativo del 18 dicembre 1997, n. 467.

3. Trattasi di disposizione introdotta dalle modifiche apportate al
nuovo TUIR dall’articolo 1 del decreto legislativo 12 dicembre 2003, n. 344.

4. La norma citata esclude il riporto delle perdite
disciplinato al comma 1 dello stesso articolo nel caso in cui si
verifichino entrambe le seguenti situazioni: a) la maggioranza delle
partecipazioni aventi diritto di voto nelle assemblee ordinarie del soggetto
che riporta le perdite venga trasferita o comunque acquisita da terzi, anche a
titolo temporaneo; b) venga modificata l’attività principale in fatto
esercitata nei periodi d’imposta in cui le perdite sono state realizzate.

5.La disposizione
richiamata stabilisce che "ai soli fini fiscali, le minusvalenze
non realizzate relative a partecipazioni che costituiscono immobilizzazioni
finanziarie sono deducibili in quote costanti nell’esercizio in cui sono state
iscritte e nei quattro successivi". Per ulteriori
chiarimenti v. circolare n. 85/E del 2002.

6 "Nel caso di cui al comma 1 entra trenta giorni dal venir meno
del requisito del controllo:

a) la società o l’ente controllante deve integrare quanto versato a
titolo di acconto se il versamento complessivamente
effettuato è inferiore a quello dovuto relativamente alle società per le quali
continua la validità dell’opzione;

b) ciascuna società controllante deve effettuare
l’integrazione di cui alla lettera precedente riferita ai redditi propri, così
come risultanti dalla comunicazione di cui all’art. 121".