Penale

Monday 22 September 2003

Assolto il medico che, per combattere il dolore, prescriveva oppiacei prima della liberalizzazione.Cassazione – Sezione quarta penale (up) – sentenza 22 maggio-16 settembre 2003, n. 35597

Assolto il medico che, per combattere  il dolore, prescriveva oppiacei prima della liberalizzazione

Cassazione Sezione quarta penale (up) sentenza 22 maggio-16 settembre 2003, n. 35597

Presidente Coco relatore Palmieri

Pg Favalli ricorrente Salvalaggio

Salvalaggio Manfredo vide confermare dalla Corte di Appello di Venezia la precedente sentenza di condanna a lui inflitta dal Gip presso il Tribunale di Rovigo, alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione, e multa, con la riduzione ad anni uno e mesi due e multa, perché ritenuto responsabile del delitto di cui allarticolo 73, comma quarto, Dpr 309/90, ed altri reati satellite, per avere, quale medico della Usl, rilasciato prescrizioni della specialità medicinale Temgesic e Plegine contenenti sostanze stupefacenti di cui alla tabella IV prevista dallarticolo 14 del detto Dpr, a favore di tossicodipendenti, per uso non terapeutico, in dosaggi in misura non consentita e quando taluni di tali soggetti si trovavano in cura presso il Sert, nonché ad ammalati in fase terminale da Hiv.

Fatto commesso fra il gennaio 1996 ed il marzo 1997.

Deve evidenziarsi che limputato non ha mai negato le prescrizioni in questione, oltretutto effettuate gratuitamente, ma ha sempre sostenuto di averle effettuate a scopo terapeutico ed antidolore, trattandosi per un aspetto di soggetti tossicodipendenti da sottrarre alle prescrizioni mediche abusive e clandestine, o a trattamenti ancora più nocivi (metadone che, a differenza che i farmaci in oggetto, dà assuefazione), ed in altri casi di soggetti affetti da patologie da Hiv, come detto. ormai in fase terminale.

Ha anche sostenuto di avere effettuato tali prescrizioni secondo scienza e coscienza, e così anticipando gli effetti della legge 12/2001 denominata terapia del dolore che consente espressamente il trattamento con le molecole contenute nei farmaci somministrati dal ricorrente.

La Corte territoriale ha ritenuto di dover ritenere il reato configurato come connotato da dolo generico (e non specifico, come sempre sostenuto dellimputato) così interpretando la espressione che rilascia prescrizioni… per uso non terapeutico di cui alla norma incriminatrice contestata, che invece la difesa intende sussumere nella categoria del dolo specifico.

Ha ritenuto, il Giudice di secondo grado, che le somministrazioni venissero disposte per coprire momenti di temporanea astinenza da eroina, in alternativa al metadone che molti dei soggetti trattati dallimputato assumevano in contemporaneità presso il Sert.

Ha osservato per altro la Corte che, in ogni caso, il trattamento terapeutico attraverso tali sostanze non può essere praticato domiciliarmente, e che anche la recente legge 12/2001, che ha liberalizzato la prescrizione di sostanze anche psicotrope per la terapia del dolore, prevede comunque trattamenti praticati in strutture sanitarie e non domiciliarmente.

In ricorso, limpugnante sostiene:

– violazione di legge in relazione al decreto Aic 787 del Ministero della sanità, emesso in data 2 dicembre 1999, in relazione allelemento soggettivo del reato. Tale decreto autorizzava la commercializzazione di un farmaco, il Subutex, contenente principio attivo Buprenorfina pure contenuto nel Temgesic, oggetto delle prescrizioni incriminate. Tale farmaco aveva ad oggetto Terapia sostitutiva nella dipendenza da oppiacei allinterno di un trattamento medico, sociale e psicologico. Tale circostanza comproverebbe da un lato come il farmaco somministrato dallimputato appartenga al novero di quelli la cui prescrizione è lecita, o almeno lo è divenuta, dal 1999 (con le logiche conseguenze in ordine alla ipotesi dellabolitio criminis in relazione al reato contestato al ricorrente), e dallaltro come le capacità terapeutiche fossero solo state conosciute in maniera anticipata dal dottor Salvalaggio.

– Illogicità della motivazione nella parte in cui, preso atto che mai il dottor Salvalaggio accettò compensi per le sue prescrizioni, e dopo aver valutato positivamente la sua personalità, lo abbia comunque condannato per i reati contestati che implicano tuttaltra personalità;

– violazione di legge per la esclusione del requisito del dolo specifico quale elemento costitutivo della fattispecie normativa contestata;

– ingiustizia della sentenza nella parte in cui non ha esaminato né tenuto in considerazione gli elementi emersi a suo favore dalla sostanzialmente convergenti, per alcuni non secondari punti, consulenza tecnica di parte e perizia dufficio. Ciò con particolare riferimento alla non necessità, per legge, della terapia presso il Sert, da un lato, e dallaltro dei dosaggi tendenzialmente bassi delle prescrizioni incriminate, rispetto a quanto in letteratura medica è indicato per le terapie disintossicanti da eroina. Mancata considerazione dei casi indicati in letteratura e relativi a terapie disintossicanti del tipo di quella praticata dallimputato, e fornire di esiti più che positivo (pag. 16 di sentenza)

Osserva la Corte

Il ricorso è fondato e merita accoglimento. Alcune osservazioni debbono svolgersi preliminarmente.

Una prima osservazione concerne la imputazione la quale, nella articolazione delle contestazioni residue per le quali vi è stata condanna dellimputato, esige la illiceità della prescrizione dei farmaci Temgesic e Plegine, senza la quale illiceità, cadono sia laggravante del nesso teleologico (articolo 62, n. 2 Cp in relazione allarticolo 481, stesso codice), lipotesi di truffa (reato fine, rispetto al falso contestato sub specie di cui allarticolo 62, n. 2 Cp). Ed, infatti, nessuna falsa attestazione circa luso (consistente, secondo la contestazione, nel procurare ai beneficiari del servizio di prescrizione, farmaci contenenti sostanze psicotrope proibite, sub specie di trattamento terapeutico) cui per prescrizione i farmaci sarebbero stati destinati potrebbe essere rinvenuta nella specie, venendo a mancare la finalità illecita consistente nel fatto, vietato dalla disposizione di cui allarticolo 83 Dpr 309/90, di far conseguire comunque a detti soggetti sostanze altrimenti non conseguibili sul mercato, perché vietate. Infine, verrebbe meno anche il profilo della truffa ai danni della Usl 18 di Rovigo per il venir meno dellartificio di ricorrere alla prescrizione medica a fine illecito e diverso da quello terapeutico (consistente, tal fine, nel ripetuto obiettivo di procurare sostanze psicotrope vietate a soggetti in crisi di astinenza, bisognevoli di sostanze droganti perché eroinadipendenti).

La questione che dunque deve essere risolta ruota in principalità attorno alla illecita (o non illecita) prescrizione dei detti farmaci, negli specifici casi e modalità dedotti in processo.

Deve subito darsi per scontato che le molecole somministrate attraverso le specialità Temgesic e Plegine rientrino nelle previsioni di divieto di cui al comma 4 dellarticolo 73 del Dpr 309/90; divieto che trova leffetto sanzionatorio ivi specificato, salva la eccezione scriminante specifica di cui al precedente articolo 72 comma 2 secondo il quale «è consentito luso terapeutico di preparati medicinali a base di sostanze stupefacenti o psicotrope, secondo le necessità di cura in relazione alle particolari condizioni patologiche del soggetto», che però trova un limite nella conseguente previsione sanzionatoria (con rinvio alle disposizioni di cui allarticolo 73, nn. 1, 4 e 5, stesso Dpr 309/90) per lipotesi in cui la prescrizione esorbiti lambito delluso terapeutico.

Il giudice di merito è dunque chiamato ‑ nel caso in cui sia in discussione una prescrizione medica di detti farmaci contenenti sostanze stupefacenti o psicotrope ‑ a compiere una valutazione circa la destinazione ad uso terapeutico di detta prescrizione, sia sotto il profilo oggettivo (con riferimento al fine della disassuefazione alla sostanza), sia sotto i profilo soggettivo, secondo scienza e coscienza della finalità terapeutica (o illecita) della prescrizione.

Il tema è stato per lungo tempo oggetto di approfonditi dibattiti a sfondo medico-sociale e giuridico, con esiti legislativi, e da ultimo con riferimento alle stesse disposizioni indicate dal ricorrente, e contenute sia nel decreto del Ministero della sanità 2 dicembre 1999, Aic 787, e sia, da ultimo, nella fondamentale legge 12/2001, sulla terapia del dolore.

Ciò che da un lato attesta lincerto orientamento della letteratura medica e farmacologica in materia, e sia i profili etici connessi al rapporto fra costo-nocività alla salute del paziente del farmaco contenente sostanze stupefacenti o psicotrope, ed il beneficio individuale valutato in termini di minore sofferenza per la minore drasticità del trattamento disintossicante, o anche di attenuazione della sofferenza in ogni patologia che comporti stress o dolore, specie quando gli effetti di tale patologia siano irreversibili e prospettino esiti terminali irreversibili.

Questa Suprema Corte non è rimasta insensibile a tali valori, affermando principi che dimostrano un netto orientamento verso una più approfondita indagine della finalità terapeutica, in linea per altro, con una più moderna concezione del trattamento delle patologie che comunque comportino sofferenza e dolore nel paziente. Si debbono segnalare, fra la altre, massime recenti, a tenore delle quali il divieto di prescrizione dei farmaci aventi le caratteristiche in questione, per la estraneità del fine terapeutico , si debba individuare in chiave positiva, con riferimento, cioè, alla specifica finalità che il sanitario si sia proposto che deve essere terapeutica, con la esclusione di ogni consapevole, diverso obiettivo.

In particolare, è stato stabilito che, in tema di stupefacenti, con riferimento allipotesi di prescrizione abusiva da parte del medico, deve ritenersi non terapeutico e dunque contrario alla legge luso dello stupefacente che un medico prescriva non al fine di ottenere la disassuefazione del tossico dipendente, ma al fine di raggiungere altri scopi (sia pure soggettivamente commendevoli), con la consapevolezza, però, che la tossicodipendenza viene mantenuta e quindi, in qualche modo alimentata. (Cassazione penale, sezione quarta, 9289/00, Satta, citata alquanto impropriamente, e ad opposti fini, anche del Giudice della impugnata sentenza). Ed, inoltre, è rimasto affermato che gli interventi del sanitario, che intenda assistere e curare le persone dedite alluso di sostanze stupefacenti, possono prevedere anche il ricorso a sostanze stupefacenti, ma luso di dette sostanze nella cura del tossicodipendenti presuppone sia che la terapia non ecceda le necessità della cura in relazione alle particolari condizioni patologiche del soggetto.. come esige larticolo 72.. comma 2, Dpr 309/90, sia che quella terapia si proponga la disassuefazione e la guarigione; luso delle sostanze stupefacenti è pertanto legittimo soltanto se è mirato, sulla base di un programma terapeutico individuallizzato, ad assistere, curare e recuperare, fino alla disassuefazione, il tossicodipendente: il che è possibile con una terapia a scalare e per brevi periodi, che è inconciliabile con un qualsiasi tipo di intervento limitato al solo mantenimento dello stato di tossicodipendenza.

Cassazione penale sezione quarta, 10270/95, Moncalvi).

In punto di fatto, quanto è stato contestato al ricorrente, si può ricondurre a due diverse condotte: da un lato lavere prescritto la somministrazione del farmaco (Temgesic e Plegine), contenente sostanze che fanno rientrare tali specialità nella tabella IV dellarticolo 14 del Dpr 309/90 in quanto il Temgesic avendo natura di analgesico oppioide semisintetico costituito da molecola buprenorfina, ed il Plegine avendo consistenza di psicostirriolante pseudoanfetaminico (v. sentenza impugnata, pag. 2).

È incontroverso che limputato abbia prescritto tali farmaci a due categorie di ammalati: affetti da Hiv, il più delle volte in fase terminale, e tossicodipendenti da eroina, in situazioni di astinenza o di indisponibilità della sostanza dalla quale erano dipendenti (appunto, eroina).

È anche incontroverso da un lato che il dottor Salvalaggio abbia effettuato tali prescrizioni quale medico di base della Usl, e dallaltro che egli non potesse conoscere quali di questi pazienti fossero già in trattamento disintossicante (mediante somministrazione di metadone) presso il Sert, non essendovi alcun obbligo del detto Sert di informare, tramite la Usl, i medici di base sui soggetti in trattamento (con ciò escludendo, dunque, uno del più consistenti elementi di presunta consapevolezza dellimputato della situazione di pericolo da sovradosaggio cui esponeva, per affermazione dei giudici di merito, i suoi pazienti: v. sentenza pag. 4).

La prima sentenza, certamente più puntuale della seconda, ma da questa richiamata in premessa, ha anche accertato ‑sia pure al fine di escludere che le prescrizioni in questione avessero finalità terapeutiche il basso dosaggio dei farmaci prescritti: elemento questo che, unitamente alla frequenza delle prescrizioni, appare il solo atto ad escludere, da parte dei giudici di merito, che il Temgesic (ma, si ritiene, anche il Piegine, visto che le due specialità, a tenore dei giudizi di merito, venivano promiscuamente impiegate agli stessi fini per la associazione che se ne fa e in imputazione e in motivazioni) venisse utilizzato sia per lenire dolori da Hiv sia per quelli da crisi di astinenza (pag. 2 della sentenza impugnata).

Il ricorrente si difende denunciando che non si sia tenuto conto, da parte dei primi giudici, del fatto che:

a) quanto agli ammalati di Aids, che egli abbia praticato le prescrizioni di quibus avendone valutato, da un lato la capacità analgesica in terapia antidolore praticata ad ammalati in stadi avanzati da Hiv, con ciò anticipando quanto poi reso legittimo con la nota legge 12/2001 in materia di terapia del dolore;

b) quanto ai tossicodipendenti, che egli abbia effettuato le prescrizioni incriminate sulla base di scienza e coscienza, basandosi su sperimentazioni compiute allestero e riferite in letteratura, e così ancora una volta anticipando la liberalizzazione delluso (terapeutico, specificamente indicato come Terapia sostitutiva nella dipendenza da oppiacei allinterno di un trattamento medico, sociale e psicologico) della buprenorfina poi immessa in commercio in Italia per decreto del Ministero della sanità del 2 dicembre 1999 che autorizzava la immissione in commercio della specialità denominata Subutex, contenente, per lappunto, la detta molecola. A motivo delladozione della buprenorfina egli ne ha sempre sottolineato la specifica attitudine a non creare – a differenza del metadone‑ condizione di dipendenza (a tale proposito egli richiama in ricorso ‑pag. 4 ‑ la mancata valutazione, da parte dei primi giudici, di tale caratteristica del farmaco, del suo utile uso alternativo al metadone, indipendentemente anche dal diverso dosaggio consigliato solo successivamente ai fatti a lui contestati, e sulla base di ricerche di laboratorio a quel tempo ancora non effettuate).

c) Quanto al contemporaneo trattamento di alcuni pazienti a base di metadone, presso il Sert, che tale struttura, ancorché pubblica, non informava, non essendone tenuta, la Usl dei nominativi dei soggetti in trattamento;

d) quanto alla contestata mancanza di schede diagnostiche e terapeutiche dalle quali si potesse trarre lo standard terapeutico individualizzato, in tossicodipendenza, la frequenza e le dosi di farmaco prescritte, rilevava che, allepoca dellindagine, egli aveva cessato da almeno un anno tali rapporti con lutenza, non trattenendo tali schede e non essendone obbligato per legge;

e) rivendicava in ogni caso il diritto-dovere del medico di porre in essere trattamenti ritenuti, secondo scienza e coscienza, idonei al fine specifico; e che, quanto al trattamento dei tossicodipendenti, che le prescrizioni da lui fatte, oltre ad avere il pregio di non creare assuefazione nei pazienti, servivano a fronteggiare le sofferenze da crisi di astinenza, ed avevano lo scopo di sottrarre, mediante dosaggi ponderati e ritenuti idonei ad una progressiva disassuefazione, e comunque in nessun caso equivalenti alla quantità di eroina sostituita, il paziente al mercato illecito della droga.

In conclusione, appare evidente che, già prima della liberalizzazione, mediante immissione in commercio, della buprenorfina (decreto Ministero sanità del dicembre 1999) come alternativo al metadone nel trattamento anche medico della dipendenza da oppiacei, ed ancor prima della autorizzazione, con legge 12/2001, delluso di farmaci contenenti sostanze stupefacenti (nei seguenti termini : articolo 1 «Al Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, approvato con Dpr 309/90, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) allarticolo 41 , dopo il comma 1 è inserito il seguente:

b) «1bis. In deroga alle disposizioni di cui al comma 1, la consegna di sostanze sottoposte a controllo può essere fatta anche da parte di operatori sanitari, per quantità terapeutiche di farmaci di cui allallegato IIIbis, accompagnate da dichiarazione sottoscritta dal medico di medicina generale, di continuità assistenziale o dal medico ospedaliero che ha in cura il paziente, che ne prescriva lutilizzazione anche nellassistenza domiciliare di pazienti affetti da dolore severo in corso di patologia neoplastica o degenerativa, ad esclusione del trattamento domiciliare degli stati di tossicodipendenza da oppiacei») il dottor Salvalaggio avesse praticato dette prescrizioni, sia a soggetti tossicodipendenti (in terapia sostitutiva delleroina o, se si vuole, anche in semplice trattamento sostitutivo di tale sostanza), che a soggetti affetti da patologia da Hiv, nel

primo caso (tossicodipendenti) in sostituzione e delleroina, e del metadone, sostanze entrambe causative di dipendenza, con molecola di buprenorfina, perché priva di effetto assuefacente; e nel secondo caso, in funzione di trattamento degli stati dolorosi severi ben noti e sulla cui necessità è, pertanto, inutile immorare.

Né vi è ‑ come appare del tutto ovvio esaminando anche solo la imputazione ‑ alcun sia pur lieve indizio che possa ricondurre la vicenda storica dedotta in processo a finalità diverse da quelle della scelta terapeutica o del trattamento delle situazioni di astinenza da eroina, in un caso, e degli stati acuti di dolore nellaltro.

Forse al dottor Salvalaggio sarebbe stato imputabile lessersi parzialmente discostato dalle rigorose modalità di prescrizione e di trattamento (specie con riferimento al divieto di trattamento domiciliare della tossicodipendenza o degli stati di astinenza) previste dalla legge, o di aver prescritto farmaci contenenti sostanze stupefacenti in casi non ancora resi leciti dalle successivamente intervenute disposizioni normative, ma certo non si può configurare a carico del sanitario alcuna diversa finalità che non fosse quella del trattamento terapeutico ritenuto più idoneo, secondo scienza e coscienza, nella duplice specie di situazioni patologiche esaminate, quando tale idoneità ha trovato poi (ed ha oggi) pieno riconoscimento nel vigente ordinamento sia quanto allimpiego della molecola di buprenorfina nel trattamento della tossicodipendenza, ed ‑ a maggior ragione ‑ delle sostanze stupefacenti in stati acuti (e terminali, o comunque destinati a diventare rapidamente tali, purtroppo) di patologia da Hiv o analoghe.

Se dunque non è del tutto automatico leffetto abrogativo del decreto ministeriale della Sanità 2 dicembre 1999 che ha liberalizzato il commercio della buprenorfina (e di cui pure va tenuto conto in base alla disposizione di cui allarticolo 2 Cp) per il trattamento della tossicodipendenza a modo del divieto di prescrizione per terapia domiciliare anche in base alla reiterazione della specifica esclusione di cui allarticolo 1 legge 12/2001, lo è certamente la legge 12/2001 per il trattamento degli stati dolorosi acuti da patologie neopiastiche o degenerative.

Inoltre non pare che la norma di cui allarticolo 72, comma 2, Dpr 309/90, possa svuotarsi di contenuto, si da presumere la illiceità di ogni prescrizione ad essa relativa, in assenza di prova rigorosa e puntuale della finalità non terapeutica della prescrizione; norma, quella di cui allarticolo 72,2 Dpr citato, della quale si sarebbe potuto fare anche a meno, posto che i medesimi interessi sono assicurati dalla generica previsione di cui allarticolo 54 Cp. Che anzi, questa stessa Corte, affermando che non può invocare, lo stato di necessità colui che fornisce droga ad un tossicomane in crisi acuta di astinenza, sia perché la crisi, di per sé, non costituisce imminente pericolo di vita, sia perché al superamento della stessa sì presentano, come normali alternative, laffidamento del tossicomane ad un sanitario od il suo ricovero in luogo di cura, ha riconosciuto che tale ipotesi possa ricorrere in capo allesercente la professione sanitaria, alle condizioni previste dalla norma e con speciale riferimento alla situazione di emergenza (Cassazione penale, sezione prima, 11 novembre 1986, Baldassarri).

Comunque, laccusa mossa al ricorrente, e consistente nei delitti come specificati in imputazione, necessita, perché il fatto-reato attribuito possa configurarsi, del dolo generico; e poiché, ben altro che mancare del tutto la prova che limputato abbia coscientemente e volontariamente violato la disciplina degli stupefacenti prescrivendo ai propri pazienti farmaci contenenti sostanze stupefacenti o psicotrope a fini illeciti (e tipizzati dal contestato articolo 73 Dpr 309/90) sotto la mentita specie del fine terapeutico, esiste invece la prova che egli tale condotta tenne solo per la precisa e convinta consapevolezza da un lato quanto meno della proprietà disassuefacente della molecola di buprenorfina (in trattamento degli stati di tossicodipendenza) rispetto alleroina o anche al metadone, e dallaltro che i farmaci prescritti avevano una valenza attenuante del dolore, nel caso di ammalati da Hiv, appare ricorrere lipotesi di cui allarticolo 530 Cpp, primo comma, per la inconfigurabilità del fatto contestato.

Il ricorrente va dunque prosciolto, in applicazione della previsione di cui allarticolo 129 Cpp, con la formula perché il fatto non sussiste.

PQM

Visto larticolo 620 Cpp annulla la sentenza impugnata senza rinvio perché il fatto non sussiste.