Civile

Thursday 11 May 2006

Chi presenta un esposto al proprio Consiglio dell’ Ordine ha diritto di accedere agli atti del procedimento disciplinare nei confronti dei colleghi che ha denunciato. (Consiglio di Stato , adunanza plenaria, decisione 20.04.2006 n° 7)

Chi presenta un esposto al proprio
Consiglio dell’Ordine ha diritto di accedere agli atti del procedimento
disciplinare nei confronti dei colleghi che ha denunciato. (Consiglio
di Stato , adunanza plenaria, decisione 20.04.2006 n°
7)

Consiglio di Stato

Adunanza plenaria

Decisione 14 novembre 2005-20
aprile 2006, n. 7

(Presidente de Roberto – Estensore Patroni Griffi)

Fatto

L’ing. A. C. presentava al
Consiglio dell’Ordine degli ingegneri di Roma un esposto nei confronti
dei colleghi C. C. e A. R., a seguito del quale
l’Ordine avviava due distinti procedimenti disciplinari, conclusisi
peraltro con il proscioglimento degli incolpati.

Il C. chiedeva allora l’accesso agli atti dei
procedimenti, ma l’Ordine inviava all’istante solo una copia dello
stralcio del verbale della seduta del Consiglio del 31 marzo 2003, recante il
solo dispositivo.

Seguivano varie istanze di accesso, riscontrate negativamente con note del 30
aprile (di ammissione all’accesso parziale) e del 3 giugno 2003
dall’Ordine; infine, questo, con nota del 3 settembre 2003, ribadiva il
diniego di accesso.

Avverso tale ultimo diniego, il C. ha proposto ricorso innanzi al Tar per il Lazio, il quale, con sentenza 468/04, lo ha
respinto.

Il Tribunale amministrativo, in particolare, ha ritenuto il ricorso tempestivo
e ammissibile, in quanto, configurandosi il diritto di accesso come diritto
soggettivo devoluto alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, la
mancata impugnazione di un precedente provvedimento di diniego non preclude la
ritualità del successivo diniego alla reiterazione della medesima
istanza.

Il Tribunale amministrativo, peraltro, ha respinto l’impugnazione, sul
rilievo che la qualità di autore dell’esposto, da cui trae origine
la vicenda disciplinare nei confronti dei due controinteressati,
è inidonea a radicare nell’istante la titolarità di una
situazione giuridicamente rilevante che lo legittimi all’accesso.

Avverso la sentenza hanno proposto appello sia il C., sia, con ricorso
incidentale, gli originari controinteressati
ingegneri C. e R., i quali hanno riproposto l’eccezione di tardività e inammissibilità del ricorso di
primo grado, disattesa dal Tribunale amministrativo.

Si è altresì costituito l’Ordine degli ingegneri, che
resiste all’appello del C. e condivide l’appello incidentale
proposto dai coppellati.

La Sezione sesta di questo Consiglio di Stato, con ordinanza 2954/05, dopo aver
manifestato perplessità sull’orientamento del primo giudice in
ordine alla carenza nell’originario ricorrente di una situazione
legittimante all’accesso, ha rimesso l’affare a questa Adunanza
plenaria, in relazione alla questione, riproposta con l’appello
incidentale, della inammissibilità della impugnazione proposta, a fronte
di più dinieghi all’accesso, solo nei confronti dell’ultimo
diniego, in mancanza di tempestiva impugnazione degli analoghi dinieghi
precedentemente opposti.

Le parti hanno prodotto memorie.

All’udienza del 14 novembre 2005, la causa è stata trattenuta in decisione.

Diritto

1. Come più diffusamente
esposto in narrativa, l’appellante C., autore di un esposto nei confronti
di due colleghi ingegneri da cui è scaturito un procedimento
disciplinare conclusosi con l’archiviazione, ha presentato istanze di
accesso, di medesimo contenuto, volte a ottenere copia degli atti dei
procedimenti disciplinari.

Tali istanze, per quanto in particolare rileva nella presente sede, dopo
l’ammissione parziale all’accesso del 30 aprile 2003, sono state
rigettate prima con nota del 3 giugno 2003, non impugnata, poi, a seguito della
reiterazione della domanda, con nota del 3 settembre 2003, oggetto del presente
giudizio, con la quale l’Ordine ha ribadito il diniego già
opposto.

Il Tribunale amministrativo, nel rigettare il ricorso:

a) ha preliminarmente disatteso l’eccezione di tardività,
affermando che la mancata impugnazione del precedente diniego e il carattere
confermativo del diniego di cui è causa non determinano
l’inammissibilità del ricorso, attesa la consistenza di diritto
soggettivo del diritto di accesso;

b) ha negato la titolarità, in capo all’appellante, di una
posizione giuridicamente legittimante all’accesso agli atti dei
procedimenti disciplinari, per la qualità di autore dell’esposto,
da cui hanno tratto origine i detti procedimenti.

L’ordinanza con la quale la
Sezione sesta ha rimesso l’affare a questa Adunanza
plenaria:

a) manifesta perplessità sulla statuizione concernente il difetto di
legittimazione dell’istante;

b) pur propendendo per la configurabilità del
diritto di accesso in termini di diritto soggettivo, ritiene che il
provvedimento di diniego all’accesso debba essere impugnato nel termine decadenziale di trenta giorni, con la conseguenza che dalla
mancata impugnazione discende l’inammissibilità dell’impugnazione
di un successivo diniego, meramente confermativo del primo.

Va precisato che alla controversia
in esame si applica la disciplina contenuta nel testo
originario della legge 241/90, anteriore alla novella introdotta prima
con legge 15/2005 e poi con Dl 35/2005, convertito con modificazioni dalla
legge 80/2005. Non si ritiene, ad ogni modo, che le conclusioni cui si perviene
possano essere influenzate dalla novella legislativa, la quale, anzi, mutuando
in parte precedenti acquisizioni giurisprudenziali, fornisce spunti
argomentativi di rilevanza nella generale configurazione dell’istituto
dell’accesso.

2. In primo luogo,
l’Adunanza plenaria condivide l’assunto della Sezione remittente, secondo cui la qualità di autore di un
esposto, che abbia dato luogo a un procedimento disciplinare, è
circostanza idonea, unitamente ad altri elementi, a radicare nell’autore
la titolarità di una situazione giuridicamente rilevante che, ai sensi
dell’articolo 22 della legge 241, legittima
all’accesso nei confronti degli atti del procedimento disciplinare che da
quell’esposto ha tratto origine.

Più in particolare, la legittimazione all’accesso in capo
all’appellante discende, nel caso in esame, dalla qualità di
autore dell’esposto che ha dato origine al procedimento disciplinare e
dalla concomitante circostanza che lo stesso appellante ha dato corso, per i
medesimi fatti denunciati nella sede disciplinare, a un giudizio civile.

Nella delineata situazione, da un lato, è da ritenere inconferente, al fine di escludere la legittimazione
all’accesso, il rilievo del primo giudice concernente la (invero
pacifica) estraneità dell’autore dell’esposto al
procedimento disciplinare e la sua conseguente qualità di terzo rispetto
al medesimo; dall’altro, appare non pertinente il richiamo operato dagli
appellati alla decisione della Sezione quarta, 4049/03, che ha riscontrato,
relativamente a fattispecie diversa, l’assenza dell’elemento della
concretezza dell’interesse all’accesso.

Deve quindi ritenersi, a differenza di quanto statuito dal primo giudice, che
l’appellante, nella situazione descritta, sia titolare di una posizione
legittimante all’accesso agli atti dei procedimenti disciplinari.

3. Con l’appello incidentale,
gli appellati ripropongono l’eccezione di inammissibilità del ricorso
originario, conseguente alla mancata tempestiva impugnazione del precedente
provvedimento di diniego e al carattere meramente confermativo del diniego
impugnato nel presente giudizio.

Per tale aspetto la Sezione
VI ha rimesso l’affare a questa Adunanza plenaria,
articolando la questione nei seguenti termini:

a) il diritto di accesso sembra assumere, in particolare a seguito della
novella legislativa introdotta dalle richiamate leggi 15 e 80/2005, consistenza
di diritto soggettivo e non di interesse legittimo, come in passato ritenuto
dall’Adunanza plenaria con decisione 16/1999;

b) la consistenza di diritto soggettivo non esclude la natura decadenziale del termine per l’impugnazione del
diniego (esplicito o tacito) di accesso, con la conseguenza che dalla mancata
impugnazione del diniego discende l’inammissibilità
dell’impugnazione del diniego successivo, avente carattere meramente
confermativo di quello precedentemente opposto e consolidatosi.

4. Sin dall’entrata in vigore
della legge 241/90 è stata dibattuta, in
dottrina come in giurisprudenza, la natura giuridica del diritto di accesso.

Questa Adunanza plenaria, con decisione 16/1999, ha
condiviso la tesi della configurabilità della
posizione legittimante all’accesso in termini di interesse legittimo,
sottolineando il collegamento della posizione del privato con l’interesse
pubblico e facendo leva sulla struttura impugnatoria
del giudizio.

La questione nondimeno è rimasta aperta anche dopo l’intervento
dell’Adunanza plenaria, rinvenendosi nella giurisprudenza di questo
Consiglio, insieme a pronunce in linea con la decisione suddetta (Sezione
quinta, 1969/04; 5034/03), decisioni che propendono ancora per la configurabilità dell’accesso in termini di
diritto soggettivo (Sezione sesta, 1679/05 e 2938/03).

La tesi del diritto soggettivo fa leva essenzialmente sul carattere vincolato
dei poteri rimessi all’amministrazione in sede di esame
dell’istanza di accesso, poteri aventi ad oggetto la mera ricognizione
della sussistenza dei presupposti di legge e l’assenza di elementi
ostativi all’accesso. E si è, altresì, evidenziata la
peculiarità dei poteri istruttori e decisori del giudice, i primi volti
a valutare la sussistenza dei requisiti sostanziali che legittimano all’accesso
(Sezione quinta, 2866/04), al di là delle ragioni addotte
dall’amministrazione nell’atto, i secondi estesi
all’imposizione all’amministrazione di un comportamento positivo
consistente nell’adempimento dell’ordine giudiziale di esibizione dei
documenti (articolo 25, comma 6, della legge 241).

La tesi del diritto soggettivo risulta corroborata – come sottolineato
anche in dottrina – dall’inclusione del diritto di accesso nei
livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e politici ai
sensi dell’articolo 117 della Costituzione (articolo 22, comma 2, legge
241, come modificato dalla legge 15/2005) e dalla riconduzione del giudizio in
tema di accesso alla giurisdizione esclusiva di questo giudice (articolo 25,
comma 5, della legge 241, come modificato dalla legge 80/2005).

Non sembra peraltro, che nella specie, rivesta utilità ai fini
dell’identificazione della disciplina applicabile al giudizio avverso le
determinazioni concernenti l’accesso, procedere all’esatta
qualificazione della natura della posizione soggettiva coinvolta.

L’accesso è collegato a una riforma di fondo
dell’amministrazione, informata ai principi di pubblicità e
trasparenza dell’azione amministrativa, che si inserisce a livello
comunitario nel più generale diritto all’informazione dei
cittadini rispetto all’organizzazione e alla attività
amministrativa. Ed è evidente, in tale contesto, che si creino ambiti soggettivi normativamente
riconosciuti di interessi giuridicamente rilevanti, anche in contrapposizione
tra di loro: interesse all’accesso; interesse alla riservatezza di terzi;
tutela del segreto.

Trattasi, a ben vedere, di situazioni soggettive che, più che fornire
utilità finali (caratteristica da riconoscere, oramai, non solo ai
diritti soggettivi ma anche agli interessi legittimi), risultano caratterizzate
per il fatto di offrire al titolare dell’interesse poteri di natura procedimentale volti in senso strumentale alla tutela di un
interesse giuridicamente rilevante (diritti o interessi).

Il carattere essenzialmente strumentale di tali posizioni si riflette
inevitabilmente sulla relativa azione, con la quale la tutela della posizione
soggettiva è assicurata. In altre parole, la natura strumentale della
posizione soggettiva riconosciuta e tutelata dall’ordinamento
caratterizza marcatamente la strumentalità
dell’azione correlata e concentra l’attenzione del legislatore, e
quindi dell’interprete, sul regime giuridico concretamente riferibile
all’azione, al fine di assicurare, al tempo stesso, la tutela
dell’interesse ma anche la certezza dei rapporti amministrativi e delle
posizioni giuridiche di terzi controinteressati.

Sotto tale punto di vista, il giudizio a struttura impugnatoria
consente alla tutela giurisdizionale dell’accesso di assicurare la
protezione dell’interesse giuridicamente rilevante e, al contempo, quell’esigenza di stabilità delle situazioni
giuridiche e di certezza delle posizioni dei controinteressati
che si è visto essere pertinenti ai rapporti amministrativi scaturenti
dai principi di pubblicità e trasparenza dell’azione amministrativa.

Nel delineato contesto, il disposto legislativo (articolo 25, commi 5 e 4)
– che, rispettivamente, fissa il termine di trenta giorni (evidentemente
decorrente dalla conoscenza del provvedimento di diniego o dalla formazione del
silenzio significativo) per la proposizione dei ricorsi e qualifica in termini
di diniego il silenzio serbato sull’accesso – pone un termine
all’esercizio dell’azione giudiziaria da ritenere necessariamente
posto a pena di decadenza, a meno di non volerne sostenere l’assoluta
irrilevanza pur a fronte del chiaro tenore della norma e della sua coerenza con
la rilevata esigenza di certezza, che, anzi, ha indotto il legislatore a
delineare un giudizio abbreviato che mal si concilierebbe con la
proponibilità dell’azione nell’ordinario termine di prescrizione.

Ma il carattere decadenziale del termine reca
in sé – secondo ricevuti principi, come inevitabile corollario
– che la mancata impugnazione del diniego nel termine non consente la reiterabilità dell’istanza e la conseguente
impugnazione del successivo diniego laddove a questo possa riconoscersi
carattere meramente confermativo del primo.

In altre parole, il cittadino potrà reiterare l’istanza di accesso
e pretendere riscontro alla stessa in presenza di
fatti nuovi, sopravvenuti o meno, non rappresentati nell’originaria
istanza o anche a fronte di una diversa prospettazione
dell’interesse giuridicamente rilevante, cioè della posizione
legittimante all’accesso; e, in tal caso, l’originario diniego, da
intendere sempre rebus sic stantibus, ancorché
non ritualmente impugnato, non spiegherà alcun
rilievo nella successiva vicenda procedimentale e
processuale.

Ma qualora non ricorrano tali elementi di novità e il cittadino si
limiti a reiterare l’originaria istanza precedentemente respinta o, al
più, a illustrare ulteriormente le sue ragioni, l’amministrazione
ben potrà limitarsi a ribadire la propria precedente determinazione
negativa, non potendosi immaginare, anche per ragioni di buon funzionamento
dell’azione amministrativa in una cornice di reciproca correttezza dei
rapporti tra privato e amministrazione, che l’amministrazione sia tenuta
indefinitamente a prendere in esame la medesima istanza che il privato intenda
ripetutamente sottoporle senza addurre alcun elemento di novità.

Ne consegue che la determinazione successivamente assunta
dall’amministrazione, a meno che questa non proceda autonomamente a una
nuova valutazione della situazione, assume carattere meramente confermativo del
precedente diniego e non è perciò autonomamente impugnabile.

5. Facendo applicazione degli esposti principi al caso di specie, deve
ritenersi che il ricorso originario dell’odierno appellato sia
inammissibile, perché proposto avverso il solo diniego di cui alla nota
del 17 marzo 2005, da reputare meramente confermativo di quello precedente.

Ne consegue che l’appello deve essere accolto e, in riforma della
sentenza del Tribunale amministrativo, il ricorso di primo grado va dichiarato
inammissibile.

Il carattere pregiudiziale della questione risolta
rende improcedibile l’ulteriore esame
dell’appello principale.

La complessità della questione trattata e i contrasti giurisprudenziali
in ordine alla stessa inducono l’Adunanza plenaria a compensare tra le
parti le spese del doppio grado.

PQM

L’Adunanza plenaria delle
Sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato così statuisce:

a) accoglie l’appello incidentale e, in riforma della sentenza del
Tribunale amministrativo, dichiara inammissibile il ricorso di primo grado;

b) dichiara improcedibile l’appello principale;

c) compensa tra le parti le spese del doppio grado.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa