Penale
Anche un privato può avere i dati personali altrui per ragioni di giustizia. Non sussiste la prospettata incostituzionalità del d.lgs.274/00. CORTE COSTITUZIONALE – ORDINANZA 23 febbraio – 2 marzo 2004. N.83
Anche un privato può avere i dati personali altrui per ragioni di giustizia. Non sussiste la prospettata incostituzionalità del d.lgs.274/00
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Gustavo ZAGREBELSKY;
Giudici: Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido
NEPPI MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE,
Giovanni Maria FLICK, Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA, Paolo
MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO;
N. 83 ORDINANZA 23 febbraio – 2 marzo 2004.
Giudizio di legittimita’ costituzionale in via incidentale. Processo penale – Procedimento dinanzi al giudice di pace – Ricorso immediato della persona offesa – Obbligo di indicare le generalita’ della persona citata in giudizio – Prospettata irragionevolezza, lesione del diritto di difesa e della parita’ tra parte privata e pubblico ministero nel processo – Manifesta infondatezza della questione. – Decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, art. 21, comma 2, lettera e). – Costituzione, artt. 3, 24 e 111. (GU n. 10 del 10-3-2004)
ha pronunciato la seguente
Ordinanza
nel giudizio di legittimita’ costituzionale dell’art. 21, comma 2,
lettera e), del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274
(Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma
dell’articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468), promosso,
nell’ambito di un procedimento penale, dal giudice di pace di Napoli
con ordinanza del 19 settembre 2002, iscritta al n. 86 del registro
ordinanze 2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 11, 1ª serie speciale, dell’anno 2003.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nella camera di consiglio del 21 gennaio 2004 il giudice
relatore Guido Neppi Modona.
Ritenuto che il giudice di pace di Napoli ha sollevato, in
riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, questione di
legittimita’ costituzionale dell’art. 21, comma 2, lettera e), del
decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla
competenza penale del giudice di pace, a norma dell’art. 14 della
legge 24 novembre 1999, n. 468), in quanto prevede che il ricorso
immediato della persona offesa al giudice di pace deve contenere le
generalita’ della persona citata a giudizio;
che il rimettente premette che il pubblico ministero ha
chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile «per mancata
indicazione delle generalita’ della persona citata in giudizio»;
che al riguardo il giudice a quo osserva che, per effetto
della legge 31 dicembre 1996, n. 675, al privato e’ praticamente
impossibile accedere ai «dati identificativi del colpevole (o
presunto tale)», conoscibili invece dall’autorita’ giudiziaria o di
pubblica sicurezza, cosi’ che, in concreto, il cittadino non potra’
mai proporre ricorso immediato al giudice posto che l’onere di
indicare le generalita’ della persona citata a giudizio costituisce
un ostacolo insormontabile;
che la previsione censurata violerebbe percio’: l’art. 3
Cost., in quanto irragionevolmente prescrive che il ricorso immediato
contenga l’indicazione delle esatte generalita’ dell’incolpato, non
richieste per una valida proposizione della querela, nonostante il
ricorso immediato sia equiparato, negli effetti, alla querela;
l’art. 24 Cost., in quanto ostacola l’esercizio del diritto di difesa
del privato e rende di conseguenza «inutile la predisposizione del
mezzo legislativo (ricorso immediato)», l’art. 111 Cost., in quanto
preclude alla parte privata, cui in astratto «e’ riconosciuto il
diritto di introdurre ricorso immediato», di esercitare nel processo
pari diritti rispetto al pubblico ministero, che puo’ invece
accertare le generalita’ dell’incolpato;
che nel giudizio e’ intervenuto il Presidente del Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello
Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata;
che ad avviso dell’Avvocatura il rimettente trascura di
considerare che a norma dell’art. 12, comma 1, lettera h), della
legge n. 675 del 1996 al privato e’ consentito accedere ai dati
personali di terzi, a prescindere dal loro consenso, allorche’ cio’
sia «necessario […] per far valere o difendere un diritto in sede
giudiziaria»;
che l’Avvocatura rileva, inoltre, che la differenza di
disciplina rispetto a quella prevista per la proposizione della
querela e’ giustificata dalla diversita’ dei due istituti e che il
ricorso immediato al giudice di pace costituisce «rimedio alternativo
alla procedura ordinaria, confacente ad esigenze di semplificazione
ed accelerazione», cosi’ che, da un punto di vista sostanziale, e’
ragionevole che, qualora l’identita’ della persona alla quale il
reato e’ attribuito sia ignota, la persona offesa, anziche’ proporre
il ricorso immediato, presenti atto di querela, seguendo le vie
ordinarie della tutela giurisdizionale.
Considerato che il rimettente dubita della legittimita’
costituzionale dell’art. 21, comma 2, lettera e), del decreto
legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza
penale del giudice di pace, a norma dell’articolo 14 della legge
24 novembre 1999, n. 468), in quanto prevede che il ricorso immediato
della persona offesa al giudice di pace deve contenere le generalita’
della persona citata a giudizio;
che, ad avviso del rimettente, per effetto della legge
31 dicembre 1996, n. 675, per il privato e’ impossibile accedere ai
dati identificativi della persona citata a giudizio, che sono invece
conoscibili dall’autorita’ giudiziaria o di pubblica sicurezza;
che la disciplina censurata si porrebbe percio’ in contrasto
con l’art. 3 della Costituzione, in quanto prescrive che il ricorso
immediato contenga l’indicazione delle complete generalita’ della
persona citata, non richieste invece ai fini della validita’ della
querela; con l’art. 24 Cost., in quanto ostacola l’esercizio del
diritto di difesa della persona offesa e rende di conseguenza
«inutile» l’istituto del ricorso immediato; con l’art. 111 Cost., in
quanto preclude alla parte privata l’esercizio di diritti pari a
quelli del pubblico ministero, che ha invece accesso ai dati
identificativi delle persone nei cui confronti svolge le indagini;
che il rimettente fonda le sue argomentazioni sull’erroneo
presupposto che alla persona offesa sia preclusa la possibilita’ di
prendere conoscenza dei dati identificativi dell’imputato, ma non
tiene conto che, come rileva l’Avvocatura dello Stato, a norma
dell’art. 12, comma 1, lettera h), della legge n. 675 del 1996, tra i
casi nei quali non occorre il consenso dell’interessato sono incluse
le situazioni in cui il trattamento dei dati personali e’ necessario
ai fini dello svolgimento delle indagini difensive o, comunque, per
far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria;
che peraltro, in riferimento alla denunciata disparita’ di
trattamento e alla violazione del principio della parita’ delle
parti, la Corte di cassazione ha avuto di recente occasione di
affermare che il requisito delle «generalita’ della persona citata a
giudizio», richiesto a pena di inammissibilita’ dal comma 1,
lettera c), dell’art. 24 del decreto legislativo n. 274 del 2000, e’
soddisfatto anche se nel ricorso immediato manchi l’indicazione della
data e del luogo di nascita della persona citata a giudizio, purche’
l’atto non risulti rivolto ad incertam personam, in quanto la
completa identificazione dell’imputato e’ differibile al momento
della presentazione del medesimo avanti all’autorita’ procedente;
che, infine, non e’ dato riscontrare alcuna violazione del
diritto di azione e difesa in relazione all’onere di acquisire i dati
che consentono la sicura individuazione della persona citata, in
quanto la persona offesa, ove ritenga che l’acquisizione di tali dati
sia eccessivamente difficoltosa o dispendiosa, puo’ comunque seguire
le vie della ordinaria tutela giurisdizionale davanti al giudice di
pace, esercitando la facolta’ di presentare querela;
che la questione deve pertanto essere dichiarata
manifestamente infondata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
Per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta infondatezza della questione di
legittimita’ costituzionale dell’art. 21, comma 2, lettera e), del
decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla
competenza penale del giudice di pace, a norma dell’art. 14 della
legge 24 novembre 1999, n. 468), sollevata, in riferimento agli
artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, dal giudice di pace di Napoli,
con l’ordinanza in epigrafe.
Cosi’ deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 febbraio 2004.
Il Presidente: Zagrebelsky
Il redattore: Neppi Modona
Il cancelliere:Fruscella
Depositata in cancelleria il 2 marzo 2004.
Il cancelliere:Fruscella