Imprese ed Aziende

Friday 16 January 2004

C’ era un cartello anticoncorrenziale nel mercato europeo del cemento. Lo sostiene la Corte di Giustizia Europea. SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione) 7 gennaio 2004 (1).

C’era un cartello anticoncorrenziale nel mercato europeo del cemento. Lo sostiene la Corte di Giustizia Europea

SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione) 7 gennaio 2004 (1).

Nei procedimenti riuniti C-204/00 P, C-205/00 P, C-211/00 P, C-213/00 P, C-217/00 P e C-219/00 P,

Aalborg Portland A/S, con sede in Aalborg (Danimarca), rappresentata dai sigg. K. Dyekjær-Hansen e K. Høegh, advokaterne (C-204/00 P),

Irish Cement Ltd, con sede in Dublino (Irlanda), rappresentata dal sig. P. Sreenan, SC, su incarico del sig. J. Glackin, solicitor, con domicilio eletto in Lussemburgo (C-205/00 P),

Ciments français SA, con sede in Parigi (Francia), rappresentata dal sig. A. Winckler, avocat, con domicilio eletto in Lussemburgo (C-211/00 P),

Italcementi – Fabbriche Riunite Cemento SpA, con sede in Bergamo, rappresentata dagli avv.ti A. Predieri, M. Siragusa, M. Beretta, C. Lanciani e F. M. Moretti, con domicilio eletto in Lussemburgo (C-213/00 P),

Buzzi Unicem SpA, già Unicem SpA, con sede in Casale Monferrato, rappresentata dagli avv.ti C. Osti e A. Prastaro, con domicilio eletto in Lussemburgo (C-217/00 P),

e

Cementir – Cementerie del Tirreno SpA , con sede in Roma, rappresentata dagli avv.ti G.M. Roberti e P. Criscuolo Gaito (C-219/00 P),

ricorrenti,

aventi ad oggetto i ricorsi diretti all’annullamento parziale della sentenza pronunciata dal Tribunale di primo grado delle Comunità europee (Quarta Sezione ampliata) il 15 marzo 2000 nelle cause riunite T-25/95, T-26/95, da T-30/95 a T-32/95, da T-34/95 a T-39/95, da T-42/95 a T-46/95, T-48/95, da T-50/95 a T-65/95, da T-68/95 a T-71/95, T-87/95, T-88/95, T-103/95 e T-104/95, Cimenteries CBR e a./Commissione (Racc. pag. II-491),

procedimento in cui l’altra parte è:

Commissione delle Comunità europee, rappresentata, nella causa C-204/00 P, dai sigg. R. Lyal e H.P. Hartvig, in qualità di agenti, e, nelle altre cause, dal sig. R. Lyal, assistito dal sig. N. Coutrelis, avocat (C-211/00 P), e dall’avv. A. Dal Ferro (C-213/00 P, C-217/00 P e C-219/00 P), con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta in primo grado,

LA CORTE (Quinta Sezione),

composta dal sig. P. Jann, facente funzione di presidente della Quinta Sezione, e dai sigg. D.A.O. Edward (relatore) e A. La Pergola, giudici,

avvocato generale: sig. D. Ruiz-Jarabo Colomer

cancelliere: sigg. H. von Holstein, cancelliere aggiunto, e H.A. Rühl, amministratore principale

vista la relazione d’udienza,

sentite le difese orali svolte dalle parti all’udienza del 4 luglio 2002, durante la quale l’Aalborg Portland A/S è stata rappresentata dall’avv. K. Dyekjær-Hansen, l’Irish Cement Ltd dal sig. P. Sreenan, la Ciments français SA dai sigg. A. Winckler, avocat, e F. Brunet, avocat, l’Italcementi – Fabbriche Riunite Cemento dagli avv.ti M. Siragusa, C. Lanciani e F.M. Moretti, la Buzzi Unicem SpA dall’avv. C. Osti, la Cementir – Cementerie del Tirreno SpA dall’avv. G.M. Roberti e dall’avv. G. Bellitti, e la Commissione, nella causa C-204/00 P, dai sigg. R. Lyal e H.P. Hartvig e, nelle altre cause, dal sig. R. Lyal, assistito dal sig. N. Coutrelis, avocat (C-211/00 P) e dall’avv. A. Dal Ferro (C-213/00 P, C-217/00 P C-219/00 P),

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza dell’11 febbraio 2003,

ha pronunciato la seguente

Sentenza [1]

1.

Con atti depositati nella cancelleria della Corte tra il 24 e il 31 marzo 2000 l’Aalborg Portland A/S (in prosieguo: l’”Aalborg”), l’Irish Cement Ltd (in prosieguo: l’”Irish Cement”), la Ciments français SA (in prosieguo: la “Ciments français”), l’Italcementi – Fabbriche Riunite Cemento SpA (in prosieguo: l’”Italcementi”), la Buzzi Unicem SpA (in prosieguo: la “Buzzi Unicem”), la quale, risultante dalla fusione tra la Fratelli Buzzi SpA e l’Unicem SpA (in prosieguo: l’”Unicem”), fa valere nel presente grado di giudizio solo gli interessi di quest’ultima, nonché la Cementir – Cementerie del Tirreno SpA (in prosieguo: la “Cementir”), hanno proposto, a norma dell’art. 49 dello Statuto CE della Corte di giustizia, ciascuna un ricorso diretto all’annullamento della sentenza pronunciata dal Tribunale di primo grado il 15 marzo 2000 nelle cause riunite T-25/95, T-26/95, da T-30/95 a T-32/95, da T-34/95 a T-39/95, da T-42/95 a T-46/95, T-48/95, da T-50/95 a T-65/95, da T-68/95 a T-71/95, T-87/95, T-88/95, T-103/95 e T-104/95, Cimenteries CBR e a./Commissione (Racc. pag. II-491; in prosieguo: la “sentenza impugnata”), con la quale quest’ultimo ha confermato, in particolare, l’esistenza della maggior parte delle infrazioni dell’art. 85, n. 1, del Trattato CE (divenuto art. 81, n. 1, CE) accertate nei loro confronti dalla decisione della Commissione 30 novembre 1994, 94/815/CE, relativa ad una procedura d’applicazione dell’art. 85 del Trattato CE (Caso IV/33.126 e 33.322 – Cemento) (GU L 343, pag. 1; in prosieguo: la “decisione Cemento”), ma per una durata più breve di quella constatata da tale decisione.

I – Fatti all’origine della controversia

2.

Dall’aprile 1989 al luglio 1990 la Commissione ha effettuato una serie di accertamenti ai sensi dell’art. 14 del regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento d’applicazione degli artt. 85 e 86 del Trattato (GU 1962, n. 13, pag. 204), presso alcuni produttori europei di cemento e associazioni di categoria del settore.

La comunicazione degli addebiti

3.

Il 25 novembre 1991 la Commissione ha inviato alle 76 imprese ed associazioni di imprese interessate una comunicazione degli addebiti (in prosieguo: la “CA”), conformemente all’art. 2, n. 1, del regolamento della Commissione 25 luglio 1963, n. 99/63/CEE, relativo alle audizioni previste all’art. 19, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 17 del Consiglio (GU 1963, n. 127, pag. 2268).

4.

La CA distingue due ordini di addebiti, vale a dire i comportamenti che si sono verificati su scala internazionale e quelli che si sono verificati a livello nazionale in taluni Stati membri. Il testo della CA, contenuto in un unico documento, non è stato tuttavia inviato in forma integrale a tutte le imprese ed associazioni coinvolte nel procedimento. Ciascuna di esse ha ricevuto solo la parte della CA relativa alle infrazioni accertate a suo carico. I capitoli relativi ai comportamenti su scala internazionale sono stati comunicati solo a 61 imprese e associazioni. I capitoli relativi ai comportamenti a livello nazionale sono stati inviati soltanto a quelle con sede nello Stato membro interessato.

5.

La Commissione non ha allegato alla CA i documenti sui quali basava le proprie conclusioni né gli altri documenti che considerava attinenti. Dato il numero elevato dei documenti di cui trattasi, essa ha preparato una cassa contenente i documenti “più importanti relativi alle intese internazionali” (in prosieguo: la “cassa”), messa a disposizione di ciascun destinatario della CA alla fine del 1991.

6.

La Commissione ha redatto un elenco di tutti i documenti registrati nei fascicoli nn. IV/33.126, IV/33.322 e IV/27.997, con indicazione, per ciascun destinatario della CA, di quelli da esso consultabili (in prosieguo: l’”elenco”). Per quanto riguarda l’accesso al fascicolo del procedimento amministrativo (in prosieguo: il “fascicolo istruttorio”), ciascuna impresa o associazione ha avuto accesso ai documenti raccolti dalla Commissione presso detta impresa o associazione, nonché ai documenti relativi ai capitoli della CA che le erano stati comunicati. I destinatari hanno avuto accesso solo al fascicolo nazionale dello Stato membro sul territorio del quale avevano la propria sede.

7.

Poiché la Commissione ha rifiutato di accogliere le domande dei destinatari di trasmettere loro i capitoli della CA che non avevano ricevuto e di consentire loro la consultazione di tutti i documenti del fascicolo istruttorio, eccetto i documenti interni e riservati, talune imprese ed associazioni, da un lato, hanno proposto, dinanzi al Tribunale, un ricorso diretto all’annullamento della decisione della Commissione recante rigetto dell’istanza di trasmissione dei documenti richiesti e, dall’altro, hanno chiesto l’adozione, con procedimento sommario, di provvedimenti provvisori diretti alla sospensione del procedimento avviato. Le domande di provvedimenti provvisori sono state respinte con ordinanza 23 marzo 1992, cause riunite da T-10/92 R a T-12/92 R, T-14/92 R e T-15/92 R, Cimenteries CBR e a./Commissione (Racc. pag. II-1571).

8.

Tutte le imprese e associazioni coinvolte hanno presentato, non oltre il 31 marzo 1992, le loro osservazioni in merito alla CA loro inviata dalla Commissione. Sono state sentite dal 1° marzo al 1° aprile 1993. Le audizioni sono state strutturate in tre fasi: una fase riguardante il mercato del cemento, aperta alla partecipazione di tutte le imprese e associazioni d’imprese; una fase dedicata alla parte internazionale della CA, alla quale potevano partecipare soltanto le imprese e associazioni d’imprese che avevano ricevuto questa parte della CA, e una fase riguardante le parti nazionali, cui potevano assistere, separatamente per ciascuna parte, le imprese e associazioni d’imprese dello Stato membro interessato.

9.

In seguito alle risposte scritte alla CA ed ai chiarimenti forniti oralmente durante le audizioni la Commissione ha deciso, il 23 settembre 1993, di rinunciare agli addebiti relativi alle intese nazionali (in prosieguo: la “decisione di rinuncia agli addebiti nazionali”). Essa ha altresì deciso di rinunciare agli addebiti relativi alla parte internazionale della CA nei confronti di dodici imprese tedesche e di sei imprese spagnole e, conseguentemente, di chiudere il procedimento avviato a loro carico.

10.

Il 5 ottobre e il 23 novembre 1994 la Commissione ha sentito il parere del comitato consultivo in materia di intese e posizioni dominanti.

La decisione Cemento

11.

Al termine del procedimento amministrativo, il 30 novembre 1994, la Commissione ha adottato la decisione Cemento, con la quale ha inflitto ammende a 42 imprese ed associazioni attive nel settore del mercato del cemento grigio. Gli importi delle ammende inflitte oscillavano fra ECU 40 000 ed ECU 32 492 000, per un totale pari a ECU 242 420 000. Inoltre, la detta decisione ha condannato sei imprese impegnate nel settore del mercato del cemento bianco ad ammende i cui importi oscillavano tra ECU 554 000 ed ECU 1 088 000, per un totale di ECU 5 546 000.

12.

Per quanto riguarda il mercato del cemento grigio, l’art. 1 della decisione Cemento ha constatato l’esistenza di un accordo generale (in prosieguo: l’”accordo Cembureau”), avente ad oggetto l’osservanza dei limiti dei mercati nazionali e la regolamentazione dei trasferimenti di cemento da un paese all’altro, in violazione dell’art. 85, n. 1, del Trattato. Per quanto riguarda le sei ricorrenti nelle impugnazioni in esame, l’inizio dell’infrazione è stato fissato dalla Commissione al 14 gennaio 1983, data in cui si è svolta una riunione dei capidelegazione dei produttori europei di cemento membri della Cembureau – Association européenne du ciment (in prosieguo: la “Cembureau”). Salvo la Ciments français, tutti i ricorrenti nelle impugnazioni in esame erano membri di tale associazione.

13.

L’accordo Cembureau è stato considerato unico e continuo dalla Commissione, in quanto sarebbe stato attuato nell’ambito di intese bilaterali o multilaterali, la cui esistenza viene constatata agli artt. 2-6 della decisione Cemento (in prosieguo: le “misure di attuazione”). In sostanza, tali misure comprendono, secondo la detta decisione:

– accordi tra la Cembureau ed i suoi membri relativi allo scambio di informazioni sui prezzi, allo scopo di facilitare l’esecuzione dell’accordo Cembureau (art. 2, n. 1, della decisione Cemento);

– pratiche concordate tra la Cembureau ed i suoi membri relative allo scambio di informazioni sui prezzi e miranti a facilitare l’esecuzione dell’accordo Cembureau (art. 2, n. 2, della decisione Cemento);

– pratiche concordate tra imprese francesi e un’impresa italiana (art. 3, n. 1, della decisione Cemento); un accordo relativo ai mercati spagnolo e portoghese (art. 3, n. 2, della decisione Cemento); accordi e pratiche concordate relativi ai mercati francese e tedesco (art. 3, n. 3, della decisione Cemento);

– una concertazione tra diversi produttori europei per reagire alle importazioni di cemento e di clinker greci negli Stati membri della Comunità verso la metà degli anni ’80. Tale concertazione avrebbe dato luogo alla costituzione della European Task Force (in prosieguo: l’”ETF”) (art. 4, n. 1, della decisione Cemento), alla creazione della società Interciment (in prosieguo: l’”Interciment”), avente come obiettivo l’attuazione di misure persuasive e dissuasive nei confronti di chiunque minacciasse la stabilità dei mercati (art. 4, n. 2, della decisione Cemento), e la partecipazione ad accordi e pratiche concordate relative all’adozione di misure dirette ad impedire e/o a ridurre le importazioni di cemento e clinker greci negli Stati membri, in particolare sul mercato italiano (art. 4, nn. 3 e 4, della decisione Cemento), e

– pratiche concordate nell’ambito di due comitati, cioè lo European Cement Export Committee (in prosieguo: l’”ECEC”) (art. 5 della decisione Cemento) e lo European Export Policy Committee (in prosieguo: l’”EPC”) (art. 6 della decisione Cemento), relativi, in particolare, allo scambio di informazioni sui prezzi, nonché alla situazione dell’offerta e della domanda nei paesi terzi importatori e nei mercati interni, allo scopo di prevenire eventuali incursioni dei concorrenti nei rispettivi mercati nazionali all’interno della Comunità.

14.

Per quanto riguarda il mercato del cemento bianco, l’art. 7 della decisione Cemento constata la partecipazione di sei imprese ad accordi e a pratiche concordate nell’ambito del White Cement Committee, relativi, in particolare, all’osservanza dei limiti dei mercati nazionali.

15.

Secondo il dispositivo della decisione Cemento, tutte le ricorrenti nelle impugnazioni in esame hanno partecipato, direttamente o indirettamente, all’accordo Cembureau nel settore del cemento grigio. Più in particolare, tale decisione descrive nel modo seguente la loro partecipazione alle misure di attuazione:

– tutte le ricorrenti nelle impugnazioni in esame, salvo la Ciments français, hanno partecipato agli scambi di informazioni sui prezzi menzionati all’art. 2 di tale decisione;

– la Ciments français ha partecipato alle pratiche concordate menzionate all’art. 3, nn. 1, lett. b), e 3, lett. a), di tale decisione;

– tutte le ricorrenti nelle impugnazioni in esame hanno partecipato alla costituzione dell’ETF, menzionata all’art. 4, n. 1, di tale decisione;

– la Ciments français, l’Italcementi, l’Unicem e la Cementir hanno partecipato alla creazione dell’Interciment, menzionata all’art. 4, n. 2, di tale decisione;

– tutte le ricorrenti nelle impugnazioni in esame hanno partecipato alle pratiche concordate miranti a sottrarre ai produttori greci il loro cliente Calcestruzzi SpA (in prosieguo: la “Calcestruzzi”), menzionate all’art. 4, n. 3, lett. a), di tale decisione, ma solo l’Italcementi, l’Unicem e la Cementir hanno partecipato ad un accordo riguardante i contratti, allo scopo di impedire importazioni di cemento greco da parte della Calcestruzzi, come menzionato all’art. 4, n. 3, lett. b), della detta decisione;

– tutte le ricorrenti nelle impugnazioni in esame, salvo la Ciments français, hanno partecipato alle pratiche concordate nell’ambito dell’ECEC menzionate all’art. 5 di tale decisione, e

– la Ciments français ha partecipato alle pratiche concordate nell’ambito dell’EPC menzionate all’art. 6 della detta decisione.

16.

La decisione Cemento ha inflitto un’ammenda globale a ciascuna impresa tenendo conto del ruolo svolto da ciascuna di esse nella conclusione dell’accordo Cembureau o nell’adozione delle misure di attuazione, nonché della durata delle infrazioni.

17.

L’art. 9 della decisione Cemento infligge alle ricorrenti nelle impugnazioni in esame, “per l’infrazione constatata all’articolo 1, la quale è stata segnatamente messa in atto con i comportamenti descritti negli articoli 2, 3, 4, 5 e 6”, nel settore del mercato del cemento grigio, ammende per gli importi seguenti:

– per l’Aalborg, ECU 4 008 000;

– per l’Irish Cement, ECU 3 524 000;

– per la Ciments Français, ECU 24 716 000;

– per l’Italcementi, ECU 32 492 000;

– per l’Unicem, ECU 11 652 000;

– per la Cementir, ECU 8 248 000.

18.

Per quanto riguarda il settore del mercato del cemento bianco, la Ciments français e l’Italcementi sono state condannate rispettivamente ad ammende di ECU 1 052 000 e di ECU 1 088 000 per la loro partecipazione agli accordi menzionati all’art. 7 della decisione Cemento.

II – Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

19.

Con atti introduttivi depositati presso la cancelleria del Tribunale tra il 14 febbraio e il 12 aprile 1995, 41 delle imprese ed associazioni oggetto della decisione Cemento, comprese le ricorrenti nelle impugnazioni in esame, hanno proposto ricorsi dinanzi al Tribunale.

20.

Esse hanno chiesto, in particolare, l’annullamento, totale o parziale, della decisione Cemento e, in subordine, l’annullamento dell’ammenda che tale decisione aveva loro inflitto, ovvero la riduzione del suo importo.

21.

Tra il 1996 e il 1997, in seguito a denunce relative a violazioni delle forme sostanziali nel corso del procedimento amministrativo, il Tribunale ha ordinato diverse misure di organizzazione del procedimento (in prosieguo: le “misure di organizzazione del procedimento”) per consentire alle ricorrenti in primo grado di individuare i brani della CA ed i documenti pertinenti che non erano stati loro comunicati nel corso del procedimento amministrativo.

22.

Più in particolare, il Tribunale ha invitato:

– la Commissione a produrre diversi documenti, compresa la CA come notificata a ciascuna impresa o associazione interessata, il verbale dell’audizione di quest’ultima, l’elenco, la cassa e la corrispondenza intercorsa durante il procedimento amministrativo tra l’istituzione e l’impresa o l’associazione interessata (in prosieguo: le “misure di organizzazione del procedimento 19 gennaio – 2 febbraio 1996”); – la Commissione ad autorizzare le ricorrenti in primo grado a consultare, nei suoi locali, i capitoli nazionali della CA e, per ciascuna intesa nazionale, a dare loro un accesso al fascicolo nazionale identico a quello di cui avevano fruito durante il procedimento amministrativo i destinatari della CA con sede nel territorio dello Stato membro considerato (in prosieguo: la “misura di organizzazione del procedimento 2 ottobre 1996”);

– le ricorrenti in primo grado ad individuare i brani della CA ed i documenti pertinenti che non erano stati loro comunicati nel corso del procedimento amministrativo e a spiegare in che modo il procedimento amministrativo avrebbe potuto raggiungere un diverso risultato se detti elementi fossero stati resi loro accessibili durante tale procedimento;

– la Commissione, con decisione notificata il 27 febbraio 1997, a precisare esattamente i documenti resi accessibili alle ricorrenti in primo grado in seguito all’adozione della misura 2 ottobre 1996, individuandoli nell’elenco. Al riguardo, dalla risposta della Commissione dell’8 e del 17 aprile 1997 risulta che essa ha reso loro accessibile solo un quarto circa dell’insieme dei fascicoli nn. IV/33.126 e IV/33.322;

– la Commissione, con decisioni notificate il 18 e il 19 giugno 1997, a depositare nella cancelleria del Tribunale, entro il 30 settembre 1997, l’originale di tutti i documenti repertoriati nell’elenco per i fascicoli nn. IV/33.126 e IV/33.322, ad eccezione dei documenti contenenti segreti commerciali o altre informazioni riservate e dei documenti interni della Commissione. La Commissione era invitata a precisare la natura di ciascun documento interno presente nell’elenco. Era del pari invitata a inserire nel fascicolo istruttorio versioni non riservate o sunti non riservati al posto dei documenti riservati;

– le 39 ricorrenti in primo grado a consultare, presso la cancelleria del Tribunale, la versione originale e non riservata dei documenti depositati dalla Commissione. Esse erano autorizzate a depositare una memoria che si limitasse ad individuare precisamente ciascun documento non reso accessibile durante il procedimento amministrativo che avrebbe potuto avere un ruolo nella loro difesa e a spiegare brevemente le ragioni per le quali detto procedimento amministrativo sarebbe potuto pervenire ad un risultato diverso se il documento di cui trattasi fosse stato reso loro accessibile. La Commissione è stata invitata a depositare un controricorso nelle cause considerate.

23.

Le udienze si sono svolte dinanzi al Tribunale nei giorni 16, 18, 23, 25 e 30 settembre 1998, nonché 2, 7, 9, 14, 16 e 21 ottobre 1998.

24.

Il 15 marzo 2000 il Tribunale ha pronunciato la sentenza impugnata, riunendo ai fini della sentenza tutte le cause relative alla decisione Cemento.

25.

Nella causa T-39/95, Ciments français/Commissione, il Tribunale ha dichiarato e statuito, al punto 12 del dispositivo della sentenza impugnata:

“- l’art. 1 della decisione [Cemento] è annullato nella parte in cui considera che la ricorrente ha partecipato all’infrazione contestata oltre il 17 febbraio 1989 e nella parte in cui constata che la ricorrente ha attuato l’accordo Cembureau (…) partecipando all’infrazione indicata nell’art. 3, n. 1, lett. b);

– l’art. 3, n. 3, lett. a), della decisione [Cemento] è annullato nella parte in cui considera che la ricorrente ha partecipato ad un accordo sulla ripartizione del mercato della Saar e nella parte in cui constata la partecipazione della ricorrente a un’infrazione all’art. 85, n. 1, del Trattato successivamente al 12 agosto 1987;

– l’art. 4, n. 1, della decisione [Cemento] è annullato nella parte in cui considera che la ricorrente ha partecipato all’infrazione contestata oltre il 31 maggio 1987;

– l’art. 4, n. 2, della decisione [Cemento] è annullato nella parte in cui considera che la ricorrente ha partecipato all’infrazione contestata oltre il 7 novembre 1988;

– l’art. 4, n. 3, lett. a), della decisione [Cemento] è annullato nei confronti della ricorrente; –

  l’art. 6 della decisione [Cemento] è annullato nella parte in cui accerta a carico della ricorrente la partecipazione all’infrazione contestata prima del 18 novembre 1983;

– l’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente nell’art. 9 della decisione [Cemento] è fissato in 12 519 000 euro;

– l’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente nell’art. 10 della decisione [Cemento] è fissato in 1 051 000 euro;

– [il ricorso è respinto per il resto;]

– la ricorrente sopporterà le proprie spese, nonché un terzo delle spese sostenute dalla Commissione;

– la Commissione sopporterà due terzi delle proprie spese”.

26.

Nella causa T-44/95, Aalborg Portland/Commissione, il Tribunale ha dichiarato e statuito, al punto 15 del dispositivo della sentenza impugnata:

“- l’art. 1 della decisione [Cemento] è annullato nella parte in cui considera che la ricorrente ha partecipato all’infrazione contestata oltre il 31 dicembre 1988;

– l’art. 2, n. 1, della decisione [Cemento] è annullato nella parte in cui constata che sono stati raggiunti accordi riguardanti scambi di informazioni sui prezzi nel corso delle riunioni del comitato esecutivo della Cembureau (…) e nella parte in cui considera che la ricorrente ha partecipato all’infrazione contestata oltre il 19 marzo 1984;

– l’art. 2, n. 2, della decisione [Cemento] è annullato nei confronti della ricorrente nella parte in cui constata che lo scambio periodico di informazioni tra la Cembureau (…) e i suoi membri ha riguardato, relativamente ai prezzi belgi e olandesi, i prezzi minimi per le forniture di cemento autotrasportate dei produttori di questi due paesi e, relativamente al Lussemburgo, i prezzi scontati praticati dal produttore di tale paese;

– l’art. 4, n. 1, della decisione [Cemento] è annullato nella parte in cui considera che la ricorrente ha partecipato all’infrazione contestata prima del 9 settembre 1986 e oltre il 31 maggio 1987;

– l’art. 4, n. 3, lett. a), della decisione [Cemento] è annullato nella parte in cui considera che la ricorrente ha partecipato all’infrazione contestata prima del 9 settembre 1986;

– l’art. 5 della decisione [Cemento] è annullato nei confronti della ricorrente;

– l’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente nell’art. 9 della decisione [Cemento] è fissato in 2 349 000 euro;

– il ricorso è respinto per il resto;

– la ricorrente sopporterà le proprie spese, nonché un terzo delle spese sostenute dalla Commissione;

– la Commissione sopporterà due terzi delle proprie spese”.

27.

Nella causa T-50/95, Unicem/Commissione, il Tribunale ha dichiarato e statuito, al punto 19 del dispositivo della sentenza impugnata:

“- l’art. 1 della decisione [Cemento] è annullato nella parte in cui considera che la ricorrente ha partecipato all’infrazione contestata prima del 9 settembre 1986 e oltre il 3 aprile 1992;

– l’art. 2, n. 1, della decisione [Cemento] è annullato nei confronti della ricorrente;

– l’art. 2, n. 2, della decisione [Cemento] è annullato nei confronti della ricorrente, da un lato, nella parte in cui constata che lo scambio periodico di informazioni tra la Cembureau (…) e i suoi membri ha riguardato, relativamente ai prezzi belgi e olandesi, i prezzi minimi per le forniture di cemento autotrasportate dei produttori di questi due paesi e, relativamente al Lussemburgo, i prezzi scontati praticati dal produttore di tale paese, nonché, d’altro lato, nella parte in cui considera che la ricorrente ha partecipato all’infrazione contestata prima del 9 settembre 1986;

– l’art. 4, n. 1, della decisione [Cemento] è annullato nella parte in cui considera che la ricorrente ha partecipato all’infrazione contestata prima del 9 settembre 1986 e oltre il 31 maggio 1987;

– l’art. 4, n. 2, della decisione [Cemento] è annullato nei confronti della ricorrente;

– l’art. 4, n. 3, lett. a), della decisione [Cemento] è annullato nella parte in cui considera che la ricorrente ha partecipato all’infrazione contestata prima del 9 settembre 1986;

– l’art. 5 della decisione [Cemento] è annullato nei confronti della ricorrente;

– l’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente nell’art. 9 della decisione [Cemento] è fissato in 6 399 000 euro;

– il ricorso è respinto per il resto;

– la ricorrente sopporterà le proprie spese, nonché un terzo delle spese sostenute dalla Commissione;

– la Commissione sopporterà due terzi delle proprie spese”.

28.

Nella causa T-60/95, Irish Cement/Commissione, il Tribunale ha dichiarato e statuito, al punto 29 del dispositivo della sentenza impugnata:

“- l’art. 1 della decisione [Cemento] è annullato nella parte in cui considera che la ricorrente ha partecipato all’infrazione contestata oltre il 31 dicembre 1988;

– l’art. 2, n. 1, della decisione [Cemento] è annullato nella parte in cui constata che sono stati raggiunti accordi riguardanti scambi di informazioni sui prezzi nel corso delle riunioni del comitato esecutivo della Cembureau (…) e nella parte in cui considera che la ricorrente ha partecipato all’infrazione contestata oltre il 19 marzo 1984;

– l’art. 2, n. 2, della decisione [Cemento] è annullato nei confronti della ricorrente nella parte in cui constata che lo scambio periodico di informazioni tra la Cembureau (…) e i suoi membri ha riguardato, relativamente ai prezzi belgi e olandesi, i prezzi minimi per le forniture di cemento autotrasportate dei produttori di questi due paesi e, relativamente al Lussemburgo, i prezzi scontati praticati dal produttore di tale paese;

– l’art. 4, n. 1, della decisione [Cemento] è annullato nella parte in cui considera che la ricorrente ha partecipato all’infrazione contestata prima del 9 settembre 1986 e oltre il 31 maggio 1987;

– l’art. 4, n. 3, lett. a), della decisione [Cemento] è annullato nella parte in cui considera che la ricorrente ha partecipato all’infrazione contestata prima del 9 settembre 1986;

– l’art. 5 della decisione [Cemento] è annullato nei confronti della ricorrente;

– l’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente nell’art. 9 della decisione [Cemento] è fissato in 2 065 000 euro;

– il ricorso è respinto per il resto;

– la ricorrente sopporterà le proprie spese, nonché un terzo delle spese sostenute dalla Commissione;

– la Commissione sopporterà due terzi delle proprie spese”.

29.

Nella causa T-65/95, Italcementi – Fabbriche Riunite Cemento/Commissione, il Tribunale ha dichiarato e statuito, al punto 34 del dispositivo della sentenza impugnata:

“- l’art. 1 della decisione [Cemento] è annullato nella parte in cui considera che la ricorrente ha partecipato all’infrazione contestata prima del 19 marzo 1984 e oltre il 3 aprile 1992;

– l’art. 2, n. 1, della decisione [Cemento] è annullato nella parte in cui constata che sono stati raggiunti accordi riguardanti scambi di informazioni sui prezzi nel corso delle riunioni del comitato esecutivo della Cembureau (…) e nella parte in cui considera che la ricorrente ha partecipato all’infrazione contestata prima del 19 marzo 1984 e oltre tale data;

– l’art. 2, n. 2, della decisione [Cemento] è annullato nei confronti della ricorrente, da un lato, nella parte in cui constata che lo scambio periodico di informazioni tra la Cembureau (…) e i suoi membri ha riguardato, relativamente ai prezzi belgi e olandesi, i prezzi minimi per le forniture di cemento autotrasportate dei produttori di questi due paesi e, relativamente al Lussemburgo, i prezzi scontati praticati dal produttore di tale paese, nonché, d’altro lato, nella parte in cui considera che la ricorrente ha partecipato all’infrazione contestata prima del 19 marzo 1984;

– l’art. 4, n. 1, della decisione [Cemento] è annullato nella parte in cui considera che la ricorrente ha partecipato all’infrazione contestata oltre il 31 maggio 1987;

– l’art. 4, n. 2, della decisione [Cemento] è annullato nella parte in cui considera che la ricorrente ha partecipato all’infrazione contestata oltre il 7 novembre 1988;

– l’art. 5 della decisione [Cemento] è annullato nei confronti della ricorrente;

– l’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente nell’art. 9 della decisione [Cemento] è fissato in 25 701 000 euro;

– il ricorso è respinto per il resto;

– la ricorrente sopporterà le proprie spese, nonché un terzo delle spese sostenute dalla Commissione;

– la Commissione sopporterà due terzi delle proprie spese”.

30.

Nella causa T-87/95, Cementir – Cementerie del Tirreno/Commissione, il Tribunale ha dichiarato e statuito, al punto 39 del dispositivo della sentenza impugnata:

“- l’art. 1 della decisione [Cemento] è annullato nella parte in cui considera che la ricorrente ha partecipato all’infrazione contestata oltre il 3 aprile 1992;

– l’art. 2, n. 1, della decisione [Cemento] è annullato nella parte in cui constata che sono stati raggiunti accordi riguardanti scambi di informazioni sui prezzi nel corso delle riunioni del comitato esecutivo della Cembureau (…) e nella parte in cui considera che la ricorrente ha partecipato all’infrazione contestata oltre il 14 gennaio 1983;

– l’art. 2, n. 2, della decisione [Cemento] è annullato nei confronti della ricorrente nella parte in cui constata che lo scambio periodico di informazioni tra la Cembureau (…) e i suoi membri ha riguardato, relativamente ai prezzi belgi e olandesi, i prezzi minimi per le forniture di cemento autotrasportate dei produttori di questi due paesi e, relativamente al Lussemburgo, i prezzi scontati praticati dal produttore di tale paese;

– l’art. 4, nn. 1 e 2, della decisione [Cemento] è annullato nei confronti della ricorrente;

– l’art. 4, n. 3, lett. a), della decisione [Cemento] è annullato nella parte in cui considera che la ricorrente ha partecipato all’infrazione contestata prima del 9 settembre 1986;

– l’art. 5 della decisione [Cemento] è annullato nei confronti della ricorrente;

– l’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente nell’art. 9 della decisione [Cemento] è fissato in 7 471 000 euro;

– il ricorso è respinto per il resto;

– la ricorrente sopporterà le proprie spese, nonché un terzo delle spese sostenute dalla Commissione; – la Commissione sopporterà due terzi delle proprie spese”.

III – Domande nelle impugnazioni

31.

L’Aalborg chiede che la Corte voglia:

– in via principale, annullare la sentenza impugnata per quanto riguarda tale società nella parte in cui conferma nei confronti di quest’ultima la decisione Cemento e rinviare la causa al Tribunale per un nuovo esame;

– in subordine, annullare parzialmente la sentenza impugnata per quanto riguarda l’Aalborg nella misura in cui conferma nei confronti di quest’ultima la decisione Cemento e rinviare la causa al Tribunale per un nuovo esame;

– in via principale, annullare l’ammenda interamente e, in subordine, parzialmente, nonché

– condannare la Commissione al pagamento delle spese sostenute dall’Aalborg nei procedimenti dinanzi al Tribunale e alla Corte.

32.

L’Irish Cement chiede che la Corte voglia:

– annullare in tutto o parzialmente la sentenza impugnata nella parte in cui conferma la decisione Cemento nei confronti di tale società;

– in subordine, dichiarare nulla la decisione Cemento e/o ridurre l’ammenda inflitta all’Irish Cement, e

– condannare la Commissione alle spese.

33.

La Ciments français chiede che la Corte voglia:

– annullare parzialmente, ai sensi degli artt. 225 CE e 54 dello Statuto CE della Corte di giustizia, la sentenza impugnata;

– annullare, ai sensi dell’art. 230 CE, la decisione Cemento;

– in subordine, ridurre, ai sensi degli artt. 229 CE e 17 del regolamento n. 17, l’ammenda inflitta alla Ciments français, e

– condannare la Commissione alle spese.

34.

L’Italcementi chiede che la Corte voglia:

– in via principale, annullare in toto la sentenza impugnata;

– in via subordinata, annullare in parte la detta sentenza:

– annullare parzialmente la decisione Cemento nella misura in cui la Corte accolga il ricorso avverso la detta sentenza;

– ridurre l’ammenda all’importo che la Corte giudicherà adeguato;

– rinviare la causa al Tribunale, qualora consideri che lo stato del procedimento non le consente, in tutto o in parte, di statuire definitivamente sulla controversia, e

– condannare la Commissione al pagamento delle spese sostenute dinanzi al Tribunale e alla Corte.

35.

La Buzzi Unicem chiede che la Corte voglia:

– in via principale, annullare la sentenza impugnata e la decisione Cemento, nonché condannare la Commissione alle spese;

– in via subordinata, nell’ipotesi in cui la Corte decida di non annullare la sentenza impugnata, ridurre la sanzione inflitta all’Unicem, e

– in ogni caso, assumere ogni altro provvedimento che si imporrà o che la Corte riterrà opportuno o di giustizia.

36.

La Cementir chiede che la Corte voglia:

– in via principale, annullare in tutto o in parte la sentenza impugnata e, conseguentemente, annullare in tutto o in parte la decisione Cemento e/o annullare, o quanto meno ridurre, l’ammenda irrogata alla Cementir;

– in subordine, annullare, in tutto o in parte, la sentenza impugnata e rimettere la causa dinanzi al Tribunale affinché la giudichi nel merito alla luce delle indicazioni che la Corte vorrà fornirgli, e

– condannare la Commissione alle spese sostenute dinanzi al Tribunale e alla Corte.

37.

La Commissione chiede che la Corte voglia:

– per quanto riguarda l’impugnazione proposta dalla Ciments français, in via principale, dichiarare irricevibile la domanda di annullamento della decisione Cemento, nonché dichiarare il ricorso infondato per il resto e, in subordine, dichiarare il ricorso globalmente infondato;

– per quanto riguarda le altre impugnazioni, dichiararle irricevibili, in quanto i motivi fatti valere non possono essere riesaminati nell’ambito di un’impugnazione e, per il resto, dichiararle infondate, e

– condannare tutte le ricorrenti nelle impugnazioni in esame al pagamento delle spese sostenute dalla Commissione nell’ambito di tali impugnazioni.

IV – Procedimento dinanzi alla Corte e motivi dell’impugnazione

38.

Con ordinanze motivate 5 giugno 2002 la Corte ha subito dichiarato manifestamente irricevibili e/o manifestamente infondati, in applicazione dell’art. 119 del regolamento di procedura, alcuni dei motivi e degli argomenti fatti valere dalle ricorrenti nelle impugnazioni in esame.

39.

I motivi dell’Aalborg che non sono stati subito respinti con l’ordinanza 5 giugno 2002, causa C-204/00 P, Aalborg Portland/Commissione (non pubblicata nella Raccolta), attengono:

– a una violazione dei diritti della difesa risultante dal mancato accesso a documenti idonei a contenere elementi a discarico;

– a un’errata imputazione della responsabilità delle violazioni dell’art. 85 del Trattato;

– a una violazione dei principi fondamentali applicabili alla fissazione delle ammende;

– a una violazione del regolamento (CEE) del Consiglio 26 novembre 1974, n. 2988, relativo alla prescrizione in materia di azioni e di esecuzione nel settore del diritto dei trasporti e della concorrenza della Comunità economica europea (GU L 319, pag. 1).

40.

I motivi dell’Irish Cement che non sono stati interamente respinti subito con l’ordinanza 5 giugno 2002, causa C-205/00 P, Irish Cement/Commissione (non pubblicata nella Raccolta), attengono:

– a un difetto di competenza del Tribunale;

– a un vizio di procedura;

– a una violazione del diritto comunitario e ad errori manifesti di valutazione per quanto riguarda le norme di procedura che tutelano i diritti della difesa e la pertinenza di talune prove documentali;

– a un difetto di motivazione, nonché ad una mancata risposta agli argomenti della ricorrente.

41.

Gli unici motivi della Ciments français che non sono stati subito respinti con l’ordinanza 5 giugno 2002, causa C-211/00 P, Ciments français/Commissione (non pubblicata nella Raccolta), riguardano:

– un errore di valutazione in merito alla cifra d’affari impiegata per il calcolo dell’importo dell’ammenda inflittale;

– una violazione del principio di proporzionalità attinente all’importo di tale ammenda.

42.

I motivi dell’Italcementi che non sono stati subito respinti con l’ordinanza 5 giugno 2002, causa C-213/00 P, Italcementi – Fabbriche Riunite Cemento/Commissione (non pubblicata nella Raccolta), attengono:

– a violazioni dei diritti della difesa derivanti dall’accesso incompleto ai documenti riportati nel fascicolo istruttorio;

– a una violazione dei diritti della difesa, a una motivazione insufficiente e ad un contrasto con una precedente decisione per quanto riguarda la rinuncia agli addebiti nazionali;

– a un’erronea applicazione del diritto comunitario, nonché a una contraddizione nella motivazione per quanto riguarda la valutazione del carattere illecito dell’accordo relativo alle convenzioni stipulate nel 1987 con la Calcestruzzi;

– a una violazione dei principi di equità, di proporzionalità e di non discriminazione per quanto riguarda l’intangibilità dell’ammenda;

– a una violazione dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, nonché a una motivazione insufficiente per quanto riguarda la valutazione della gravità dell’infrazione accertata nei confronti dell’Italcementi;

– a una violazione della stessa disposizione per quanto riguarda la valutazione della durata dell’infrazione accertata nei confronti dell’Italcementi.

43.

I motivi della Buzzi Unicem che non sono stati interamente respinti con l’ordinanza 5 giugno 2002, causa C-217/00 P, Buzzi Unicem/Commissione (non pubblicata nella Raccolta), riguardano:

– una violazione dei diritti della difesa, un’errata applicazione delle norme di diritto nonché una motivazione erronea e contraddittoria per quanto riguarda:

– il rifiuto di autorizzare l’accesso alla CA e ai documenti riportati nel fascicolo istruttorio;

– la rinuncia agli addebiti nazionali;

– i contratti stipulati tra la Calcestruzzi e i produttori italiani;

– la partecipazione dell’Unicem all’ETF;

– il collegamento tra l’ETF e l’accordo Cembureau;

– un’asserita violazione dei principi del ne bis in idem e di parità di trattamento;

– un’asserita violazione del diritto di non contribuire alla propria incriminazione;

– un errore manifesto di valutazione dei documenti probatori;

– un errore di diritto ed una motivazione insufficiente in merito alla designazione dell’Unicem come “membro diretto” della Cembureau;

– un’asserita violazione dell’art. 190 del Trattato CE (divenuto art. 253 CE), dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, del principio di parità di trattamento e del principio di proporzionalità per quanto riguarda:

– l’irrogazione di un’ammenda unica per l’insieme delle infrazioni constatate sul mercato del cemento grigio;

– la valutazione delle responsabilità rispettive nell’infrazione relativa alla partecipazione all’accordo Cembureau;

– il calcolo della durata dell’infrazione.

44.

I motivi della Cementir che non sono stati interamente respinti subito con l’ordinanza 5 giugno 2002, causa C-219/00 P, Cementir – Cementerie del Tirreno/Commissione (non pubblicata nella Raccolta), attengono:

– a una violazione dei diritti della difesa per quanto riguarda l’accesso al fascicolo istruttorio;

– a un errore di diritto, a un difetto di motivazione e a una violazione dei diritti della difesa per quanto riguarda:

– l’esistenza dell’accordo Cembureau;

– gli scambi di informazioni sui prezzi;

– le misure menzionate all’art. 4, nn. 3 e 4, della decisione Cemento;

– a un errore di diritto e a un difetto di motivazione per quanto riguarda la nozione di accordo unico e continuo;

– a un errore di diritto e a un’errata valutazione dei criteri per il calcolo della sanzione inflitta alla Cementir.

45.

Occorre, per ragioni di connessione, riunire i procedimenti in esame ai fini della sentenza, conformemente all’art. 43 del regolamento di procedura della Corte.

V – Sul controllo svolto dalla Corte nell’ambito delle impugnazioni in esame

46.

Occorre formulare talune osservazioni preliminari quanto al sindacato giurisdizionale svolto in caso di impugnazione, nonché quanto al contesto giuridico e di fatto della ricerca e della sanzione dei comportamenti anticoncorrenziali. Tali considerazioni sono dirette a chiarire l’ambito giuridico all’interno del quale la Corte procede all’esame delle impugnazioni di cui trattasi.

Il ruolo della Corte nell’ambito di un’impugnazione

47.

Nell’ambito di un’impugnazione, la Corte, nello svolgimento della funzione assegnatale, si limita ad esaminare se, in occasione dell’esercizio del suo potere di sindacato giurisdizionale, il Tribunale abbia commesso un errore di diritto. Ai sensi degli artt. 225 CE e 51, primo comma, dello Statuto CE della Corte di giustizia, l’impugnazione dev’essere limitata a questioni di diritto e fondata su motivi attinenti all’incompetenza del Tribunale, a vizi del procedimento dinanzi al Tribunale recanti pregiudizio agli interessi della parte ricorrente nonché alla violazione del diritto comunitario da parte di quest’ultimo.

48.

Il ricorso contro una sentenza del Tribunale di primo grado può quindi fondarsi solo su motivi relativi alla violazione di norme di diritto, ad esclusione di qualsiasi valutazione dei fatti. Solo il Tribunale è competente, da un lato, ad accertare i fatti, salvo il caso in cui l’inesattezza materiale dei suoi accertamenti risulti dai documenti del fascicolo ad esso sottoposto, e, dall’altro, a valutare tali fatti (v., in particolare, sentenza 16 marzo 2000, causa C-284/98 P, Parlamento/Bieber, Racc. pag. I-1527, punto 31).

49.

Ne consegue che la valutazione dei fatti, salvo il caso dello snaturamento degli elementi di prova addotti dinanzi al Tribunale, non costituisce una questione di diritto, come tale soggetta al sindacato della Corte (v., in particolare, sentenza 21 giugno 2001, cause riunite da C-280/99 P a C-282/99 P, Moccia Irma e a./Commissione, Racc. pag. I-4717, punto 78).

50.

Gli artt. 225 CE, 51, primo comma, dello Statuto CE della Corte di giustizia e 112, n. 1, primo comma, lett. c), del regolamento di procedura impongono al ricorrente che alleghi uno snaturamento di elementi di prova da parte del Tribunale di indicare con precisione gli elementi che sarebbero stati snaturati da quest’ultimo e di dimostrare gli errori di valutazione che, a suo avviso, avrebbero portato il Tribunale a tale snaturamento.

51.

Non soddisfa i requisiti risultanti da tali disposizioni l’impugnazione che, senza neppure contenere un argomento specificamente diretto ad individuare l’errore di diritto che vizierebbe la sentenza del Tribunale, si limiti a ripetere i motivi e gli argomenti già presentati dinanzi a tale giudice, compresi quelli basati su fatti esplicitamente negati da quest’ultimo. Infatti, un’impugnazione di tal genere costituisce in realtà una domanda diretta ad ottenere un semplice riesame del ricorso presentato dinanzi al Tribunale, il che esula dalla competenza della Corte (v., in particolare, ordinanza 9 luglio 1998, causa C-317/97 P, Smanor e a./Commissione, Racc. pag. I-4269, punto 21, e sentenza 4 luglio 2000, causa C-352/98 P, Bergaderm e Goupil/Commissione, Racc. pag. I-5291, punto 35).

52.

E’ in particolare sulla base di tali considerazioni che la Corte ha subito dichiarato manifestamente irricevibili alcuni dei motivi e degli argomenti fatti valere dalle ricorrenti nelle impugnazioni in esame (v. punto 38 della presente sentenza).

Il contesto giuridico e di fatto del controllo delle pratiche e degli accordi anticoncorrenziali

53.

La partecipazione di un’impresa a pratiche ed accordi anticoncorrenziali costituisce un’infrazione economica diretta a massimizzare i suoi profitti mediante, generalmente, una limitazione volontaria dell’offerta, una ripartizione artificiale del mercato ed un aumento artificioso dei prezzi. L’effetto di tali accordi o di tali pratiche è di restringere la libera concorrenza e di impedire la realizzazione del mercato comune, ostacolando in particolare il commercio intracomunitario. Tali effetti nocivi si ripercuotono direttamente sui consumatori in termini di aumenti di prezzo e di minore diversità dell’offerta. In caso di pratica o accordo anticoncorrenziale nel settore del cemento, tutto il settore della costruzione e degli alloggi, nonché il mercato immobiliare, subiscono effetti del genere.

54.

I poteri attribuiti alla Commissione dal regolamento n. 17 hanno lo scopo di consentirle di espletare il compito, ad essa affidato dall’art. 89 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 85 CE), di vegliare sull’osservanza delle norme sulla concorrenza nel mercato comune. Infatti, come risulta dal punto precedente, evitare le pratiche e gli accordi anticoncorrenziali, così come scoprirli e sanzionarli, risponde a un interesse generale.

55.

Poiché sono noti tanto il divieto di partecipare a pratiche e accordi anticoncorrenziali quanto le sanzioni che possono essere irrogate ai contravventori, di norma le attività derivanti da tali pratiche ed accordi si svolgono in modo clandestino, le riunioni sono segrete, spesso in un paese terzo, e la documentazione ad esse relativa è ridotta al minimo.

56.

Anche se la Commissione scoprisse documenti attestanti in modo esplicito un contatto illegittimo tra operatori, come i resoconti di una riunione, questi ultimi sarebbero di regola solo frammentari e sporadici, di modo che si rivela spesso necessario ricostituire taluni dettagli per via di deduzioni.

57.

Nella maggior parte dei casi, l’esistenza di una pratica o di un accordo anticoncorrenziale dev’essere dedotta da un certo numero di coincidenze e di indizi i quali, considerati nel loro insieme, possono rappresentare, in mancanza di un’altra spiegazione coerente, la prova di una violazione delle regole sulla concorrenza.

58.

Inoltre, la Commissione può trovarsi di fronte a difficoltà inerenti alle strutture complesse di taluni operatori, a ristrutturazioni e a modifiche della personalità giuridica delle imprese.

59.

Occorre in tale contesto ricordare che l’art. 85 del Trattato riguarda le attività delle “imprese”. Ai fini di tale disposizione, il cambiamento della forma giuridica e del nome dell’impresa non ha necessariamente l’effetto di creare una nuova impresa esente dalla responsabilità di comportamenti anticoncorrenziali della precedente, qualora, sotto l’aspetto economico, vi sia identità fra le due imprese (v., in tal senso, sentenza 28 marzo 1984, cause riunite 29/83 e 30/83, CRAM e Rheinzink/Commissione, Racc. pag. 1679, punto 9).

60.

Tuttavia, la comunicazione degli addebiti deve precisare in maniera inequivocabile la persona giuridica alla quale potranno essere inflitte ammende e dev’essere inviata a quest’ultima (sentenza 2 ottobre 2003, causa C-176/99 P, ARBED/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 21).

61.

Al fine di preservare l’effetto utile del potere d’indagine conferitole dall’art. 11, nn. 1 e 5, del regolamento n. 17, la Commissione ha il diritto di obbligare un’impresa, eventualmente mediante decisione, a fornirle tutte le informazioni necessarie attinenti ai fatti di cui essa possa avere conoscenza ed a comunicarle, se del caso, i relativi documenti di cui sia in possesso, anche se questi possono servire a dimostrare, nei confronti di tale impresa o di un’altra impresa, l’esistenza di un comportamento anticoncorrenziale.

62.

Il regolamento n. 17 impone all’impresa nei cui confronti viene svolta un’indagine un obbligo di attiva collaborazione, per cui deve tenere a disposizione della Commissione tutte le informazioni riguardanti l’oggetto dell’indagine (v. sentenza 18 ottobre 1989, causa 374/87, Orkem/Commissione, Racc. pag. 3283, punto 27).

63.

Nello svolgimento delle sue funzioni, la Commissione deve peraltro vegliare affinché i diritti della difesa non siano pregiudicati nell’ambito di procedimenti d’indagine previa che possano essere determinanti per la costituzione di prove attestanti l’illegittimità di comportamenti di imprese che possono farne sorgere la responsabilità (sentenza 21 settembre 1989, cause riunite 46/87 e 227/88, Hoechst/Commissione, Racc. pag. 2859, punto 15).

64.

I diritti della difesa sono diritti fondamentali che fanno parte integrante dei principi generali del diritto dei quali la Corte garantisce l’osservanza (v., in tal senso, sentenza 28 marzo 2000, causa C-7/98, Krombach, Racc. pag. I-1935, punti 25 e 26) ispirandosi alle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri e alle indicazioni fornite dai Trattati internazionali a cui gli Stati membri hanno cooperato o aderito, come la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la “CEDU”) (v. sentenza 6 marzo 2001, causa C-274/99 P, Connolly/Commissione, Racc. pag. I-1611, punti 37 e 38).

65.

Pertanto, la Commissione non può imporre all’impresa, con una richiesta di informazioni, l’obbligo di fornire risposte attraverso le quali questa sarebbe indotta ad ammettere l’esistenza dell’infrazione, che deve invece essere provata dalla Commissione (v. sentenza Orkem/Commissione, cit., punto 35).

66.

Il rispetto dei diritti della difesa esige altresì che l’impresa interessata sia stata messa in grado, durante il procedimento amministrativo, di far conoscere in modo efficace il proprio punto di vista sulla realtà e sulla rilevanza dei fatti e delle circostanze allegati, nonché sui documenti di cui la Commissione ha tenuto conto per suffragare l’asserita infrazione del Trattato (v. sentenze 7 giugno 1983, cause riunite 100/80-103/80, Musique Diffusion française e a./Commissione, Racc. pag. 1825, punto 10, e 6 aprile 1995, causa C-310/93 P, BPB Industries e British Gypsum/Commissione, Racc. pag. I-865, punto 21).

67.

In tal senso, il regolamento n. 17 prevede l’invio alle parti di una comunicazione degli addebiti che deve enunciare, in modo chiaro, tutti gli elementi essenziali sui quali si fonda la Commissione in quello stadio del procedimento. Tuttavia, tale indicazione può farsi in modo sommario e la decisione non deve necessariamente ricalcare l’elenco degli addebiti (v. sentenza Musique Diffusion française e a./Commissione, cit., punto 14), poiché tale comunicazione rappresenta un documento preparatorio le cui valutazioni di fatto e di diritto hanno un carattere puramente provvisorio (v., in tal senso, sentenza 17 novembre 1987, cause riunite 142/84 e 156/84, BAT e Reynolds/Commissione, Racc. pag. 4487, punto 70). Di conseguenza, la Commissione può, e anzi deve, tener conto delle risultanze del procedimento amministrativo, tra l’altro per rinunciare agli addebiti che si siano rivelati infondati (v. sentenza Musique Diffusion française e a./Commissione, cit., punto 14).

Il diritto di accesso al fascicolo

68.

Corollario del principio del rispetto dei diritti della difesa, il diritto di accesso al fascicolo implica che la Commissione debba dare all’impresa interessata la possibilità di procedere ad un esame di tutti i documenti presenti nel fascicolo istruttorio che potrebbero essere rilevanti per la sua difesa (v., in tal senso, sentenze del Tribunale 29 giugno 1995, causa T-30/91, Solvay/Commissione, Racc. pag. II-1775, punto 81, e della Corte 2 ottobre 2003, causa C-199/99 P, Corus UK/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punti 125-128). Questi ultimi comprendono tanto i documenti a carico quanto quelli a discarico, fatti salvi i segreti aziendali di altre imprese, i documenti interni della Commissione e le altre informazioni riservate (v. entenze 13 febbraio 1979, causa 85/76, Hoffman-La Roche/Commissione, Racc. pag. 461, punti 9 e 11; 8 luglio 1999, causa C-51/92 P, Hercules Chemicals/Commissione, Racc. pag. I-4235, punto 75, e 15 ottobre 2002, cause riunite C-238/99 P, C-244/99 P, C-245/99 P, C-247/99 P, da C-250/99 P a C-252/99 P e C-254/99 P, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, Racc. pag. I-8375, punto 315).

69.

Può infatti accadere che l’impresa attiri l’attenzione della Commissione su documenti idonei a dare una spiegazione economica diversa dalla valutazione economica globale formulata da quest’ultima, in particolare quelli che chiariscono la nozione di mercato di cui trattasi, nonché l’entità ed il comportamento delle imprese che agiscono su tale mercato (v., in tal senso, sentenza Solvay/Commissione, cit., punti 76 e 77).

70.

La Corte europea dei diritti dell’uomo ha peraltro precisato che il rispetto del principio del contraddittorio, come quello delle altre garanzie processuali sancite dall’art. 6, n. 1, della CEDU, riguarda solo il procedimento giurisdizionale dinanzi ad un “tribunale”, senza implicare alcun principio generale ed astratto secondo cui le parti devono avere, in ogni caso, la facoltà di assistere ai colloqui svolti o di ricevere comunicazione di tutti i documenti presi in considerazione che coinvolgono altri soggetti (v., in tal senso, Corte europea D.U., sentenze 19 luglio 1995, Kerojärvi/Finlandia, serie A, n. 322, paragrafo 42, e 18 marzo 1997, Mantovanelli/Francia, Recueil des arrêts et décisions 1997-II, paragrafo 33).

71.

La mancata comunicazione di un documento costituisce una violazione dei diritti della difesa solo se l’impresa interessata dimostra, da un lato, che la Commissione si è basata su tale documento per suffragare il suo addebito relativo all’esistenza di un’infrazione (v., in tal senso, sentenza 9 novembre 1983, causa 322/81, Michelin/Commissione, Racc. pag. 3461, punti 7 e 9) e, dall’altro, che tale addebito può essere provato solo facendo riferimento al detto documento (v. sentenze 25 ottobre 1983, causa 107/82, AEG/Commissione, Racc. pag. 3151, punti 24-30, e Solvay/Commissione, cit., punto 58).

72.

In presenza di altre prove documentali, di cui le parti hanno preso conoscenza durante il procedimento amministrativo, che sostengono specificamente le conclusioni della Commissione, l’eliminazione dai mezzi di prova del documento a carico non comunicato non inficerebbe la fondatezza degli addebiti accertati nella decisione contestata (v., in tal senso, citate sentenze Musique Diffusion française e a./Commissione, punto 30, e Solvay/Commissione, punto 58).

73.

All’impresa interessata spetta altresì dimostrare che il risultato al quale è pervenuta la Commissione nella sua decisione sarebbe stato diverso se dai mezzi di prova a carico avesse dovuto essere eliminato un documento non comunicato sul quale la Commissione si è basata per incriminare tale impresa.

74.

Invece, per quanto riguarda la mancata comunicazione di un documento a discarico, l’impresa interessata deve solo provare che la sua mancata divulgazione ha potuto influenzare, a scapito di quest’ultima, lo svolgimento del procedimento ed il contenuto della decisione della Commissione (v. sentenza Solvay/Commissione, cit., punto 68).

75.

E’ sufficiente che l’impresa dimostri che essa avrebbe potuto utilizzare i detti documenti a discarico per la sua difesa (v. citate sentenze Hercules Chemicals/Commissione, punto 81, e Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, punto 318), nel senso che, se essa avesse potuto avvalersene durante il procedimento amministrativo, avrebbe potuto far valere elementi che non concordavano con le deduzioni operate in quello stadio dalla Commissione e avrebbe potuto quindi influenzare, in una qualsiasi maniera, le valutazioni svolte da quest’ultima nell’eventuale decisione, almeno per quanto riguarda la gravità e la durata del comportamento contestatole e, di conseguenza, l’entità dell’ammenda (v., in tal senso, sentenza Solvay/Commissione, cit., punto 98).

76.

La possibilità che un documento non divulgato abbia potuto influire sullo svolgimento del procedimento e sul contenuto della decisione della Commissione può essere accertata solo dopo un esame provvisorio di taluni mezzi di prova che faccia emergere che i documenti non divulgati avrebbero avuto, alla luce di tali mezzi di prova, un’importanza che non avrebbe potuto essere trascurata (v. sentenza Solvay/Commissione, cit., punto 68).

77.

Nell’ambito di tale analisi provvisoria, spetta soltanto al Tribunale valutare la portata che occorre attribuire agli elementi che gli sono stati sottoposti (v. ordinanza 17 settembre 1996, causa C-19/95 P, San Marco/Commissione, Racc. pag. I-4435, punto 40). Infatti, come rammentato al punto 49 della presente sentenza, la sua valutazione dei fatti non costituisce, salvo il caso dello snaturamento degli elementi di prova, una questione di diritto soggetta, in quanto tale, al sindacato della Corte.

L’accertamento della responsabilità delle imprese

78.

Come recentemente sottolineato dal Consiglio nel quinto considerando del regolamento (CE) 16 dicembre 2002, n. 1/2003, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli artt. 81 e 82 del Trattato (GU 2003, L 1, pag. 1), alla parte o all’autorità che asserisce un’infrazione delle regole sulla concorrenza spetta l’onere di provare l’esistenza di tale infrazione ed all’impresa o all’associazione di imprese che invocano il beneficio della difesa contro l’esistenza di un’infrazione incombe l’onere di provare che le condizioni per l’applicazione di detta difesa sono soddisfatte, di modo che la detta autorità dovrà ricorrere ad altri elementi di prova.

79.

Anche se, secondo tali principi, l’onere legale della prova grava tanto sulla Commissione quanto sull’impresa o sull’associazione interessata, gli elementi di fatto che una parte fa valere possono essere tali da obbligare l’altra parte a fornire una spiegazione o una giustificazione, in mancanza della quale è lecito ritenere che l’onere della prova sia stato soddisfatto.

80.

Nella decisione Cemento la Commissione ha concluso nel senso dell’esistenza di un cartello nel settore del cemento al quale avevano partecipato, a suo avviso, 42 imprese ed associazioni fra le quali le ricorrenti nelle impugnazioni in esame. Tale decisione è stata essenzialmente confermata dal Tribunale, che ha modificato le sanzioni inflitte in funzione del suo controllo delle constatazioni fatte dalla Commissione in merito al grado di coinvolgimento e di partecipazione delle imprese al cartello. Le ricorrenti nelle impugnazioni in esame, oltre a far valere errori di diritto e di motivazione nella sentenza impugnata, contestano sostanzialmente le valutazioni del Tribunale in merito alla loro partecipazione al cartello ed al grado o alla durata di tale partecipazione.

81.

Secondo una giurisprudenza costante, è sufficiente che la Commissione dimostri che l’impresa interessata ha partecipato a riunioni durante le quali sono stati conclusi accordi di natura anticoncorrenziale, senza esservisi manifestamente opposta, affinché sia sufficientemente provata la partecipazione della detta impresa all’intesa. Ove sia stata dimostrata la partecipazione a riunioni siffatte, spetta a tale impresa dedurre indizi atti a dimostrare che la sua partecipazione alle dette riunioni era priva di qualunque spirito anticoncorrenziale, dimostrando che essa aveva dichiarato alle sue concorrenti di partecipare alle riunioni in un’ottica diversa dalla loro (v. sentenze 8 luglio 1999, causa C-199/92 P, Hüls/Commissione, Racc. pag. I-4287, punto 155, e causa C-49/92 P, Commissione/Anic Partecipazioni, Racc. pag. I-4125, punto 96).

82.

La ragione soggiacente a tale principio di diritto è che, avendo partecipato alla detta riunione senza distanziarsi pubblicamente dal suo contenuto, l’impresa ha dato l’impressione agli altri partecipanti che essa appoggiava il suo risultato e che vi si sarebbe conformata.

83.

I principi sanciti dalla giurisprudenza rammentata al punto 81 della presente sentenza valgono altresì per la partecipazione all’attuazione di un unico accordo. Per provare la partecipazione di un’impresa ad un siffatto accordo, la Commissione deve dimostrare che l’impresa intendeva contribuire con il proprio comportamento agli obiettivi comuni perseguiti da tutti i partecipanti e che era a conoscenza dei comportamenti materiali previsti o attuati da altre imprese nel perseguire i medesimi obiettivi, oppure che poteva ragionevolmente prevederli ed era pronta ad accettarne i rischi (v. sentenza Commissione/Anic Partecipazioni, cit., punto 87).

84.

Al riguardo, la tacita approvazione di un’iniziativa illecita, senza distanziarsi pubblicamente dal suo contenuto o denunciarla agli organi amministrativi, ha l’effetto di incoraggiare la continuazione dell’infrazione e pregiudica la sua scoperta. Tale complicità rappresenta una modalità passiva di partecipazione all’infrazione, idonea quindi a far sorgere la responsabilità dell’impresa nell’ambito di un unico accordo.

85.

Inoltre, la circostanza che un’impresa non dia alcun seguito ai risultati di una riunione avente un oggetto anticoncorrenziale non è atta a escludere la responsabilità della medesima per la sua partecipazione ad un’intesa, a meno che essa non abbia preso pubblicamente le distanze dal suo contenuto (v. sentenza 16 novembre 2000, causa C-291/98 P, Sarrió/Commissione, Racc. pag. I-9991, punto 50).

86.

Peraltro, il fatto che un’impresa non abbia preso parte a tutti gli elementi costitutivi di un’intesa o che abbia svolto un ruolo secondario negli aspetti cui ha partecipato non è rilevante per dimostrare l’esistenza di un’infrazione da parte sua. Occorre prendere in considerazione tali elementi solo in sede di valutazione della gravità dell’infrazione e, eventualmente, della determinazione dell’ammenda (v., in tal senso, sentenza Commissione/Anic Partecipazioni, cit., punto 90).

87.

Qualora, secondo la Commissione, la responsabilità di imprese per comportamenti anticoncorrenziali risulti dalla loro partecipazione a riunioni aventi ad oggetto tali comportamenti, spetta al Tribunale verificare se tali imprese abbiano avuto la possibilità, tanto durante il procedimento amministrativo quanto dinanzi ad esso, di confutare le conclusioni che ne erano state tratte e, eventualmente, di dimostrare circostanze che pongano sotto una luce diversa i fatti stabiliti dalla Commissione e che permettano così di dare una diversa spiegazione dei fatti rispetto a quella accolta da tale istituzione.

88.

Nell’ambito di un’impugnazione, spetta alla Corte verificare se il Tribunale non sia incorso, al riguardo, in errori di diritto o di motivazione, ovvero in uno snaturamento degli elementi di prova.

I criteri rilevanti per la fissazione dell’importo dell’ammenda

89.

L’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 determina le condizioni che devono essere soddisfatte affinché la Commissione possa infliggere ammende in caso di comportamento anticoncorrenziale. L’infrazione dev’essere stata commessa deliberatamente o per negligenza. D’altra parte, l’importo dell’ammenda è fissato in funzione della gravità dell’infrazione e, se occorre, della sua durata (v. sentenza 17 luglio 1997, causa C-219/95 P, Ferriere Nord/Commissione, Racc. pag. I-4411, punto 32).

90.

Per quanto riguarda la gravità dell’infrazione, la Corte ha dichiarato che essa dev’essere accertata sulla scorta di criteri come le circostanze proprie al caso di specie, il suo contesto e l’effetto dissuasivo delle ammende (v. sentenza Ferriere Nord/Commissione, cit., punto 33).

91.

Devono essere presi in considerazione elementi obiettivi come il contenuto e la durata dei comportamenti anticoncorrenziali, il loro numero e la loro intensità, l’estensione del mercato interessato e il deterioramento subìto dall’ordine pubblico economico. L’analisi deve considerare altresì l’importanza relativa e la parte di mercato delle imprese responsabili, nonché un’eventuale recidiva.

92.

Quando un’infrazione è stata commessa da più persone, sarà esaminata la gravità relativa della partecipazione di ciascuna di esse (v. sentenza 16 dicembre 1975, cause riunite 40/73-48/73, 50/73, 54/73-56/73, 111/73, 113/73 e 114/73, Suiker Unie e a./Commissione, Racc. pag. 1663, punti 622 e 623).

VI – Sui motivi delle impugnazioni

A – I motivi attinenti agli asseriti vizi del procedimento e ad una violazione dei diritti della difesa

1. I motivi riguardanti il ruolo del Tribunale nell’organizzazione del procedimento

Argomenti delle parti

93.

L’Aalborg, l’Irish Cement, l’Italcementi, la Buzzi Unicem e la Cementir contestano al Tribunale di aver violato norme processuali o sostanziali non annullando automaticamente la decisione Cemento, sebbene esso abbia espressamente riconosciuto, al punto 52 della sentenza impugnata, che la Commissione non aveva dato un accesso regolare al fascicolo istruttorio, poiché essa aveva negato l’accesso a circa tre quarti dei documenti ivi presenti.

94.

Con riferimento alla sentenza Hercules Chemicals/Commissione, cit., l’Italcementi e la Buzzi Unicem fanno valere che il diritto delle parti a prendere conoscenza dei documenti che costituiscono il fascicolo istruttorio rappresenta il corollario indispensabile del diritto di difendersi, strettamente connesso al diritto di essere sentiti, alla presunzione d’innocenza, alla necessità di rispettare il principio audi alteram partem durante il procedimento e al principio fondamentale della parità delle armi tra la Commissione e le imprese interessate. Il diritto d’accesso a tali documenti dovrebbe essere considerato un diritto fondamentale, ai fini dell’art. F del Trattato sull’Unione europea (divenuto, in seguito a modifica, art. 6 UE), nonché ai sensi dell’art. 6 della CEDU e dell’art. 42 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 (GU C 364, pag. 1).

95.

Il diritto d’accesso al fascicolo dovrebbe quindi essere effettivo nel contesto del procedimento amministrativo che si svolge dinanzi alla Commissione e non in quello di una fase successiva. Non si può ammettere che la Commissione, nella sua doppia funzione di autorità che notifica e di autorità che statuisce sull’esistenza eventuale delle infrazioni contestate, sia autorizzata a decidere unilateralmente sull’utilità dei documenti in suo possesso e ad impedire all’impresa interessata di prenderne conoscenza per elaborare la sua strategia di difesa nell’ambito del procedimento in contraddittorio alla quale essa partecipa con i servizi della Commissione. Ciò è vero a maggior ragione in quanto il Tribunale non avrebbe alcuna competenza per riservarsi il diritto di effettuare, nell’ambito giurisdizionale, valutazioni sulla rilevanza di documenti, ai fini dell’amministrazione della prova, che avrebbero dovuto essere svolte a livello dell’indagine amministrativa.

96.

Sottolineando che una violazione dei diritti della difesa nello stadio del procedimento amministrativo non può essere sanata durante il procedimento dinanzi al Tribunale, l’Irish Cement, l’Italcementi, la Buzzi Unicem e la Cementir contestano al Tribunale di aver tentato, con misure di organizzazione del procedimento, di rimediare al mancato rispetto, da parte della Commissione, delle esigenze del procedimento. Tale approccio sarebbe in contrasto con le citate sentenze Hercules Chemicals/Commissione e Solvay/Commissione, nonché con le sentenze del Tribunale 29 giugno 1995, causa T-36/91, ICI/Commissione (Racc. pag. II-1847), e causa T-37/91, ICI/Commissione (Racc. pag. II-1901), e con le conclusioni presentate dall’avvocato generale Warner nella causa 30/78, Distillers Company/Commissione, decisa con sentenza 10 luglio 1980 (Racc. pag. 2229).

97.

Tale modo di operare non rientrerebbe nella competenza riservata al Tribunale e altererebbe quindi l’equilibrio dei poteri e delle funzioni instaurato dal Trattato.

98.

La Commissione, pur riconoscendo che l’organizzazione di accesso al fascicolo istruttorio non è stata all’altezza del livello di trasparenza auspicabile, fa valere che l’argomento secondo cui la mancata divulgazione di documenti durante il procedimento amministrativo rappresenta un vizio del procedimento che conduce automaticamente all’annullamento della decisione presa in esito a tale procedimento è contraria tanto alla giurisprudenza menzionata al punto precedente quanto ai principi generali del diritto.

99.

Il Tribunale avrebbe verificato se ed in quale misura si fosse realmente prodotta un’irregolarità del procedimento tale da comportare l’annullamento della decisione Cemento. Ordinando le misure di organizzazione del procedimento menzionate, esso non avrebbe organizzato un accesso al fascicolo in uno stadio successivo con l’intenzione di riparare alle eventuali carenze dell’accesso accordato dalla Commissione, ma avrebbe voluto esaminare se, non mettendo a disposizione delle parti documenti utili alla loro difesa, la Commissione avesse effettivamente arrecato pregiudizio ai diritti della difesa. Di conseguenza, esso non avrebbe oltrepassato la sfera di sua competenza.

Giudizio della Corte

100.

E’ pacifico che, durante il procedimento amministrativo, la Commissione non ha comunicato la maggior parte dei documenti del fascicolo istruttorio e non ha dato alle ricorrenti nelle impugnazioni in esame un accesso regolare al fascicolo istruttorio, di modo che il procedimento amministrativo è stato sicuramente irregolare al riguardo.

101.

Tuttavia, come constatato dal Tribunale al punto 240 della sentenza impugnata, l’annullamento totale o parziale della decisione Cemento avrebbe potuto essere pronunciato su tale base solo mediante la constatazione che l’accesso irregolare al fascicolo istruttorio accordato alle imprese interessate durante il procedimento amministrativo aveva impedito loro di prendere conoscenza di documenti che avrebbero potuto eventualmente essere utili alla loro difesa e aveva in tal modo violato i loro diritti della difesa.

102.

Nell’ambito del ricorso giurisdizionale proposto contro la decisione che chiude un procedimento amministrativo, il Tribunale può ordinare misure di organizzazione del procedimento ed organizzare un accesso completo al fascicolo, per valutare se il rifiuto della Commissione di divulgare un documento o di comunicare un elemento possa nuocere alla difesa dell’impresa incriminata.

103.

Poiché tale esame si limita ad un controllo giurisdizionale dei motivi sollevati, esso non ha né per oggetto né per effetto di sostituire un’istruzione completa della causa nell’ambito di un procedimento amministrativo (v. sentenza Solvay/Commissione, cit., punti 98 e 103). E’ pacifico che la conoscenza tardiva di taluni documenti del fascicolo non sostituisce l’impresa che ha proposto un ricorso nei confronti di una decisione della Commissione nella situazione che sarebbe stata la sua se essa avesse potuto basarsi sugli stessi documenti per presentare le sue osservazioni scritte ed orali dinanzi a tale istituzione (v. sentenza Hercules Chemicals/Commissione, cit., punto 79).

104.

Inoltre, è incontestabile che qualsiasi violazione dei diritti della difesa intervenuta nella fase del procedimento amministrativo non può essere sanata dal semplice fatto che l’accesso è stato reso possibile in una fase ulteriore, in particolare nel corso del procedimento giurisdizionale relativo ad un eventuale ricorso diretto all’annullamento della decisione contestata (v. citate sentenze Hercules Chemicals/Commissione, punto 78, e Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, punto 318).

105.

Nel caso di specie, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti nelle impugnazioni in esame, il Tribunale, quando ha ordinato le misure di organizzazione del procedimento, non ha affatto tentato di sostituirsi alla Commissione nel suo ruolo di istruzione, né di sanare i vizi del procedimento imputabili a quest’ultima. Al riguardo esso ha soltanto proceduto, nell’ambito delle funzioni ad esso devolute, ad un esame provvisorio dei mezzi di prova, per determinare se avesse avuto luogo una violazione dei diritti della difesa.

106.

Poiché il Tribunale non ha commesso alcun errore di diritto ordinando le misure di organizzazione del procedimento invece di annullare subito la decisione Cemento, i motivi attinenti al ruolo del Tribunale nell’organizzazione del procedimento non sono fondati.

2. I motivi attinenti alla valutazione, da parte del Tribunale, dell’utilità di documenti per la difesa delle imprese interessate

Argomenti delle parti

107.

Le ricorrenti nelle impugnazioni in esame fanno valere diversi argomenti, con i quali esse contestano il quadro analitico esposto dal Tribunale ai punti 241-248 della sentenza impugnata.

– Sul criterio di “nesso obiettivo”

108.

L’Italcementi e la Cementir sostengono che il requisito di un nesso obiettivo, come enunciato dal Tribunale, tra i documenti non divulgati e un addebito accertato nei confronti dell’impresa interessata nella decisione Cemento è del tutto arbitrario e privo di fondamento. La sua applicazione equivarrebbe in sostanza a privare di qualsiasi significato il diritto fondamentale di accesso al fascicolo istruttorio.

109.

Da un lato, tale requisito disconoscerebbe la natura generale del diritto di accesso al fascicolo istruttorio, che sarebbe esteso alla totalità dei documenti in esso contenuti. Infatti, essa implicherebbe che anche una restrizione grave all’esercizio dei diritti della difesa durante la fase istruttoria non rappresenterebbe necessariamente un vizio del procedimento tale da invalidare la decisione finale. Dall’altro, escludendo documenti che, pur non presentando alcun nesso diretto con gli addebiti specificamente accertati nei confronti dell’impresa interessata, sono tali da gettare una luce diversa sul contenuto del mercato, nonché sul comportamento e il grado di partecipazione di quest’ultima ai fatti controversi, il Tribunale avrebbe violato il principio secondo cui qualsiasi infrazione dev’essere valutata nel suo contesto economico e di fatto.

110.

Ciò è vero a maggior ragione in quanto tali documenti potrebbero contenere elementi a discarico e, quindi, rivestire un’importanza essenziale per la fondatezza degli addebiti accertati contro un’impresa determinata. Fornendo indicazioni utili sul mercato, essi potrebbero influire sul significato stesso e sulla forza probatoria di documenti che si ritiene contengano la prova dell’infrazione.

111.

La Commissione, invece, approva pienamente il requisito di un nesso obiettivo, applicato dal Tribunale nella sentenza impugnata. Un documento privo di collegamento con gli addebiti contenuti nella decisione Cemento non può infatti comparire nell’ambito dell’infrazione contestata dalla detta decisione e sarebbe difficile distinguere in che modo possa essere utile all’impresa un documento senza alcun rapporto con gli addebiti accertati nei suoi confronti.

– Sul criterio relativo alla conseguenza della mancata divulgazione di documenti

112.

L’Irish Cement, l’Italcementi, la Buzzi Unicem e la Cementir contestano l’affermazione del Tribunale, al punto 247 della sentenza impugnata, secondo cui la mancata divulgazione di un documento può costituire una violazione dei diritti della difesa solo nell’ipotesi in cui, alla luce degli elementi di prova forniti dalla Commissione a sostegno degli addebiti presi in considerazione nella decisione Cemento, la produzione di tale documento avrebbe avuto una possibilità, anche minima, di far giungere il procedimento amministrativo a un risultato diverso se l’impresa avesse potuto avvalersene durante tale procedimento.

113.

In primo luogo, l’Italcementi critica l’applicazione di tale principio al caso di specie. A suo avviso, vi sarebbe una diversità palese ed arbitraria tra l’esame teorico al quale il Tribunale ha espressamente affermato di voler limitare le proprie verifiche e l’esame pratico dell’utilità dei diversi documenti non comunicati che esso avrebbe di fatto svolto in gran parte della sentenza impugnata.

114.

Secondo l’Italcementi e la Cementir, il Tribunale ha confuso la valutazione dei motivi di forma avanzati dalle ricorrenti in primo grado con l’analisi di merito della rilevanza effettiva di documenti ai fini dell’apprezzamento della fondatezza degli addebiti accertati dalla Commissione. Esso avrebbe così finito per sostituire la propria valutazione a quella che la Commissione avrebbe dovuto effettuare in pendenza del procedimento amministrativo. In tal modo, il Tribunale avrebbe agito come giudice di ultima – ed unica – istanza, privando le imprese interessate del loro diritto ad un vaglio della loro posizione prima da parte dell’autorità amministrativa e poi da parte dell’autorità giudiziaria.

115.

Secondo l’Irish Cement, il Tribunale non disponeva del potere di trarre le conclusioni alle quali è giunto, in quanto gli era impossibile porsi effettivamente nella stessa situazione, con lo stesso livello di conoscenza e di comprensione della Commissione nel 1992 e nel 1993.

116.

In secondo luogo, l’Irish Cement, l’Italcementi, la Buzzi Unicem e la Cementir sostengono che, adottando tale criterio arbitrario, il Tribunale ha commesso un errore di diritto ed ha violato i principi sanciti nelle citate sentenze Hercules Chemicals/Commissione, Solvay/Commissione e nella sentenza 29 giugno 1995, causa T-36/91, ICI/Commissione. Secondo l’Irish Cement, la distinzione operata dal Tribunale per allontanarsi da tale giurisprudenza è fondata su un ragionamento circolare che implica un pregiudizio della soluzione della controversia.

117.

Tanto l’Italcementi quanto la Buzzi Unicem fanno valere il fatto che, nella sentenza Hercules Chemicals/Commissione, cit., la Corte ha precisato che non è necessario che le imprese provino ex post che la loro conoscenza eventuale del fascicolo durante il procedimento amministrativo avrebbe condotto la Commissione ad adottare una decisione finale radicalmente diversa da quella effettivamente presa. Sarebbe sufficiente che queste ultime provassero che i documenti non comunicati avrebbero potuto presentare una qualsiasi utilità per la loro difesa.

118.

Tale regola di valutazione – meno restrittiva – consentirebbe anche di evitare che il Tribunale, nell’ambito del suo controllo giurisdizionale, svolga una valutazione analitica del significato e delle implicazioni dei diversi documenti rimasti inaccessibili durante la fase istruttoria.

119.

Infine, l’Italcementi, la Buzzi Unicem e la Cementir sostengono che, in violazione del principio secondo cui spetta alla Commissione fornire la prova che un’infrazione è stata commessa, l’approccio adottato dal Tribunale ha come conseguenza quella di invertire i ruoli, imponendo alle imprese interessate l’onere di dimostrare che i documenti di cui esse non avevano fino ad allora conoscenza sono, di per sé, idonei a confutare le conclusioni formulate nella decisione della Commissione.

– Sulla rilevanza di prove documentali specifiche

120.

In primo luogo, facendo valere la debolezza delle prove apportate dalla Commissione a sostegno dell’esistenza dell’accordo Cembureau, tanto l’Irish Cement quanto l’Italcementi contestano l’affermazione del Tribunale, al punto 260 della sentenza impugnata, secondo cui la Commissione ha basato la constatazione di infrazioni nella CA e nella decisione Cemento “unicamente su prove documentali dirette”. Secondo la Cementir, tale criterio – che conduce il Tribunale a svolgere una specie di indagine differita sul significato e sulle implicazioni dei documenti non comunicati – non trova alcun fondamento nella giurisprudenza comunitaria.

121.

Secondo l’Italcementi, concludendo nel senso che essa aveva aderito all’oggetto dell’accordo Cembureau per il semplice fatto di aver partecipato alla riunione dei capidelegazione dei produttori europei di cemento membri della Cembureau del 19 marzo 1984 (in prosieguo: la “riunione del 19 marzo 1984”) senza manifestare pubblicamente il suo dissenso, il Tribunale si è basato su un’interpretazione estensiva del concetto di prova diretta ed ha ammesso un uso smisurato di presunzioni, il che giustificherebbe l’annullamento della sentenza impugnata.

122.

In secondo luogo, l’Irish Cement, l’Italcementi e la Cementir contestano al Tribunale di aver male interpretato la sentenza 29 giugno 1995, causa T-37/91, ICI/Commissione, cit., esigendo dalle ricorrenti in primo grado la prova che gli elementi del fascicolo istruttorio rimasti inaccessibili contraddicevano il tenore delle prove dirette addotte dalla Commissione. Esso avrebbe così escluso a priori l’utilità di documenti che avrebbero potuto dare un’altra spiegazione economica dei comportamenti dei produttori di cemento sul mercato. Tale modo di operare avrebbe seriamente limitato le loro possibilità di difesa.

123.

Inoltre, la Cementir rileva che, nella sentenza 29 giugno 1995, causa T-37/91, ICI/Commissione, cit., il Tribunale si è chiaramente limitato ad una valutazione generale ex ante e non ha proceduto ad una valutazione ex post del contenuto specifico e della rilevanza di ciascun documento non comunicato sotto il profilo probatorio.

124.

Infine, la Buzzi Unicem fa valere che la motivazione del Tribunale è contraddittoria. Il Tribunale avrebbe chiaramente indicato, al punto 264 della sentenza impugnata, in un modo incompatibile con i principi emersi al punto precedente di tale sentenza, che la presentazione di altre spiegazioni economiche non avrebbe comunque potuto far giungere il procedimento amministrativo ad un diverso risultato, proprio perché la fondatezza della tesi della Commissione sarebbe stata confermata da prove documentali dirette.

Giudizio della Corte

125.

Il problema di sapere se il Tribunale abbia applicato criteri corretti per determinare se l’esclusione, da parte della Commissione, di un determinato documento abbia arrecato pregiudizio ai diritti della difesa di un’impresa incriminata è un problema di diritto che può formare oggetto di un controllo da parte della Corte. Lo stesso vale per il problema di sapere se un documento debba essere qualificato come “documento a discarico” che può essere utile alla difesa di un’impresa (v., in tal senso, sentenza Corus/Commissione, cit., punto 131).

126.

Per quanto riguarda, in primo luogo, il criterio del nesso obiettivo, la determinazione dei documenti utili alla difesa dell’impresa interessata non può spettare alla sola Commissione, che notifica gli addebiti e adotta la decisione che infligge una sanzione (v. sentenza Solvay/Commissione, cit., punti 81 e 83). Tuttavia, le è consentito di escludere dal procedimento amministrativo gli elementi che non hanno alcun rapporto con le considerazioni di fatto e di diritto riportate nella comunicazione degli addebiti e che non hanno, quindi, alcuna rilevanza per l’indagine. Un ricorrente non può utilmente invocare come motivo di annullamento la mancata comunicazione di documenti non rilevanti.

127.

Occorre al riguardo rilevare che una violazione dei diritti della difesa dev’essere esaminata in relazione alle circostanze specifiche del caso di specie, in quanto è sostanzialmente legata agli addebiti di cui la Commissione ha tenuto conto per dimostrare l’infrazione contestata all’impresa interessata (v. sentenza Solvay/Commissione, cit., punto 60).

128.

Contrariamente a quanto sostenuto dall’Italcementi e dalla Cementir, il criterio di un nesso obiettivo non esclude i documenti che contengono elementi a discarico o anche indicazioni sul contesto del mercato o sul comportamento degli operatori presenti su tale mercato, a condizione che essi facciano riferimento in modo obiettivo agli addebiti eventualmente ascritti all’impresa interessata.

129.

Il Tribunale non ha quindi commesso alcun errore di diritto giudicando, al punto 241 della sentenza impugnata, che occorreva esaminare se i documenti che non erano stati resi accessibili durante il procedimento amministrativo presentassero un nesso obiettivo con un qualsiasi addebito ascritto all’impresa nella decisione Cemento.

130.

Per quanto riguarda poi i criteri di valutazione ai quali il Tribunale ha fatto ricorso nel caso di specie per giudicare se la mancata divulgazione di un documento abbia potuto nuocere alla difesa di un’impresa interessata durante il procedimento amministrativo, occorre operare, come fatto dal Tribunale ai punti 237-248 e 281-379 della sentenza impugnata, una distinzione tra l’accesso a documenti idonei a discolpare l’impresa e l’accesso a documenti che provano l’esistenza dell’infrazione contestata (v. sentenza 29 giugno 1995, causa T-37/91, ICI/Commissione, cit., punto 60).

131.

Il Tribunale non ha commesso alcun errore di diritto giudicando, ai punti 241 e 247 della sentenza impugnata, che esso doveva valutare, alla luce degli elementi di prova presentati dalla Commissione a sostegno degli addebiti formulati nella decisione Cemento, se la divulgazione di un documento avesse avuto una possibilità, anche minima, di far giungere il procedimento amministrativo ad un risultato diverso nell’ipotesi in cui l’impresa interessata avesse potuto avvalersene nel corso del detto procedimento. Così facendo, esso ha solo enunciato la condizione secondo cui tale impresa deve dimostrare che un documento avrebbe potuto essere utile per la sua difesa.

132.

Un esame siffatto implica necessariamente che il Tribunale proceda ad un’analisi comparativa e provvisoria del valore probatorio dei documenti non divulgati nonché degli elementi di prova che la Commissione considera sufficienti per giungere alle conclusioni formulate nella decisione Cemento. Qualora la Commissione accerti che l’impresa di cui trattasi ha partecipato ad una misura anticoncorrenziale, spetta a tale impresa fornire, ricorrendo non solo a documenti non divulgati, ma altresì a tutti i mezzi di cui dispone, una diversa spiegazione del suo comportamento. Ne deriva che gli addebiti relativi ad un’asserita inversione dell’onere della prova e ad un’asserita violazione della presunzione d’innocenza non sono fondati.

133.

Infine, il Tribunale non ha commesso alcun errore di diritto dichiarando, ai punti 260-264 della sentenza impugnata, che, qualora la Commissione, per accertare diverse infrazioni e la partecipazione di imprese a queste ultime, si fondi, tanto nella CA quanto nella decisione Cemento, unicamente su prove documentali dirette, le dette imprese devono dimostrare che elementi rimasti inaccessibili nel corso del procedimento amministrativo contraddicono il tenore di tali prove o, quanto meno, offrono di esse una luce diversa. Inoltre, contrariamente a quanto sostenuto dalla Buzzi Unicem, tali punti non comportano alcuna contraddizione.

134.

Alla luce di quanto precede, i motivi relativi alla valutazione, da parte del Tribunale, dell’utilità di documenti per la difesa delle imprese interessate devono essere respinti.

3. I diversi motivi riguardanti l’applicazione alle circostanze di specie, da parte del Tribunale, dei criteri relativi alla forza probatoria di documenti non divulgati

Argomenti delle parti

135.

L’Aalborg, l’Irish Cement e la Cementir contestano al Tribunale di aver applicato in modo troppo restrittivo nel caso di specie i principi da esso enunciati al punto 247 della sentenza impugnata per la valutazione del valore probatorio dei documenti non divulgati.

– Le prove attinenti all’esistenza dell’accordo Cembureau (infrazione riportata all’art. 1 della decisione Cemento)

136.

In primo luogo, la Cementir contesta al Tribunale di aver rifiutato di riaprire la fase orale del procedimento nonostante il fatto che la Commissione avesse espressamente riconosciuto dinanzi a tale giudice, durante le udienze, che le imprese interessate avrebbero dovuto avere accesso, durante il procedimento amministrativo, alla nota del sig. Toscano del 17 febbraio 1983 (in prosieguo: la “nota del sig. Toscano”), riguardante la riunione dei capidelegazione dei produttori europei di cemento membri della Cembureau del 14 gennaio 1983 (in prosieguo: la “riunione del 14 gennaio 1983”), nota secondo cui, durante la detta riunione, si sarebbe discusso di problemi di dumping. Tali dichiarazioni sarebbero fondamentali per valutare correttamente la rilevanza della nota del sig. Toscano e quindi le conseguenze del mancato accesso a tale documento durante il procedimento amministrativo.

137.

In secondo luogo, l’Aalborg, l’Irish Cement e la Cementir considerano manifestamente errata la valutazione del Tribunale, ai punti 1122-1132 della sentenza impugnata, secondo cui l’impiego della nota del sig. Toscano nell’ambito della loro difesa non avrebbe comportato una possibilità, anche minima, di far giungere il procedimento amministrativo ad un risultato diverso.

138.

Secondo l’Irish Cement, il Tribunale non ha risposto al suo argomento secondo cui la detta nota inficerebbe l’interpretazione data dalla Commissione in merito all’obiettivo o al contenuto della riunione del 14 gennaio 1983. Secondo la Cementir, tale nota, che fa riferimento esclusivamente a discussioni relative ad importazioni in dumping da altri paesi del continente, fornisce un’altra interpretazione dell’ordine del giorno della detta riunione. Il Tribunale avrebbe dunque dovuto considerare che essa rappresentava un documento “utile” per la difesa e che la sua mancata comunicazione violava i diritti della difesa.

139.

Secondo l’Aalborg, la nota del sig. Toscano, che sarebbe un documento interno che rende conto direttamente della riunione del 14 gennaio 1983, senza riferirsi in alcun modo ad un accordo anticoncorrenziale, avrebbe potuto evidentemente avere un’incidenza determinante sull’esito del procedimento amministrativo.

140.

L’Irish Cement contesta al Tribunale di aver commesso un errore attribuendo più importanza ai documenti preparatori della riunione del 14 gennaio 1983 fatti valere dalla Commissione che a un resoconto autentico della stessa riunione. Esso non avrebbe dato alcuna spiegazione circa la ragione per la quale ha respinto l’argomento secondo cui un passaggio della nota del sig. Toscano confermava che l’intenzione dei partecipanti a tale riunione era di rispettare le regole comunitarie della concorrenza.

141.

Secondo l’Irish Cement, il Tribunale si è altresì sbagliato concludendo nel senso che la nota del sig. Toscano non sembrava costituire un resoconto esaustivo della riunione. Il Tribunale sarebbe quindi caduto nella trappola di un ragionamento circolare ed avrebbe effettivamente spostato l’onere della prova dalla Commissione all’impresa.

142.

La Cementir aggiunge che il valore probatorio della nota del sig. Toscano è rafforzato da altri due documenti, menzionati al punto 1131 della sentenza impugnata, che non conterrebbero alcuna traccia di una discussione sulla regola del rispetto dei mercati nazionali. Di conseguenza, vi sarebbe una serie di elementi probatori che confutano chiaramente la tesi della Commissione secondo cui il tema degli scambi infraeuropei trattato nella riunione del 14 gennaio 1983 implicava necessariamente che i partecipanti a tale riunione intendessero concludere un accordo anticoncorrenziale.

143.

L’Aalborg contesta al Tribunale di avere erroneamente concluso, ai punti 1209-1213 della sentenza impugnata, nel senso che diversi documenti relativi al dumping e un sistema di punti di parità non erano idonei a mettere in una luce diversa le diverse prove documentali dirette citate nella CA e nella decisione Cemento.

144.

Da un lato, l’Aalborg fa valere che essa avrebbe potuto far riferimento, durante il procedimento amministrativo, ai fascicoli di notifica presentati dalla Cement Makers’ Federation britannica (in prosieguo: la “CMF”), nonché ai contatti intercorsi tra l’industria europea del cemento e la Commissione in merito all’introduzione di un sistema di formazione di prezzi (in prosieguo: il “BPS”), per dimostrare che la presentazione del sig. Van Hove durante la riunione del 14 gennaio 1983 riguardava un sistema di punti di parità legale e che l’oggetto delle discussioni condotte era l’instaurazione su scala bilaterale o europea, nel rispetto del diritto comunitario della concorrenza, di un sistema di formazione dei prezzi analogo al BPS.

145.

D’altro lato, l’Aalborg sostiene che essa avrebbe potuto fondarsi su diversi altri documenti (inclusi la lettera del sig. Van Hove del 18 febbraio 1983 e il documento n. 33.126/6162, che allude alle “regole del gioco”) per suffragare il suo argomento secondo cui il dumping era il soggetto al quale erano in realtà dedicate le riunioni di cui trattasi del 1983 e del 1984.

146.

Il Tribunale avrebbe quindi applicato un criterio più restrittivo di quello sancito dalla giurisprudenza comunitaria. L’errore di diritto così commesso dovrebbe condurre, secondo l’Aalborg, all’annullamento in toto della sentenza impugnata.

– Le prove relative agli scambi di informazioni sui prezzi (infrazioni menzionate all’art. 2 della decisione Cemento)

147.

La Cementir contesta al Tribunale di aver rifiutato di prendere in considerazione documenti che avrebbero confermato come i prezzi praticati da una società variavano marcatamente in funzione di vari fattori. A suo avviso, tali documenti presentavano un’utilità obiettiva ai fini della difesa, in quanto dimostravano che gli scambi di informazioni sui prezzi non potevano in alcun modo contribuire alla funzionalità dell’asserito accordo Cembureau. Essi sarebbero quindi idonei a porre in una prospettiva diversa gli elementi presi in considerazione dalla Commissione.

– Le prove attinenti alla riunione nel corso della quale è stato costituito l’ETF (infrazione menzionata all’art. 4, n. 1, della decisione Cemento)

148.

Secondo l’Aalborg, diversi documenti contenenti elementi a discarico, compresi i resoconti di riunioni della CMF, una nota interna della società Blue Circle Industries plc (in prosieguo: la “Blue Circle”) ed altri documenti relativi ad iniziative di lobbying, avrebbero potuto suffragare il suo argomento secondo cui la sua presenza alla riunione dei produttori europei di cemento membri della Cembureau a Baden-Baden (Germania) del 9 settembre 1986 (in prosieguo: la “riunione del 9 settembre 1986”), nel corso della quale è stato costituito l’ETF, non era il segno della sua partecipazione all’intesa illecita dell’ETF. L’Aalborg avrebbe solo partecipato a una riunione di preparazione, nell’ambito di attività di lobbying, di un’azione di sensibilizzazione, prevista l’indomani a Strasburgo (Francia), di membri del Parlamento europeo nei confronti del problema posto dalle sovvenzioni illegali accordate dalla Repubblica ellenica alla sua industria del cemento.

149.

Più in particolare, l’Aalborg sottolinea l’importanza di tali documenti come elementi a discarico, in quanto essi dimostrerebbero la sua passività durante una breve riunione, nell’ambito della quale gli altri partecipanti avrebbero saputo che essa era presente con uno scopo diverso e lecito. Di conseguenza, tali documenti avrebbero dovuto influenzare il grado della sua responsabilità per quanto riguarda l’ETF, nonché l’importo dell’ammenda inflitta.

150.

L’Aalborg contesta al Tribunale di aver erroneamente concluso, ai punti 2888-2898 della sentenza impugnata, nel senso che nessuno dei suoi commenti avrebbe avuto una possibilità, anche minima, di far giungere il procedimento amministrativo ad un risultato diverso. A suo avviso, il Tribunale non ha applicato in pratica il criterio da esso esposto al punto 241 della sentenza impugnata. Infatti, il suo approccio esigerebbe dall’impresa interessata che essa provi con certezza che, se fossero stati divulgati i documenti di cui trattasi, sarebbe stata adottata un’altra decisione, fondata su una valutazione di prove diverse. In realtà, il Tribunale avrebbe riconosciuto al detto criterio un campo di applicazione talmente limitato che non sussisterebbe alcun caso in cui violazioni, anche molto gravi, del diritto di accesso al fascicolo e, quindi, dei diritti della difesa delle imprese potrebbero comportare conseguenze.

151.

Pertanto, il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto nell’applicazione del criterio dell’utilità dei documenti per la difesa, come esso risulta dalla giurisprudenza comunitaria, il che implicherebbe che la sentenza impugnata debba essere annullata in toto o, in ogni caso, parzialmente, nella parte in cui conferma le infrazioni relative all’ETF.

– Le prove riguardanti gli accordi con la Calcestruzzi [infrazione menzionata all’art. 4, n. 3, lett. a), della decisione Cemento]

152.

La Cementir contesta al Tribunale di aver omesso di spiegare le ragioni per cui esso non ha tenuto conto dei documenti seguenti, che confermerebbero che la sua partecipazione agli accordi con la Calcestruzzi era guidata esclusivamente da considerazioni commerciali:

– il verbale della riunione del 23 luglio 1986 del consiglio di amministrazione della Heracles General Cement Company (in prosieguo: la “Heracles”) (documenti nn. 33.126/19878-19880), che dimostra, secondo la Cementir, che la Heracles e la Titan Cement Company SA (in prosieguo: la “Titan”) avevano concluso tra loro accordi per far fronte ad una comune fornitura in Italia e conferma la fondatezza della sua tesi secondo cui, considerata la rilevanza del volume della domanda espressa dalla Calcestruzzi, la Cementir doveva partecipare a un accordo che coinvolgeva altri produttori, accordo sottoscritto unicamente per ragioni commerciali;

– i documenti nn. 33.126/2945-2951, 2934, 2935, 3065-3068 e 2954-2966, che mostrerebbero, secondo la Cementir, che taluni produttori italiani avevano adottato misure “locali” dirette a tutelare il loro mercato dalle importazioni provenienti dalla Grecia, misure che non avrebbero avuto alcun collegamento con l’accordo Cembureau;

– i documenti nn. 33.126/19369-19377, 19387, 19389 e 19412, nonché nn. 20275-20282, 20294, 19889, 19781, 20124-20137, 20140-20156, 19433, 20001, 19401 e 19410, che, esponendo la marcata penetrazione delle importazioni greche in Italia, suffragano, secondo la Cementir, la sua tesi secondo cui gli accordi con la Calcestruzzi non hanno prodotto alcun effetto pregiudizievole sul commercio di cemento tra l’Italia e la Grecia.

153.

Rammentando che non esistono prove dirette del fatto che la sua adesione agli accordi con la Calcestruzzi era connessa a discussioni all’interno dell’ETF, la Cementir sostiene che il Tribunale non ha correttamente valutato la rilevanza dei documenti di cui trattasi per garantire il pieno esercizio dei diritti della difesa e che esso ha trascurato in particolare elementi di sicura importanza che pongono in una luce completamente diversa la condotta commerciale dell’impresa.

– Le prove riguardanti l’accordo tra cementieri italiani [infrazione menzionata all’art. 4, n. 3, lett. b), della decisione Cemento]

154.

Secondo l’Italcementi, il Tribunale ha commesso un errore di interpretazione quando ha considerato, al punto 118 della sentenza impugnata, che il nesso inscindibile tra le intese nazionali e le intese internazionali esisteva in un solo senso, dato che l’accordo Cembureau e le misure di attuazione di quest’ultimo a livello internazionale non dipendevano in alcun modo dall’esistenza di intese nazionali.

155.

L’Italcementi contesta al Tribunale di avere giudicato, sulla base di tale ragionamento errato, che la prova dell’esistenza di intese illecite a livello nazionale era priva d’interesse e non aveva alcun impatto sui rapporti intracomunitari. Esso si sarebbe quindi astenuto, in violazione dei diritti della difesa, dall’esaminare i documenti prodotti dall’Italcementi a sostegno della sua analisi complessa e dettagliata dei rapporti tra cementieri a livello nazionale, compiuta a seguito della consultazione del fascicolo amministrativo.

Giudizio della Corte

– Sulle prove riguardanti l’esistenza dell’accordo Cembureau

156.

Per quanto riguarda il rifiuto del Tribunale di accogliere la domanda della Cementir diretta ad ottenere la riapertura della fase orale del procedimento, tale giudice ha giustamente riconosciuto, al punto 1123 della sentenza impugnata, che la nota del sig. Toscano era rilevante per la difesa nel senso che essa faceva direttamente riferimento agli addebiti formulati dalla Commissione e che, pertanto, tale documento del fascicolo istruttorio avrebbe dovuto essere comunicato alle imprese oggetto dell’indagine.

157.

Tuttavia, la mancata divulgazione di tale nota non implica automaticamente una violazione dei diritti della difesa. Le dichiarazioni della Commissione durante le udienze dinanzi al Tribunale hanno avuto come oggetto solo quello di ribadire tale posizione e quindi non costituiscono affatto una qualsivoglia confessione. Esse non hanno avuto alcuna incidenza decisiva sul corso del procedimento.

158.

Per quanto riguarda la valutazione, da parte del Tribunale, dell’utilità della nota del sig. Toscano come documento a discarico per la difesa delle imprese incriminate, il Tribunale non ha mai negato che tale nota provasse il fatto che, in occasione della riunione del 14 gennaio 1983, era stato discusso il problema delle importazioni di cemento in dumping (v. punto 1130 della sentenza impugnata). Tuttavia, secondo la valutazione del Tribunale, letta alla luce degli altri elementi di prova, la detta nota non può essere considerata lo specchio fedele ed esauriente delle discussioni svoltesi durante la detta riunione e non poteva giustificare una diversa interpretazione delle prove documentali dirette su cui si è basata la Commissione (v. punti 1129 e 1130 della sentenza impugnata).

159.

Le ricorrenti nelle impugnazioni in esame non hanno indicato in modo preciso gli elementi che sarebbero stati snaturati dal Tribunale e non hanno dimostrato gli errori che l’avrebbero condotto a tale snaturamento.

160.

D’altra parte, contrariamente a quanto sostenuto dall’Irish Cement, il Tribunale non ha erroneamente attribuito più importanza ai documenti preparatori della riunione del 14 gennaio 1983 fatti valere dalla Commissione che al resoconto di tale riunione, bensì ha considerato che la nota del sig. Toscano fosse irrilevante rispetto agli elementi di prova presentati dalla Commissione.

161.

Inoltre, le censure dedotte dall’Irish Cement per il fatto che il Tribunale non avrebbe risposto ai suoi argomenti relativi alla nota del sig. Toscano non possono essere accolte. Il Tribunale ha risposto in modo dettagliato ai detti argomenti ai punti 1126-1130 della sentenza impugnata prima di dichiararli infondati e l’Irish Cement non può contestare il ragionamento del Tribunale per il solo motivo che essa avrebbe preferito una diversa interpretazione.

162.

Secondo il Tribunale, le diverse prove documentali menzionate ai punti 9 e 61 della CA, nonché ai punti 18, 19 e 45 della motivazione della decisione Cemento, hanno dimostrato in misura sufficiente che, durante la riunione del 14 gennaio 1983, i capidelegazione si sono accordati sul principio dell’osservanza dei limiti dei mercati nazionali. Secondo la valutazione del Tribunale, i documenti a discarico fatti valere dalle ricorrenti in primo grado provavano al massimo che anche i problemi del dumping e del BPS erano stati discussi durante tale riunione. Essi non potevano giustificare una diversa interpretazione delle prove documentali dirette sulle quali si era fondata la Commissione (v. punti 1183 e 1211 della sentenza impugnata).

163.

Il Tribunale ha concluso nel senso che l’insieme di tali documenti era irrilevante rispetto agli elementi di prova fatti valere dalla Commissione.

164.

L’Aalborg si limita a riprodurre testualmente gli argomenti da essa fatti valere dinanzi al Tribunale, senza indicare in modo preciso gli elementi che sarebbero stati snaturati dal Tribunale o dimostrare gli errori che l’avrebbero condotto a tale snaturamento. Per i motivi esposti ai punti 47-52 della presente sentenza, tali argomenti devono essere pertanto respinti.

– Sulle prove relative agli scambi d’informazioni sui prezzi

165.

Il motivo della Cementir attinente ad una violazione dei diritti della difesa mira a inficiare la fondatezza della conclusione del Tribunale secondo cui gli scambi di informazioni sui prezzi contestati costituivano una misura di attuazione dell’accordo Cembureau. Contrariamente a quanto sostenuto dalla Cementir, risulta chiaramente dai punti 1772 e 1773 della sentenza impugnata che il Tribunale ha constatato che i detti documenti erano stati presi in considerazione dalla Commissione durante il procedimento amministrativo, ma non apparivano a quest’ultima sufficientemente convincenti alla luce delle altre prove di cui disponeva. I commenti aggiuntivi che la Cementir avrebbe potuto formulare all’epoca per dimostrare il carattere variabile delle informazioni sui prezzi scambiate non avrebbero quindi potuto inficiare le valutazioni svolte dalla Commissione. Ne consegue che non è stata commessa alcuna violazione dei diritti della difesa.

– Sulle prove relative alla riunione del 9 settembre 1986

166.

Per quanto riguarda la valutazione, da parte del Tribunale, delle prove relative alla riunione del 9 settembre 1986, quest’ultimo ha rilevato, al punto 2890 della sentenza impugnata, che la Commissione aveva giustamente preso in considerazione, nella decisione Cemento, la dimensione politica ed il contesto economico del problema connesso alle importazioni provenienti dalla Grecia. Tuttavia, secondo la sua valutazione, i documenti fatti valere dall’Aalborg non erano tali da condurre ad escludere i documenti sulla base dei quali la Commissione aveva concluso che, parallelamente alle azioni di sensibilizzazione, l’insorgere della questione di tali importazioni aveva dato luogo alla costituzione dell’ETF finalizzata allo studio delle misure di dissuasione e di persuasione atte ad eliminare le importazioni di cemento a basso prezzo (prioritariamente quelle provenienti dalla Grecia) in Europa occidentale.

167.

Contrariamente a quanto sostenuto dall’Aalborg, il Tribunale non ha chiesto in realtà che quest’ultima dimostrasse che la decisione Cemento sarebbe stata diversa se tale impresa avesse potuto fondarsi sui documenti a discarico. Nel caso di specie, esso ha sentito gli argomenti fatti valere dall’Aalborg in merito al vero motivo della partecipazione del suo rappresentante, il sig. Larsen, alla riunione del 9 settembre 1986 ed alle conseguenze che i documenti a discarico avrebbero potuto avere sulle valutazioni della Commissione quanto alla gravità ed alla durata della partecipazione di tale impresa all’ETF.

168.

Tuttavia, il Tribunale ha respinto tali argomenti alla luce delle prove presentate dalla Commissione. Da un lato, come giudicato dal Tribunale al punto 2891 della sentenza impugnata, i documenti a discarico allegati non erano tali da inficiare la constatazione oggettiva fatta dalla Commissione, secondo cui il sig. Larsen aveva assistito alla riunione del 9 settembre 1986, durante la quale sono state ricordate in successione la costituzione dell’ETF, il suo obiettivo anticoncorrenziale, la sua composizione, la sua organizzazione dei lavori e le varie misure affidate alla sua valutazione.

169.

D’altro lato, come rilevato dal Tribunale allo stesso punto della sentenza impugnata, le osservazioni che l’Aalborg avrebbe potuto formulare durante il procedimento amministrativo sulla base dei documenti a discarico allegati per tentare di dimostrare di aver partecipato a tale riunione unicamente nella prospettiva di azioni politiche non avrebbero potuto ovviare alla totale mancanza di elementi atti a dimostrare che, durante la riunione del 9 settembre 1986, essa aveva esplicitamente informato gli altri partecipanti che assisteva a tale riunione in una prospettiva completamente diversa dalla loro.

170.

In realtà, tale censura si limita ad una mera riproduzione dei motivi già sollevati dinanzi al Tribunale e mira ad ottenere un mero riesame del ricorso proposto dinanzi al Tribunale.

– Sulle prove riguardanti gli accordi con la Calcestruzzi

171.

Per quanto riguarda le prove relative agli accordi con la Calcestruzzi, come risulta chiaramente dai punti 3390 e 3391 della sentenza impugnata, la Cementir non fa che ribadire dinanzi alla Corte censure già formulate dinanzi al Tribunale e dichiarate infondate da quest’ultimo al termine di una motivazione dettagliata. Al riguardo la Cementir non può contestare al Tribunale alcuna carenza di motivazione.

172.

Contrariamente a quanto sostenuto dalla Cementir, il Tribunale, al punto 3392 della sentenza impugnata, ha ammesso la forza probatoria dei resoconti della riunione dell’ETF dell’11 febbraio 1987 (in prosieguo: la “riunione dell’11 febbraio 1987”) e di quella del 15 marzo 1987, durante le quali il rappresentante italiano ha presentato un rapporto sull’evoluzione dell’accordo tra le cementerie italiane e la società madre della Calcestruzzi, la Ferruzzi (v. punto 27, n. 5, della motivazione della decisione Cemento). Inoltre, tali prove sono rafforzate dal fatto che la Cementir ha sottoscritto, il 3 e il 15 aprile 1987, convenzioni e contratti con la Calcestruzzi, con l’Italcementi e con l’Unicem, con i quali essa si impegnava in solido a soddisfare tutti i bisogni di cemento del gruppo Calcestruzzi ed a cooperare con i detti produttori italiani di cemento (v. punto 27, n. 6, della motivazione della decisione Cemento). Per di più, la Cementir ha attivamente partecipato alla negoziazione con la Titan e gli altri produttori italiani svoltasi a Lussemburgo nel maggio 1987 (in prosieguo: la “riunione di Lussemburgo”, v. punto 27, nn. 7-10, della motivazione della decisione Cemento).

173.

Il Tribunale ha quindi considerato che tale insieme di documenti costituiva la prova convincente di un accordo tra l’Italcementi, l’Unicem e la Cementir diretto ad evitare una minaccia d’importazione di cemento proveniente dalla Grecia da parte della Calcestruzzi. A suo avviso, gli argomenti fatti valere dalla Cementir quanto alla sua motivazione commerciale ed al contesto economico del mercato italiano di fronte alla forte penetrazione degli esportatori greci non erano tali da inficiare le conclusioni alle quali conducevano i documenti fatti valere dalla Commissione.

174.

Poiché la Cementir si è limitata a contestare la valutazione della prova da parte del Tribunale, le sue censure esulano dal controllo della Corte e devono essere respinte.

– Sulle prove relative agli accordi tra cementieri italiani

175.

Per quanto riguarda le prove relative agli accordi ed alle pratiche concordate tra cementieri italiani, la CA operava una distinzione netta tra le intese a livello nazionale in Italia, cioè gli accordi con la Calcestruzzi che hanno dato luogo alla costituzione della Società Italiana per le Promozioni ed Applicazioni del Calcestruzzo SpA (in prosieguo: la “SIPAC”), e le intese tra tali cementieri aventi effetti a livello internazionale, cioè le pratiche concordate tra l’Italcementi, l’Unicem e la Cementir, dirette a sottrarre ai produttori greci un cliente importante per garantire la loro penetrazione sul mercato italiano.

176.

Sembra che le intese a livello internazionale non dipendessero affatto dall’esistenza delle intese nazionali. Il ragionamento del Tribunale non è quindi viziato da alcuna contraddizione al riguardo.

177.

La censura relativa alla rilevanza dei documenti relativi ai rapporti tra cementieri italiani a livello nazionale non contiene alcun riferimento che consenta di identificare gli argomenti presentati dinanzi al Tribunale, i documenti fatti valere a sostegno ovvero i punti contestati della sentenza impugnata. Più in particolare, omettendo di fornire tali informazioni, l’Italcementi non ha dimostrato gli errori che, a suo avviso, hanno condotto il Tribunale a snaturare elementi di prova.

178.

Alla luce di quanto precede, i motivi riguardanti l’applicazione da parte del Tribunale alle circostanze di specie dei criteri riguardanti la forza probatoria di documenti non divulgati devono essere respinti.

4. I motivi attinenti ad una violazione dei diritti della difesa per quanto riguarda la decisione di stralcio degli addebiti nazionali

Argomenti dell’Italcementi

179.

L’Italcementi contesta al Tribunale, da un lato, di aver rifiutato di censurare la violazione dei diritti della difesa che sarebbe stata commessa per il fatto della mancata comunicazione previa della decisione di stralcio degli addebiti nazionali e, dall’altro, di non aver tenuto conto della contraddizione tra tale decisione e la decisione Cemento.

180.

Essa sostiene che, se la decisione di procedere allo stralcio degli addebiti nazionali le fosse stata comunicata prima della sua adozione definitiva, essa avrebbe potuto quanto meno convincere la Commissione a limitare le sue accuse agli effetti della conclusione dell’accordo tra cementieri italiani direttamente legati dall’accordo Cembureau. A suo avviso, non esiste alcun nesso tra la finalità dell’accordo Cembureau e l’esecuzione dei contratti di fornitura conclusi tra i cementieri italiani e la Calcestruzzi.

181.

L’Italcementi fa altresì valere che emerge una contraddizione tra la decisione della Commissione di stralciare i suoi addebiti a livello nazionale, come descritti ai capitoli 3-9 e 13-19 della CA, e l’art. 4, n. 3, lett. b), della decisione Cemento, che pone a livello internazionale l’infrazione asseritamente commessa dai produttori italiani a causa della loro partecipazione ad un accordo avente la finalità di evitare importazioni di cemento greco da parte della Calcestruzzi.

182.

Secondo l’Italcementi, il Tribunale ha erroneamente affermato che tale accordo formava altresì oggetto della parte della CA dedicata agli addebiti internazionali, sottintendendo così che non vi era alcuna contraddizione tra la decisione di stralciare gli addebiti nazionali e la decisione Cemento. L’Italcementi fa valere che, ai capitoli 2 e 10 della CA, dedicati ad addebiti internazionali, non si fa alcun riferimento ad un accordo tra produttori italiani di cemento diretto ad arginare le importazioni greche. Invece, i rapporti fra tali produttori sarebbero analizzati al capitolo 13, punto 70, della CA, intitolato “Accordi e pratiche descritti al capitolo 3 – Italia”.

183.

L’Italcementi precisa che la decisione di stralciare addebiti nazionali menziona tuttavia espressamente i capitoli 3 e 13 come facenti parte di quelli il cui oggetto è stralciato. Il Tribunale avrebbe effettuato un’analisi approssimativa della decisione Cemento, alla luce della CA e della decisione di stralcio degli addebiti nazionali, omettendo di appurare l’illegittimità dell’art. 4, n. 3, lett. b), della decisione Cemento e di sanzionare il comportamento della Commissione in proposito.

184.

Più in particolare, essa sostiene che, se avesse avuto la possibilità di esprimersi sulle intenzioni della Commissione circa lo stralcio degli addebiti nazionali, essa non avrebbe mancato di segnalare tale anomalia e avrebbe forse potuto convincere la Commissione ad assumere un altro atteggiamento, ossia a ritirare ogni accusa relativa ai rapporti tra i produttori italiani di cemento e la Calcestruzzi.

185.

Al riguardo l’Italcementi contesta la valutazione del Tribunale secondo cui gli argomenti che essa avrebbe potuto far valere riguardo alle conseguenze dello stralcio degli addebiti nazionali non avrebbero avuto una possibilità, anche minima, di condurre la Commissione a non sanzionare l’accordo tra i cementieri italiani e la Calcestruzzi come espressione dell’accordo Cembureau. A suo avviso, considerato che il primo accordo è l’unico aspetto degli addebiti nazionali che non è stato stralciato dalla Commissione, non è logico escludere che tali argomenti avrebbero potuto convincere la Commissione.

Giudizio della Corte

186.

Per quanto riguarda, in primo luogo, l’asserita contraddizione tra la decisione di stralcio degli addebiti nazionali e la decisione Cemento, è vero che lo stralcio dei capitoli 3 e 13 della CA, relativi all’Italia, ha avuto l’effetto di rinunciare alle accuse relative alla costituzione, in seguito ad accordi tra l’Italcementi, l’Unicem, la Cementir e la Calcestruzzi, della filiale, la SIPAC, attraverso la quale i tre cementieri italiani hanno cooperato per soddisfare solidalmente tutti i bisogni di cemento del gruppo Calcestruzzi e per praticare riduzioni di prezzo.

187.

Nonostante tale rinuncia, la Commissione ha continuato ad esaminare gli effetti internazionali dell’accordo tra l’Italcementi, l’Unicem e la Cementir relativo a tali convenzioni con la Calcestruzzi prima di accertare nei loro confronti l’infrazione menzionata all’art. 4, n. 3, lett. a), della decisione Cemento.

188.

Ora, contrariamente a quanto sostenuto dall’Italcementi, tale esame e tale incriminazione da parte della Commissione non sono affatto incompatibili con la sua decisione di stralciare gli addebiti nazionali. Tale istituzione ha solo operato una distinzione tra le misure aventi conseguenze puramente nazionali e quelle aventi effetti internazionali.

189.

Per quanto riguarda, poi, l’asserita mancanza di qualsiasi riferimento a un accordo tra l’Italcementi, l’Unicem e la Cementir nella CA, come rilevato dal Tribunale al punto 443 della sentenza impugnata, risulta chiaramente dal punto 61, lett. h), iv), della CA, che fa parte del capitolo 10 del capo della CA relativo agli addebiti internazionali ed il cui contenuto è riprodotto al punto 55, lett. a), n. 1, della decisione Cemento, che “[l]e pressioni esercitate su Calcestruzzi e la mancata esecuzione da parte sua del contratto di acquisto di cemento da Titan sono il risultato di pratiche concordate tra i produttori italiani Italcementi, Unicem e Cementir e tra questi ultimi e gli altri partecipanti alla Cembureau Task Force, (…), finalizzate a sottrarre ai produttori greci un cliente importante per consentire la loro penetrazione sul mercato italiano”.

190.

Questo passaggio della CA opera una netta distinzione tra, da un lato, le “pratiche concordate tra i produttori italiani Italcementi, Unicem e Cementir” [oggetto degli addebiti formulati dall’art. 4, n. 3, lett. b), della decisione Cemento] e, dall’altro, le pratiche concordate tra gli stessi produttori italiani e gli altri partecipanti all’ETF [oggetto degli addebiti formulati all’art. 4, n. 3, lett. a), della decisione Cemento].

191.

Di conseguenza, non può essere accolto l’argomento dell’Italcementi secondo cui il Tribunale avrebbe erroneamente ignorato la mancanza di qualsiasi menzione, nel capo della CA relativo agli addebiti internazionali, di un accordo tra tali soli produttori italiani.

192.

Per quanto riguarda, infine, la necessità di fornire all’Italcementi l’opportunità di far conoscere il suo punto di vista sullo stralcio degli addebiti nazionali, occorre rammentare che, secondo la giurisprudenza della Corte, un’ulteriore comunicazione degli addebiti agli interessati è necessaria solo qualora il risultato degli accertamenti induca la Commissione a porre atti nuovi a carico delle imprese o ad assumere fatti notevolmente diversi come prova delle infrazioni contestate (v. sentenza 14 luglio 1972, causa 53/69, Sandoz/Commissione, Racc. pag. 845, punto 14).

193.

Ora, nel caso di specie, come giustamente rilevato dal Tribunale ai punti 439 e 440 della sentenza impugnata, lo stralcio degli addebiti nazionali non ha affatto modificato il contesto fattuale e giuridico degli addebiti accertati nei confronti dell’Italcementi. Tale stralcio era anzi conforme al suo interesse. Di conseguenza, il rispetto dei diritti della difesa non richiedeva che l’Italcementi fosse autorizzata a presentare ulteriori sue osservazioni.

194.

D’altra parte, l’Italcementi aveva già avuto occasione di tentare di convincere la Commissione a limitare le sue accuse relative al nesso tra la conclusione dell’accordo stipulato dai cementieri italiani e l’accordo Cembureau, da un lato, quando ha presentato le sue osservazioni sulla CA (il cui capo relativo agli addebiti internazionali attestava pratiche concordate fra tali cementieri) nonché, dall’altro, quando è stata sentita dalla Commissione tra il marzo e l’aprile 1993.

195.

Inoltre, considerato il fatto che il capo della CA relativo agli addebiti nazionali riguardava espressamente le pratiche concordate tra i cementieri italiani, sono irrilevanti gli argomenti che contestano la valutazione del Tribunale, al punto 447 della sentenza impugnata, secondo cui i commenti che l’Italcementi avrebbe potuto far valere sullo stralcio degli addebiti nazionali non avrebbero, chiaramente, indotto la Commissione ad abbandonare l’addebito internazionale relativo all’accordo tra i produttori italiani di cemento.

196.

Considerato quanto precede, si devono dichiarare infondati i motivi attinenti ad una violazione dei diritti della difesa per quanto riguarda la decisione di stralcio degli addebiti nazionali.

5. Il motivo attinente al diritto di controinterrogare gli autori dei documenti fatti valere dalla Commissione

Argomenti dell’Irish Cement

197.

L’Irish Cement contesta al Tribunale di avere erroneamente respinto, al punto 1399 della sentenza impugnata, il suo argomento relativo all’inopponibilità delle note interne della Blue Circle (documenti nn. 33.126/11332-11337) e della dichiarazione del sig. Kalogeropoulos (documenti nn. 33.126/19875-19877), dato che essa non avrebbe avuto modo di controinterrogare gli autori di tali documenti.

198.

Secondo l’Irish Cement, l’utilizzazione nei suoi confronti di tali documenti, che non emanano da essa e gli autori dei quali non ha potuto controinterrogare, rappresenta una violazione dei principi fondamentali di giustizia e delle norme procedurali.

Giudizio della Corte

199.

Come rilevato dal Tribunale al punto 1399 della sentenza impugnata, le note interne della Blue Circle e la dichiarazione del sig. Kalogeropoulos non costituivano la base esclusiva o determinante dell’incriminazione dell’Irish Cement, poiché altri documenti, che l’Irish Cement ha avuto modo di consultare e di commentare, dimostravano la conclusione e la conferma dell’accordo Cembureau nel corso di riunioni dei capidelegazione, nonché la partecipazione a queste ultime dell’Irish Cement.

200.

Poiché il procedimento dinanzi alla Commissione ha solo natura amministrativa, non spetta a tale istituzione fornire all’impresa interessata la possibilità di controinterrogare un particolare testimone e di analizzare le sue dichiarazioni nella fase istruttoria. Quanto alla CEDU, essa non disciplina il regime delle prove in quanto tale (v. sentenza Mantovanelli/Francia, cit., paragrafo 34).

201.

Pertanto, il Tribunale non ha commesso alcun errore di diritto respingendo gli argomenti dell’Irish Cement in quanto il controinterrogatorio dell’autore di documenti da parte dell’impresa alla quale essi sono opposti non è previsto dalle pertinenti disposizioni dei regolamenti nn. 17 e 99/63 e dichiarando che, al riguardo, non era stata commessa alcuna violazione dei diritti della difesa.

202.

Il motivo dev’essere quindi dichiarato infondato.

6. Il motivo attinente ad un’asserita violazione del diritto di non contribuire alla propria incriminazione

Argomenti della Buzzi Unicem

203.

La Buzzi Unicem contesta al Tribunale di aver disatteso la sentenza Orkem/Commissione, cit., avendo rifiutato di riconoscere che la Commissione aveva violato i diritti della difesa dell’Unicem fondando la sua argomentazione su dichiarazioni fatte dalle parti durante il procedimento, in spregio al principio di “non testimonianza contro se stessi”.

204.

Da un lato, il Tribunale, al punto 733 della sentenza impugnata, avrebbe erroneamente concluso nel senso che la Commissione aveva il diritto di basarsi, nei confronti dell’Unicem, sul riconoscimento dell’esistenza di un’infrazione commessa da soggetti diversi dall’Unicem. Se una siffatta dichiarazione non può essere utilizzata nei confronti del soggetto dal quale emana, ne risulterebbe necessariamente che essa non può essere prodotta come prova del comportamento illecito di un’altra impresa, a pena di violazione del principio di parità di trattamento e di difesa.

205.

D’altro lato, la motivazione riportata al punto 735 della sentenza impugnata sarebbe errata. L’affermazione del Tribunale secondo cui le imprese non erano tenute a rispondere a una richiesta di informazioni ai sensi dell’art. 11, n. 1, del regolamento n. 17 sarebbe del tutto irrilevante per quanto riguarda l’Unicem, in quanto le informazioni che l’avrebbero riguardata sarebbero state fornite sulla base dell’art. 14, n. 2, del detto regolamento.

Giudizio della Corte

206.

La Buzzi Unicem non sostiene affatto che la Commissione ha posto all’Unicem quesiti relativi a talune pratiche o misure che potevano costringerla ad ammettere le infrazioni. La violazione dei diritti della difesa fatta valere dall’Unicem sarebbe stata causata solo dalle risposte fornite dalla Cembureau in occasione di un accertamento effettuato ai sensi dell’art. 14, n. 2, del regolamento n. 17, nonché dalle risposte date da quest’ultima a seguito della CA.

207.

Nell’esercizio del compito affidatole dall’art. 89 del Trattato, la Commissione ha il diritto di interrogare l’impresa oggetto di una misura d’indagine in merito alle condotte di tutte le altre imprese interessate. Inoltre, il regolamento n. 17 impone all’impresa un obbligo di collaborazione attiva e la Commissione può ridurre l’importo dell’ammenda eventualmente inflitta alla detta impresa in funzione della sua collaborazione all’indagine (v., in tal senso, sentenza 10 marzo 1992, causa T-13/89, ICI/Commissione, Racc. pag. II-1021, punto 393).

208.

Tali considerazioni valgono altresì per quanto riguarda l’interrogatorio delle associazioni di imprese sul comportamento individuale dei loro membri. Il riconoscimento di un diritto al silenzio nei termini definiti dalla Buzzi Unicem, che avrebbe l’effetto di proteggere i membri di un’associazione di imprese impedendo a quest’ultima di testimoniare contro i suoi membri, andrebbe infatti oltre quanto necessario per preservare i diritti della difesa delle imprese e costituirebbe un ostacolo ingiustificato allo svolgimento, da parte della Commissione, del suo compito, che consiste nel vigilare sul rispetto delle regole di concorrenza nel mercato comune.

209.

Ne consegue che il Tribunale non ha commesso un errore di diritto considerando, al punto 733 della sentenza impugnata, che la Commissione non aveva violato, durante il procedimento amministrativo, il diritto dell’Unicem di non testimoniare contro se stessa, in quanto le risposte di cui trattasi provenivano dalla Cembureau e non da tale impresa.

210.

Occorre quindi dichiarare il motivo infondato.

211.

Dall’insieme di quanto precede deriva che i motivi attinenti agli asseriti vizi del procedimento e ad una violazione dei diritti della difesa devono essere respinti nel loro insieme.

B – I motivi di merito

212.

Le ricorrenti nelle impugnazioni in esame hanno sollevato diversi motivi con i quali si contesta al Tribunale di aver commesso errori di diritto, di motivazione e di valutazione dei documenti probatori quando ha confermato la loro partecipazione all’accordo Cembureau ed alle misure di attuazione dello stesso.

213.

La Commissione fa valere che, con taluni di questi motivi, le dette ricorrenti si limitano, essenzialmente, a criticare le conclusioni di fatto del Tribunale o ad invitare la Corte a constatare i fatti in termini diversi da quelli utilizzati da quest’ultimo.

1. I motivi attinenti ad asseriti errori di diritto, a difetti di motivazione ed allo snaturamento di elementi di prova per quanto riguarda l’esistenza dell’accordo Cembureau (infrazione menzionata all’art. 1 della decisione Cemento)

Argomenti delle parti

– La qualificazione giuridica delle prove come “prove documentali dirette”

214.

L’Irish Cement, l’Italcementi, la Buzzi Unicem e la Cementir contestano l’affermazione del Tribunale, contenuta al punto 260 della sentenza impugnata, secondo cui la Commissione si è basata “unicamente su prove documentali dirette” per dimostrare l’esistenza dell’accordo Cembureau nei loro confronti.

215.

Più in particolare, l’Italcementi sottolinea l’inconsistenza delle sole prove documentali dirette che la Commissione ha prodotto a sostegno dell’esistenza dell’accordo Cembureau, cioè quelle relative alla qualifica delle imprese interessate come membri della Cembureau, alla partecipazione di talune di esse alle riunioni del 14 gennaio 1983 e del 19 marzo 1984, nonché alla riunione dei capidelegazione dei produttori europei del cemento membri della Cembureau del 7 novembre 1984 (in prosieguo: la “riunione del 7 novembre 1984”), ed al contenuto dell’ordine del giorno di tali riunioni. A suo avviso, il Tribunale ha considerato che il semplice fatto di aver partecipato alla riunione del 19 marzo 1984 senza aver manifestato un aperto dissenso consentiva di concludere che l’Italcementi aveva inteso aderire all’oggetto dell’accordo Cembureau. Una siffatta conclusione non deriverebbe da una prova diretta, bensì da una presunzione.

216.

La Cementir aggiunge che l’esistenza di un consenso, tra imprese determinate, in merito alla conclusione dell’accordo Cembureau doveva essere provata sulla base di evidenze certe ed univoche e dunque al di là di ogni ragionevole dubbio. A suo avviso, le conclusioni formulate dal Tribunale, che confermano le valutazioni della Commissione relative alle riunioni dei capidelegazione in seno alla Cembureau, nonché alla conclusione dell’asserito accordo Cembureau, sono prive di fondamento sul piano della logica giuridica e derivano da uno snaturamento di elementi probatori essenziali. Il Tribunale sarebbe quindi giunto ad una qualificazione giuridica del comportamento della Cementir contravvenendo ai principi dell’onere della prova e della presunzione d’innocenza. Inoltre, tale qualificazione non sarebbe correttamente motivata.

217.

Rilevando che nessuno dei documenti fatti valere al riguardo dalla Commissione menziona l’Unicem, la Buzzi Unicem considera che il Tribunale ha dedotto l’illiceità dell’accordo Cembureau per via presuntiva e meramente interpretativa. Non pronunciandosi sul fatto che l’Unicem non era menzionata nei detti documenti, il Tribunale avrebbe commesso un errore di motivazione. Il ragionamento del Tribunale sarebbe confuso, impreciso e contraddittorio sotto molteplici profili.

– La dichiarazione del sig. Kalogeropoulos

218.

Secondo l’Irish Cement, la Buzzi Unicem e la Cementir, il Tribunale si è manifestamente sbagliato nel valutare la rilevanza della dichiarazione del sig. Kalogeropoulos al punto 904 della sentenza impugnata. Poiché risale al 1986, tale dichiarazione non consentirebbe di valutare la tesi della Commissione secondo cui durante la riunione del 14 gennaio 1983 era stato concluso un accordo. Inoltre, il Tribunale non avrebbe risposto al loro argomento secondo cui la dichiarazione del sig. Kalogeropoulos era una dichiarazione politica destinata a spiegare le difficoltà della Heracles, nonché a tentare di giustificare e di prorogare gli aiuti di Stato concessi a tale impresa.

– Le note interne della Blue Circle

219.

L’Irish Cement sostiene che il Tribunale non ha risposto agli argomenti di contestazione del valore probatorio delle note interne della Blue Circle. Tali note non dimostrerebbero che l’accordo Cembureau o il principio di tale accordo era quello che era stato accettato in occasione della riunione del 14 gennaio 1983.

220.

Secondo la Buzzi Unicem, tali note, che non menzionerebbero l’Unicem, non costituiscono una prova diretta della realizzazione dell’accordo Cembureau, né della partecipazione dell’Unicem al detto accordo. In ogni caso, esse non dimostrerebbero che l’accordo Cembureau riguardava tutta l’Europa.

221.

La Cementir fa valere che il suo nome non è affatto menzionato nelle note interne della Blue Circle, che sarebbero state redatte da un terzo ad essa ignoto. Inoltre, essa critica la valutazione del Tribunale secondo cui tali note non potevano essere interpretate nel senso che riguardavano importazioni in dumping da paesi terzi. Secondo la Cementir, le dette note non possono costituire, in quanto tali, un indizio certo – e ancor meno una prova diretta – della sua responsabilità.

– La confessione della Cembureau

222.

La Buzzi Unicem sostiene che la confessione della Cembureau (documenti nn. 33.126/11525 e 13568-13573) non contiene alcun riferimento all’eventuale partecipazione dell’Unicem all’accordo Cembureau e non può quindi costituire una prova diretta del suo coinvolgimento nel detto accordo. Non pronunciandosi su tale punto, il Tribunale avrebbe commesso un errore di motivazione.

– Le lettere di convocazione alla riunione del 14 gennaio 1983

223.

L’Irish Cement, la Buzzi Unicem e la Cementir criticano il valore probatorio attribuito dal Tribunale, ai punti 934-940 della sentenza impugnata, alle lettere di convocazione alla riunione del 14 gennaio 1983.

224.

L’Irish Cement contesta al Tribunale di aver omesso di esaminare il suo argomento secondo cui la lettera del sig. Braz de Oliveira non aveva la natura di una lettera di convocazione alla riunione dei capidelegazione, poiché l’autore non agiva in qualità di rappresentante ufficiale della Cembureau, bensì solo in quanto membro del comitato esecutivo di quest’ultima. La detta lettera avrebbe avuto la sola finalità di informare i due altri membri del detto comitato, cioè i rappresentanti danese e irlandese, del fatto che era stata organizzata una riunione.

225.

La Buzzi Unicem contesta al Tribunale di aver omesso di rilevare che l’esempio di “misure appropriate” citato in tale lettera di convocazione riguardava esclusivamente gli scambi tra il Belgio ed i Paesi Bassi.

226.

La Cementir critica la conclusione del Tribunale, ai punti 935 e 936 della sentenza impugnata, secondo cui le due versioni della lettera di convocazione (cioè, da un lato, la lettera firmata dal sig. Braz de Oliveira che fa riferimento agli scambi di cemento tra i paesi d’origine dei membri della Cembureau e, dall’altro, la convocazione “ufficiale” alla riunione del 14 gennaio 1983, che omette un siffatto riferimento) non erano affatto contraddittorie. Secondo la Cementir, il Tribunale è giunto a tale conclusione mediante deduzione.

227.

D’altra parte, la Cementir fa valere che la conclusione del Tribunale, al punto 940 della sentenza impugnata, secondo cui la detta convocazione “ufficiale” è un elemento di prova rilevante nei suoi confronti, è fondata su motivi privi di pertinenza. Al riguardo essa sostiene di non aver mai ricevuto la lettera del sig. Braz de Oliveira che faceva riferimento agli scambi di cemento. Inoltre, essa non avrebbe partecipato alla riunione del comitato esecutivo della Cembureau del 5 novembre 1982, alla quale, secondo il Tribunale, faceva riferimento tale convocazione e durante la quale avrebbero avuto luogo discussioni in merito al bisogno di proteggere l’industria del cemento da “problemi seri” con “misure appropriate”.

– La relazione introduttiva del presidente della riunione del 14 gennaio 1983

228.

Secondo la Cementir, il Tribunale ha erroneamente concluso, sulla base del testo meramente provvisorio della relazione introduttiva del presidente della riunione del 14 gennaio 1983, che la fissazione, da parte di operatori economici, di “regole del gioco” costituiva un accordo anticoncorrenziale. Considerato che il detto documento esprimeva solo un auspicio di vedere fissate eventuali regole, non si potrebbe fornire una prova certa ed univoca in merito al fatto che la Cementir abbia prestato un consenso con riferimento ad un’intesa anticoncorrenziale, per giunta di carattere quasi decennale. La conclusione del Tribunale sarebbe quindi manifestamente illogica e mal motivata. Essa risulterebbe da uno snaturamento radicale del documento di cui trattasi ai fini della qualificazione giuridica della condotta di tale impresa.

229.

Inoltre, la Cementir contesta al Tribunale di aver erroneamente confermato la sua responsabilità nella conclusione dell’accordo Cembureau sulla base del fatto che il presidente della riunione del 14 gennaio 1983 aveva annunciato che non vi sarebbe stato un resoconto di quest’ultima. L’assenza di resoconti della riunione non potrebbe rappresentare una prova diretta e positiva della conclusione di tale accordo. La volontà dei partecipanti a tale riunione di mantenere segrete le loro eventuali azioni sarebbe irrilevante ai fini della prova della partecipazione della Cementir al detto accordo.

– Le riunioni del 19 marzo e del 7 novembre 1984

230.

La Cementir contesta la valutazione del Tribunale relativa al carattere “confermativo” della riunione del 19 marzo 1984, facendo valere che essa non era presente alla detta riunione.

231.

La Cementir e la Buzzi Unicem criticano il ragionamento del Tribunale secondo cui la dichiarazione dei capidelegazione favorevole alla conclusione di un accordo tra produttori spagnoli e greci (in prosieguo: l’”accordo greco-spagnolo”) suffragava la conclusione secondo cui, durante la riunione del 7 novembre 1984, i capidelegazione avevano manifestato la volontà di confermare la loro adesione all’asserito accordo Cembureau. Una siffatta dichiarazione non potrebbe essere considerata un indizio chiaro ed univoco dell’esistenza dell’asserito accordo Cembureau senza violare il principio di presunzione d’innocenza.

232.

Secondo la Cementir, il Tribunale ha commesso un errore nella qualificazione della natura stessa delle prove, considerando prova diretta un elemento che in realtà ha formato oggetto di una deduzione logica e rappresenta quindi una prova indiretta. Tale errore rivelerebbe altresì il carattere contraddittorio della motivazione del Tribunale.

233.

La Buzzi Unicem sostiene che il Tribunale ha ingiustamente respinto il suo argomento, con il quale contestava l’interpretazione, da parte della Commissione, del documento del 12 novembre 1984 che riassumeva le discussioni svoltesi durante la riunione del 7 novembre precedente (in prosieguo: le “Summary Notes”), in base alla quale l’espressione “raggiungere un accordo definito tra i maggiori esportatori europei” ivi riportata non proverebbe la conclusione di un accordo tra i produttori europei. Inoltre, l’Unicem non avrebbe potuto far parte del gruppo dei grandi esportatori di cemento.

– Altri elementi a discarico

234.

Secondo la Cementir, il Tribunale ha prestato scarsa attenzione ad elementi come il fatto che, dal 1983 al 1985, si sono svolte altre due riunioni dei capidelegazione, durante le quali non si è discusso di commercio intracomunitario, la constatazione che la Cementir avrebbe partecipato solo a due riunioni sulle cinque di cui trattasi, di cui la seconda non riguardava sicuramente il tema degli scambi intracomunitari, e la circostanza che tale società avrebbe partecipato solo in misura minima alle attività della Cembureau, poiché avrebbe concentrato la sua attività sulla clientela a carattere regionale.

235.

La Cementir sostiene che il rigetto, da parte del Tribunale, di tali elementi non riflette una valutazione corretta dei comportamenti delle diverse imprese. In presenza di prove frammentarie, incerte e non univoche, essenzialmente incentrate sulla natura di discussioni asseritamente tenute nella riunione del 14 gennaio 1983, ed alla luce della confusione tra prove dirette ed indirette, gli elementi menzionati al punto precedente non avrebbero potuto essere considerati del tutto privi di rilevanza probatoria.

Giudizio della Corte

236.

L’Irish Cement, l’Italcementi, la Buzzi Unicem e la Cementir contestano al Tribunale di aver trascurato il fatto che i documenti sui quali la Commissione si era basata non rappresentavano prove inconfutabili della conclusione dell’accordo Cembureau e della loro complicità in tale intesa. Tali censure sembrano fondate su un’interpretazione inesatta della nozione di “prove dirette”.

237.

Contrariamente a quanto sostenuto dall’Italcementi e dalla Cementir, il Tribunale non ha operato né un’inversione indebita dell’onere della prova, né una violazione della presunzione d’innocenza. Il Tribunale ha concluso, da un lato, che i documenti menzionati al punto 18 della motivazione della decisione Cemento, cioè le note interne della Blue Circle, la dichiarazione del sig. Kalogeropoulos e le dichiarazioni della stessa Cembureau (documenti nn. 33.126/11525 e 13568-13573), attestavano esplicitamente l’esistenza di un’intesa tra i produttori europei di cemento avente ad oggetto l’osservanza dei limiti dei mercati interni e la regolamentazione delle vendite da un paese all’altro (v. punto 920 della sentenza impugnata) e, dall’altro, che i documenti menzionati ai punti 19 e 45 della motivazione della decisione Cemento indicavano che, nell’ambito della riunione del 14 gennaio 1983, era stato concluso un accordo ai sensi dell’art. 85, n. 1, del Trattato (v. punto 1003 della sentenza impugnata). Il Tribunale ha quindi illegittimamente qualificato i detti documenti, al punto 862 della sentenza impugnata, come “prove documentali dirette” dell’esistenza dell’accordo Cembureau.

238.

Poiché costituiscono solo la riproduzione testuale di motivi già sollevati dinanzi al Tribunale e non identificano alcun errore di diritto, gli argomenti relativi alla rilevanza della dichiarazione del sig. Kalogeropoulos devono essere respinti nell’ambito delle impugnazioni in esame, conformemente ai principi richiamati al punto 51 della presente sentenza.

239.

Per quanto riguarda la censura attinente a un difetto di motivazione del rigetto, con la sentenza impugnata, dell’argomento relativo alla natura di tale dichiarazione, è sufficiente constatare che il Tribunale ha espressamente menzionato tale argomento al punto 902 della sentenza impugnata prima di respingerlo come non credibile al punto 907 della stessa sentenza, considerato il fatto che la detta dichiarazione non conteneva alcun riferimento ad aiuti di Stato dei quali la Heracles avrebbe potuto beneficiare, né alcuna giustificazione riguardante il comportamento precedente di tale società. Tale motivazione dettagliata non può essere oggetto di alcuna critica.

240.

La contestazione del valore probatorio delle note interne della Blue Circle, in quanto esse non avrebbero menzionato né l’accordo Cembureau né le parti di tale accordo, è fondata sullo stesso errore già identificato al punto 235 della presente sentenza, relativo alla nozione di “prove dirette”. Come rilevato dal Tribunale ai punti 876-878 della sentenza impugnata, da un lato, tali note attestano un accordo, un principio o una politica di osservanza dei limiti dei mercati interni europei, che esse ricollegano alla Cembureau. Dall’altro, la Blue Circle ha svolto un ruolo attivo in seno alla Cembureau ed il sig. Reiss, autore delle dette note e direttore regionale della divisione esportazioni della Blue Circle, ha partecipato a numerose riunioni dell’EPC. Tali elementi sono sufficienti per qualificare le due note come “prove dirette” dell’esistenza dell’accordo Cembureau.

241.

La natura di “prove dirette” delle dette note non è affatto inficiata dalla circostanza che esse non riguardano esplicitamente le imprese di cui trattasi. Al contrario, la partecipazione di tali imprese all’accordo Cembureau risulta dalla loro partecipazione alla riunione dei capidelegazione o, nel caso dell’Unicem, dalla sua partecipazione ad una misura di attuazione, cioè la costituzione dell’ETF, con la presenza del suo rappresentante, il sig. Albert, alla riunione del sottogruppo “Misure di difesa” del 17 marzo 1987 (in prosieguo: la “riunione del 17 marzo 1987”).

242.

La Cementir si limita a criticare le conclusioni del Tribunale senza dimostrare gli errori che l’avrebbero condotto ad uno snaturamento degli elementi di prova. La sua critica costituisce solo un tentativo di sostituire la sua versione dei fatti alla valutazione del Tribunale.

243.

Per quanto riguarda le dichiarazioni della Cembureau, il Tribunale, dopo aver menzionato l’affermazione della Cembureau secondo cui i riferimenti all’accordo Cembureau nelle note interne della Blue Circle rinviavano al rispetto “degli usi e della deontologia progressivamente emersi dalle relazioni tra imprese e dall’evoluzione economica nei vari paesi”, ha concluso, al punto 917 della sentenza impugnata, che la Cembureau non aveva negato l’esistenza di un consenso tra se stessa ed i suoi membri in merito a norme di buon vicinato o a usi e norme deontologiche.

244.

Anche se la confessione della Cembureau non riguarda espressamente l’Unicem, essa possiede una forza probatoria circa l’esistenza del consenso necessario per aversi un accordo ai sensi dell’art. 85, n. 1, del Trattato. Poiché tale confessione non riguardava la partecipazione dell’Unicem all’accordo, il Tribunale non ha commesso alcun errore di motivazione non pronunciandosi sull’argomento secondo cui l’Unicem non era menzionata nella detta confessione.

245.

Gli argomenti relativi alle lettere di convocazione alla riunione del 14 gennaio 1983 si limitano a criticare la fondatezza delle valutazioni di fatto del Tribunale e non fanno che ribadire una presentazione dei fatti che è già stata respinta dal Tribunale. Per quanto riguarda l’asserita assenza di motivazione della valutazione della natura della lettera del sig. Braz de Oliveira, il Tribunale ha esposto, al punto 933 della sentenza impugnata, l’argomento dell’Irish Cement secondo cui la detta lettera era stata inviata “dal suo autore, a titolo personale, ai soli capidelegazione danese (sig. Larsen) ed irlandese (sig. Dempsey)”. Tuttavia, esso ha respinto tale argomento, al punto 934 della sentenza impugnata, in quanto la lettera di convocazione era stata “inviata all’Aalborg, nonché all’Irish Cement (…) a nome del presidente della Cembureau, il sig. Jean Bailly”. Tale motivazione chiara e logica non può essere oggetto di alcuna critica.

246.

L’argomento della Buzzi Unicem relativo agli scambi tra il Belgio e i Paesi Bassi dev’essere respinto, dato che esso non contiene elementi di diritto.

247.

Per quanto riguarda l’argomento fondato sulla coerenza tra la lettera del sig. Braz de Oliveira e la convocazione “ufficiale” alla riunione del 14 gennaio 1983, le critiche della Cementir attengono solo all’interpretazione dei mezzi di prova da parte del Tribunale e non identificano uno snaturamento degli elementi di prova. Anche se le lettere di convocazione a tale riunione non riguardano la Cementir personalmente, esse confermano, alla luce dell’insieme degli elementi di prova, l’obiettivo anticoncorrenziale della riunione del 14 gennaio 1983, riunione alla quale la Cementir ha assistito.

248.

Gli argomenti relativi alla relazione introduttiva del presidente della riunione del 14 gennaio 1983 sono fondati sullo stesso errore identificato al punto 236 della presente sentenza in merito alla portata della nozione di “prove dirette”. Anche se tale presidente non ha proposto l’adozione di un accordo formale in seno alla Cembureau, esso ha espresso l’auspicio che i partecipanti alla detta riunione si intendessero su “regole del gioco”. Ora, la fissazione, da parte di operatori economici, di “regole del gioco” applicabili al loro comportamento sul mercato rappresenta innegabilmente, alla luce della giurisprudenza comunitaria, un accordo ai sensi dell’art. 85, n. 1, del Trattato. Al riguardo non può essere constatato alcuno snaturamento degli elementi di prova, né alcun difetto di motivazione. Quanto alla critica fondata sul valore probatorio della mancanza di resoconto della riunione, essa costituisce solo una riproduzione dei motivi già respinti dal Tribunale al punto 976 della sentenza impugnata.

249.

Per quanto riguarda la riunione del 19 marzo 1984, il Tribunale ha giudicato, al punto 1353 della sentenza impugnata, che la responsabilità della Cementir nella conclusione dell’accordo Cembureau deriva dal fatto che, con la sua presenza ad una o a più riunioni dei capidelegazione durante le quali è stato manifestato o ribadito un consenso generale sul principio dell’osservanza dei limiti dei mercati interni e sulla regolamentazione delle vendite da un paese all’altro, essa aveva aderito o, quanto meno, fatto pensare agli altri partecipanti di aderire al contenuto dell’accordo Cembureau. Il Tribunale non ha commesso alcun errore di diritto concludendo, al punto 1376 della sentenza impugnata, che la semplice presenza della Cementir a una delle riunioni dei capidelegazione durante le quali è stato concluso o confermato l’accordo Cembureau bastava a far giudicare accertata la sua partecipazione al concorso di volontà raggiunto. La valutazione del Tribunale quanto al carattere “confermativo” della riunione del 19 marzo 1984 non è quindi affatto inficiata dalla circostanza che la Cementir non era presente alla detta riunione.

250.

Per quanto riguarda la riunione del 7 novembre 1984, dopo aver scrupolosamente esaminato le diverse interpretazioni possibili delle “Summary Notes”, il Tribunale ha respinto gli argomenti dell’Unicem e della Cementir, in particolare, secondo cui l’accordo greco-spagnolo menzionato in tale documento aveva per solo oggetto la stabilizzazione dei prezzi all’esportazione al di fuori dell’Europa. Secondo il Tribunale, al quale spetta in via esclusiva la valutazione degli elementi di prova sottopostigli, i capidelegazione, con il loro sostegno al detto accordo, hanno perseguito un duplice obiettivo, cioè, da un lato, ottenere prezzi migliori all’esportazione e, dall’altro, evitare il rischio di una destabilizzazione in Europa. Secondo il Tribunale, l’osservanza dei limiti dei mercati interni e la canalizzazione delle esportazioni andavano di pari passo (v. punti 1034-1036 della sentenza impugnata).

251.

Ora, gli argomenti della Buzzi Unicem e della Cementir attinenti ad una qualificazione asseritamente erronea degli elementi di prova ed al carattere contraddittorio della motivazione del Tribunale mirano in realtà solo a rimettere in discussione valutazioni di fatto, il che non può essere ammesso nell’ambito di un’impugnazione. Più in particolare, gli argomenti attinenti ad una qualificazione asseritamente erronea degli elementi di prova sono fondati su un’interpretazione inesatta della nozione di “prove dirette”.

252.

Considerato che il sostegno all’accordo greco-spagnolo manifestato durante la riunione del 7 novembre 1984 aveva esattamente lo stesso scopo dell’accordo Cembureau, cioè la prevenzione di una destabilizzazione dei mercati europei, il Tribunale ha giustamente concluso, al punto 1046 della sentenza impugnata, nel senso che le “Summary Notes” erano elementi di prova rilevanti, in quanto indicavano che il concorso di volontà riguardante il principio dell’osservanza dei limiti dei mercati interni e della regolamentazione delle vendite da un paese all’altro era stata confermata durante la detta riunione. Il Tribunale non è quindi incorso in alcuno snaturamento degli elementi di prova né, d’altra parte, in alcuna illogicità della motivazione confermando, al punto 1037 della sentenza impugnata, la fondatezza della conclusione formulata al punto 45, n. 2, secondo comma, della motivazione della decisione Cemento, secondo cui il contenuto dell’accordo Cembureau era stato confermato durante la riunione del 7 novembre 1984.

253.

Inoltre, per quanto riguarda l’esistenza di altre riunioni dei capidelegazione tra il 1983 e il 1985, in cui non sarebbe stato discusso il commercio intracomunitario, la valutazione, da parte del Tribunale, della forza probatoria di elementi asseritamente a discarico opposti alle prove presentate dalla Commissione non è soggetta, in quanto tale, al controllo della Corte e nulla negli argomenti presentati dalla Cementir giustifica un riesame di tale valutazione nel caso di specie. Il Tribunale non è incorso in alcuno snaturamento degli elementi di prova giudicando, al punto 1049 della sentenza impugnata, che i documenti attestanti che il commercio comunitario non era stato argomento di discussione durante le riunioni del 30 maggio 1983 e del 10 giugno 1985 non erano tali da giustificare una diversa interpretazione della nutrita serie di prove documentali presentate dalla Commissione, dalla quale si ricava che durante le riunioni del 14 gennaio 1983, del 19 marzo e del 7 novembre 1984 è stato concluso, e poi confermato, un accordo sull’osservanza dei limiti dei mercati interni.

254.

Occorre quindi dichiarare irricevibili e/o infondati i motivi attinenti ad asseriti errori di diritto, a difetti di motivazione ed allo snaturamento di elementi di prova per quanto riguarda l’esistenza dell’accordo Cembureau.

2. I motivi relativi ad asseriti errori di diritto, a difetti di motivazione ed allo snaturamento di elementi di prova per quanto riguarda la natura unica e continua dell’accordo Cembureau

Argomenti delle parti

255.

L’Italcementi, la Buzzi Unicem e la Cementir contestano al Tribunale di aver erroneamente considerato come “accordo unico” l’accordo Cembureau e le misure di attuazione, ritenendo che l’oggetto fosse in tutti i casi identico e rilevando che vi era identità delle parti.

256.

Secondo la Buzzi Unicem, la nozione di “accordo unico” presuppone un comportamento unico, ininterrotto e continuato nel tempo. Essa sostiene che le condotte esaminate durante le fasi amministrativa e giurisdizionale non rappresentano un comportamento siffatto. Ciò sarebbe provato dai lunghi intervalli tra le riunioni dei capidelegazione. Il periodo di quattordici mesi trascorso tra la riunione del 14 gennaio 1983 e quella del 19 marzo 1984 escluderebbe, alla luce della sentenza del Tribunale 7 luglio 1994, causa T-43/92, Dunlop Slazenger/Commissione (Racc. pag. II-441), che esse possano considerarsi sufficientemente vicine nel tempo per dedurne la continuazione di un comportamento unico. L’esatta riconduzione dei comportamenti imputati alle ricorrenti nell’ambito di un “unico disegno criminoso”, piuttosto che nell’ambito di un “accordo unico”, avrebbe potuto indurre la Commissione e il Tribunale a fissare l’ammenda in funzione del ruolo svolto da ciascuna impresa.

257.

L’Italcementi contesta al Tribunale di aver erroneamente giudicato che, una volta desunta l’adesione al principio dell’accordo Cembureau, tutti i comportamenti delle imprese interessate sul mercato non potevano che costituire misure di attuazione che ne confermavano la concreta vigenza. Poiché tali misure miravano, secondo quanto asserito, ad attuare un’intesa la cui esistenza era stata ritenuta dimostrata direttamente mediante prove documentali, si sarebbe presunto che esse fossero state dimostrate da prove documentali dirette.

Giudizio della Corte

258.

Una violazione dell’art. 85, n. 1, del Trattato può risultare non soltanto da un atto isolato, ma anche da una serie di atti o perfino da un comportamento continuato. Tale interpretazione non può essere contestata sulla base del fatto che uno o più elementi di questa serie di atti o di questo comportamento continuato potrebbero altresì costituire di per sé e presi isolatamente una violazione della detta disposizione (v., in tal senso, sentenza Commissione/Anic Partecipazioni, cit., punto 81). Ove le diverse azioni facciano parte di un “piano d’insieme”, a causa del loro identico oggetto di distorsione del gioco della concorrenza all’interno del mercato comune, la Commissione può imputare la responsabilità di tali azioni in funzione della partecipazione all’infrazione considerata nel suo insieme.

259.

Nel caso di specie, contrariamente a quanto sostenuto dalla Buzzi Unicem, è artificioso suddividere in più comportamenti distinti l’accordo Cembureau, caratterizzato da una serie di sforzi diretti ad un’unica finalità economica, cioè l’osservanza dei limiti dei mercati interni.

260.

Considerando che ciascuno dei detti comportamenti rientra nella nozione di infrazione ai sensi dell’art. 85, n. 1, del Trattato, occorre escludere, in quanto manifestamente irrilevante nel caso di specie, la sentenza Dunlop Slazenger/Commissione, cit., che riguardava la certezza del diritto in materia di onere della prova. Nell’ambito di un accordo globale esteso su diversi anni, importa poco un intervallo di qualche mese tra le estrinsecazioni dell’intesa. E’ invece determinante il fatto che le diverse azioni rientrino in un “piano d’insieme” a causa del loro identico oggetto.

261.

Allo stesso modo, la distinzione operata dalla Buzzi Unicem tra un “accordo unico” e un “unico disegno criminoso” non riveste alcuna importanza. Ai fini dell’applicazione dell’art. 85, n. 1, del Trattato, è superfluo prendere in considerazione gli effetti concreti di un accordo, ove risulti che quest’ultimo ha per oggetto di restringere, impedire o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato comune (v. sentenza 11 gennaio 1990, causa C-277/87, Sandoz prodotti farmaceutici/Commissione, Racc. pag. I-45).

262.

Ne consegue che il Tribunale, confermando l’analisi della Commissione secondo cui l’accordo Cembureau è unico nonché continuo e costituito dagli “accordi conclusi nel quadro di Cembureau e delle riunioni e contatti bilaterali e multilaterali” (punto 46, n. 1, della motivazione della decisione Cemento), non ha commesso alcun errore di valutazione.

263.

Occorre quindi dichiarare infondati i motivi attinenti ad asseriti errori di diritto, a difetti di motivazione ed allo snaturamento di elementi di prova per quanto riguarda la natura unica e continua dell’accordo Cembureau.

3. I motivi attinenti ad asseriti errori di diritto, a un difetto di motivazione e ad una violazione dei diritti della difesa per quanto riguarda gli scambi di informazioni sui prezzi

Argomenti delle parti

264.

L’Aalborg, la Buzzi Unicem e la Cementir sollevano diversi motivi con i quali si contesta al Tribunale di aver applicato un’errata qualificazione giuridica, da un lato, agli scambi puntuali di informazioni sui prezzi durante le riunioni dei capidelegazione (menzionati all’art. 2, n. 1, della decisione Cemento; in prosieguo: gli “scambi puntuali”) e, dall’altro, agli scambi periodici di informazioni [menzionati all’art. 2, n. 2, lett. b), della decisione Cemento; in prosieguo: gli “scambi periodici”], avendoli considerati alla stregua di misure di attuazione. Il Tribunale avrebbe altresì esagerato la durata dell’accordo Cembureau.

– L’oggetto anticoncorrenziale degli scambi di informazioni sui prezzi

265.

Secondo l’Aalborg, la Buzzi Unicem e la Cementir, gli scambi periodici, nonché, secondo la Cementir, gli scambi puntuali erano neutri dal punto di vista della concorrenza per i motivi seguenti:

– i prezzi di vendita del cemento erano facilmente accessibili al pubblico e addirittura, per quanto riguarda il mercato danese, pubblicati;

– tali prezzi erano spesso soggetti a misure di controllo pubblico, come l’approvazione del Monopoltilsyn danese;

– la raccolta di dati relativi ai prezzi praticati faceva tradizionalmente parte dei compiti di un’associazione professionale e non aveva alcuna importanza dal punto di vista della concorrenza, considerata la sua portata limitata, e

– le informazioni sui prezzi erano sempre state inviate dalla Cembureau ai suoi membri dopo che i prezzi comunicati erano entrati in vigore al momento di un aggiornamento annuale.

266.

L’Aalborg sostiene che il Tribunale, sebbene abbia considerato che gli scambi periodici erano irrilevanti dal punto di vista della concorrenza, ha erroneamente esteso la portata dell’accordo Cembureau ad una pratica lecita che sarebbe esistita tra le stesse parti durante un lungo periodo prima della conclusione di tale accordo.

267.

La Buzzi Unicem aderisce a tali argomenti e fa valere che le valutazioni del Tribunale sono in contraddizione con i criteri incontestabili utilizzati in modo costante nella materia dalla giurisprudenza comunitaria, secondo cui una violazione dell’art. 85, n. 1, del Trattato presuppone che le informazioni scambiate possano essere considerate alla stregua di segreti professionali.

268.

Secondo l’Aalborg e la Buzzi Unicem, la motivazione utilizzata dal Tribunale ai punti 1651 e 1652 della sentenza impugnata per provare che gli scambi periodici facilitavano l’esecuzione dell’accordo Cembureau è poco chiara ed illogica. Constatare che tali scambi hanno natura concorrenziale perché hanno la stessa finalità anticoncorrenziale dell’accordo Cembureau equivarrebbe ad un ragionamento circolare.

– L’errore nella versione italiana della sentenza impugnata

269.

La Buzzi Unicem contesta al Tribunale di aver motivato in modo errato il rigetto del suo motivo, ai punti 1680-1682 della sentenza impugnata, secondo cui gli scambi di informazioni erano in ogni caso leciti poiché il mercato non era oligopolistico. Anche se, come sostiene la Commissione, si tratta di un semplice errore di redazione nella versione italiana che non invalida affatto la conclusione formulata dal Tribunale, la Buzzi Unicem fa valere che i suoi diritti della difesa sono stati violati in quanto non era possibile identificare tale errore e quindi presentare diversamente il suo motivo.

– L’asserita disparità di trattamento

270.

La Buzzi Unicem critica la motivazione del rigetto da parte del Tribunale del suo motivo attinente ad una disparità di trattamento e ad una violazione dei diritti della difesa, in quanto gli addebiti relativi allo scambio di informazioni non sono stati contestati nei confronti dell’Associazione italiana tecnico-economica del cemento (in prosieguo: l’”AITEC”), che si sarebbe trovata in una situazione analoga alla sua. La Buzzi Unicem fa valere che il requisito impostole dal Tribunale, cioè di dimostrare che la mancata contestazione di questo stesso addebito nei confronti dell’AITEC l’ha posta in una situazione meno favorevole, è una sorta di probatio diabolica. Solo se anche l’AITEC fosse stata inclusa nel procedimento l’Unicem avrebbe potuto fornire una prova tangibile e certa di ciò che sarebbe potuto accadere in tale ipotesi.

271.

Secondo la Buzzi Unicem, il Tribunale ha altresì commesso un errore di diritto non tenendo conto della costante giurisprudenza comunitaria che condanna il comportamento delle associazioni di categoria attraverso le quali siano posti in essere scambi di informazioni.

– La qualificazione degli scambi come misura di attuazione

272.

L’Aalborg, la Buzzi Unicem e la Cementir contestano al Tribunale di aver commesso un errore di diritto, uno snaturamento degli elementi di prova nonché un errore di motivazione affermando che gli scambi di informazioni sui prezzi facevano parte integrante di un asserito accordo pluriennale unico e continuo. A loro avviso, mancherebbe il nesso temporale necessario fra tali scambi e le riunioni del 14 gennaio 1983, del 19 marzo e del 7 novembre 1984, durante le quali si è considerato che sia stato concluso e confermato l’accordo Cembureau, e i detti scambi non potrebbero essere considerati come una misura di esecuzione di tale accordo.

273.

In primo luogo, la Cementir fa valere che non risulta da alcun passaggio della relazione introduttiva del presidente della riunione del 14 gennaio 1983 che i dati scambiati puntualmente in tale ambito potevano facilitare la creazione o il funzionamento di un meccanismo collusivo. A suo avviso, tale testo ha un carattere assolutamente generico, che non permette di trarre alcuna conclusione circa la valenza anticoncorrenziale dei dati diffusi.

274.

In secondo luogo, la Cementir sostiene che i due documenti citati dalla Commissione in relazione alla riunione del 19 marzo 1984 non le sono opponibili, atteso che essa non era presente alla detta riunione. Il Tribunale avrebbe riconosciuto che non le può essere imputata alcuna responsabilità per gli scambi intervenuti in quella circostanza. Di conseguenza, l’ipotesi formulata dal Tribunale, secondo cui i dati scambiati avrebbero reso possibile un confronto tra il livello dei prezzi esistente sui diversi mercati nazionali, sarebbe priva di fondamento.

275.

In terzo luogo, per quanto riguarda gli scambi periodici, la Cementir contesta al Tribunale di avere snaturato elementi di prova e di aver viziato la sua motivazione per quanto riguarda la valutazione giuridica dei detti scambi, per i motivi seguenti:

– Il Tribunale avrebbe commesso un errore logico dichiarando che i riferimenti ai prezzi nazionali contenuti nella relazione introduttiva del presidente della riunione del 14 gennaio 1983 dovevano essere messi in rapporto con lo scambio di dati verificatosi in quella riunione. Ciò non sarebbe sufficiente per considerare illegittimo un sistema di scambio di dati in vigore molto tempo prima della detta riunione.

– Contrariamente a quanto affermato dal Tribunale ai punti 1645 e 1646 della sentenza impugnata, il documento relativo ai prezzi medi nazionali che, secondo il Tribunale, illustrava lo scambio di informazioni sui prezzi tra i membri della Cembureau sarebbe stato distribuito durante la riunione del 30 maggio 1983, riunione alla quale la Cementir non avrebbe partecipato, e non durante quella del 14 gennaio 1983. Tale documento non sarebbe quindi rilevante per dimostrare un’infrazione a carico della Cementir.

276.

Più in particolare, la Buzzi Unicem fa valere che il punto 1698 della sentenza impugnata racchiude un ragionamento circolare, in quanto considera come prova del coinvolgimento dell’Unicem nell’accordo Cembureau la sua partecipazione allo scambio di informazioni e, come prova di quest’ultima, la sua partecipazione al detto accordo.

277.

A suo avviso, le deduzioni del Tribunale in merito all’esistenza di un nesso tra il rispetto dell’accordo Cembureau e la partecipazione dell’Unicem agli scambi periodici non rappresentano, conformemente alla giurisprudenza comunitaria, “l’unica plausibile spiegazione per tale condotta”, ma mere supposizioni ed ipotesi dal valore probatorio non certamente maggiore rispetto a quello delle motivazioni, assolutamente plausibili, addotte dall’Unicem.

– La durata degli scambi

278.

Sottolineando che il carattere lecito degli scambi di informazioni sui prezzi non era affatto cambiato dopo la conclusione dell’accordo Cembureau, l’Aalborg ritiene che nulla nella giurisprudenza comunitaria né negli stessi scambi possa giustificare l’estensione della durata dell’accordo Cembureau fino al 31 dicembre 1988. Ne risulterebbe che i fatti per i quali la decisione Cemento ha inflitto un’ammenda sarebbero prescritti per quanto la riguarda e l’ammenda inflittale dovrebbe quindi essere annullata o ridotta.

Giudizio della Corte

279.

Per quanto riguarda gli scambi di informazioni sui prezzi, l’Aalborg, la Buzzi Unicem e la Cementir riproducono essenzialmente gli stessi argomenti già invocati invano dinanzi al Tribunale. Ora, il controllo che i giudici comunitari esercitano sulle valutazioni economiche complesse fatte dalla Commissione si limita necessariamente alla verifica del rispetto delle regole di procedura e di motivazione, dell’esattezza materiale dei fatti, nonché dell’insussistenza di errore manifesto di valutazione e di sviamento di potere (v., in particolare, sentenze 11 luglio 1985, causa 42/84, Remia e a./Commissione, Racc. pag. 2545, punto 34, nonché BAT e Reynolds/Commissione, cit., punto 62).

280.

Per quanto riguarda gli scambi periodici, il Tribunale, ai punti 1628-1630 della sentenza impugnata, ha esplicitamente dichiarato infondati gli argomenti attinenti alla natura lecita delle informazioni sui prezzi scambiati, in quanto tali informazioni erano meno neutre di quanto asserito dalle imprese interessate.

281.

Come esposto dal Tribunale ai punti 1510, 1511 e 1634 della sentenza impugnata, anche se le informazioni oggetto dei detti scambi sono di dominio pubblico o riguardano prezzi storici e puramente statistici, il loro scambio viola l’art. 85, n. 1, del Trattato se rappresenta il supporto di un altro meccanismo anticoncorrenziale. Tale interpretazione è basata sulla considerazione che la circolazione di informazioni sui prezzi, limitata ai membri di un’intesa anticoncorrenziale, ha l’effetto di aumentare la trasparenza su un mercato in cui la concorrenza è già fortemente attenuata e di facilitare la sorveglianza del rispetto dell’intesa da parte dei suoi membri.

282.

Nel caso di specie, importa poco che le informazioni sui prezzi di cui trattasi siano state fornite due settimane prima della riunione del 14 gennaio 1983, dato che esse sono servite da base di discussione durante la detta riunione. Neanche l’argomento dell’Aalborg circa la legittimità della trasmissione di informazioni siffatte da parte di un’associazione di categoria come la Cembureau può essere accolto.

283.

Inoltre, ai punti 1648-1653 della sentenza impugnata, il Tribunale ha esaminato e respinto, in quanto irrilevante, il fatto che i prezzi danesi erano stati soggetti al controllo delle autorità danesi della concorrenza fino al 1989. Rifiutando, da un lato, di esaminare se le caratteristiche intrinseche delle informazioni scambiate abbiano potuto o meno conferire un carattere illegittimo agli scambi e concludendo, dall’altro, che tanto gli scambi puntuali quanto quelli periodici avevano la finalità di facilitare l’esecuzione dell’accordo Cembureau e, quindi, rivestivano un carattere anticoncorrenziale, il Tribunale non è incorso in alcun errore di diritto. La qualificazione giuridica che il Tribunale ha dato a detti scambi non può essere rimessa in discussione.

284.

Per quanto riguarda l’assenza della negazione davanti alla parola corrispondente a “oligopolistico” al punto 1680 della versione italiana della sentenza impugnata, si tratta solo di un mero errore materiale di scrittura che non figura nelle altre versioni linguistiche. In quanto tale, esso è senza importanza, considerato che il contesto e gli altri punti della sentenza impugnata conducono ad un’interpretazione di tale punto diversa dal suo tenore letterale. Alla luce del fatto che il punto 1681 della sentenza impugnata elimina qualsiasi ambiguità al riguardo, il detto errore non è tale da viziare la motivazione della sentenza impugnata. Non avendo potuto indurre in errore la Buzzi Unicem, esso non ha in nessun caso inciso sui suoi diritti della difesa.

285.

L’argomento attinente ad un’asserita disparità di trattamento tra l’Unicem e l’AITEC è stato respinto dal Tribunale, ai punti 1701-1703 della sentenza impugnata. Basandosi sulla sentenza della Corte 31 marzo 1993, cause riunite C-85/95, C-104/85, C-114/85, C-116/85, C-117/85 e da C-125/85 a C-129/85, Ahlström Osakeythiö e a./Commissione (Racc. pag. I-1307, punto 146), il Tribunale ha precisato che la circostanza che l’AITEC non si è vista imputare l’infrazione di cui trattasi non consentiva di escludere la responsabilità dell’Unicem. Poiché all’Unicem non è stato impedito di venire in possesso di documenti in grado di suffragare proficuamente la sua difesa durante il procedimento amministrativo, non può essere constatata alcuna violazione dei diritti della difesa.

286.

Per quanto riguarda l’attuazione dell’accordo Cembureau mediante gli scambi di informazioni sui prezzi, il Tribunale ha verificato che la Commissione aveva fornito gli elementi di prova idonei a dimostrare sufficientemente, da un lato, che i diversi comportamenti anticoncorrenziali avevano contribuito, dato il loro identico obiettivo, alla realizzazione dell’infrazione nel suo insieme e, dall’altro, che l’elemento soggettivo richiesto esisteva in capo alle imprese coinvolte.

287.

Dopo aver esaminato con cura le prove sottopostegli, il Tribunale non ha trovato errori nelle conclusioni della Commissione. Esso ha confermato, da un lato, che la finalità degli scambi puntuali intervenuti durante le riunioni del 14 gennaio 1983 e del 19 marzo 1984 era di rafforzare l’accordo generale di osservanza dei limiti dei mercati interni concluso, poi confermato durante tali riunioni (v. punto 1518 della sentenza impugnata) e, dall’altro, che una delle funzioni assegnate agli scambi periodici era stata di garantire l’applicazione del detto accordo (v. punto 1644 della sentenza impugnata).

288.

Secondo il giudizio del Tribunale, tali scambi avevano quindi la finalità di frenare le importazioni intracomunitarie di cemento, cioè, in definitiva, di facilitare l’esecuzione dell’accordo Cembureau.

289.

Ora, nel caso di specie, gli argomenti della Cementir attinenti alla forza probatoria del progetto di relazione introduttiva del presidente della riunione del 14 gennaio 1983 sono prive di rilevanza. Occorre fare riferimento alla constatazione del Tribunale, al punto 1521 della sentenza impugnata, data in risposta ad un analogo argomento dell’Irish Cement, secondo cui un passaggio del progetto della detta relazione mostrava che la finalità di tale riunione era “di valutare i rischi che possono derivare dall’espansione di alcune importazioni unita alla marcata riduzione di alcuni prezzi”. Secondo il Tribunale, “[c]ollocate nel loro contesto (…), queste indicazioni significano chiaramente che l’oggetto dello scambio di informazioni sui prezzi dei paesi membri della Cembureau avvenuto durante tale riunione era quello di porre in risalto i divari esistenti tra i vari livelli di prezzo nazionali, alcuni dei quali avevano subìto marcate riduzioni, al fine di esaminare (…) soluzioni capaci di attenuare l’andamento dei mercati, prima che il fenomeno dell’espansione delle importazioni e della notevole diminuzione di alcuni prezzi avesse il tempo di assumere grande dimensione e gravità”. Pertanto, esso non ha riscontrato alcun errore nella conclusione della Commissione secondo cui lo scambio di cui trattasi mirava ad agevolare l’applicazione dell’accordo Cembureau, concluso durante la detta riunione. Tali valutazioni di fatto non possono essere inficiate nell’ambito di un’impugnazione.

290.

Per quanto riguarda le critiche formulate dalla Cementir e dall’Aalborg a proposito dell’assenza di nesso temporale tra gli scambi periodici e le riunioni del 14 gennaio 1983 e del 19 marzo 1984, occorre rilevare che, in proposito, si deve solo determinare se gli scambi facciano parte di un “piano d’insieme”, considerato il loro identico oggetto, senza tener conto della loro particolare cronologia. Il Tribunale ha correttamente dichiarato, al punto 1644 della sentenza impugnata, che la circostanza che il sistema degli scambi periodici era stato allestito molto tempo prima dell’adozione dell’accordo Cembureau non poteva impedire alla Commissione di considerare che, a partire dalla conclusione dell’accordo Cembureau, tale sistema aveva accolto e poi perpetuato la finalità anticoncorrenziale perseguita con le discussioni svoltesi durante le riunioni del 14 gennaio 1983 e del 19 marzo 1984, nonché con gli scambi puntuali avvenuti nella cornice di queste due riunioni.

291.

Per quanto riguarda la prova dell’elemento soggettivo in capo a ciascuna impresa coinvolta, spettava al Tribunale verificare se la Commissione avesse dimostrato che la detta impresa intendeva contribuire, con il proprio comportamento, agli obiettivi comuni perseguiti da tutti i partecipanti e se fosse a conoscenza dei comportamenti materiali previsti o attuati da altre imprese nel perseguire i medesimi obiettivi, oppure se potesse ragionevolmente prevederli e fosse pronta ad accettarne i rischi (v. sentenza Commissione/Anic Partecipazioni, cit., punto 87).

292.

Il fatto che un’impresa non abbia preso parte a tutti gli elementi costitutivi di un’intesa o che abbia svolto un ruolo secondario negli aspetti cui ha partecipato non è rilevante per provare l’esistenza dell’infrazione. Un elemento siffatto dev’essere preso in considerazione solo nel valutare la gravità dell’infrazione e, all’occorrenza, nel determinare l’ammenda (v., in tal senso, sentenza Commissione/Anic Partecipazioni, cit., punto 90).

293.

Poiché la Cementir ha espressamente ammesso di aver assistito alla riunione del 14 gennaio 1983, durante la quale sono avvenuti scambi d’informazioni (v. punto 1566 della sentenza impugnata), non è importante, ai fini della prova dell’esistenza di un’infrazione complessiva, il fatto che essa non sia stata presente alla riunione del 19 marzo 1984. Il Tribunale non ha quindi commesso alcun errore considerando che la Commissione si era giustamente basata, per dimostrare l’esistenza dell’infrazione e la partecipazione della Cementir alla detta riunione, sulle note di seduta e sul documento relativo ai prezzi medi nazionali che fa riferimento a tale riunione.

294.

Per quanto riguarda gli argomenti della Buzzi Unicem attinenti ad un’asserita illogicità di motivazione e ad uno snaturamento degli elementi di prova per quanto attiene alla partecipazione dell’Unicem agli scambi periodici, è pacifico che, poiché l’Unicem non ha assistito alle riunioni del 14 gennaio 1983 e del 19 marzo 1984, la decisione Cemento non conteneva alcun indizio idoneo a dimostrare che tale impresa aveva aderito all’accordo Cembureau prima del 9 settembre 1986 attraverso la sua partecipazione agli scambi periodici (v. punto 4246 della sentenza impugnata). Tuttavia, al punto 1698 della sentenza impugnata, il Tribunale ha constatato che, a partire dal 9 settembre 1986 (data di costituzione dell’ETF), l’Unicem aveva partecipato, spinta dalla volontà di vedere applicato l’accordo Cembureau, agli scambi periodici. In nessun punto della sentenza impugnata il Tribunale ha affermato che la partecipazione dell’Unicem ai detti scambi accreditava la sua adesione all’accordo Cembureau. E’ la sua adesione a partire dalla data di costituzione dell’ETF, il 9 settembre 1986, che spiega la sua partecipazione negli scambi di informazioni sui prezzi. Il ragionamento del Tribunale non contiene quindi illogicità.

295.

Per quanto riguarda la durata degli scambi periodici in quanto misura di attuazione dell’accordo Cembureau, il Tribunale, al punto 1641 della sentenza impugnata, ha constatato che era pacifico che tali scambi sono proseguiti dopo le riunioni dei capidelegazione del 1983 e del 1984, quanto meno sino alla fine del 1988.

296.

Considerato che i detti scambi costituivano il supporto dell’accordo Cembureau, è del tutto logico considerare, in mancanza di elementi di prova in senso contrario, che tale accordo è giunto a termine in occasione dell’ultimo di tali scambi. Ne consegue che non si può ammettere che vengano rimesse in discussione le valutazioni o la motivazione del Tribunale in merito alla durata dell’accordo Cembureau. Allegando in modo generico che tale giudice avrebbe dovuto giungere ad una conclusione diversa se avesse accolto i suoi argomenti, l’Aalborg si limita in realtà a contestare nella sua globalità la valutazione dei fatti operata dal Tribunale, senza far valere alcun argomento serio per sostenere che quest’ultimo avrebbe snaturato elementi di prova o commesso un errore di diritto. Gli argomenti relativi alla durata degli scambi periodici sono quindi irricevibili.

297.

Si devono quindi dichiarare irricevibili e/o infondati i motivi attinenti ad asseriti errori di diritto, ad un difetto di motivazione e ad una violazione dei diritti della difesa per quanto riguarda gli scambi di informazioni sui prezzi.

4. I motivi attinenti ad asseriti errori di diritto, ad un difetto di motivazione, allo snaturamento di elementi di prova e ad una violazione dei diritti della difesa per quanto riguarda le attività nell’ambito dell’ETF, nonché gli accordi e le pratiche dirette a difendere il mercato italiano

Argomenti delle parti

– La partecipazione alla costituzione dell’ETF

298.

L’Aalborg contesta al Tribunale di averle erroneamente imputato la responsabilità per la costituzione dell’ETF (infrazione menzionata all’art. 4, n. 1, della decisione Cemento). Il Tribunale si sarebbe basato unicamente sulla presenza passiva del sig. Larsen durante la brevissima presentazione dell’ETF che sarebbe stata svolta alla fine della riunione del 9 settembre 1986.

299.

Secondo l’Aalborg, il Tribunale si basa unicamente sul fatto che essa non si è espressamente distanziata durante tale presentazione dell’ETF. Facendo valere che essa era presente alla detta riunione solo per ragioni lecite, cioè per fare lobbying, l’Aalborg sostiene che una siffatta responsabilità non può essere basata su informazioni fornite “a margine” di una riunione di cui essa non aveva alcuna conoscenza e che, a maggior ragione, essa non poteva affatto condizionare.

300.

Il Tribunale sarebbe quindi incorso in un errore di diritto estendendo la responsabilità dell’Aalborg per “mancata presa di distanza” molto al di là di quanto consentito dai criteri di un “accordo continuo” emersi nella giurisprudenza comunitaria. La costituzione dell’ETF e il suo mantenimento fino al maggio 1987 nonché le attività degli attori principali di quest’ultima non possono, secondo l’Aalborg, essere considerati alla stregua di condotte facenti parte di un piano globale del quale essa avrebbe consentito l’adozione e che conterrebbe elementi costitutivi di un’intesa.

301.

Lo stesso vale, a maggior ragione, in quanto il Tribunale avrebbe riconosciuto che essa non aveva partecipato ad alcun’altra riunione, non era stata informata in merito ad iniziative ulteriori e non aveva partecipato alle misure dissuasive e persuasive o ad altre azioni svolte dall’ETF. La sua responsabilità non potrebbe quindi essere basata sulla sua presenza puramente passiva durante la relazione relativa all’ETF, il 9 settembre 1986, né essere constatata al di là di tale data.

– La qualificazione della costituzione dell’ETF come accordo unico relativo all’ETF e misura di attuazione dell’accordo Cembureau

302.

L’Aalborg sostiene che il nesso temporale tra, da un lato, la riunione del 9 settembre 1986 e, dall’altro, le riunioni del 14 gennaio 1983 e del 19 marzo e 7 novembre 1984, durante le quali, secondo la Commissione e il Tribunale, è stato concluso e confermato l’accordo Cembureau, non è sufficiente per far considerare la costituzione dell’ETF, per quanto riguarda la detta impresa, alla stregua di una misura esecutiva del detto accordo.

303.

La Buzzi Unicem sostiene che il Tribunale ha erroneamente basato la sua valutazione sugli “elementi costitutivi” dell’ETF e sulla “proposta” del sig. Albert per affermare che l’Unicem era necessariamente cosciente del fatto che l’accordo Cembureau e le pratiche concordate cui aveva partecipato si inserivano in una strategia complessiva destinata ad eliminare le importazioni.

– Durata dell’infrazione relativa alla costituzione dell’ETF

304.

L’Aalborg contesta il fatto che la sua responsabilità per la costituzione dell’ETF sia stata accertata fino al 31 maggio 1987 in quanto i suoi partecipanti attivi hanno svolto riunioni fino a tale data. Tuttavia il Tribunale avrebbe riconosciuto che essa aveva partecipato solo alla riunione del 9 settembre 1986, non era stata informata in merito ad iniziative ulteriori e non aveva partecipato alle misure dissuasive e persuasive o ad altre azioni svolte dall’ETF. La sua responsabilità non potrebbe quindi essere constatata al di là della data della detta riunione, alla quale essa avrebbe assistito in modo assolutamente passivo.

– La partecipazione all’infrazione relativa alla costituzione dell’ETF

305.

L’Aalborg contesta al Tribunale di averla erroneamente resa responsabile, a causa della sua partecipazione all’ETF, della pratica concordata diretta a sottrarre la Calcestruzzi, nella sua qualità di cliente, ai produttori greci, in particolare alla Titan, segnatamente nella misura in cui tale infrazione le viene imputata per il periodo successivo al 9 settembre 1986.

306.

Al riguardo essa solleva gli stessi argomenti già fatti valere per contestare l’infrazione consistente nella costituzione dell’ETF, cioè che il Tribunale si sarebbe basato unicamente sulla presenza passiva di uno dei rappresentanti dell’Aalborg alla riunione del 9 settembre 1986 e sul fatto che essa non si era espressamente distanziata, durante la breve comunicazione fatta in tale occasione, in merito alle riunioni tra i produttori italiani di cemento e la Ferruzzi.

307.

Tale pratica sarebbe stata applicata sul mercato italiano, lontano dal suo mercato di prossimità naturale, considerato il costo del trasporto del cemento e, a quanto pare, essenzialmente da imprese italiane. Né la decisione Cemento né la sentenza impugnata conterrebbero una qualsivoglia spiegazione e ancor meno una spiegazione convincente della conoscenza, dell’interesse o dell’influsso che essa avrebbe potuto avere relativamente alla detta pratica concordata.

308.

Secondo la Cementir, nessuno degli elementi sui quali il Tribunale si è basato per dichiarare l’esistenza di una pratica concordata su scala europea diretta a far sì che la Calcestruzzi non fosse più cliente dei produttori greci accredita la tesi di una partecipazione della Cementir a tale pratica concordata:

– il verbale della riunione del 9 settembre 1986 non sarebbe rilevante nei suoi confronti, considerato che essa non ha partecipato a tale riunione;

– la lettera della Titan ai suoi avvocati londinesi del 2 settembre 1988 (doc. n. 33.126/19196) non potrebbe in alcun modo dimostrare che il comportamento della Cementir nei confronti della Calcestruzzi era connesso ad una pratica concordata con altri produttori europei nell’ambito dell’ETF, organismo del quale la Cementir non avrebbe fatto parte, come avrebbe ammesso il Tribunale;

– né la riunione dell’11 febbraio 1987 né quella del 17 marzo 1987 riguarderebbero la Cementir, dato che essa non ha partecipato ad alcuna riunione dell’ETF;

– i due telex inviati alla Titan per confermare la sospensione delle forniture di cemento convenute fra tale impresa e la Calcestruzzi non indicherebbero che la Cementir o altre società hanno concluso un accordo commerciale con la Calcestruzzi nell’ambito dell’esecuzione di un piano anticoncorrenziale definito a livello europeo.

309.

Le valutazioni del Tribunale su tale punto sarebbero quindi prive di congrua motivazione. Il Tribunale si sarebbe basato su una mera presunzione, non suffragata né da prove dirette né da prove indirette. Inoltre, una siffatta presunzione imporrebbe alla Cementir l’onere di una probatio diabolica, consistente nella prova dell’assenza di un collegamento, contrariamente ai principi che reggono l’acquisizione delle prove a tutela della presunzione di innocenza.

310.

La Cementir aggiunge di non aver mai contestato il fatto che la Calcestruzzi era un cliente dal 1979 e che, tenuto conto delle notevoli quantità fornite, lo considerava come un cliente da non perdere. In presenza di tali elementi, il comportamento della Cementir avrebbe dovuto essere qualificato, sul piano del diritto della concorrenza, come un comportamento del tutto autonomo e competitivo, e non certo come un comportamento collusivo pluriannuale da assoggettare, come tale, ad una gravosissima sanzione.

– La qualificazione degli accordi con la Calcestruzzi come un accordo unico relativo all’ETF e come misure di attuazione dell’accordo Cembureau

311.

Secondo la Cementir, il Tribunale ha commesso un errore evidente di qualificazione affermando un collegamento tra l’adesione della Cementir agli accordi con la Calcestruzzi e le intese anticoncorrenziali eventualmente concluse da altri produttori nell’ambito dell’ETF. In primo luogo, la sentenza impugnata non attesterebbe alcuna prova diretta di un siffatto collegamento. In secondo luogo, il Tribunale non avrebbe ricercato l’esistenza o meno delle prove indirette del detto collegamento. Secondo la Cementir, tali prove non esistevano, dato che essa avrebbe partecipato agli accordi con la Calcestruzzi unicamente per ragioni commerciali che nulla avevano a che vedere con le iniziative dell’ETF. Essa avrebbe quindi partecipato alla riunione di Lussemburgo all’unico scopo di preservare il funzionamento del suo accordo con la Calcestruzzi e non, come affermerebbe erroneamente la sentenza impugnata, quello dell’accordo tra la Calcestruzzi e la Titan. L’analisi del Tribunale al punto 3359 della sentenza impugnata avrebbe snaturato il suo argomento.

– L’asserito errore di analisi giuridica circa la natura illecita degli accordi con la Calcestruzzi

312.

Secondo l’Italcementi, il Tribunale ha commesso un errore considerando rilevante e sanzionabile l’esecuzione dei contratti di fornitura tra i cementieri italiani e la Calcestruzzi perché, da un lato, tali contratti non costituivano l’oggetto dell’accusa e, dall’altro, lo scopo della protezione del mercato italiano dalle importazioni sarebbe stato realizzato con la rottura del contratto tra la Titan e la Calcestruzzi.

313.

L’Italcementi non comprende per quale ragione il Tribunale concluda la sua analisi degli accordi con la Calcestruzzi imputando ad essa, all’Unicem e alla Cementir un’infrazione alle disposizioni dell’art. 85, n. 1, del Trattato, dal 3 aprile 1987 al 3 aprile 1992, posto che ciò implica che l’illecito sia consistito anche nell’esecuzione dei contratti con la Calcestruzzi. A suo avviso, si tratta di una profonda contraddizione, nonché di un errore di analisi giuridica.

314.

Per l’Italcementi è chiaro che, nel momento in cui l’accordo orizzontale fra i tre cementieri italiani e le pressioni sulla Calcestruzzi avevano ottenuto il risultato di interrompere il rapporto di fornitura tra quest’ultima e la Titan, essi avevano altresì esaurito i loro effetti anticoncorrenziali riconducibili all’accordo Cembureau. Invece, il Tribunale sembrerebbe aver considerato, senza produrre alcuna motivazione al riguardo, che anche i contratti con la Calcestruzzi costituivano espressione di tale accordo.

315.

L’Italcementi sostiene di aver dimostrato, senza essere smentita sul punto dal Tribunale, che le importazioni di cemento greco in Italia erano aumentate in modo esponenziale dal 1986 in poi. Infatti, la Calcestruzzi avrebbe rappresentato solo il 5% della domanda italiana di cemento e il cemento greco avrebbe quindi potuto agevolmente dirigersi su altri acquirenti. Secondo l’Italcementi, la Calcestruzzi poteva approvvigionarsi altrove per una parte consistente (20%) del proprio fabbisogno. Di conseguenza, l’accordo non avrebbe avuto l’obiettivo di arginare il flusso delle importazioni greche in Italia, bensì mirava ad escludere che queste ultime avessero luogo nell’ambito di un contratto di una certa durata concluso tra la Calcestruzzi e la Titan. La conclusione dei contratti con la Calcestruzzi segnerebbe quindi la fine, e non l’inizio, dell’illecito imputato all’art. 4, n. 3, lett. b), della decisione Cemento.

– Il motivo attinente al principio del ne bis in idem

316.

Tanto la Buzzi Unicem quanto l’Italcementi sostengono che la sanzione delle convenzioni da esse concluse con la Calcestruzzi, nonché degli accordi fra i tre cementieri italiani è incompatibile con la decisione di stralciare gli addebiti nazionali ed inconciliabile con la decisione dell’autorità italiana della concorrenza. Riprendere gli addebiti attinenti a tali convenzioni e a tali accordi nell’art. 4, n. 3, della decisione Cemento avrebbe comportato nei loro confronti una doppia imputazione di responsabilità, a livello comunitario ed a livello nazionale, per un medesimo comportamento, in violazione del principio del ne bis in idem.

317.

La Buzzi Unicem ribadisce che la decisione di stralciare gli addebiti nazionali costituiva un evidente indice del fatto che gli accordi nazionali eventualmente intercorsi tra i cementieri italiani non si inserivano nell’ambito dell’ETF e dell’accordo Cembureau. Tuttavia, la Commissione avrebbe considerato i detti accordi come una prova del coinvolgimento di tali cementieri nell’accordo Cembureau al fine di evitare eventuali importazioni di cemento greco da parte della Calcestruzzi.

318.

La Buzzi Unicem considera che la motivazione con cui il Tribunale ha giustificato, al punto 3386 della sentenza impugnata, il duplice esame di comportamenti nazionali non è convincente, ed appare anzi macchinosa e cavillosa. Il Tribunale si sarebbe infatti basato a torto su una differenziazione dell’oggetto dei due procedimenti, nazionale e comunitario, rilevando, in primo luogo, che l’esame dell’autorità italiana della concorrenza aveva l’obiettivo di verificare la liceità dei contratti conclusi tra la Calcestruzzi ed i produttori italiani e, in secondo luogo, che l’analisi condotta dalla Commissione e dal Tribunale riguardava l’accordo, intercorso tra gli stessi produttori, dal quale deriverebbero tali contratti e che avrebbe avuto l’obiettivo di impedire alla Calcestruzzi di importare cemento dalla Grecia. Ora, in realtà, dai punti 3356 e 3396 della sentenza impugnata risulterebbe che tale ultima analisi riguardava altresì i detti contratti.

319.

L’Italcementi fa valere argomenti analoghi. Essa sostiene che, dal punto di vista del loro contenuto, i contratti conclusi con la Calcestruzzi regolavano relazioni di vendita esclusivamente nazionali, i cui elementi anticoncorrenziali erano già stati sanzionati a livello nazionale con una decisione dell’autorità italiana della concorrenza nel marzo 1996. La loro esecuzione non avrebbe avuto alcun rapporto né con l’ETF né con l’accordo Cembureau.

– L’asserito snaturamento degli elementi di prova

320.

La Buzzi Unicem contesta al Tribunale di avere snaturato il significato dei resoconti delle riunioni del 17 giugno e del 4 settembre 1987, nonché di aver fornito una motivazione insufficiente e contraddittoria, al punto 2683 della sentenza impugnata, per dichiarare la partecipazione dell’Unicem a pratiche concordate. Essa sostiene che le prove documentali dirette non hanno la natura di prove inconfutabili attribuita loro dal Tribunale.

– Durata dell’infrazione menzionata all’art. 4, n. 3, lett. b), della decisione Cemento

321.

L’Italcementi e la Buzzi Unicem contestano la valutazione del Tribunale relativa alla durata dell’infrazione rappresentata dall’accordo Cembureau. La sentenza impugnata modificherebbe il termine di tale infrazione e giungerebbe alla conseguenza che, dal 19 maggio 1989 al 3 aprile 1992, i soli aderenti all’accordo Cembureau erano i cementieri italiani.

Giudizio della Corte

322.

Gli argomenti dell’Aalborg riguardanti la sua partecipazione all’ETF ribadiscono in parte la sua versione degli avvenimenti che hanno avuto luogo durante la riunione del 9 settembre 1986. Ora, poiché tali argomenti diretti a dimostrare il carattere lecito degli oggetti della detta riunione sono già stati respinti, in quanto non convincenti, ai punti 2600, 2656 e 2891 della sentenza impugnata, l’Aalborg non può rimettere in discussione tali valutazioni in fatto svolte del Tribunale.

323.

E’ incontestabile che il sig. Larsen, dell’Aalborg, era presente alla riunione del 9 settembre 1986, nella quale tanto l’obiettivo dell’ETF quanto le sue misure dissuasive e persuasive contro le incursioni di cemento a basso prezzo sui mercati europei sono stati ricordati fin dall’inizio. Poiché l’Aalborg non ha provato di essersi distanziata dalle discussioni sull’ETF, il Tribunale poteva legittimamente confermare le conclusioni della Commissione secondo cui, con la sua presenza senza riserve alla riunione del 9 settembre 1986, durante la quale è stato evocato l’obiettivo dell’ETF, l’Aalborg ha partecipato al concorso di volontà che ha condotto alla costituzione di quest’ultima. Esso non ha commesso alcun errore respingendo, in quanto irrilevante, il ruolo passivo dell’Aalborg durante la detta riunione e la sua mancata partecipazione alle riunioni successive e di esecuzione delle iniziative menzionate (punto 2891 della sentenza impugnata).

324.

Per quanto riguarda gli argomenti della Buzzi Unicem relativi alla costituzione dell’ETF, occorre rammentare che i motivi attinenti ad errori in merito alla partecipazione dell’Unicem all’ETF sono già stati dichiarati manifestamente infondati dalla Corte (v. ordinanza Buzzi Unicem/Commissione, cit., punti 133-165).

325.

Per quanto riguarda la qualificazione della costituzione dell’ETF come accordo unico, il Tribunale, ai punti 2537, 2538 e 3701 della sentenza impugnata, ha dichiarato che tale costituzione mirava all’esame di misure dissuasive e persuasive idonee ad eliminare le importazioni in Europa, in particolare quelle provenienti dalla Grecia. L’ETF era quindi animata dalla medesima finalità economica anticoncorrenziale degli altri accordi e pratiche concordate menzionati all’art. 4 della decisione Cemento. Il Tribunale ha considerato che tale identità oggettiva è rafforzata dalla circostanza che le dette misure illecite sono state adottate, o quanto meno discusse, nel corso di una serie di riunioni dell’ETF o relative all’ETF, svoltesi tra il 28 maggio 1986 e la fine del mese di maggio 1987 (v. punto 3705 della sentenza impugnata).

326.

Per quanto riguarda l’attuazione dell’accordo Cembureau da parte dell’ETF, il Tribunale, ai punti 2560 e 3701 della sentenza impugnata, ha dichiarato che quest’ultima aveva una sfera di azione più ampia di quella di impedire le importazioni a basso prezzo provenienti dalla Grecia, cioè quella di impedire qualsiasi importazione di cemento a basso prezzo che potesse destabilizzare i mercati europei.

327.

Per quanto riguarda la durata delle infrazioni, dal punto 2795 della sentenza impugnata risulta che la sorte dell’ETF è stata discussa per l’ultima volta in occasione della riunione di Lussemburgo svoltasi alla fine di maggio 1987. Al punto 3309 della sentenza impugnata, il Tribunale ha motivato in modo chiaro la ragione per cui era stata accertata la data del 15 marzo 1987 come data della fine dell’infrazione relativa alle misure di difesa. Essa faceva riferimento alla riunione del 17 marzo 1987, nel corso della quale si è riferito per l’ultima volta in merito alle trattative tra i produttori italiani di cemento ed il gruppo Ferruzzi.

328.

E’ vero che la Commissione non ha dimostrato che l’Aalborg aveva assistito a tali riunioni. Tuttavia, secondo la giurisprudenza della Corte, il fatto che un’impresa non abbia preso parte a tutti gli elementi costitutivi di un’intesa o che abbia svolto un ruolo secondario negli aspetti cui ha partecipato non è rilevante per dimostrare l’esistenza di un’infrazione (v., in tal senso, sentenza Commissione/Anic Partecipazioni, cit., punto 90). Ove si accerti che un’impresa era a conoscenza dei comportamenti illeciti delle altre partecipanti o che poteva ragionevolmente prevederli ed era pronta ad accettarne i rischi, essa è altresì considerata responsabile, per tutta la durata della sua partecipazione all’infrazione, dei comportamenti attuati da altre imprese nell’ambito della medesima infrazione (v. sentenza Commissione/Anic Partecipazioni, cit., punto 83). Ora, l’Aalborg non ha fornito alcun elemento determinante per dimostrare che essa avrebbe revocato il suo sostegno all’ETF o alle misure di difesa prima delle ultime discussioni ad esse relative.

329.

Per quanto riguarda la responsabilità dell’Aalborg per le misure di difesa del mercato italiano, occorre rammentare che il Tribunale, ai punti 3200-3202 della sentenza impugnata, ha chiarito dettagliatamente che l’Aalborg aveva assistito alla riunione del 9 settembre 1986, durante la quale era stata esaminata la situazione delle importazioni di cemento greco da parte della Ferruzzi e si era preso atto della possibilità che le trattative tra i produttori italiani di cemento e la Ferruzzi giungessero a risultati concreti. Come risulta dal punto 3196 della sentenza impugnata, l’Aalborg non ha mai contestato tali fatti.

330.

Inoltre, come emerge dal punto 3203 della sentenza impugnata, l’Aalborg non ha dimostrato che, durante tale riunione, essa aveva apertamente manifestato la sua disapprovazione nei confronti di tali pratiche illecite o aveva informato gli altri partecipanti che intendeva assistere alla riunione in un’ottica diversa dalla loro.

331.

Il Tribunale non ha commesso alcun errore dichiarando, allo stesso punto, che la Commissione poteva legittimamente considerare che l’Aalborg, tra l’altro, aveva aderito a tali pratiche o, quanto meno, aveva dato questa impressione agli altri partecipanti per spirito di solidarietà di fronte alla decisione delle industrie greche del cemento di esportare le proprie eccedenze produttive sui mercati dell’Europa occidentale, decisione avvertita come una gravissima minaccia per la stabilità del complesso di questi mercati.

332.

Per quanto riguarda gli argomenti fatti valere dalla Cementir, diretti a rimettere in discussione le valutazioni del Tribunale a proposito di elementi di prova, è pacifico che, come rilevato dal Tribunale al punto 2768 della sentenza impugnata, tale impresa non ha assistito alle riunioni dell’ETF. Tuttavia, il Tribunale ha accertato che la decisione Cemento conteneva diversi indizi idonei a dimostrare che la Cementir intendeva contribuire con il proprio comportamento agli obiettivi comuni perseguiti dall’insieme dei partecipanti all’ETF (punti 3153-3155 e 3284-3287 della sentenza impugnata).

333.

Ora, gli argomenti della Cementir non contengono alcun elemento serio idoneo a dimostrare che il Tribunale ha snaturato tali elementi di prova. Il fatto che la Cementir non abbia assistito alle riunioni dell’ETF assume una rilevanza minore, dato che dai documenti relativi alle dette riunioni emerge chiaramente che essa ha contribuito, con il proprio comportamento, agli obiettivi comuni perseguiti dall’insieme dei partecipanti. A tal riguardo, secondo il giudizio formulato dal Tribunale al punto 3288 della sentenza impugnata, il complesso di tali documenti dimostrava che la Cementir era uno dei produttori italiani di cemento che erano intervenuti presso il gruppo Ferruzzi per ottenere che la Calcestruzzi sospendesse l’esecuzione del contratto di fornitura che aveva concluso con la Titan.

334.

Inoltre, dalle constatazioni di fatto svolte dal Tribunale al punto 3155 della sentenza impugnata emerge che i cementieri italiani, rappresentati dall’Italcementi, hanno chiesto “ai loro colleghi europei di avvertire i rispettivi rappresentanti presso la CEE affinché non si oppongano alla richiesta” di applicazione della legge italiana in base alla quale ogni importazione di cemento dev’essere preventivamente notificata. Pertanto, tali cementieri, inclusa la Cementir, erano a conoscenza dei comportamenti sostanziali previsti o attuati da altre imprese nel perseguimento di obiettivi anticoncorrenziali.

335.

D’altra parte, il fatto che vi fossero motivi commerciali che potevano indurre la Cementir a partecipare all’intesa anticoncorrenziale non è importante, dato che quest’ultima ha avuto l’effetto di restringere la concorrenza. Poiché è dimostrata la sua partecipazione all’intesa, non è necessario esaminare se essa avesse un interesse a parteciparvi.

336.

Per quanto riguarda la qualificazione degli accordi con la Calcestruzzi, considerato che la Cementir ha collaborato alle azioni ed alle convenzioni relative alla Calcestruzzi per far fronte alle importazioni provenienti dalla Grecia, la conclusione del Tribunale secondo cui la Cementir era consapevole di partecipare ad un’intesa generale di ripartizione dei mercati non può essere considerata arbitraria o erronea.

337.

Il Tribunale non ha commesso alcun errore di diritto dichiarando, al punto 3289 della sentenza impugnata, che la Commissione poteva legittimamente considerare, all’art. 4, n. 3, lett. a), della decisione Cemento, che la Cementir aveva partecipato alle pratiche concordate dirette a sottrarre ai produttori greci, e in particolare alla Titan, il cliente Calcestruzzi.

338.

Circa il rispetto del principio del ne bis in idem, si deve rammentare che l’applicazione di tale principio è soggetta ad una triplice condizione di identità dei fatti, di unità del contravventore e di unità dell’interesse giuridico tutelato. Tale principio vieta quindi di sanzionare lo stesso soggetto più di una volta per un medesimo comportamento illecito, al fine di tutelare lo stesso bene giuridico.

339.

Il Tribunale si è limitato a constatare la differenza di oggetto tra, da un lato, i contratti di fornitura e le convenzioni di collaborazione stipulati tra la Calcestruzzi ed i tre cementieri italiani e, dall’altro, la parte dell’accordo fra tali cementieri diretta ad evitare importazioni di cemento provenienti dalla Grecia da parte della Calcestruzzi. La partecipazione all’accordo Cembureau di osservanza dei limiti dei mercati nazionali rappresenta l’infrazione sanzionata con la decisione Cemento e il Tribunale ha considerato che quest’ultima aveva un oggetto diverso da quello esaminato dalla decisione dell’autorità italiana della concorrenza in merito ai contratti di fornitura ed alle convenzioni di cooperazione tra la Calcestruzzi e i detti cementieri.

340.

Poiché manca l’identità dei fatti, non sussistono violazioni del principio del ne bis in idem.

341.

Per quanto riguarda l’argomento della Buzzi Unicem secondo cui il Tribunale avrebbe snaturato il senso che avrebbe dovuto essere attribuito ai resoconti delle riunioni del 17 giugno e del 4 settembre 1987, si deve rilevare che il Tribunale non ha né deformato le prove né esposto una motivazione contraddittoria. La Buzzi Unicem si è limitata ad esprimere il suo disaccordo nei confronti della valutazione dei documenti pertinenti operata dal Tribunale ed ha ribadito la sua versione dei fatti, già respinta dal Tribunale.

342.

Per quanto riguarda la durata dell’infrazione, essa è stata fissata sulla base della durata dei contratti di fornitura e delle convenzioni di cooperazione stipulati tra i cementieri italiani e la Calcestruzzi. La circostanza che tali cementieri hanno rispettato l’accordo Cembureau fino al 3 aprile 1992, mentre gli altri produttori di cemento avevano cessato di applicarlo, indica che essi hanno mantenuto in vigore l’accordo più a lungo dei detti produttori. Per quanto riguarda la pratica concordata diretta a sottrarre ai produttori greci e in particolare alla Titan il cliente Calcestruzzi, essa è stata prorogata fino all’ultima riunione tenuta a tal fine in seno all’ETF (v. punti 3301-3310 della sentenza impugnata).

343.

Occorre quindi dichiarare irricevibili e/o infondati i motivi attinenti ad asseriti errori di diritto, ad un difetto di motivazione, allo snaturamento di elementi di prova e ad una violazione dei diritti della difesa per quanto riguarda le attività nell’ambito dell’ETF, nonché gli accordi e le pratiche dirette a difendere il mercato italiano.

C – Sull’imputazione di responsabilità

344.

Dalla sentenza impugnata risulta che l’Aalborg è stata costituita il 26 giugno 1990 ed ha acquistato, con effetto retroattivo al 1° gennaio 1990, la cementeria della società Aktieselskabet Aalborg Portland-Cement Fabrik. Quest’ultima è divenuta una holding che detiene, come la Blue Circle, il 50% delle azioni dell’Aalborg.

Argomenti delle parti

345.

L’Aalborg fa valere che il Tribunale ha illegittimamente confermato, nella decisione impugnata, la decisione della Commissione di imputare a tale società la responsabilità delle infrazioni commesse dall’Aktieselskabet Aalborg Portland-Cement Fabrik.

346.

L’Aalborg conclude che il Tribunale, al punto 1336 della sentenza impugnata, sembra fondare la sua responsabilità sulla considerazione che i fatti menzionati al punto 344 della presente sentenza costituivano una riorganizzazione in seno alla stessa entità giuridica. Essa sostiene di aver affermato durante le udienze dinanzi al Tribunale che non era esatto che la sua creazione si iscrivesse nell’ambito di una riorganizzazione del gruppo al quale appartiene. Infatti, un’altra entità giuridica, la Blue Circle, avrebbe acquisito la proprietà economica della metà delle attività precedentemente esercitate dall’Aktieselskabet Aalborg Portland-Cement Fabrik.

347.

L’Aalborg fa valere che la giurisprudenza della Corte riguardante il trasferimento della responsabilità (citate sentenze Suiker Unie e a./Commissione, CRAM e Rheinzink/Commissione nonché Commissione/Anic Partecipazioni) concerne solo casi in cui l’impresa responsabile aveva cessato di esistere ed un’altra impresa aveva acquistato l’insieme delle sue risorse materiali ed umane. La Corte vi avrebbe indicato che il criterio cosiddetto della “continuità economica” entra in gioco solo qualora la persona giuridica responsabile della gestione dell’impresa abbia cessato di esistere giuridicamente dopo aver commesso l’infrazione.

348.

Nel caso di specie, la persona giuridica responsabile delle infrazioni contestate nella decisione Cemento, l’Aktieselskabet Aalborg Portland-Cement Fabrik, non avrebbe cessato di esistere, il che, d’altronde, non sembrerebbe essere stato oggetto di contestazione da parte della Commissione. Di conseguenza, tale responsabilità, secondo l’Aalborg, non può esserle imputata, come è invece stato fatto nella detta decisione e nella sentenza impugnata.

349.

L’Aalborg sostiene inoltre che il difetto di motivazione per quanto riguarda la persona giuridica responsabile dell’infrazione deve implicare l’annullamento della sentenza impugnata. Il fatto che essa non abbia specificamente segnalato, durante il procedimento amministrativo, un’eventuale ambiguità per quanto attiene alla persona giuridica responsabile non può avere la conseguenza che la Commissione non era tenuta a designare precisamente il soggetto responsabile, motivando la sua scelta.

350.

L’Aalborg precisa al riguardo che essa non aveva ragioni particolari per correggere l’indicazione, da parte della Commissione, del destinatario della CA, in quanto tale indicazione sarebbe stata basata su una diversa tesi, quella di un’intesa asseritamente ancora vigente.

351.

Tuttavia, poiché tale tesi è stata modificata nella decisione Cemento, il problema dell’identità del destinatario della decisione sarebbe divenuto essenziale. L’Aalborg non avrebbe potuto essere ritenuta responsabile delle attività di un’impresa durante il periodo storico al quale la decisione Cemento, contrariamente alla CA, ricollega tale infrazione. Considerato che l’Aalborg non era stata ancora costituita al momento delle riunioni di cui trattasi, i suoi rappresentanti sarebbero stati incontestabilmente assenti alle riunioni ritenute fondamentali per l’intesa constatata nella decisione Cemento.

352.

La Commissione considera che un’entità economica resta la stessa ove l’insieme dei mezzi di produzione impiegati per la fabbricazione del cemento sia trasferito da un’impresa a un’altra che prosegue tale attività industriale. Essa fa valere che un apporto di capitale da parte di una nuova impresa non modifica in nulla il fatto che, per quanto riguarda la produzione, si tratta sempre della stessa entità economica.

353.

Per la Commissione, il Tribunale non ha commesso alcuna irregolarità procedurale quando ha preso in considerazione il fatto che l’Aalborg ha riconosciuto, durante le udienze, di non aver contestato, nella sua risposta alla CA, la possibilità di essere ritenuta responsabile degli atti dell’Aktieselskabet Aalborg Portland-Cement Fabrik.

Giudizio della Corte

354.

Nell’ambito dell’impugnazione proposta dall’Aalborg, spetta alla Corte esaminare se il Tribunale sia incorso in un errore considerando che la Commissione aveva il diritto di procedere contro tale società e di considerarla responsabile dei comportamenti anticoncorrenziali dell’Aktieselskabet Aalborg Portland-Cement Fabrik prima della costituzione dell’Aalborg.

355.

Più in particolare, occorre determinare se il fatto che l’Aktieselskabet Aalborg Portland-Cement Fabrik esiste ancora escluda totalmente e necessariamente la possibilità, per la Commissione, di procedere contro l’Aalborg in quanto autore dell’infrazione da un punto di vista economico ed organizzativo.

356.

Non è contestato che le attività economiche nel settore del cemento dell’Aktieselskabet Aalborg Portland-Cement Fabrik sono state trasferite all’Aalborg nel 1990.

357.

Quando il Tribunale ha considerato, al punto 1335 della sentenza impugnata, che l’Aalborg e l’Aktieselskabet Aalborg Portland-Cement Fabrik costituiscono un identico soggetto economico ai fini dell’applicazione dell’art. 85, n. 1, del Trattato, tale constatazione dev’essere intesa nel senso che l’impresa gestita dall’Aalborg a partire dal 1990 è identica a quella precedentemente gestita dall’Aktieselskabet Aalborg Portland-Cement Fabrik (v., al riguardo, punto 59 della presente sentenza).

358.

Il fatto che l’Aktieselskabet Aalborg Portland-Cement Fabrik esiste ancora come entità giuridica non inficia tale conclusione e non costituiva quindi, di per sé, un motivo di annullamento della decisione Cemento per quanto riguarda l’Aalborg.

359.

Al riguardo, è vero che nella sentenza Commissione/Anic Partecipazioni, cit. (punto 145), la Corte ha dichiarato che può esservi continuità economica solo nel caso in cui la persona giuridica responsabile della gestione dell’impresa abbia cessato di esistere giuridicamente dopo la commissione dell’infrazione. Tale causa riguardava tuttavia il caso di due imprese esistenti ed operative, una delle quali aveva semplicemente ceduto all’altra una certa parte delle sue attività, e che non avevano tra di esse nessi strutturali. Ora, come risulta dal punto 343 della presente sentenza, ciò non si verifica nel caso di specie.

360.

Quanto all’asserito difetto di motivazione, il Tribunale poteva legittimamente considerare, al punto 1336 della sentenza impugnata, che, poiché l’Aalborg non ha affermato dinanzi alla Commissione di non poter essere ritenuta responsabile degli atti compiuti dall’Aktieselskabet Aalborg Portland-Cement Fabrik, la Commissione non era tenuta ad approfondire, nella decisione Cemento, le ragioni per le quali essa imputava all’Aalborg tale responsabilità.

361.

Tale motivo di annullamento deve quindi essere dichiarato infondato.

D – Sulle ammende

1. La determinazione delle ammende nella decisione Cemento

362.

La decisione Cemento ha distinto due categorie o gruppi di imprese e di associazioni: da un lato, quelle che hanno partecipato all’accordo Cembureau e, dall’altro, quelle il cui intervento è stato meno decisivo e di minore gravità. I comportamenti descritti agli artt. 2-4 della decisione Cemento sono stati considerati dalla Commissione più gravi di quelli descritti agli artt. 5 e 6 di tale decisione, che avevano effetti meno diretti sulla compartimentazione dei mercati nazionali.

363.

Alle imprese ed alle associazioni della prima categoria, che si sono sforzate di garantire il rispetto dei mercati nazionali con la stessa intensità ed hanno esercitato un influsso diretto sulla compartimentazione di tali mercati, è stata inflitta un’ammenda il cui importo corrispondeva al 4% del fatturato realizzato da ciascuna di esse sul mercato del cemento grigio nel 1992. L’importo dell’ammenda irrogata a quelle della seconda categoria equivaleva al 2,8% dello stesso parametro.

364.

La valutazione della proporzionalità delle ammende inflitte alla gravità e alla durata dell’infrazione rientra nella competenza giurisdizionale anche di merito conferita al Tribunale dall’art. 17 del regolamento n. 17. Svolgendo tale controllo, il Tribunale ha parzialmente accolto il ricorso delle ricorrenti in primo grado. Infatti, nella fissazione degli importi delle ammende, la Commissione aveva considerato che tali imprese avessero partecipato all’intesa durante 122 mesi, mentre il procedimento dinanzi al Tribunale ha permesso di accertare che la reale durata della loro partecipazione era più breve. Il Tribunale ha quindi ridotto proporzionalmente gli importi delle ammende.

365.

Nell’ambito delle impugnazioni in esame, l’analisi della Corte si limita al problema di sapere se, confermando i criteri impiegati dalla Commissione per la fissazione delle ammende e controllando la loro applicazione, o addirittura correggendo tale applicazione, il Tribunale abbia commesso un errore manifesto o sia venuto meno ai principi di proporzionalità e di uguaglianza che disciplinano l’irrogazione delle ammende.

366.

I motivi fatti valere nell’ambito di tali impugnazioni sono raggruppati ai fini della presente sentenza, salvo per quanto riguarda i motivi di una delle ricorrenti.

2. I motivi attinenti ai criteri di fissazione delle ammende, nonché ai principi di uguaglianza e di proporzionalità

Argomenti delle parti

367.

Tutte le ricorrenti nelle impugnazioni in esame hanno sollevato motivi diretti all’annullamento o alla riduzione delle ammende loro inflitte con la decisione Cemento e ridotte in seguito dal Tribunale. Essi riguardano in particolare i criteri impiegati dalla Commissione per irrogare le ammende, nonché asserite violazioni dei principi di proporzionalità e di uguaglianza nel calcolo delle ammende con l’irrogazione di sanzioni molto elevate senza prendere in considerazione il grado di partecipazione di ciascuna impresa. Le ricorrenti criticano altresì il fatto che la sanzione non è stata diminuita in misura maggiore dopo l’annullamento di diverse infrazioni e la riduzione della durata di altre infrazioni, di modo che imprese il cui intervento sarebbe stato meno decisivo e di minore gravità sarebbero state destinatarie della stessa sanzione.

368.

L’Aalborg e la Cementir considerano, più in particolare, che il principio di uguaglianza è stato violato nella misura in cui altre imprese, inquadrate come loro nel sottogruppo di quelle la cui responsabilità era maggiore, avevano partecipato all’intesa più intensamente. La Buzzi Unicem considera altresì che l’annullamento, da parte del Tribunale, di taluni articoli della decisione Cemento, in quanto non era dimostrata la partecipazione dell’Unicem alle infrazioni ivi descritte, deve implicare una riduzione dell’ammenda.

369.

Secondo la Commissione, la posizione del Tribunale è diretta conseguenza del rigetto dell’argomento secondo cui le ammende dovrebbero essere proporzionali alle misure esecutive dell’accordo Cembureau attuate da ciascuna impresa. Il Tribunale avrebbe così confermato l’analisi della Commissione, al punto 65 della motivazione della decisione Cemento, secondo cui occorreva sanzionare la partecipazione in generale all’esecuzione di tale accordo. La scelta di non ridurre l’importo dell’ammenda come conseguenza dell’annullamento di talune parti degli artt. 3 e 4 della detta decisione sarebbe conforme a tale analisi, dato che, per quanto riguarda il mercato del cemento grigio, l’ammenda sarebbe basata sull’art. 1 della stessa decisione. In ogni caso il Tribunale, conformemente all’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, avrebbe graduato la sanzione a seconda della gravità del comportamento di ciascuna impresa, nonché della sua durata e del ruolo svolto da ciascuna di esse nell’intesa.

Giudizio della Corte

370.

Poiché fanno riferimento a questioni di fatto o si limitano a riprodurre argomenti già esposti in primo grado ed ai quali il Tribunale ha risposto ai punti 4964-4969 della sentenza impugnata, i motivi attinenti ai criteri di fissazione delle ammende e alla gravità della partecipazione delle ricorrenti nelle presenti impugnazioni sono irricevibili.

371.

Per quanto riguarda l’asserito difetto di motivazione della sentenza impugnata in merito ai criteri di fissazione delle ammende, occorre rilevare che, senza escludere che il Tribunale non abbia risposto in modo esplicito all’uno o all’altro argomento isolato in un testo unitario e completo, la sentenza impugnata contiene una motivazione sufficiente. Infatti, il Tribunale ha confermato la scelta della Commissione di valutare la responsabilità complessiva delle imprese e di sanzionare l’infrazione rappresentata dall’accordo Cembureau piuttosto che i diversi elementi costitutivi della detta infrazione. Esso ha spiegato che il numero di infrazioni specifiche commesse da un’impresa non costituiva un criterio pertinente di valutazione del suo grado di responsabilità nel detto accordo. Esso ha altresì confermato la valutazione della Commissione secondo cui le misure di protezione dirette dei mercati nazionali erano più gravi delle misure di canalizzazione delle eccedenze di produzione verso i paesi terzi (punti 4965, 4966-4968 e 4975 della sentenza impugnata).

372.

D’altra parte, l’obbligo di motivazione non impone al Tribunale di fornire una spiegazione che segua tassativamente e uno per uno tutti i ragionamenti svolti dalle parti della controversia. La motivazione può quindi essere implicita, a condizione che consenta agli interessati di conoscere le ragioni per le quali sono state adottate le misure di cui trattasi ed al giudice competente di disporre degli elementi sufficienti per esercitare il suo controllo (v., in tal senso, sentenza 25 ottobre 2001, causa C-120/99, Italia/Consiglio, Racc. pag. I-7997, punto 28).

373.

Per quanto riguarda i criteri di fissazione dell’ammenda e il rispetto dei principi di uguaglianza e di proporzionalità, il Tribunale ha confermato i criteri adottati dalla Commissione. Esso ha quindi dichiarato che la Commissione ha legittimamente scelto di sanzionare la partecipazione all’accordo Cembureau in quanto tale, a prescindere dai comportamenti e dal numero di misure di esecuzione adottati da ciascuna impresa. Allo stesso modo, il Tribunale ha considerato che la distinzione operata dalla Commissione tra partecipanti diretti (prima categoria) e indiretti (seconda categoria) era fondata e che la Commissione non era quindi tenuta a valutare il ruolo specifico svolto da ciascuna di esse nei diversi fatti costitutivi d’infrazione constatati. Il Tribunale ha altresì dichiarato che il numero di infrazioni specifiche commesse da una data impresa nell’ambito dell’accordo Cembureau non costituiva, nella fattispecie, un criterio pertinente di valutazione del suo grado di responsabilità.

374.

I criteri utilizzati dal Tribunale, cioè l’adesione continuata all’accordo Cembureau mediante partecipazione o collaborazione a una o più misure di applicazione di tale accordo e l’incidenza dei comportamenti sulla concorrenza e sulla compartimentazione dei mercati nazionali, sono conformi ai principi, esposti ai punti 89-92 della presente sentenza, che disciplinano l’irrogazione di ammende.

375.

Occorre quindi dichiarare irricevibili e/o infondati i motivi attinenti ai criteri di fissazione delle ammende, nonché ai principi di uguaglianza e di proporzionalità.

3. Sul capo del sesto motivo della Cementir, attinente al calcolo del fatturato

Argomenti della Cementir

376.

La Cementir fa valere un errore contabile nel calcolo del fatturato effettuato dalla Commissione, nel senso che il prezzo del trasporto del cemento o quello dei sacchi in cui esso era consegnato sarebbero stati inclusi nel prezzo di vendita. Dato che il fatturato delle altre imprese oggetto della decisione Cemento non includeva tali elementi di costo, essa sarebbe vittima di una disparità di trattamento.

Giudizio della Corte

377.

Tale capo del sesto motivo della Cementir è irricevibile, in quanto tale impresa si limita a ribadire argomenti già esposti in primo grado ed ai quali il Tribunale ha risposto ai punti 5030-5032 della sentenza impugnata. Quanto al punto di tale capo del motivo riguardante il principio di parità di trattamento, è sufficiente rilevare che la Cementir non ha prodotto alcun elemento che consenta di dimostrare che la sentenza impugnata costituisce una violazione del detto principio nei suoi confronti.

378.

Occorre quindi dichiarare in parte irricevibile e in parte infondato il capo del sesto motivo della Cementir relativo al calcolo del fatturato.

4. Sul secondo motivo della Ciments français, relativo alla sua controllata belga

Argomenti delle parti

379.

Nel calcolo delle ammende inflitte alla Ciments français, la Commissione ha tenuto conto dei fatturati realizzati dalle controllate spagnole, greca e belga di tale società. Il Tribunale avrebbe confermato nel proprio calcolo il fatturato della controllata belga, dato che la Ciments français non aveva contestato di averne il controllo al momento in cui erano state commesse le infrazioni. Secondo la Ciments français la sentenza impugnata contiene al riguardo un errore di valutazione manifesto, in quanto dal fascicolo del procedimento di primo grado risulta che essa ha assunto il controllo della Compagnie des ciments belges SA (in prosieguo: la “CCB”) a partire dall’ottobre 1990. La valutazione del Tribunale conterrebbe altresì un errore di diritto per violazione del divieto di discriminazione, poiché tale valutazione avrebbe indotto il Tribunale a trattare diversamente imprese che si trovavano nella stessa situazione: le controllate della Ciments français sarebbero state sanzionate più severamente delle controllate di altre società e la controllata belga della Ciments français sarebbe stata trattata più severamente delle controllate spagnole e greca di quest’ultima. La Ciments français chiede quindi l’annullamento parziale della sentenza impugnata e la riduzione da EUR 12,52 milioni a EUR 9,62 milioni dell’importo dell’ammenda inflittale per l’infrazione commessa sul mercato del cemento grigio.

380.

La Commissione fa valere che il motivo solleva un problema di mero fatto ed è quindi irricevibile. Il Tribunale avrebbe indicato che un calcolo dell’ammenda sulla base del fatturato complessivo del gruppo non significa che sono le controllate a dover versare tale ammenda. Il motivo sarebbe inoltre privo di fondamento in quanto, in primo grado, la Ciments français avrebbe fatto riferimento solo alla propria lettera del 28 febbraio 1994, nella quale non avrebbe menzionato la data in cui aveva assunto il controllo della sua filiale belga. I documenti che ne fornirebbero la prova sarebbero stati prodotti solo in sede di replica e il dibattimento dinanzi al Tribunale non avrebbe riguardato l’incidenza della data di acquisizione della controllata sul calcolo dell’ammenda, di modo che l’errore eventualmente commesso a tal proposito dal Tribunale non può essere considerato manifesto. Infine, la posizione del Tribunale non sarebbe del tutto coerente in quanto, se l’ammenda dev’essere calcolata in funzione del fatturato globale dell’impresa responsabile, si dovrebbe tener conto del fatturato delle controllate che facevano parte del gruppo alla data presa in considerazione per fissare le ammende. Non vi sarebbe alcuna ragione di escludere le imprese che non facevano parte del gruppo al momento dell’infrazione.

Giudizio della Corte

381.

Il fascicolo amministrativo, la stessa decisione Cemento [punto 5, n. 7, lett. g), terzo trattino, secondo comma, della motivazione] e il fascicolo di primo grado, inclusa una lettera del 22 settembre 1998 in risposta ad un quesito del giudice relatore, fanno emergere che la Ciments français aveva indicato a più riprese di aver assunto il controllo della CCB solo nel mese di ottobre 1990.

382.

Il Tribunale ha escluso dal calcolo delle ammende inflitte alla Ciments français il fatturato delle controllate spagnole e greca di tale società in quanto aveva accertato che quest’ultima non le controllava ancora al momento in cui si era resa colpevole dei comportamenti costitutivi dell’infrazione. Il Tribunale ha peraltro ammesso che, nel 1990, la Ciments français aveva cessato qualsiasi comportamento controverso.

383.

Ora, dalla stessa decisione Cemento risulta che la Ciments français aveva assunto il controllo della CCB durante il 1990, cioè lo stesso anno in cui aveva assunto il controllo delle sue filiali spagnole e greca. Contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, il Tribunale ha quindi commesso un errore manifesto riscontrabile leggendo un documento come la decisione Cemento, che si trovava evidentemente, fin dall’inizio, al centro del dibattimento.

384.

Si deve quindi accogliere il secondo motivo della Ciments français e ricollegare a tale errore del Tribunale la stessa conseguenza giuridica che esso ha applicato alle controllate spagnole e greca di tale società, sottraendo il fatturato realizzato dalla CCB nel 1992 dalla base di calcolo delle ammende. La sentenza impugnata è quindi annullata nella parte in cui ha fissato a EUR 12 519 000 l’importo dell’ammenda che sanziona le infrazioni commesse dalla Ciments français sul mercato del cemento grigio.

385.

Considerato che la Corte dispone di tutti gli elementi necessari per statuire essa stessa definitivamente sulla controversia, in applicazione dell’art. 61, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia, l’ammenda inflitta alla Ciments français dall’art. 9 della decisione è ricondotta a EUR 9 620 000, calcolo basato sui dati che tale impresa ha fornito dinanzi al Tribunale, poi dinanzi alla Corte, e che non sono stati contestati dalla Commissione.

5. Altri motivi

386.

L’Italcementi sostiene che il Tribunale non ha distinto le epoche durante le quali la sua adesione all’accordo Cembureau era stata meno intensa da quelle durante le quali essa vi era più coinvolta. L’Italcementi contesta al Tribunale di non aver ridotto l’importo dell’ammenda, nonostante l’annullamento dell’art. 2, nn. 1 e 2, della decisione Cemento e la constatazione che il comportamento descritto all’art. 5 della stessa decisione non era contrario all’art. 85, n. 1, del Trattato.

387.

Al riguardo si deve rilevare che il Tribunale ha proceduto ad una riduzione proporzionale dell’importo dell’ammenda in funzione della durata della partecipazione dell’Italcementi all’accordo Cembureau, di modo che l’annullamento del detto art. 2, per quanto la riguarda, si è ripercosso sull’importo dell’ammenda (v. punto 4381 della sentenza impugnata). Quanto all’annullamento dell’art. 5, esso non diminuisce né la gravità né la durata del comportamento dell’Italcementi e non è quindi tale da avere una ripercussione sull’importo dell’ammenda. Il Tribunale non ha violato il principio di proporzionalità considerando che il numero di infrazioni specifiche commesse da un’impresa non determina la valutazione del suo grado di responsabilità in un accordo. Quanto alla distinzione tra diversi periodi secondo il grado di coinvolgimento dell’Italcementi, tale argomento si riferisce ai fatti e non può essere esaminato nell’ambito di un’impugnazione. Pertanto, tale motivo dev’essere dichiarato in parte irricevibile e in parte infondato.

388.

D’altra parte, l’Irish Cement sostiene che il Tribunale non ha risposto al suo argomento secondo cui il suo comportamento non era tale da incidere sulla compartimentazione dei mercati nazionali e secondo cui essa ha partecipato solo in misura marginale ai fatti contestati dalla Commissione.

389.

Tale motivo dev’essere respinto in quanto il Tribunale ha risposto implicitamente al detto argomento ai punti 4966 e 4975 della sentenza impugnata. Inoltre, esso fa riferimento ai fatti, senza sollevare alcun problema di diritto.

Sulle spese

390.

Conformemente all’art. 69, n. 2, primo comma, del regolamento di procedura, reso applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’art. 118 dello stesso regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ha fatto domanda di condannare alle spese le ricorrenti nelle impugnazioni in esame, l’Aalborg, l’Irish Cement, l’Italcementi, la Buzzi Unicem e la Cementir, rimaste soccombenti, devono essere condannate alle spese nelle cause C-204/00 P, C-205/00 P, C-213/00 P, C-217/00 P e C-219/00 P.

391.

Ai sensi dell’art. 122, primo comma, del regolamento di procedura, quando l’impugnazione è accolta e la controversia viene definitivamente decisa dalla Corte, quest’ultima statuisce sulle spese. Ai sensi dell’art. 69, n. 3, primo comma, di tale regolamento, reso applicabile al procedimento d’impugnazione in forza dell’art. 118 dello stesso regolamento, la Corte può decidere che ciascuna delle parti sopporti le proprie spese se le parti soccombono rispettivamente su uno o più punti. Poiché la Ciments français e la Commissione sono rimaste parzialmente soccombenti nella causa C-211/00 P, occorre statuire che ciascuna di esse sopporterà le proprie spese in tale causa.

Per questi motivi,

LA CORTE (Quinta Sezione)

dichiara e statuisce:

1) Il punto 12, settimo trattino, del dispositivo della sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 15 marzo 2000, cause riunite T-25/95, T-26/95, da T-30/95 a T-32/95, da T-34/95 a T-39/95, da T-42/95 a T-46/95, T-48/95, da T-50/95 a T-65/95, da T-68/95 a T-71/95, T-87/95, T-88/95, T-103/95 e T-104/95, Cimenteries CBR e a./Commissione, è annullato.

2) L’importo dell’ammenda inflitta alla Ciments français SA per l’infrazione constatata all’art. 1 della decisione della Commissione 30 novembre 1994, 94/815/CE, relativa ad una procedura d’applicazione dell’art. 85 del Trattato CE (Caso IV/33.126 e 33.322 – Cemento), è fissato a EUR 9 620 000.

3) I ricorsi contro la sentenza del Tribunale di primo grado sono respinti quanto al resto.

4) L’Aalborg Portland AS, l’Irish Cement Ltd, l’Italcementi – Fabbriche Riunite Cemento Spa, la Buzzi Unicem Spa e la Cementir – Cementerie del Tirreno Spa sono condannate alle spese rispettivamente nelle cause C-204/00 P, C-205/00 P, C-213/00 P, C-217/00 P e C-219/00 P.

5) La Ciments français SA e la Commissione delle Comunità europee sopporteranno ciascuna le proprie spese nella causa C-211/00 P.

(Firme)

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 7 gennaio 2004.

Il cancelliere

Il presidente

R. Grass

V. Skouris