Enti pubblici

Monday 07 April 2003

Appalti pubblici: il progettista non può essere direttore tecnico dell’impresa aggiudicataria. TAR SARDEGNA – Sentenza 3 aprile 2003 n. 397

Appalti pubblici: il progettista non può essere direttore tecnico dell’impresa aggiudicataria.

TAR SARDEGNA – Sentenza 3 aprile 2003 n. 397 – Pres. Turco, Est. Atzeni – Impresa Costruzioni Edoardo Loi s.n.c. (Avv.Vargiu) c. Comune di Lanusei (Nuoro) (Avv.ti Balzano e Depuro) e Lattoneria Moderna s.a.s. (Avv. Demuro) e Società Sure s.r.l. (n.c.) – (accoglie).

per l’annullamento

del verbale in data 30/10/2002 della Commissione per laggiudicazione del pubblico incanto per lappalto dei lavori di completamento del Cine Teatro Tonio Dei, bandito dal Comune di Lanusei, nonché di tutti gli atti e provvedimenti allegati agli atti impugnati, degli atti e provvedimenti conseguenti, successivi o comunque connessi a quelli già impugnati, anche non conosciuti;

FATTO

Con ricorso a questo Tribunale, notificato il 30/12/2002 e depositato il successivo 7/1/2003 lImpresa Costruzioni Edoardo Loi s.n.c. in persona del legale rappresentante impugna il verbale in data 30/10/2002 della Commissione per laggiudicazione del pubblico incanto per lappalto dei lavori di completamento del Cine Teatro Tonio Dei, bandito dal Comune di Lanusei, nonché tutti gli atti e provvedimenti allegati agli atti impugnati, gli atti e provvedimenti conseguenti, successivi o comunque connessi a quelli già impugnati, anche non conosciuti.

Il ricorso è affidato ai seguenti motivi:

1)      violazione dellart. 17, nono comma, della legge 109/1994.

2-3)La controinteressata ha modificato la propria offerta in sede di gara.

La ricorrente chiede quindi lannullamento degli atti impugnati, vinte le spese.

Con ordinanza n. 49 in data 29 gennaio 2003 è stata accolta listanza cautelare, fissando ludienza di trattazione del ricorso.

Si è costituito in giudizio il Comune di Lanusei in persona del Sindaco in carica (autorizzato con deliberazione della Giunta n. 2 in data 7/1/2003) chiedendo, con memoria depositata il 14/1/2003, il rigetto del ricorso.

Anche la controinteressata Lattoneria Moderna di Loddo Gianni & C. s.a.s. si è costituita in giudizio in persona del legale rappresentante chiedendo, con memoria depositata il 26/2/2003, che il ricorso venga dichiarato inammissibile ovvero respinto nel merito.

In data 5/3/2003 la ricorrente ha depositato memoria con la quale chiede anche la cancellazione di alcune frasi della memoria depositata dal Comune, e la condanna al risarcimento dei danni conseguenti.

Alla pubblica udienza si è costituito altro difensore per il Comune resistente (previa deliberazione G.M. n. 57 in data 20/3/2003).

I procuratori delle parti hanno insistito nelle rispettive conclusioni. Il difensore del Comune ha soprattutto insistito sullinammissibilità del ricorso.

DIRITTO

Il ricorso è rivolto avverso gli atti con i quali il Comune resistente ha aggiudicato alla costituenda associazione temporanea dimprese (costituita dalle controinteressate dopo laggiudicazione) lappalto di lavori indicato in epigrafe.

Le parti resistenti sostengono linammissibilità del gravame, non essendo stato esattamente individuato dalla ricorrente latto lesivo dei suoi interessi.

Infatti, il ricorso conterrebbe la sola, specifica, impugnazione del verbale di gara, con il quale è stata disposta laggiudicazione provvisoria in favore della costituenda associazione temporanea fra le controinteressate; limpugnazione dellaggiudicazione definitiva, disposta con determinazione dirigenziale n. 399 in data 12/11/2002, sarebbe, invece, affidata al generico richiamo a tutti gli atti successivi del procedimento che per giurisprudenza pacifica, anche di questo Tribunale (sentenza n. 314 in data 1 febbraio 2002) non è sufficiente ad individuare loggetto dellimpugnazione.

Il Collegio riconferma lanzidetto orientamento, ritenendo peraltro il principio inapplicabile nella presente fattispecie.

Invero, costituisce principio, altrettanto pacifico, quello secondo il quale la volontà delle parti non deve essere manifestata mediante formule sacramentali, ma con qualsiasi espressione che consenta dindividuare univocamente le rispettive domande ed eccezioni.

Sulla base di tale presupposto, il T.A.R. Palermo con sentenza n. 2010 del 23 dicembre 2000, ha affermato che l’indicazione del provvedimento impugnato, che forma contenuto essenziale del ricorso al giudice amministrativo, è onere da ritenersi non assolto solo quando risulti assoluta incertezza in ordine all’oggetto del giudizio, con la conseguenza che il ricorso è ammissibile allorché attraverso i motivi d’impugnazione sia possibile individuare il provvedimento che si intende impugnare e che ai fini della corretta individuazione del provvedimento impugnato non deve farsi esclusivo riferimento agli atti indicati nell’epigrafe del ricorso – dal momento che la volontà del ricorrente non deve necessariamente esternarsi in formule sacramentali – ma occorre desumere l’effettiva volontà dal contesto del gravame, dall’esposizione dei fatti, dal complesso delle circostanze addotte nonché, in particolar modo, dalle specifiche censure rivolte direttamente agli atti di cui si assume l’illegittimità, purché risulti in modo non equivoco la volontà di impugnare l’atto (nella fattispecie affrontata dal T.A.R. Palermo) presupposto (cfr. anche, in termini, C. di S., VI, 13 aprile 1994, n. 512).

Nel caso di specie, la volontà della ricorrente è agevolmente ricostruibile.

Occorre premettere che il richiamo, contenuto nellepigrafe del ricorso, ai successivi atti del procedimento non può essere riferito ad altro che alla determinazione dirigenziale contenente laggiudicazione definitiva (è bene precisare come in corso di causa sia stato accertato che questa è stata adottata il 12/11/2002 e quindi prima della redazione del gravame, il quale reca la data del 27/12/2002).

Nessun altro atto, infatti, può seguire allaggiudicazione provvisoria, eccezion fatta per un eventuale diniego daggiudicazione, che avrebbe reso inutile il ricorso al giudice.

Il contenuto del ricorso, poi, è palesemente rivolto avverso laggiudicazione del contratto, come effetto definitivo della procedura.

Il fatto che laggiudicazione definitiva debba essere imputata al dirigente responsabile risulta, infine, ben presente alla ricorrente la quale, alla pag. 9 del ricorso, nel motivare listanza di sospensione, fa riferimento alle illegittimità commesse dal responsabile del Servizio.

In altri termini, quindi, la ricorrente ha dato conto:

1) della sua volontà dimpugnare laggiudicazione;

2) dellindividuazione dellatto che segue allaggiudicazione provvisoria quale atto lesivo del suo interesse;

3) dellimputazione di tale atto al responsabile del Servizio.

In tale situazione, loggetto del giudizio è adeguatamente definito.

In realtà, dallesposizione della ricorrente manca principalmente lindicazione degli estremi identificativi dellatto daggiudicazione definitiva, che le parti resistenti non sono riuscite a dimostrare siano stati da lei conosciuti prima del deposito in giudizio della sua copia, avvenuto solo alla pubblica udienza di trattazione.

In tale situazione, peraltro, la proposizione di motivi aggiunti per estendere specificamente limpugnazione a tale atto costituirebbe mero tuziorismo difensivo, in quanto il contenuto dellimpugnazione è, comunque, delineato sufficientemente.

Il collegio può, pertanto, procedere allesame, nel merito, del ricorso.

Questultimo è fondato, sotto lassorbente profilo, dedotto come primo mezzo di gravame, con il quale si lamenta violazione dellart. 17, nono comma, della legge 11 febbraio 1994, n. 109, in quanto una delle imprese associande che si sono aggiudicate il contratto non sarebbe legittimata ad assumere i lavori avendo, come direttore tecnico, il progettista dellopera da realizzare.

Sostengono le parti resistenti che il predetto professionista sarebbe cessato dallincarico prima dellindizione della gara, e che solo per trascuratezza la delibera con la quale la Società ha preso atto delle sue dimissioni è stata trascritta tardivamente presso i registri della Camera di Commercio.

Il fatto, peraltro, sarebbe notorio, quanto meno nellambito locale.

Pertanto, lappalto sarebbe stato assunto, dallimpresa controinteressata, quando aveva cessato ogni rapporto con il progettista e probabile direttore dei lavori (di fatto confermato nellincarico con la determinazione dirigenziale di aggiudicazione definitiva).

Largomentazione proposta dalle parti resistenti non può essere condivisa.

Invero, la disposizione della cui applicazione si discute è stata dettata al palese scopo da una parte di evitare che il progettista possa essere condizionato, nella sua opera, dal rapporto con unimpresa, interessata allesecuzione dei lavori, con la possibilità di adottare soluzioni progettuali particolarmente gradite a questultima, e dallaltra di evitare che il progettista, una volta assunto, come di norma (art. 17, quattordicesimo comma, legge 11 febbraio 1994, n. 109), lincarico di direttore dei lavori, si trovi in posizione di conflitto dinteressi con limpresa con la quale collabora stabilmente.

Ritiene il Collegio che il conflitto dinteressi, appena descritto, possa non sorgere qualora fra il progettista e limpresa appaltatrice sia intercorso un rapporto occasionale, quale può essere quello relativo ad un singolo incarico di progettazione, ma sorga necessariamente quando il rapporto abbia un contenuto tale da comportare una stabilità di rapporti, e quindi un interesse del progettista al buon andamento dellattività sociale.

Così, nel caso di specie, il progettista dellopera al momento della redazione del suo elaborato rivestiva, presso limpresa controinteressata, lincarico di direttore tecnico, con il quale si instaura un rapporto legato non ad un singolo lavoro, ma al complesso dellattività societaria.

Non ha, poi, rilievo, il fatto che il suddetto professionista prestasse la propria opera gratuitamente (come affermato dal Comune), circostanza, anzi, che farebbe sospettare un suo interesse diretto, e non solo professionale, nella Società.

Può, quindi, essere affermato che il progettista allepoca della redazione dellelaborato era in stabile collegamento con la Società, odierna controinteressata, non costituita in giudizio.

In applicazione di quanto appena esposto, deve essere affermato che questultima non fosse, di conseguenza, legittimata a partecipare alla gara dappalto.

E appena il caso di osservare come lopposta opinione condurrebbe a risultati palesemente incongrui, in quanto lart. 17, settimo comma, L. 109/94 potrebbe essere agevolmente eluso mediante una sospensione del rapporto fra il professionista e la società, per il tempo necessario allesecuzione dellappalto.

Il ricorso deve, in conclusione, essere accolto annullando, per leffetto, il verbale daggiudicazione provvisoria e la determinazione daggiudicazione definitiva dellappalto in questione allassociazione temporanea, da costituire fra le controinteressate (in fatto costituita successivamente allaggiudicazione medesima, come risulta dalla relativa determinazione dirigenziale).

Deve, invece, essere respinta listanza di cancellazione di alcune frasi, contenute nella memoria, depositata dal Comune resistente in data 14/1/2003.

Invero, le predette frasi non contengono alcuna affermazione offensiva, in quanto con le medesime il difensore non fa altro che adombrare un eccesso di enfasi nelle prospettazioni difensive della ricorrente.

Al rigetto di tale domanda consegue anche il necessario rigetto dellistanza risarcitoria.

In considerazione della, conseguente, reciproca soccombenza le spese possono essere integralmente compensate fra le parti costituite.

P.Q.M.

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO PER LA SARDEGNA

accoglie il ricorso in epigrafe e, per leffetto, annulla il verbale daggiudicazione provvisoria e la determinazione daggiudicazione definitiva dellappalto in questione allassociazione temporanea fra le controinteressate.

Respinge listanza di cancellazione di alcune frasi contenute nella memoria del Comune resistente, e la relativa domanda di risarcimento del danno.

Compensa integralmente spese ed onorari del giudizio fra le parti costituite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Così deciso in Cagliari, nella camera di consiglio, il giorno 25 marzo 2003 dal Tribunale Amministrativo per la Sardegna con l’intervento dei signori:

Paolo Turco, Presidente;

Manfredo Atzeni, Consigliere, estensore;

Tito Aru, Primo Referendario.

Depositata in segretaria il 3 aprile 2003.