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Anche l’ inquilino assegnatario di immobile comunale può essere sfratttato. Corte costituzionale – sentenza 3-11 giugno 2003, n. 203
Anche linquilino assegnatario di immobile comunale può essere sfratttato
Corte costituzionale sentenza 3-11 giugno 2003, n. 203
Presidente Chieppa relatore Bile
Ritenuto in fatto
Con lordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di Modena ha sollevato, in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dellarticolo 32 del regio decreto 1165/38 (Approvazione del testo unico delle disposizioni sulledilizia popolare ed economica), secondo il quale gli Istituti autonomi delle case popolari, nelle ipotesi di mancato pagamento di rate di fitto, possono chiedere al giudice di ingiungere con decreto allinquilino moroso di pagare entro un determinato termine, disponendo lo sfratto per il caso di inadempienza.
Dallordinanza risulta che lAzienda Casa Emilia Romagna della Provincia di Modena (Acer) aveva chiesto con separati ricorsi lemissione di decreti per ingiunzione e sfratto contro inquilini di alloggi di proprietà del Comune di Modena, morosi nel pagamento di rate dei canoni di locazione.
Il rimettente rileva che la sentenza 419/91 di questa Corte pur dichiarando non fondata la stessa questione oggi riproposta, essendo la differenza di trattamento normativo processuale fra inquilini privati e assegnatari fruitori di abitazioni a canoni non remunerativi giustificata dal perseguimento di scopi di pubblico interesse – aveva peraltro ritenuto la norma non perfettamente adeguata alle esigenze di tutela del diritto di abitazione ed aveva indirizzato un monito al legislatore, perché provvedesse a sostituirla con una disciplina più rispettosa del rilievo sociale del diritto di abitazione.
Poiché, dopo oltre dieci anni, il legislatore non avrebbe raccolto tale monito, il rimettente ritiene «più che mai legittimo continuare a dubitare della legittimità costituzionale della normativa de qua», anche perché, prima di fornire (come aveva fatto allora questa Corte) «una lettura costituzionalmente adeguata del giudizio di opposizione successivo alla pronunzia del decreto dingiunzione e sfratto», occorrerebbe chiedersi se linquilino assegnatario possa proporre lopposizione senza il rischio di veder leso il suo diritto di difesa, e di trovarsi in posizione deteriore rispetto al comune conduttore.
Il rimettente al riguardo pone in rilievo che ogni altro conduttore, prima di essere sfrattato per morosità, cioè prima della pronuncia di unordinanza di convalida, fruisce di congrue garanzie difensive, perché non deve opporsi ad un provvedimento pronunciato inaudita altera parte, può costituirsi in giudizio entro i termini di comparizione, e alludienza può opporsi alla convalida anche comparendo personalmente senza ministero di difensore. Viceversa, linquilino di casa popolare può difendersi solo proponendo opposizione al decreto ingiuntivo tramite difensore tecnico, e questa previsione sarebbe poco giustificabile, per un titolare di redditi modesti, che ben difficilmente potrebbe ottenere il gratuito patrocinio nel breve termine entro il quale deve esser fatta lopposizione.
Ne deriverebbe, ad avviso del rimettente, il rischio concreto per una categoria protetta di non poter esercitare il diritto costituzionale di difesa tramite lopposizione, anche considerando che per il conduttore di edilizia residenziale pubblica (contro il quale sia azionato lo speciale procedimento di cui alla norma impugnata), a differenza che per il normale conduttore, non sarebbe prevista la possibilità dellopposizione tardiva né potrebbe essere concessa la sanatoria della morosità ex articolo 55 della legge 392/78.
Questi elementi, ad avviso del rimettente, evidenzierebbero profili di significativa ed ingiustificata disparità di trattamento tra i due procedimenti. E daltro canto i profili di pubblico interesse che la Corte, nella sentenza 159/69, aveva considerato idonei a giustificare la particolare procedura di cui alla norma censurata non dovrebbero rilevare quando, come nella specie, lesplicazione di potestà pubblicistiche «si risolva (o rischi di risolversi) nella lesione dei diritti soggettivi spettanti agli attuali titolari di assegnazione».
Considerato in diritto
1. Il Tribunale di Modena propone la questione di legittimità costituzionale dellarticolo 32 del regio decreto 1165/38 (Approvazione del testo unico delle disposizioni sulledilizia popolare ed economica). La norma prevede che gli istituti per le case popolari possono richiedere al giudice di ingiungere, con decreto, allinquilino moroso di pagare il dovuto entro un certo termine dalla notifica, trascorso il quale si procede allo sfratto; contro il decreto linquilino può proporre opposizione, e il giudice può in casi gravi sospendere lesecuzione.
Il rimettente ritiene che questo procedimento violi gli articoli 3 e 24 della Costituzione, in quanto assoggetta gli assegnatari di alloggi di edilizia residenziale pubblica ad una disciplina ingiustificatamente deteriore rispetto agli altri conduttori di locazioni abitative e lede il loro diritto di difesa.
Al riguardo, pone in rilievo che i conduttori comuni, in caso di morosità, possono essere chiamati in giudizio dal locatore con il procedimento per convalida di sfratto e non sono assoggettati, come gli assegnatari, ad un ordine di sfratto emesso inaudita altera parte; fruiscono di un termine di comparizione non concesso agli assegnatari; possono esercitare il diritto di difesa nella fase speciale del procedimento per convalida opponendosi ad essa personalmente, senza il ministero di un difensore, necessario invece per lopposizione al decreto di cui alla norma impugnata; possono, a differenza degli assegnatari, proporre opposizione tardiva; possono sanare la morosità, fruendo del termine di grazia previsto dallarticolo 55 della legge 392/78, non concesso agli assegnatari.
2. La questione non è fondata.
3. La norma impugnata è stata già esaminata due volte da questa Corte.
La sentenza 159/69 ha affermato che il procedimento in esame non contrasta con gli articoli 3 e 24 della Costituzione, perché, unificando lingiunzione di pagamento e lo sfratto, mira ad assicurare agli enti gestori delledilizia residenziale pubblica una procedura più rapida per il recupero dei canoni scaduti ed il rilascio dellalloggio da parte dellinquilino inadempiente, al fine di garantire il perseguimento di scopi di pubblico interesse, e non menoma i diritti del conduttore alla difesa ed alla tutela giurisdizionale. Nel contempo, ha dichiarato lillegittimità costituzionale dellarticolo 32 nelle parti in cui per il pagamento dei canoni scaduti e per lopposizione al decreto fissava termini notevolmente più brevi di quelli stabiliti dallarticolo 641 del Cpc per lordinario procedimento di ingiunzione.
A sua volta, la sentenza 419/91 pur accogliendo uninterpretazione adeguatrice della norma in esame, che consente al giudice, una volta proposta lopposizione, di tutelare le ragioni del conduttore nel rispetto della rilevanza costituzionale del diritto allabitazione ha esplicitamente auspicato una riforma della materia in vista del suo pieno adeguamento ai principi costituzionali.
4. Nel solco delle citate sentenze, si deve confermare che la peculiarità di disciplina sostanziale delle locazioni di edilizia residenziale pubblica comporta che anche il loro trattamento processuale può essere diverso da quello delle altre locazioni ad uso abitativo. Secondo la norma impugnata questa tutela processuale particolare si attua mediante uno speciale procedimento di natura monitoria, che inizia con il ricorso dellente locatore al giudice per ottenere (nei confronti del conduttore di cui sia dimostrata la morosità) un decreto contenente sia lingiunzione a pagare entro un certo termine, sia lo sfratto in caso di mancato pagamento, e prosegue con la notifica di tale decreto al conduttore e leventuale opposizione di costui.
Se, dunque, la previsione di siffatta tutela è di per sé espressione di discrezionalità legislativa, ne discende che è ininfluente, ai fini della proposta questione di legittimità costituzionale, lenunciazione delle differenze riscontrabili tra questo procedimento e quelli cui possono ricorrere i locatori nelle comuni locazioni abitative (ma anche, in alternativa, come ammette la giurisprudenza, gli stessi enti gestori di edilizia residenziale), ossia il processo di cognizione secondo il rito dellarticolo 447bis Cpc e quello per convalida di sfratto.
5. È appunto questo il senso delle censure formulate dal giudice rimettente a proposito della situazione in cui versa il conduttore di edilizia residenziale, destinatario di un provvedimento di rilascio emesso inaudita altera parte (mentre il conduttore comune è citato in giudizio per leventuale convalida dello sfratto) e non tutelato (a differenza di questo) dal termine di comparizione di cui allarticolo 660, quarto comma, del Cpc.
Questi rilievi, in realtà, si limitano a segnalare talune differenze tra il procedimento particolare per le locazioni di edilizia residenziale e quelli utilizzabili per le altre locazioni abitative. Ma sono differenze che normalmente intercorrono tra i procedimenti monitori, che iniziano con il ricorso di una parte al giudice, per ottenere un provvedimento da notificare poi allaltra parte, e quelli che iniziano invece con la notifica, ad opera dellattore, di un atto, quale ad esempio la citazione, recante linvito al convenuto a comparire alludienza. Nei primi, infatti, la pronuncia del giudice inevitabilmente precede la formazione del contraddittorio, differita alleventuale opposizione dellintimato; nei secondi, invece, la sequenza è rovesciata, perché linstaurazione del contraddittorio di necessità è anteriore ad ogni intervento del giudice. Tali diversità strutturali comportano, naturalmente, che i termini di comparizione vengano in rilievo in momenti diversi.
Del resto, secondo la costante giurisprudenza della Corte, il legislatore può nella sua discrezionalità prevedere differenziate tipologie di procedimenti, in ragione di esigenze che le giustifichino, non essendo costituzionalmente tenuto ad una costante uniformità di disciplina.
6. Parimenti infondata è la censura concernente la necessità per lassegnatario di ricorrere alla difesa tecnica per opporsi al decreto dingiunzione e sfratto, laddove il conduttore comune può, nella prima fase del procedimento per convalida, opporsi ad essa personalmente.
Largomento è prospettato in via di mera eventualità dallo stesso rimettente che, dovendo provvedere sulla richiesta di emissione del decreto, si trova ancora nella fase sommaria del procedimento. Esso sarebbe perciò inidoneo a porre una questione di legittimità costituzionale. Comunque la possibilità della difesa personale ponendosi come eccezione rispetto alla regola generale del processo civile in tema di difesa tecnica – non può essere estesa a casi non previsti, se non sulla base di valutazioni discrezionali del legislatore.
Analogo carattere di eventualità ha anche il rilievo in ordine ad una pretesa difficoltà di avvalersi del patrocinio a spese dello Stato.
7. Laffermazione secondo cui contro il decreto previsto dalla norma impugnata non sarebbero proponibili le opposizioni tardive di cui agli articoli 650 e 668 del Cpc a parte ogni rilievo sulla fase in cui la questione di legittimità costituzionale è stata sollevata – è del tutto priva di motivazione.
Ed il rimettente non esplora la possibilità di pervenire invece ad una soluzione positiva del problema, nella prospettiva dischiusa dalla sentenza 159/69, che ha esteso al giudizio in esame la disciplina del Cpc relativa ai termini per le opposizioni ad ingiunzione.
8. Lordinanza ritiene poi che uneventuale decisione di incostituzionalità dellarticolo 32 del regio decreto 1165/38 renderebbe applicabile alle locazioni di edilizia residenziale pubblica il cosiddetto termine di grazia di cui allarticolo 55 della legge 392/78.
La tesi è infondata, in quanto lestraneità di tale termine alle locazioni in esame deriva da norme diverse da quella impugnata.
Il ricordato articolo 55 assume infatti come norma presupposto il precedente articolo 5, che individua le ipotesi in cui il conduttore di immobile adibito ad uso abitativo può essere considerato moroso agli effetti della concessione di quel termine. Ma larticolo 26 della stessa legge escludeva lapplicabilità alledilizia residenziale pubblica degli articoli concernenti le locazioni di immobili urbani ad uso di abitazione, e quindi anche dellarticolo 5 e, di riflesso, dellarticolo 55.
Pertanto, il principio posto dalla giurisprudenza di legittimità per cui, nel vigore della legge 392/78, il termine di grazia non poteva essere concesso per le locazioni abitative non soggette a quella legge non poteva non valere anche per ledilizia residenziale.
La situazione non è mutata nel nuovo regime delle locazioni abitative introdotto dalla legge 431/98, che, ai sensi dellarticolo 1, comma 2, lettera b), non si applica agli alloggi di edilizia residenziale pubblica.
9. Occorre infine considerare che sulle condizioni di esercizio del diritto di difesa nel procedimento in esame hanno significativamente inciso sia le ricordate decisioni della Corte, sia le recenti innovazioni legislative in tema di processo civile.
In particolare valutando le ultime modifiche apportate alla disciplina del decreto ingiuntivo alla luce della sentenza 159/69 il termine per lopposizione al provvedimento di cui allimpugnato articolo 32 (come, del resto, avverte lo stesso rimettente) deve ritenersi ora di quaranta giorni.
Orbene, poiché la pronuncia prevista dalla norma impugnata cumula lordine di sfratto con quello di pagamento della somma dovuta nel termine per lopposizione, ne deriva che il rilascio, oggetto della condanna, lungi dallessere immediato, è condizionato al mancato pagamento in quel termine, onde lassegnatario può, in sostanza, evitare lo sfratto sanando la morosità nei quaranta giorni dalla notifica del decreto. Questa situazione è per lui più vantaggiosa di quella in cui verserebbe se il locatore agisse per la risoluzione del contratto, con il rito ordinario o con il procedimento per convalida, perché sia nelluno che nellaltro caso ladempimento successivo alla domanda non impedirebbe la pronuncia di rilascio. Nellordinario giudizio di risoluzione infatti la rilevata inapplicabilità del termine di grazia ricondurrebbe la fattispecie allarticolo 1453, ultimo comma, Cc, secondo cui ladempimento tardivo non evita la risoluzione del contratto. E nel procedimento per convalida, sempre in forza di questa norma, il rilascio dovrebbe essere disposto anche dopo un tale adempimento – se non nella fase sommaria: articolo 663, terzo comma, Cpc di sicuro con la sentenza di risoluzione pronunziata a contraddittorio pieno.
La conservazione del procedimento in esame, alla luce dellelevazione del termine per lopposizione, esprime quindi oggi un non irragionevole bilanciamento fra le contrapposte esigenze di assicurare allassegnatario un regime sostanziale particolarmente favorevole (specie nellattuale disciplina improntata alla progressiva liberalizzazione del canone locatizio) ed allente locatore un peculiare strumento processuale di tutela di fronte alla morosità.
PQM
La Corte costituzionale
Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dellarticolo 32 del regio decreto 1165/38 (Approvazione del testo unico delle disposizioni sulledilizia popolare ed economica), sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione, dal Tribunale di Modena, con lordinanza in epigrafe.