Penale

Friday 12 March 2004

Anche un privato può avere i dati personali altrui per ragioni di giustizia. Non sussiste la prospettata incostituzionalità del d.lgs.274/00. CORTE COSTITUZIONALE – ORDINANZA 23 febbraio – 2 marzo 2004. N.83

Anche un privato può avere i dati personali altrui per ragioni di giustizia. Non sussiste la prospettata incostituzionalità del d.lgs.274/00

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Gustavo ZAGREBELSKY;

Giudici:  Valerio  ONIDA,  Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido

NEPPI  MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE,

Giovanni  Maria  FLICK,  Ugo  DE  SIERVO,  Romano  VACCARELLA,  Paolo

MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO;

N.  83 ORDINANZA 23 febbraio – 2 marzo 2004. 

  Giudizio di legittimita’ costituzionale in via incidentale. Processo penale – Procedimento dinanzi al giudice di pace – Ricorso immediato della persona offesa – Obbligo di indicare le generalita’ della persona citata in giudizio – Prospettata irragionevolezza, lesione del diritto di difesa e della parita’ tra parte privata e pubblico ministero nel processo – Manifesta infondatezza della questione. – Decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, art. 21, comma 2, lettera e). – Costituzione, artt. 3, 24 e 111. (GU n. 10 del 10-3-2004) 

ha pronunciato la seguente

Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita’ costituzionale dell’art. 21, comma 2,

lettera e),   del   decreto   legislativo   28 agosto   2000,  n. 274

(Disposizioni  sulla  competenza  penale del giudice di pace, a norma

dell’articolo 14  della  legge  24 novembre  1999, n. 468), promosso,

nell’ambito  di un procedimento penale, dal giudice di pace di Napoli

con  ordinanza  del 19 settembre 2002, iscritta al n. 86 del registro

ordinanze 2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica

n. 11, 1ª serie speciale, dell’anno 2003.

    Visto  l’atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei

ministri;

    Udito  nella  camera  di consiglio del 21 gennaio 2004 il giudice

relatore Guido Neppi Modona.

    Ritenuto  che  il  giudice  di  pace  di  Napoli ha sollevato, in

riferimento  agli  artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, questione di

legittimita’  costituzionale  dell’art. 21,  comma 2, lettera e), del

decreto   legislativo  28 agosto  2000,   n. 274  (Disposizioni  sulla

competenza  penale  del  giudice  di pace, a norma dell’art. 14 della

legge  24 novembre  1999,  n. 468),  in quanto prevede che il ricorso

immediato  della  persona offesa al giudice di pace deve contenere le

generalita’ della persona citata a giudizio;

        che  il  rimettente  premette  che  il  pubblico ministero ha

chiesto  che  il  ricorso  sia  dichiarato inammissibile «per mancata

indicazione delle generalita’ della persona citata in giudizio»;

        che  al  riguardo  il  giudice a quo osserva che, per effetto

della  legge  31 dicembre  1996,  n. 675,  al privato e’ praticamente

impossibile   accedere  ai  «dati  identificativi  del  colpevole  (o

presunto  tale)»,  conoscibili invece dall’autorita’ giudiziaria o di

pubblica  sicurezza,  cosi’ che, in concreto, il cittadino non potra’

mai  proporre  ricorso  immediato  al  giudice  posto  che l’onere di

indicare  le  generalita’ della persona citata a giudizio costituisce

un ostacolo insormontabile;

        che  la   previsione  censurata  violerebbe  percio’: l’art. 3

Cost., in quanto irragionevolmente prescrive che il ricorso immediato

contenga  l’indicazione  delle esatte generalita’ dell’incolpato, non

richieste  per  una  valida proposizione della querela, nonostante il

ricorso  immediato  sia  equiparato,  negli  effetti,  alla  querela;

l’art. 24 Cost., in quanto ostacola l’esercizio del diritto di difesa

del  privato  e  rende di conseguenza «inutile la predisposizione del

mezzo  legislativo  (ricorso immediato)», l’art. 111 Cost., in quanto

preclude  alla  parte  privata,  cui  in astratto «e’ riconosciuto il

diritto  di introdurre ricorso immediato», di esercitare nel processo

pari   diritti  rispetto  al  pubblico  ministero,  che  puo’  invece

accertare le generalita’ dell’incolpato;

        che  nel  giudizio e’ intervenuto il Presidente del Consiglio

dei  ministri,  rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello

Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata;

        che  ad  avviso  dell’Avvocatura  il  rimettente  trascura di

considerare  che  a  norma  dell’art. 12,  comma 1, lettera h), della

legge  n. 675  del  1996  al  privato  e’ consentito accedere ai dati

personali  di  terzi, a prescindere dal loro consenso, allorche’ cio’

sia  «necessario  […] per far valere o difendere un diritto in sede

giudiziaria»;

        che  l’Avvocatura  rileva,  inoltre,  che  la  differenza  di

disciplina  rispetto  a  quella  prevista  per  la proposizione della

querela  e’  giustificata  dalla diversita’ dei due istituti e che il

ricorso immediato al giudice di pace costituisce «rimedio alternativo

alla  procedura  ordinaria, confacente ad esigenze di semplificazione

ed  accelerazione»,  cosi’  che, da un punto di vista sostanziale, e’

ragionevole  che,  qualora  l’identita’  della  persona alla quale il

reato  e’ attribuito sia ignota, la persona offesa, anziche’ proporre

il  ricorso  immediato,  presenti  atto  di  querela, seguendo le vie

ordinarie della tutela giurisdizionale.

    Considerato   che   il   rimettente   dubita  della  legittimita’

costituzionale   dell’art. 21,   comma 2,   lettera e),  del  decreto

legislativo  28 agosto  2000,  n. 274  (Disposizioni sulla competenza

penale  del  giudice  di  pace,  a norma dell’articolo 14 della legge

24 novembre 1999, n. 468), in quanto prevede che il ricorso immediato

della persona offesa al giudice di pace deve contenere le generalita’

della persona citata a giudizio;

        che,  ad  avviso  del  rimettente,  per  effetto  della legge

31 dicembre  1996,  n. 675, per il privato e’ impossibile accedere ai

dati  identificativi della persona citata a giudizio, che sono invece

conoscibili dall’autorita’ giudiziaria o di pubblica sicurezza;

        che  la disciplina censurata si porrebbe percio’ in contrasto

con  l’art. 3  della Costituzione, in quanto prescrive che il ricorso

immediato  contenga  l’indicazione  delle  complete generalita’ della

persona  citata,  non  richieste invece ai fini della validita’ della

querela;  con  l’art. 24  Cost.,  in  quanto ostacola l’esercizio del

diritto  di  difesa  della  persona  offesa  e  rende  di conseguenza

«inutile»  l’istituto del ricorso immediato; con l’art. 111 Cost., in

quanto  preclude  alla  parte  privata  l’esercizio di diritti pari a

quelli  del   pubblico  ministero,  che  ha  invece  accesso  ai  dati

identificativi delle persone nei cui confronti svolge le indagini;

        che  il  rimettente  fonda le sue argomentazioni sull’erroneo

presupposto  che  alla persona offesa sia preclusa la possibilita’ di

prendere  conoscenza  dei  dati  identificativi dell’imputato, ma non

tiene  conto  che,  come  rileva  l’Avvocatura  dello  Stato, a norma

dell’art. 12, comma 1, lettera h), della legge n. 675 del 1996, tra i

casi  nei quali non occorre il consenso dell’interessato sono incluse

le  situazioni in cui il trattamento dei dati personali e’ necessario

ai  fini  dello svolgimento delle indagini difensive o, comunque, per

far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria;

        che  peraltro,  in  riferimento alla denunciata disparita’ di

trattamento  e  alla  violazione  del  principio  della parita’ delle

parti,  la  Corte  di  cassazione  ha  avuto  di recente occasione di

affermare  che il requisito delle «generalita’ della persona citata a

giudizio»,   richiesto   a  pena  di  inammissibilita’  dal  comma 1,

lettera c),  dell’art. 24 del decreto legislativo n. 274 del 2000, e’

soddisfatto anche se nel ricorso immediato manchi l’indicazione della

data  e del luogo di nascita della persona citata a giudizio, purche’

l’atto  non  risulti  rivolto  ad  incertam  personam,  in  quanto la

completa  identificazione  dell’imputato  e’  differibile  al momento

della presentazione del medesimo avanti all’autorita’ procedente;

        che,  infine,  non  e’ dato riscontrare alcuna violazione del

diritto di azione e difesa in relazione all’onere di acquisire i dati

che  consentono  la  sicura  individuazione  della persona citata, in

quanto la persona offesa, ove ritenga che l’acquisizione di tali dati

sia  eccessivamente difficoltosa o dispendiosa, puo’ comunque seguire

le  vie  della ordinaria tutela giurisdizionale davanti al giudice di

pace, esercitando la facolta’ di presentare querela;

        che    la   questione   deve   pertanto   essere   dichiarata

manifestamente infondata.

    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,

n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi

davanti alla Corte costituzionale.

Per questi motivi

                       LA CORTE COSTITUZIONALE

    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di

legittimita’  costituzionale  dell’art. 21,  comma 2, lettera e), del

decreto   legislativo  28 agosto  2000,  n. 274  (Disposizioni  sulla

competenza  penale  del  giudice  di pace, a norma dell’art. 14 della

legge  24 novembre  1999,  n. 468),  sollevata,  in  riferimento agli

artt. 3,  24 e 111 della Costituzione, dal giudice di pace di Napoli,

con l’ordinanza in epigrafe.

    Cosi’  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 febbraio 2004.

                     Il Presidente: Zagrebelsky

                     Il redattore: Neppi Modona

                      Il cancelliere:Fruscella

    Depositata in cancelleria il 2 marzo 2004.

                       Il cancelliere:Fruscella