Tributario e Fiscale

Tuesday 29 May 2007

Agenzia delle entrate – Circolare n. 31/E Roma, 22 maggio 2007 – Oggetto: Studi di settore. Le novità intervenute con i provvedimenti legislativi emanati nel corso del 2006.

Agenzia delle entrate – Circolare
n. 31/E Roma, 22 maggio 2007 – Oggetto: Studi di
settore. Le novità intervenute con i provvedimenti legislativi emanati nel
corso del 2006.

Direzione Centrale Accertamento 1

Premessa 3

Le modifiche introdotte dal
decreto legge n. 223 del 2006. Modalità dell’accertamento basato sugli studi di
settore 3

1.1. La disciplina previgente
alle modifiche 3

1.2. La nuova disciplina
introdotta dal decreto legge n. 223 del 2006 4

1.3 Adeguamento
alle risultanze degli studi di settore per il periodo d’imposta 2005. 6

2. Le novità introdotte dalla
legge finanziaria per il 2007 6

2.1 La revisione triennale degli
studi di settore 7

2.2 L’utilizzo degli studi in
sede di accertamento. 7

2.3 Gli indicatori di normalità
economica previsti dalla legge finanziaria per il 2007 9

2.3.1 Gli specifici indicatori di
coerenza previsti dall’art. 10-bis, comma 2, della legge n. 146 del 1998 9

2.3.2 Gli indicatori di normalità
economica previsti dal comma 14 della legge n. 296 del 2006. Regime transitorio
10

2.3.3 Gli indicatori di normalità
economica approvati con D.M. 20 marzo 2007 11

2.3.4 Gli indicatori di normalità
economica per i titolari di reddito di impresa 12

2.3.5 Gli indicatori di normalità
economica per i contribuenti in annotazione separata 18

2.3.6 Gli indicatori di normalità
economica per i titolari di reddito di lavoro autonomo. 18

2.3.7 I risultati dell’analisi di
normalità economica 21

2.3.8 La valutazione dell’analisi
di normalità economica in sede di accertamento 22

2.3.9 Ulteriori precisazioni ai
fini dell’adeguamento in dichiarazione alle risultanze degli studi 25

3. Le sanzioni applicabili in
fase di accertamento in caso di omessa o infedele compilazione dei modelli da
studi di settore 26

3.1 Incremento
della sanzione ai fini delle imposte sui redditi 27

3.2 Indicazione
di cause di esclusione o inapplicabilità degli studi di settore non
sussistenti. 29

3.3 Incremento della sanzione ai
fini dell’ IVA e dell’IRAP. 29

4. Le modifiche delle cause di
esclusione dall’applicazione degli studi di settore 30

4.1 Cessazione
e inizio dell’attività entro sei mesi. 31

4.2 Mera prosecuzione di attività
svolte da altri soggetti 34

4.3 Le informazioni del modello
dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore 36

4.4 Periodo d’imposta diverso da
dodici mesi 36

4.5 Cause d’esclusione
riguardanti i soggetti tenuti all’applicazione dei parametri 36

5. Il nuovo limite di
applicabilità degli studi 37

6. Le principali novità della
modulistica studi di settore 2007 38

6.1 I codici previsti per le
modifiche alle cause di esclusione 38

6.2 Deducibilità delle spese e
componenti negative relative alle autovetture e riflessi sulle modalità di
compilazione dei modelli 39

6.3 Le novità intervenute nel
quadro F – Elementi contabili 39

6.4 Modifiche al quadro G
relativo alla indicazione degli elementi contabili 40

6.5 Obblighi previsti per i
contribuenti che dichiarano ricavi o compensi di ammontare superiore a euro
5.164.569 e fino a euro 7.500.000 40

7. Gli indicatori previsti per i
soggetti per i quali non si applicano gli studi di settore. Il modello INE –
UNICO 2007 41

8. L’inibizione degli accertamenti
presuntivi nei confronti dei soggetti congrui alle risultanze degli studi di
settore (art. 10, comma 4-bis, legge 146 del 1998) 42

8.1 Disapplicazione del comma
4-bis in caso di infedeltà dei dati indicati nell’allegato studi di settore 45

8.2 La motivazione dell’atto di accertamento 45

8.3 Decorrenza
della disposizione 46

Premessa

I commi da 13 a 27 dell’articolo unico
della legge n. 296 del 27 dicembre 2006 (di seguito "legge finanziaria per
il 2007"), hanno introdotto numerose modifiche alla disciplina degli studi
di settore, previsti dall’articolo 62-bis del decreto legge 30 agosto 1993, n.
331, convertito con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427. Tali
modifiche hanno fatto seguito a quelle già varate con il decreto legge 4 luglio
2006, n. 223, convertito, con modificazioni, nella legge n. 248 del 4 agosto
2006 (c.d. "Manovra-bis"), in tema di modalità di accertamento nei
confronti dei soggetti in contabilità ordinaria e dei professionisti.

Con la presente circolare vengono forniti chiarimenti sull’innovato impianto normativo
e sui rilevanti riflessi che esso determina sull’attività di accertamento.

Con successiva circolare verranno forniti chiarimenti con riguardo ai 56 studi di
settore approvati con i decreti ministeriali del 20 marzo 2007, pubblicati nel
S.O. alla G.U. n. 76 del 31 marzo 2007, in vigore a decorrere dal periodo
d’imposta in corso al 31 dicembre 2006.

Le modifiche introdotte dal
decreto legge n. 223 del 2006. Modalità dell’accertamento basato sugli studi di
settore

L’articolo 10 della legge 8
maggio 1998, n. 146, che costituisce la disposizione di riferimento in tema di
utilizzo degli studi di settore ai fini dell’accertamento, ha subito, negli
ultimi anni, numerose modifiche che hanno determinato una evoluzione
del ruolo dello strumento accertativo connessa a ben precise aspettative
nell’ambito della politica fiscale perseguita in materia di contrasto
all’evasione fiscale.

La più recente modifica è quella
recata dall’articolo 37, comma 2, lett a), del decreto legge n. 223 del 2006,
che ha abrogato i commi 2 e 3 del citato articolo 10 della legge n. 146 del
1998.

Gli effetti di tale abrogazione
possono essere meglio colti analizzando preliminarmente l’assetto normativo previgente.

1.1. La disciplina previgente
alle modifiche

Relativamente ai periodi
d’imposta 2003 e precedenti, l’utilizzo degli studi di settore come strumento
di accertamento è vincolato alle seguenti condizioni:

scostamento
tra i ricavi dichiarati e quelli stimati dagli studi di settore nel singolo
periodo d’imposta considerato (solo per gli esercenti attività d’impresa in
contabilità semplificata);

scostamento
tra i ricavi o compensi dichiarati e quelli stimati dagli studi di settore per
almeno due periodi d’imposta, anche non consecutivi, su tre considerati (per
gli esercenti attività d’impresa in contabilità ordinaria per effetto di
opzione e per tutti gli esercenti arti e professioni);

scostamento
tra i ricavi o compensi dichiarati e quelli stimati dagli studi di settore nel
singolo periodo d’imposta considerato in presenza di contabilità inattendibile
sulla base dei criteri stabiliti dal D.P.R. n. 570 del 1996 (per tutti i
contribuenti in contabilità ordinaria, anche per effetto di opzione).

Questo assetto è stato riformato
dall’articolo unico, comma 409, della legge n. 311 del 30 dicembre 2004, che ha
modificato le modalità dell’accertamento basato sugli studi di settore nei
confronti dei contribuenti in contabilità ordinaria, con decorrenza dagli
accertamenti relativi al periodo d’imposta 2004.

È stata in specie estesa la
possibilità di utilizzare gli studi di settore nei confronti dei suddetti
contribuenti in presenza di uno scostamento tra i
ricavi o compensi dichiarati e quelli stimati dagli studi di settore:

per
almeno due periodi d’imposta, anche non consecutivi, su tre considerati;

nel
singolo periodo d’imposta, qualora risultino incoerenze rispetto ad appositi
indici di natura economica, finanziaria, patrimoniale individuati con provvedimento
del Direttore dell’Agenzia delle Entrate, sentito il parere della Commissione
degli esperti.

Con riguardo al periodo d’imposta
2004, le condizioni per procedere all’accertamento sulla base degli studi di
settore sono dunque evolute nei termini di seguito riepilogati:

scostamento
tra i ricavi dichiarati e quelli stimati dagli studi di settore nel singolo
periodo d’imposta considerato (per gli esercenti attività d’impresa in
contabilità semplificata);

scostamento
tra i ricavi o compensi dichiarati e quelli stimati dagli studi di settore per
almeno due periodi d’imposta, anche non consecutivi, su tre considerati (per
gli esercenti attività d’impresa in contabilità ordinaria anche per effetto di
opzione e per tutti gli esercenti arti e professioni);

scostamento
tra i ricavi dichiarati e quelli stimati dagli studi di settore nel periodo
d’imposta e contestuale incoerenza rispetto agli indici di natura economica,
finanziaria, patrimoniale (per gli esercenti attività d’impresa in contabilità
ordinaria anche per opzione);

scostamento
tra i ricavi o compensi dichiarati e quelli stimati dagli studi di settore nel
singolo periodo d’imposta considerato in presenza di contabilità inattendibile
sulla base dei criteri stabiliti dal D.P.R. n. 570 del 1996 (per tutti i
contribuenti in contabilità ordinaria, anche per effetto di opzione).

1.2. La nuova disciplina
introdotta dal decreto legge n. 223 del 2006

L’abrogazione dei commi 2 e 3
dell’articolo 10 della legge n. 146 del 1998, ad opera
del decreto legge n. 223 del 2006,
ha di fatto eliminato, tutte le previgenti condizioni
per procedere all’accertamento sulla base degli studi di settore nei confronti
degli esercenti imprese in contabilità ordinaria, anche per opzione, e per gli
esercenti arti e professioni.

In questo modo è stata
notevolmente ampliata la possibilità di utilizzare gli studi di settore in sede
di accertamento, dato che l’unica condizione necessaria, indipendentemente
dalla tipologia del soggetto (esercente attività di impresa o di arti e
professioni) e dal regime contabile adottato, è rimasta quella dello
scostamento tra i ricavi o compensi dichiarati e quelli stimati dagli studi di
settore nel singolo periodo d’imposta considerato.

Ai sensi dell’articolo 37, comma
2, del decreto legge n. 223 del 2006, la nuova disciplina in parola ha effetto
dal periodo d’imposta per il quale il termine di presentazione della
dichiarazione scade successivamente alla data di entrata in vigore del decreto
medesimo. Da ciò deriva quindi che, per la maggior parte dei soggetti, la nuova
disciplina opera con riguardo al periodo d’imposta 2005.

É tuttavia opportuno precisare
che, per gli accertamenti riguardanti i periodi d’imposta 2003 e 2004, la
verifica della condizione di cui al comma 2
dell’articolo 10 della legge n. 146 del 1998 (scostamento per almeno due
periodi d’imposta, anche non consecutivi, su tre considerati) deve essere
effettuata considerando anche i periodi d’imposta 2005 e 2006.

Esempio (Impresa in contabilità
ordinaria per effetto di opzione).

PERIODO D’IMPOSTA 2003

PERIODO D’IMPOSTA 2004

PERIODO D’IMPOSTA 2005

non
congruo

congruo

non congruo

L’accertamento basato sugli studi di settore è
effettuabile sia per il 2003 (art. 10, comma 2, legge
n. 146 del 1998) che per il 2005 (nuova disciplina introdotta dal D.L. n. 223
del 2006)

PERIODO D’IMPOSTA 2004

PERIODO D’IMPOSTA 2005

PERIODO D’IMPOSTA 2006

non
congruo

non congruo

congruo

L’accertamento basato sugli studi di settore è
effettuabile sia per il 2004 (art. 10, comma 2, legge
n. 146 del 1998) che per il 2005 (nuova disciplina introdotta dal D.L. n. 223
del 2006)

Si segnala inoltre che l’articolo
37, comma 2, lett. b), del decreto n. 223 del 2006, è intervenuto anche
coordinando la disposizione dell’articolo 10, comma 3-bis, della legge n. 146
del 1998 (riguardante l’obbligo del contraddittorio) con le disposizioni
abrogate.

1.3 Adeguamento
alle risultanze degli studi di settore per il periodo d’imposta 2005.

Il comma 3 dell’articolo 37 del
decreto legge n. 223 del 2006 dispone che, con riferimento al primo periodo di
imposta per il quale il termine di presentazione della
dichiarazione scade successivamente alla data di entrata in vigore del decreto
medesimo, l’adeguamento alle risultanze degli studi di settore può essere
effettuato entro il termine di presentazione della dichiarazione, con le
modalità previste dall’articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica
del 31 maggio 1999, n. 195.

A tal riguardo, si ricorda che la
circolare n. 34/E del 21 novembre 2006, ha chiarito che il versamento integrativo
del primo acconto, come rimodulato in funzione del maggior saldo versato entro
il 31 ottobre 2006, per effetto dell’adeguamento in dichiarazione alle
risultanze degli studi di settore, poteva essere effettuato unitamente al
secondo acconto entro il 30 novembre 2006, senza applicazione di interessi e
sanzioni.

2. Le novità introdotte dalla
legge finanziaria per il 2007

Le novità introdotte
dall’articolo unico della legge finanziaria per il 2007 sono le seguenti:

la
revisione periodica almeno triennale dello studio di settore (comma 13, che ha
introdotto il nuovo art. 10-bis, nella legge n. 146/98);

la
modifica dell’art. 10, comma 1, della legge n. 146 del 1998, concernente
l’utilizzo degli studi di settore in sede di accertamento, con la eliminazione
dell’esclusione per i soggetti con periodo d’imposta diverso dai dodici mesi
(comma 23, lett. b);

l’introduzione
di nuovi indici di coerenza della normalità economica in sede di revisione
periodica degli studi di settore, a decorrere dal periodo d’imposta 2007 (comma
13, che ha introdotto il nuovo art. 10-bis, nella legge n. 146/98);

l’introduzione,
già dal periodo d’imposta 2006, di specifici indici di coerenza di normalità
economica (comma 14);

al comma
16, l’ampliamento della platea dei contribuenti assoggettati agli studi tramite
la previsione dell’innalzamento del limite massimo dei ricavi e compensi
previsto per l’applicazione degli studi di settore, fissato a partire dal 2007 in 7,5 milioni di euro
(art.10, comma 4, lett. a) legge 146/98);

al comma
16, la modifica di alcune cause di esclusione dall’applicazione degli studi per
ampliare la platea degli interessati ( art.10, comma 4, lett. b), legge
146/98);

al comma
17, la limitazione ad effettuare accertamenti presuntivi nei confronti dei
soggetti congrui agli studi di settore (art. 10, comma 4-bis della legge n.
146/1998).

al comma
19, primo periodo, l’introduzione di specifici indicatori per i soggetti cui
non si applicano gli studi di settore;

al comma
19, secondo periodo, la previsione dell’invio del modello relativo ai dati
rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore anche da parte di
soggetti interessati da alcune cause di esclusione;

dai
commi da 25 a
27, il rafforzamento, in fase di accertamento, delle sanzioni relative
all’omessa o infedele compilazione del modello studi di settore;

2.1 La revisione triennale degli
studi di settore

Il nuovo articolo 10-bis della
legge 146 del 1998 prevede che gli studi di settore siano soggetti a revisione
al massimo ogni tre anni dalla data di entrata in vigore o di ultima revisione,
sentito il parere della Commissione degli Esperti degli studi di settore
prevista dall’art. 10, comma 7 , della stessa legge n.
146.

La disposizione è collegata
all’abrogazione del comma 399 dell’art. 1 della legge n. 311/2004 (ad opera dell’articolo unico, comma 15, della legge
finanziaria per il 2007), il quale prevedeva un lasso temporale di quattro anni
per la revisione medesima.

La nuova norma prevede, ai fini
della revisione, l’utilizzo dei dati e delle statistiche ufficiali, quali
quelli della contabilità nazionale, al fine di mantenere, nel medio periodo, la
rappresentatività degli studi rispetto alla realtà economica cui si riferiscono.

L’attività di revisione deve
essere programmata annualmente, con provvedimento del Direttore dell’Agenzia
delle entrate da emanare entro il mese di febbraio di ciascun anno.

Per il periodo d’imposta 2007,
gli studi da sottoporre a revisione sono stati individuati con provvedimento
del 14 febbraio 2007, pubblicato nella G.U. n. 45 del 23 febbraio 2007.

2.2 L’utilizzo degli studi in
sede di accertamento.

L’articolo 10, comma 1, della
legge n. 146 dell’8 maggio 1998 è stato modificato:

sopprimendo
l’inciso "con periodo d’imposta pari a dodici mesi";

aggiungendo
in fine la frase "qualora l’ammontare dei ricavi o compensi dichiarati
risulta inferiore all’ammontare dei ricavi o compensi determinabili sulla base
degli studi stessi".

La prima modifica ha l’evidente
intento di allargare la platea dei soggetti nei cui confronti è applicabile
l’accertamento basato sugli studi, eliminando l’esclusione di quelli con
periodo d’imposta diverso dai dodici mesi.

La seconda modifica, come già
chiarito dalla circolare n. 11/E del 16 febbraio 2007, non ha altra finalità
che quella di ribadire, esplicitandola più chiaramente rispetto al testo
previgente, la valenza probatoria dei ricavi e compensi stimati sulla base
dello studio di settore, quale presunzione relativa, dotata dei requisiti di
gravità, precisione e concordanza.

In altri termini, il nuovo
disposto normativo intende semplicemente riaffermare che gli accertamenti
basati sugli studi di settore possono essere effettuati ogni qualvolta il
contribuente dichiari ricavi o compensi "non congrui" rispetto alla
stima, senza che l’Amministrazione finanziaria debba fornire ulteriori
dimostrazioni a sostegno della pretesa tributaria.

Va comunque evidenziato che,
trattandosi di presunzione relativa, gli accertamenti in parola devono essere
sempre calibrati tenendo in debito conto tutti gli
elementi offerti dal contribuente per dimostrare che i ricavi o compensi
presunti non sono stati effettivamente conseguiti.

Così come va pure considerato che
gli "scostamenti", cui la innovata
disposizione fa riferimento, coincidono con le "gravi incongruenze"
che rappresentano, a propria volta, il presupposto sancito dall’art. 62-sexies
del decreto legge n. 331 del 1993 per fondare l’accertamento sulle risultanze
degli studi di settore.

Tali "gravi
incongruenze", se da un lato "non si possono considerare esistenti
solo in presenza di elevate differenze tra ricavi
dichiarati e quelli determinati in base agli studi di settore" (come già
chiarito dalla circolare n. 58/E del 2002), non possono al tempo stesso
ritenersi sussistenti in presenza di qualsiasi scostamento, indipendentemente
dalla relativa rilevanza in termini assoluti o percentuali.

Scostamenti di scarsa rilevanza
in termini assoluti o in termini percentuali (in rapporto all’ammontare dei
ricavi o compensi dichiarati) potrebbero infatti
rivelarsi inidonei ad integrare le sopra menzionate "gravi
incongruenze", oltre a determinare l’oggettiva difficoltà, per il
contribuente, di contraddire le risultanze dello studio di settore.

Ciò posto, in sede di selezione
delle posizioni da sottoporre a controllo sulla base degli studi di settore,
gli Uffici dovranno considerare prioritariamente gli scostamenti maggiormente
significativi, onde assicurare la massima proficuità dell’azione accertatrice,
sia in termini di effettivo recupero di base imponibile che di deterrenza verso
le situazioni a maggior rischio di evasione.

Gli scostamenti di più modesta
entità potranno comunque essere considerati come elementi da utilizzare
unitamente ad altri elementi disponibili o acquisibili con gli ordinari poteri
istruttori.

La centralità dell’invito al
contraddittorio.

Il comma 3-bis dell’art. 10 della
legge n. 146 del 1998 stabilisce che l’Ufficio, prima di procedere alla
notifica dell’avviso di accertamento, deve invitare il contribuente a comparire
presso i propri uffici.

La disposizione conferma la
prassi già da tempo seguita dall’Agenzia, nella consapevolezza che il
contraddittorio con il contribuente rappresenta una fase essenziale del
procedimento di accertamento basato sugli studi di settore.

La circolare n. 32/E aveva già
ampiamente messo in luce la centralità di tale fase, evidenziando che in tale
sede l’Ufficio ha il compito di "…verificare e di adeguare le risultanze
dello studio di settore alla situazione effettiva del contribuente….." garantendo al contribuente
la possibilità di fornire giustificazioni in merito al mancato adeguamento alle
risultanze degli studi di settore.

È stato inoltre chiarito, sempre
in quella sede, che: "…. lo scostamento potrà
essere giustificato non solo in base a prove documentali, che abbiano un
riscontro diretto ed immediatamente quantificabile sui ricavi dichiarati, ma
anche in base ad un ragionamento di tipo presuntivo che si fondi su elementi
certi e che conduca a valutazioni che abbiano una reale capacità di
convincimento.

In tal senso si è espressa la Corte di Cassazione, sezione
tributaria, con la sentenza n. 2891 del 27 febbraio 2002, nella quale si
afferma che il contribuente può confutare il ragionamento presuntivo
dell’Amministrazione "eventualmente confermando al contempo, con delle
presunzioni, la validità del suo operato". In particolare, possono essere
evidenziate circostanze specifiche o elementi che non sono prese in
considerazione dallo studio di settore (che costituisce uno strumento idoneo a
rappresentare l’andamento dell’attivita’ in condizioni di normalità) e che,
pertanto, non incidono nella determinazione del relativo risultato…".

La più recente sentenza della
Suprema Corte, n. 17229 del 28 luglio 2006, afferma inoltre che la presunzione
costituita dagli studi di settore, quale che sia la sua connotazione giuridica,
può essere legittimamente utilizzata dall’Amministrazione finanziaria, a
condizione che venga regolarmente esperito il
contraddittorio con il contribuente o nel caso del mancato riscontro da parte
di quest’ultimo al relativo invito.

2.3 Gli indicatori di normalità
economica previsti dalla legge finanziaria per il 2007

Tra le novità più rilevanti della
legge finanziaria per il 2007,
in tema di studi di settore, spicca l’introduzione:

di
specifici indicatori di coerenza economica di cui tenere conto in sede di
elaborazione e revisione degli studi di settore (nuovo articolo 10-bis, comma
2, della legge n. 146 del 1998);

di
indicatori di normalità economica relativi a tutti gli studi di settore in
vigore per il periodo d’imposta 2006 (art. 1, comma 14, della legge finanziaria
per il 2007).

I suddetti indicatori hanno la
funzione di segnalare eventuali anomalie rispetto a comportamenti normali degli
operatori del settore. Tali anomalie determinano effetti anche sul calcolo del
risultato di congruità determinato dal software GE.RI.CO..

2.3.1 Gli specifici indicatori di
coerenza previsti dall’art. 10-bis, comma 2, della legge n. 146 del 1998

Il nuovo art. 10-bis, comma 2,
della legge n. 146 del 1998, dispone che l’elaborazione e la revisione degli
studi di settore dovrà essere effettuata tenendo conto anche "di valori di
coerenza, risultanti da specifici indicatori definiti da ciascuno studio,
rispetto a comportamenti considerati normali per il relativo settore
economico.".

Il comma 14 prevede invece che
"Fino alla elaborazione e revisione degli studi di settore previsti
dall’articolo 62-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con
modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, e successive modificazioni,
che tengono conto degli indicatori di coerenza di cui al
comma 2 dell’articolo 10-bis della legge 8 maggio 1998, n. 146,
introdotto dal comma 13, con effetto dal periodo d’imposta in corso al 31
dicembre 2006, ai sensi dell’articolo 1 del regolamento di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 31 maggio 1999, n. 195, si tiene altresì conto di
specifici indicatori di normalità economica, di significativa rilevanza, idonei
alla individuazione di ricavi, compensi e corrispettivi fondatamente
attribuibili al contribuente in relazione alle caratteristiche e alle
condizioni di esercizio della specifica attività svolta. Ai fini della relativa
approvazione non si applica la disposizione di cui all’articolo 10, comma 7,
secondo periodo, della legge 8 maggio 1998, n. 146. Si applicano le
disposizioni di cui al comma 4-bis dell’articolo 10
della medesima legge.".

Dal combinato disposto delle due
norme, deriva che tutti gli studi di settore elaborati o revisionati, in vigore
a decorrere dal periodo d’imposta 2007, prevederanno l’utilizzo degli specifici
indicatori di normalità, a cominciare dai 65 studi facenti parte del programma
delle revisioni degli studi di settore applicabili a decorrere dal periodo
d’imposta 2007, approvato con il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle
Entrate del 14 febbraio 2007.

2.3.2 Gli indicatori di normalità
economica previsti dal comma 14 della legge n. 296 del 2006. Regime transitorio

Nelle more della definizione
degli indicatori di cui al comma 2, dell’articolo 10-bis, della legge n. 146
del 1998, il comma 14 della legge finanziaria per il 2007 ha disposto,
l’utilizzo di "indicatori di normalità economica, di significativa
rilevanza idonei all’individuazione di ricavi, compensi e corrispettivi
fondatamente attribuibili al contribuente in relazione alle caratteristiche e
alle condizioni di esercizio della specifica attività svolta".

Gli indicatori di normalità
economica, previsti al comma 14 della legge finanziaria per il 2007, sono stati
approvati con decreto del Ministero dell’Economia e delle finanze 20 marzo
2007, pubblicati nel S.O. alla "Gazzetta Ufficiale" n. 76 del 31
marzo 2007.

Detti indicatori, sono
applicabili a tutti gli studi di settore, in vigore per il periodo d’imposta
2006, fino alla elaborazione e revisione degli studi di settore che tengano conto degli indicatori di coerenza di cui al comma 2
dell’articolo 10-bis della legge 8 maggio 1998, n. 146. Occorre quindi
sottolineare come gli indicatori di cui al comma 14 della citata legge
finanziaria per il 2007, assumano una valenza
transitoria in quanto verranno gradualmente sostituiti, con l’evoluzione degli
studi previsti a decorrere dal periodo d’imposta 2007, dagli indicatori di
normalità di cui al comma 2 del nuovo articolo 10-bis della legge n. 146 del
1998.

Gli indicatori di normalità
economica applicabili a decorrere dal periodo d’imposta 2006 contribuiscono
alla stima dei ricavi o compensi mediante gli studi di settore.

Alla tradizionale analisi della
congruità dei ricavi o compensi dichiarati, basata sulla "funzione di
ricavo/compenso", si aggiunge infatti quella
della "normalità economica", a propria volta basata sugli indicatori
in parola.

In particolare, la eventuale incoerenza rispetto ai predetti indicatori
determina un incremento dei ricavi o compensi stimati dalla "funzione di
ricavo/compenso", nella misura individuata dai decreti di approvazione
degli indicatori.

Dal punto di vista pratico, gli
eventuali maggiori ricavi o compensi determinati mediante gli indicatori vengono sommati, dal software GE.RI.CO., al ricavo/compenso
puntuale ed al ricavo/compenso minimo calcolato, con le consuete modalità,
applicando la "funzione di ricavo/compenso".

Nel caso di eventuale
"incoerenza" rispetto ad uno o più dei predetti indicatori, il
risultato finale della stima, fornito dal software GE.RI.CO.,
consisterà quindi in un ricavo/compenso puntuale ed un ricavo/compenso minimo
maggiorato in funzione delle singole situazioni di incoerenza.

Si avrà pertanto, in linea
generale, un solo valore di riferimento ai fini dell’eventuale adeguamento in
dichiarazione alle risultanze degli studi di settore: il soggetto risulterà
"non congruo" rispetto alle risultanze degli studi di settore nel
caso in cui i ricavi o compensi dichiarati risultino inferiori ai valori
stimati dallo studio di settore, tenendo conto anche dei maggiori ricavi o
compensi derivanti dall’applicazione degli indicatori di normalità.

Esempio. Periodo d’imposta 2006.

Ricavi puntuali derivanti
dall’applicazione dello studio di settore……… 1.000

Maggiori ricavi derivanti
dall’applicazione degli

indicatori
di normalità economica………………………………………… 100

Ricavi puntuali complessivi
derivanti dall’applicazione dello studio di settore

e
dall’applicazione degli indicatori di normalità economica 1.100

Il contribuente è considerato
"congruo" alle risultanze degli studi di settore se i ricavi o
compensi dichiarati sono uguali o superiori a 1.100.

Occorre evidenziare che il ruolo
degli indicatori previsti dalla legge finanziaria per il 2007 è diverso da
quello degli "indici di coerenza economica". Questi ultimi, infatti,
continueranno ad essere alla base della valutazione sulla coerenza economica della
situazione dichiarata, la quale, unitamente a quella relativa alla congruità
dei ricavi o compensi, rappresenta il risultato dell’applicazione degli studi
di settore alle attività economiche per le quali sono stati approvati. Anche
l’utilizzo degli indici di coerenza economica rimane immutato, nel senso che le
situazioni di incoerenza continuano a costituire criterio di selezione dei
soggetti da sottoporre a controllo.

Inoltre, gli indicatori di
normalità economica in esame (di cui al comma 14 della
legge finanziaria per il 2007) non devono inoltre essere confusi con gli
indicatori, previsti dall’abrogato comma 2, dell’art. 10, della legge n. 146
del 1998 e approvati con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate
del 18 gennaio 2006 (pubblicato sulla G.U. n. 30 del 6 febbraio 2006).

2.3.3 Gli indicatori di normalità
economica approvati con D.M. 20 marzo 2007

Sulla base di
quanto disposto dal comma 14 della legge finanziaria per il 2007, con
decreto del Ministero dell’Economia e delle finanze del 20 marzo 2007, sono
stati approvati:

5 indicatori di normalità
economica per gli esercenti attività d’impresa;

3 indicatori di normalità
economica per gli esercenti attività di lavoro
autonomo;

2 indicatori di normalità
economica per i contribuenti esercenti due o più attività d’impresa, ovvero una
o più attività d’impresa in diverse unità di produzione o di
vendita tenuti all’annotazione separata dei ricavi.

Il meccanismo applicativo degli
indicatori è dettagliatamente descritto nella Nota metodologica allegata al
citato decreto di approvazione. Esso si basa sui dati forniti dal contribuente
con il modello di comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione
degli studi di settore.

Nell’articolo 4, comma 1, del
medesimo decreto è altresì precisato che i ricavi o compensi derivanti
dall’applicazione degli studi di settore che tengono conto dei predetti
indicatori, sono utilizzabili sia ai fini degli accertamenti di cui
all’articolo 10 della legge 8 maggio 1998, n. 146, che ai fini dell’adeguamento
alle risultanze degli studi di settore, previsto dall’articolo 2 del d.P.R. 31
maggio 1999, n. 195.

Da quanto sopra deriva che,
qualora i ricavi o compensi dichiarati dal contribuente risultino inferiori ai
valori stimati dallo studio di settore, tenendo conto anche dei maggiori ricavi
o compensi derivanti dall’applicazione degli indicatori di normalità economica,
tale contribuente risulterà "non congruo" alle risultanze degli studi
di settore. Come in precedenza accennato, i predetti
valori costituiranno, altresì, i valori di riferimento per effettuare
l’adeguamento alle risultanze degli studi di settore in sede di dichiarazione
dei redditi.

Il software GE.RI.CO. 2007,
qualora si rendano applicabili gli indicatori di normalità economica, evidenzia
distintamente l’ammontare dei maggiori ricavi o compensi
derivante dall’applicazione di ciascun indicatore. Ai fini
dell’accertamento, così come dell’adeguamento in dichiarazione alle risultanze
degli studi di settore, dovrà comunque essere considerato il solo risultato
finale fornito dal software (comprensivo dei detti, eventuali maggiori ricavi o
compensi derivanti dall’analisi della normalità economica).

L’articolo 4, comma 2, del
decreto di approvazione stabilisce inoltre che gli indicatori di normalità
economica sono utilizzati anche per la determinazione dei ricavi o compensi
minimi di riferimento di cui all’articolo 14 della
legge 23 dicembre 2000, n. 388, dopo aver normalizzato la posizione del
contribuente ai sensi del comma 2 dello stesso articolo 14.

In base a tale disposizione,
pertanto, i risultati derivanti dall’applicazione degli studi di settore nei
confronti dei contribuenti che si avvalgono del regime fiscale delle attività
marginali di cui all’art. 14, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, sono
calcolati tenendo conto degli indicatori di normalità economica, sia ai fini
della verifica del livello di congruità, sia ai fini della verifica del limite
di ricavi o compensi per accedere o permanere nel regime agevolato.

2.3.4 Gli indicatori di normalità
economica per i titolari di reddito di impresa

Per i contribuenti soggetti agli
studi di settore che sono titolari di reddito di impresa, gli indicatori
individuati sono i seguenti:

a) rapporto tra costi di
disponibilità dei beni mobili strumentali e valore degli stessi;

b) rotazione del magazzino o
durata delle scorte;

c) valore aggiunto per addetto;

d) redditività dei beni mobili
strumentali.

Per una compiuta definizione
degli indicatori, nonché dei criteri di elaborazione e delle modalità di
applicazione degli stessi, si rimanda a quanto esposto nella Nota metodologica
contenuta nell’Allegato 1 al decreto 20 marzo 2007. Con riferimento alle
formule relative alla costruzione degli indicatori si rinvia all’allegato n. 1
della presente circolare.

a) Rapporto tra costi di
disponibilità dei beni mobili strumentali e valore degli stessi

Tale indicatore viene preso in considerazione solo per gli studi di settore
che utilizzano la variabile "valore dei beni strumentali" nelle
funzioni di regressione.

L’indicatore verifica che vi sia
coerenza tra i costi di disponibilità dei beni mobili strumentali e il valore
degli stessi esposto ai fini dell’applicazione degli studi di settore.

In particolare, i costi di
disponibilità considerati sono gli ammortamenti per beni mobili strumentali e i
costi per il godimento di beni di terzi per i medesimi beni acquisiti in
dipendenza di contratti di locazione finanziaria. Il valore dei beni mobili
strumentali è considerato al netto del valore dei beni disponibili in
dipendenza di contratti di locazione non finanziaria.

Per ciascuno studio di settore
sono state individuate le soglie massime di coerenza dell’indicatore,
attraverso l’analisi delle relative distribuzioni ventiliche (si veda
l’Allegato 1.A al decreto 20 marzo 2007).

L’indicatore segnala
un’incoerenza nel caso in cui il valore dichiarato dei costi di disponibilità
dei beni mobili strumentali si posizioni al di sopra
del valore massimo ammissibile, ottenuto moltiplicando la soglia massima di
coerenza individuata, con riferimento allo studio di settore applicabile, per
il valore dichiarato dei beni mobili strumentali (al netto del valore dei beni
disponibili per effetto di contratti di locazione non finanziaria).

In caso di incoerenza, la parte
di costi eccedente detto valore massimo ammissibile costituisce parametro di
riferimento per la determinazione dei maggiori ricavi da normalità economica,
calcolati moltiplicando tale eccedenza per il
coefficiente individuato per il dato studio di settore (riportato nell’Allegato
1.B al decreto 20 marzo 2007).

L’indicatore in esame mira a
contrastare, tra l’altro, anche determinati fenomeni di infedele indicazione
dei dati indicati dal contribuente nel modello relativo ai dati rilevanti ai
fini dell’applicazione degli studi di settore che denotano situazioni quanto
meno "anomale" (es. mancata indicazione del valore dei beni
strumentali mobili a fronte, invece, di deduzione delle relative quote di
ammortamento, ecc.). L’indicatore trova applicazione anche quando a fronte di
determinate quote di costi ed ammortamenti riferibili ai beni strumentali
mobili non corrisponde un adeguato ammontare di beni strumentali in linea con
quelli considerati "normale" del settore.

Esempio (studio di settore
SD46U).

– Valore di soglia ammesso per
l’indicatore per lo studio SD46U: 20% (cfr. Allegato 1.A al decreto 20 marzo
2007).

– Coefficiente da applicare ai
costi di disponibilità dei beni strumentali mobili per lo studio SD46U: 4,74
(cfr. Allegato 1.B al decreto 20 marzo 2007).

– Costi di disponibilità per beni
mobili strumentali dichiarati (ammortamenti e canoni di locazione finanziaria):
7.000.

– Valore dei
beni strumentali dichiarato (al netto del valore dei beni acquisiti in
dipendenza di contratti di locazione non finanziaria): 30.000.

– Valore massimo ammissibile dei
costi di disponibilità: 6.000 (=30.000 * 0,20).

In tal caso il valore eccedente è
pari a 1.000 (=7.000 – 6.000).

Il valore 1.000 sarà moltiplicato
per il coefficiente stabilito per lo studio SD46U (4,74).

Il risultato, pari a 4.740 (1.000
* 4,74), costituirà il maggior ricavo derivante dall’applicazione
dell’indicatore della normalità economica considerato.

b) Rotazione di magazzino e
durata delle scorte

Relativamente alla gestione del
magazzino, viene preso in considerazione l’indicatore
di normalità economica "Rotazione del magazzino" ovvero l’indicatore
"Durata delle scorte", a seconda che lo studio preveda il primo
ovvero il secondo quale indicatore di coerenza.

Per taluni studi che non
prevedono indicatori di coerenza relativi alla gestione del magazzino, sono
stati individuati, ai fini dell’analisi di normalità economica, valori massimi
di soglia relativi all’indicatore "Durata delle scorte" (si veda
l’Allegato 1.C
al decreto 20 marzo 2007).

L’analisi di normalità economica
relativa alla gestione del magazzino, pertanto, non si applica agli studi di
settore per i quali non sono previsti gli indicatori di coerenza
"Rotazione del magazzino" o "Durata delle scorte" e che non
sono compresi nell’allegato 1.C
al decreto 20 marzo 2007.

L’indicatore di normalità
economica in questione entra in funzione alla duplice condizione che:

risulti
una grave incoerenza rispetto al relativo indicatore di coerenza (in
particolare, l’indicatore "Rotazione del magazzino" ovvero
l’indicatore "Durata delle scorte" sia inferiore alla soglia minima
di coerenza o, rispettivamente, superiore alla soglia massima di coerenza
derivante dall’applicazione dello studio di settore);

risulti
un valore delle "Rimanenze finali relative a merci, prodotti finiti,
materie prime e sussidiarie, semilavorati e ai servizi non di durata
ultrannuale" superiore al relativo valore delle "Esistenze
iniziali".

Qualora si verifichino le due
condizioni sopra elencate, il costo del venduto viene
aumentato di un importo pari all’incremento di magazzino.

Il nuovo valore di costo del
venduto così ottenuto costituisce parametro di riferimento per una nuova
applicazione dell’analisi della congruità e per la determinazione dei maggiori
ricavi da normalità economica.

I maggiori ricavi da normalità
economica derivanti dall’indicatore relativo alla gestione del magazzino sono
pari alla differenza tra il ricavo puntuale di riferimento derivante
dall’applicazione dell’analisi della congruità con il nuovo valore di costo del
venduto e il ricavo puntuale di riferimento di partenza, derivante
dall’applicazione dell’analisi della congruità sulla base dei dati dichiarati
dal contribuente.

Esempio (Rotazione del magazzino).

– Soglia minima di coerenza
dell’indicatore "Rotazione del magazzino" per lo studio di settore in
questione: 3.

– Valore di "Rotazione del
magazzino" calcolato: 2.

– Rimanenze finali dichiarate:
2.000.

– Esistenze iniziali dichiarate:
1.200.

In tal caso, considerato che la
rotazione del magazzino è inferiore rispetto alla soglia minima dell’indicatore
di coerenza determinata dallo studio di settore in questione, la differenza tra
le Rimanenze finali e le Esistenze iniziali (2.000 – 1.200 = 800) costituisce
maggior Costo del venduto e determina un maggior ricavo da normalità economica
attraverso una nuova applicazione di GE.RI.CO..

Per effetto di questo specifico
indicatore, come in precedenza accennato, l’adeguamento che viene
proposto dal software GE.RI.CO. ai fini IVA al
soggetto non congruo risulterà di importo differente rispetto a quello proposto
ai fini delle imposte dirette e dell’IRAP.

In particolare, l’importo di
adeguamento ai fini IVA sarà calcolato come differenza tra il ricavo puntuale
di riferimento e i ricavi dichiarati. Ai fini delle imposte dirette e
dell’IRAP, invece, l’importo sarà calcolato come il precedente, al netto
dell’eventuale maggior costo del venduto derivante dall’indicatore
"Rotazione del magazzino" o "Durata delle Scorte".

c) Valore aggiunto per addetto

Tale indicatore verifica che il
valore aggiunto per addetto calcolato, pari al rapporto tra valore aggiunto
dell’impresa e numero degli addetti, sia coerente con il valore minimo di
soglia individuato con riferimento al singolo studio di settore e all’area
territoriale in cui opera l’impresa.

Il valore aggiunto dell’impresa è
pari alla differenza tra ricavi da congruità e da normalità economica, più aggi
e proventi derivanti dalla vendita di generi soggetti a ricavo fisso, meno i
costi.

Si evidenzia, in particolare, che
i ricavi da congruità e da normalità economica sono pari al ricavo puntuale di
riferimento derivante dall’applicazione dell’analisi della congruità, eventualmente
incrementato con i maggiori ricavi da normalità economica derivanti dagli
indicatori "Rapporto tra costi di disponibilità dei beni mobili
strumentali e valore degli stessi" e "Rotazione del magazzino" o
"Durata delle scorte".

Si sottolinea, inoltre, che tra i
costi si riconosce l’eventuale maggior costo del venduto derivante
dall’applicazione dell’analisi di normalità economica relativa agli indicatori
"Rotazione del magazzino" o "Durata delle scorte".

Per cogliere adeguatamente le
differenze territoriali, sono stati utilizzati i risultati delle analisi di
territorialità elaborate ai fini dell’applicazione degli studi di settore.

Pertanto, per il settore del
commercio sono stati utilizzati i risultati dello studio relativo alla
"territorialità del commercio", che ha suddiviso il territorio
nazionale in 7 aree omogenee in termini di:grado di
modernizzazione del commercio;

grado di
copertura dei servizi di prossimità;

caratteristiche
socio-economiche del territorio.

In particolare, le soglie minime
di coerenza dell’indicatore "Valore aggiunto per addetto" sono
riportate negli Allegati 1.D ed 1.E al decreto 20 marzo 2007, con riferimento,
rispettivamente, agli studi di settore per cui è
applicata la territorialità del commercio a livello comunale e a livello
provinciale.

Per le attività economiche del
comparto manifatturiero e dei servizi sono stati invece utilizzati i risultati
dello studio relativo alla "territorialità generale", che ha
suddiviso il territorio nazionale in 5 aree omogenee in termini di:

grado di
benessere;

livello
di qualificazione professionale;

struttura
economica.

In particolare, le soglie minime
di coerenza dell’indicatore "Valore aggiunto per addetto" sono
riportate negli Allegati 1.F
ed 1.G al decreto 20 marzo 2007, con riferimento, rispettivamente, agli studi
di settore per cui è applicata la territorialità
generale a livello comunale e a livello provinciale.

Per i soggetti che svolgono
l’attività in condizioni di marginalità economica, il valore della soglia
minima di coerenza dell’indicatore "Valore aggiunto per addetto" è
ridotto del 50%.

La condizione di marginalità
economica è riconosciuta alle persone fisiche che presentano ricavi dichiarati,
comprensivi degli eventuali maggiori ricavi da congruità e degli eventuali
maggiori ricavi da normalità economica derivanti dall’indicatore "Rapporto
tra costi di disponibilità dei beni mobili strumentali e valore degli
stessi" e dall’indicatore "Rotazione del magazzino" o
"Durata delle scorte", inferiori al limite dei ricavi previsto per il
regime fiscale delle attività marginali ai sensi dell’art. 14 della legge 23
dicembre 2000, n. 388.

Per i soggetti che svolgono
l’attività in condizioni di marginalità economica e che hanno compiuto 65 anni
entro il 31 dicembre 2006, il valore della soglia minima di coerenza
dell’indicatore "Valore aggiunto per addetto" è ridotto del 60%
anziché del 50%.

Nel caso in cui il valore
calcolato dell’indicatore in questione si posizioni al
di sotto della relativa soglia minima di coerenza, il maggior ricavo da
normalità economica è determinato moltiplicando il numero degli addetti per la
differenza tra la soglia minima di coerenza e il valore dell’indicatore.

Esempio (studio di settore
TG55U).

– Valore aggiunto per addetto
calcolato: 10.000

– Valore minimo di soglia
individuato per lo studio TG55U (cluster 5 della territorialità generale a
livello comunale): 12.000 (cfr. Allegato 1.F al decreto 20 marzo 2007).

– Numero addetti: 20.

In tal caso, il maggior ricavo da
normalità economica sarà dato dal numero degli addetti (20), moltiplicato per
la differenza, pari a 2.000, tra il valore di soglia (12.000) e il valore
aggiunto calcolabile in base ai dati dichiarati (10.000); pertanto, il maggior
ricavo derivante da tale indicatore sarà pari a 40.000 (20 * 2.000).

d) Redditività dei beni
strumentali mobili

L’indicatore è dato dal rapporto
tra margine operativo lordo e valore dei beni mobili strumentali, questi ultimi
al netto del valore relativo ai beni acquisiti in dipendenza di contratti di
locazione non finanziaria.

Il margine operativo lordo è
calcolato come differenza tra ricavi da congruità e da normalità economica, più
aggi e proventi derivanti dalla vendita di generi soggetti a ricavo fisso, meno
i costi.

Si evidenzia che i ricavi da
congruità e da normalità economica sono pari al ricavo puntuale di riferimento
derivante dall’applicazione dell’analisi della congruità, eventualmente
incrementato con i maggiori ricavi da normalità economica derivanti dagli
indicatori "Rapporto tra costi di disponibilità dei beni mobili
strumentali e valore degli stessi", "Rotazione del magazzino" o "Durata
delle scorte" e "Valore aggiunto per addetto".

Tra i costi si comprende
l’eventuale maggior costo del venduto derivante dall’applicazione dell’analisi
di normalità economica relativa agli indicatori "Rotazione del
magazzino" o "Durata delle scorte".

Al fine di evidenziare le
differenze territoriali, ove rilevanti, sono state utilizzate le analisi delle
territorialità definite nell’ambito dell’applicazione degli studi di settore.

In particolare, per alcune
attività economiche del comparto manifatturiero e dei servizi sono stati
utilizzati i risultati dello studio relativo alla "territorialità
generale", che ha suddiviso il territorio nazionale in 5 aree omogenee in
termini di:

grado di
benessere;

livello
di qualificazione professionale;

struttura
economica.

Pertanto, con riferimento a tali
attività economiche, le soglie minime di coerenza dell’indicatore
"Redditività dei beni strumentali mobili" sono riportate negli
Allegati 1.H e 1.I al decreto 20 marzo 2007, rispettivamente, per gli studi di
settore cui è applicata la territorialità generale a livello comunale e a
livello provinciale.

Le soglie minime di coerenza per
i rimanenti studi di settore, per i quali non è risultata significativa la
suddivisione territoriale, sono riportate nell’Allegato 1.L al decreto 20 marzo
2007.

Qualora il valore calcolato
dell’indicatore "Redditività dei beni strumentali mobili" risulti
inferiore rispetto al relativo valore minimo di soglia, i maggiori ricavi da
normalità economica sono calcolati come prodotto tra il valore dei beni mobili
strumentali e la differenza tra la soglia minima di coerenza e il valore
dell’indicatore.

Esempio (studio di settore
TD16U).

– Valore dei beni mobili
strumentali (esclusi quelli in locazione non finanziaria): 20.000.

– Redditività dei beni mobili
strumentali calcolata: 0,10.

– Valore minimo di soglia
individuato per lo studio TD16U (cluster 1 della territorialità generale a
livello comunale): 0,35 (cfr. Allegato 1.H al decreto 20 marzo 2007).

Nel caso in esame, il maggior
ricavo da normalità economica è determinato dal prodotto tra il valore del bene
strumentale (20.000) e la differenza (pari a 0,25) tra il valore minimo di
soglia (0,35) e il valore calcolato (0,10); pertanto, il maggior ricavo
derivante da tale indicatore sarà pari a 5.000 (20.000 * 0,25).

2.3.5 Gli indicatori di normalità
economica per i contribuenti in annotazione separata

Nel caso di contribuenti che
esercitano due o più attività di impresa, ovvero una o più attività di impresa
in diverse unità di produzione o di vendita, cui si rendono applicabili gli
studi di settore secondo i criteri previsti dal decreto 25 marzo 2002, l’analisi
di normalità economica può essere applicata solo sull’intera struttura
aziendale, a valle dell’applicazione degli studi di settore ai singoli punti o
segmenti dell’impresa.

Per i contribuenti in annotazione separata, pertanto, una volta determinato il
ricavo da congruità relativo a tutta l’impresa, sono applicati i seguenti
indicatori di normalità economica:

a) valore aggiunto per addetto;

b) redditività dei beni mobili
strumentali.

Gli indicatori suddetti sono
calcolati con le medesime modalità indicate precedentemente, al netto
dell’applicazione dei primi due indicatori ivi elencati (rapporto tra costi di
disponibilità dei beni mobili strumentali e valore degli stessi; rotazione del
magazzino o durata delle scorte).

Le soglie minime di coerenza dei
due indicatori sopra elencati sono state determinate ponderando le soglie
minime di coerenza, individuate per singolo studio o segmento dell’impresa, per
la relativa percentuale di ricavi dichiarati.

2.3.6 Gli indicatori di normalità
economica per i titolari di reddito di lavoro autonomo.

Per i contribuenti soggetti agli
studi di settore che sono titolari di reddito di lavoro autonomo, gli
indicatori individuati sono i seguenti:

a) rapporto tra ammortamenti dei
beni mobili strumentali e valore degli stessi;

b) resa oraria per addetto o resa
oraria del professionista.

Per una compiuta definizione
degli indicatori, nonché dei criteri di elaborazione e delle modalità di
applicazione degli stessi, si rimanda a quanto esposto nella
Nota metodologica contenuta nell’Allegato 2 al decreto 20 marzo 2007.

a) Rapporto tra ammortamenti dei
beni mobili strumentali e valore degli stessi

Tale indicatore viene preso in considerazione solo per gli studi di settore
che utilizzano la variabile "valore dei beni strumentali" nelle
funzioni di regressione.

L’indicatore effettua un
controllo di coerenza tra il valore degli ammortamenti per beni mobili
strumentali e il valore degli stessi beni, al netto di quelli acquisiti in
dipendenza di contratti di locazione finanziaria e non finanziaria, esposto ai
fini dell’applicazione degli studi di settore.

Per ciascuno studio di settore
sono state individuate le soglie massime di coerenza dell’indicatore,
attraverso l’analisi delle relative distribuzioni ventiliche (si veda
l’Allegato 2.A al decreto 20 marzo 2007).

L’indicatore segnala
un’incoerenza nel caso in cui il valore dichiarato degli ammortamenti per beni
mobili strumentali si posizioni al di sopra del valore
massimo ammissibile, ottenuto moltiplicando la soglia massima di coerenza
individuata, con riferimento allo studio di settore applicabile, per il valore
dichiarato dei beni mobili strumentali (al netto del valore dei beni
disponibili per effetto di contratti di locazione finanziaria e non
finanziaria).

In caso di incoerenza, la parte
di costi eccedente detto valore massimo ammissibile costituisce parametro di
riferimento per la determinazione dei maggiori compensi da normalità economica,
calcolati moltiplicando tale eccedenza per il
coefficiente individuato per il dato studio di settore (riportato nell’Allegato
2.B al decreto 20 marzo 2007).

Esempio (studio di settore
TK10U):

– Valore di soglia ammesso per
l’indicatore per lo studio TK10U: 28,94% (cfr. Allegato 2.A al decreto 20 marzo
2007).

– Coefficiente da applicare agli
ammortamenti per beni mobili strumentali per lo studio TK10U: 3,93 (cfr.
Allegato 2.B al decreto 20 marzo 2007).

– Ammortamenti per beni mobili
strumentali dichiarati: 12.000.

– Valore dei beni mobili
strumentali dichiarato (al netto del valore dei beni acquisiti in dipendenza di
contratti di locazione finanziaria e non finanziaria): 25.000.

– Valore massimo ammissibile
degli ammortamenti per beni mobili strumentali: 7.235 (25.000 * 0,2894).

In tal caso il valore eccedente è
pari a 4.765 (12.000 – 7.235).

Il valore 4.765 sarà moltiplicato
per il coefficiente stabilito per lo studio TK10U (3,93).

Il risultato, pari a 18.726
(4.765 * 3,93), costituirà il maggior compenso derivante dall’applicazione
dell’indicatore di normalità economica considerato.

b) Gli indicatori di resa oraria

Ai fini dell’analisi di normalità
economica, tra i due indicatori "Resa oraria per addetto" e
"Resa oraria del professionista" viene
utilizzato quello che determina i maggiori compensi da normalità economica più
elevati.

b1) Resa
oraria per addetto

L’indicatore è calcolato come
rapporto tra i compensi netti e il numero di ore lavorate dagli addetti. I
compensi netti sono pari ai compensi da congruità e da normalità economica meno
i compensi corrisposti a terzi per prestazioni direttamente afferenti
l’attività professionale o artistica meno le spese per collaboratori coordinati
e continuativi.

I compensi da congruità e da
normalità economica sono pari al compenso puntuale di riferimento derivante
dall’applicazione dell’analisi della congruità, eventualmente incrementato con
i maggiori compensi da normalità economica con riferimento all’indicatore
"Rapporto tra ammortamenti dei beni mobili strumentali e valore degli
stessi".

Il valore della soglia minima di
normalità economica dell’indicatore "Resa oraria per addetto" è
quello risultante dall’applicazione al singolo contribuente dell’analisi di
coerenza dello specifico studio di settore.

Per i soggetti che svolgono
l’attività in condizioni di marginalità economica, il valore della soglia
minima di coerenza dell’indicatore è ridotto del 50%.

La condizione di marginalità
economica è riconosciuta alle persone fisiche che presentano compensi
dichiarati, comprensivi degli eventuali maggiori compensi da congruità e degli
eventuali maggiori compensi da normalità economica derivanti dall’indicatore
"Rapporto tra ammortamenti dei beni mobili strumentali e valore degli
stessi", inferiori al limite dei compensi previsto per il regime fiscale
delle attività marginali ai sensi dell’art. 14 della legge 23 dicembre 2000, n.
388.

Per i soggetti che svolgono
l’attività in condizioni di marginalità economica e che hanno compiuto 65 anni
entro il 31 dicembre 2006, il valore della soglia minima di coerenza
dell’indicatore "Valore aggiunto per addetto" è ridotto del 60%
anziché del 50%.

Nel caso in cui il valore
calcolato dell’indicatore in questione si posizioni al
di sotto della relativa soglia minima di coerenza, il maggior compenso da
normalità economica è determinato moltiplicando il numero degli addetti per la
differenza tra la soglia minima di coerenza e il valore dell’indicatore.

b2) Resa
oraria del professionista

L’indicatore è calcolato come
rapporto tra i compensi netti del professionista e il numero di ore lavorate
dal professionista stesso.

I compensi netti del
professionista sono pari ai compensi da congruità e da normalità economica meno
i compensi corrisposti a terzi per prestazioni direttamente afferenti
l’attività professionale o artistica meno le spese per collaboratori coordinati
e continuativi meno le spese per prestazioni di lavoro dipendente.

I compensi da congruità e da
normalità economica sono pari al compenso puntuale di riferimento derivante
dall’applicazione dell’analisi della congruità, eventualmente incrementato con
i maggiori compensi da normalità economica con riferimento all’indicatore
"Rapporto tra ammortamenti dei beni mobili strumentali e valore degli
stessi".

I valori di soglia minimi di
coerenza dell’indicatore "Resa oraria del professionista" sono stati
individuati analizzando le distribuzioni ventiliche in relazione allo studio di
settore, all’area territoriale in cui opera il professionista e all’età
professionale.

Per cogliere le differenze
territoriali, sono state utilizzate le analisi di territorialità definite ai
fini dell’applicazione degli studi di settore.

Per le attività professionali
sono stati utilizzati i risultati dello studio relativo alla
"territorialità generale", che ha suddiviso il territorio nazionale
in 5 aree omogenee in termini di:

grado di
benessere;

livello
di qualificazione professionale;

struttura
economica.

Le soglie minime di coerenza
dell’indicatore in questione sono distintamente elencate, per studio di
settore, area territoriale ed età professionale, negli Allegati 2.C e 2.D al decreto 20 marzo
2007, rispettivamente, per gli studi di settore cui è applicata la
territorialità generale a livello comunale e a livello provinciale.

2.3.7 I risultati dell’analisi di
normalità economica

Il programma applicativo
GE.RI.CO. 2007 visualizza una serie di informazioni relative all’applicazione
della nuova analisi di normalità economica.

In particolare, fornisce
indicazioni in ordine:

al
ricavo puntuale (comprensivo dell’analisi di normalità economica);

al
ricavo minimo (comprensivo dell’analisi di normalità economica);

in caso
di esito complessivo di non congruità, al maggior volume d’affari ai fini IVA e
al maggior ricavo ai fini IIDD/IRAP (di ammontare diverso dal precedente, nel
caso in cui l’indicatore di normalità economica relativo alla gestione del
magazzino abbia evidenziato un maggior costo del venduto);

in caso
di esito complessivo di non congruità, informazioni di dettaglio relative
all’applicazione dei singoli indicatori (valore calcolato dell’indicatore,
valore di soglia di riferimento, esito di coerenza/incoerenza, eventuale
maggior ricavo/compenso);

in caso
di esito complessivo di non congruità, ricavo puntuale complessivo da congruità
e da normalità economica.

Qualora il soggetto risulti
"non congruo" a seguito dell’applicazione della tradizionale analisi
della congruità e della nuova analisi di normalità economica, il software
fornisce quindi l’esito con la dettagliata indicazione dell’incidenza su di esso di ciascun indicatore di normalità. Tale incidenza
potrà essere positiva per uno o più indicatori (in tal caso il software segnala
il "maggior ricavo/compenso da normalità economica" ad essi riferibile), così come potrà anche darsi il caso che
nessun indicatore abbia determinato la individuazione di situazioni "non
normali" e la posizione risulti "non congrua" solo in funzione
della tradizionale analisi di congruità.

Se invece il contribuente risulta
"congruo", il software indica l’esito senza fornire ulteriori dettagli.
Ciò anche nel caso in cui l’analisi di normalità economica abbia determinato la
stima di maggiori ricavi o compensi in aggiunta a quelli della tradizionale
analisi di congruità, ma comunque in misura inferiore rispetto a quelli
dichiarati.

2.3.8 La valutazione dell’analisi
di normalità economica in sede di accertamento

Considerato che gli indicatori di
normalità economica di cui al comma 14, della legge
finanziaria del 2007 sono stati elaborati sulla base dei dati relativi alla
generalità dei soggetti appartenenti a ciascun settore, in sede di accertamento
gli Uffici dovranno valutare con estrema attenzione la posizione del
contribuente, soprattutto nelle ipotesi in cui l’applicazione degli indicatori
in parola determini scostamenti assai rilevanti tra i ricavi o compensi
dichiarati e quelli stimati dallo studio di settore.

Tale valutazione andrà effettuata
nell’ambito del contraddittorio, sulla base degli elementi direttamente
acquisiti o offerti dal contribuente al fine di dimostrare la
eventuale inattendibilità del risultato dell’applicazione dello studio,
anche con riferimento ai maggiori ricavi o compensi derivati dall’applicazione
di singoli indicatori di normalità economica.

Qualora la suddetta valutazione porti a ritenere non attendibile il risultato determinato da
singoli indicatori, gli Uffici avranno cura di adeguare la stima complessiva
operata dal software GE.RI.CO. alla concreta
situazione del contribuente, depurandola dei maggiori ricavi o compensi
scaturiti dall’applicazione degli indicatori considerati inattendibili.

Ad esempio, qualora a seguito
della segnalazione di incoerenza dell’indicatore "Rapporto tra costi di
disponibilità dei beni mobili strumentali e valore degli stessi", il
software GE.RI.CO. evidenzi un maggiore ricavo pari a
1.000 e il contribuente dimostri, in sede di contraddittorio, che l’incoerenza
stessa è dovuta all’indicazione di ammortamenti in relazione ad un unico bene
strumentale venduto nel corso dell’anno ovvero per effetto di ammortamenti
anticipati, l’Ufficio rettificherà i maggiori ricavi complessivamente stimati
da GE.RI.CO. non tenendo conto, in tutto o in parte,
di quelli evidenziati dall’applicazione dell’indicatore di normalità.

Nella fase di
contraddittorio particolare attenzione deve essere inoltre dedicata al
controllo della correttezza e veridicità dei dati indicati nel modello dei dati
rilevanti a fini dell’applicazione degli studi di settore, in generale e
soprattutto con riferimento alle variabili che rilevano ai fini dell’applicazione
degli indicatori di normalità economica. Sarà pertanto cura dell’Ufficio, ad
esempio, verificare le informazioni indicate dal contribuente nel predetto
modello (es. quote di ammortamento, indicazione del personale e dei
collaboratori addetti all’attività, soci che prestano l’attività nella società,
la percentuale di apporto di lavoro, ecc.).

E’ importante altresì
evidenziare, ai fini dell’eventuale neutralizzazione dei maggiori ricavi o
compensi derivanti dall’applicazione di singoli indicatori di normalità
economica, che questi ultimi sono calcolati dal software GE.RI.CO. secondo una precisa sequenza, che determina effetti "a
cascata".

Per gli indicatori applicabili ai
titolari di reddito di impresa la sequenza è la seguente:

1) rapporto tra costi di disponibilità
dei beni mobili strumentali e valore degli stessi;

2) rotazione del magazzino o
durata delle scorte;

3) valore aggiunto per addetto;

4) redditività dei beni mobili
strumentali.

Gli indicatori 1 e 2 determinano
un primo livello del "ricavo puntuale di riferimento", il quale
incide poi sul calcolo dei successivi indicatori 3 e 4, in quanto viene considerato ai fini della individuazione del relativo
numeratore (rispettivamente, il "valore aggiunto dell’impresa" ed il
"margine operativo lordo").

L’applicazione dell’indicatore 3
porta alla individuazione di un secondo livello del "ricavo puntuale di
riferimento", che incide a propria volta ulteriormente sul
numeratore dell’ultimo indicatore 4, la cui applicazione consente di
determinare il definitivo "ricavo puntuale di riferimento" che tiene
conto dell’analisi di normalità economica.

Per gli indicatori applicabili ai
titolari di redditi di lavoro autonomo la sequenza è la seguente:

1) rapporto tra ammortamenti dei
beni mobili strumentali e valore degli stessi;

2) resa oraria per addetto o resa
oraria del professionista.

L’indicatore 1 (nei limitati casi
in cui risulta applicabile) determina un primo livello del "compenso
puntuale di riferimento", il quale incide poi sul calcolo dei successivi
indicatori 2 e 3, in
quanto viene considerato ai fini della individuazione
del relativo numeratore (i "Compensi netti).

L’applicazione alternativa degli
indicatori 2 o 3 consente quindi di determinare il definitivo "compenso
puntuale di riferimento" che tiene conto dell’analisi di normalità
economica.

2.3.9 Segue: il caso particolare
delle situazioni di svolgimento dell’attività in condizioni di marginalità
economica

Allo scopo di garantire in sede
di accertamento il più proficuo e ragionevole utilizzo degli studi di settore,
e più in particolare dei risultati derivanti dalla nuova analisi della
normalità economica, gli Uffici dovranno tenere in particolare considerazione
le situazioni in cui sia fondatamente ipotizzabile che
l’attività sia svolta in condizioni cosiddette "di marginalità
economica".

Con riguardo a tali situazioni,
infatti, l’applicazione degli indicatori di normalità economica (in specie, il
"Valore aggiunto per addetto" e la "Redditività dei beni mobili
strumentali", i quali, come già evidenziato, si pongono alla fine della
sequenza applicativa) potrebbe comportare stime oggettivamente sproporzionate
rispetto alla effettiva situazione del contribuente.

La condizione di marginalità
economica è generalmente contraddistinta da determinati elementi, ancorché
differenti per ogni singolo di settore, quali ad esempio:

la
localizzazione territoriale dell’attività;

le
ridotte dimensioni del mercato servito;

l’età
del contribuente;

la
limitata dotazione di beni strumentali e/o l’obsolescenza dei beni medesimi;

l’assenza
di dipendenti (per le attività dove invece se ne registra, di regola, la
presenza);

l’assenza
di costi relativi a servizi.

In relazione alla localizzazione
territoriale, la marginalità potrebbe ad esempio derivare dall’esercizio
dell’attività in ambiti territoriali particolarmente svantaggiati,
caratterizzati da una situazione economica degradata o da un mercato assai
limitato.

Il fattore età, potrebbe a
propria volta determinare una condizione di marginalità economica, come nel
caso delle piccole imprese individuali, in specifici comparti, condotte da
soggetti anziani che svolgono l’attività secondo
logiche non strettamente economiche che le differenziano dalle altre imprese
del settore.

Le ridotte dimensioni della
struttura (in termini di numero di addetti, numero di locali destinati allo
svolgimento dell’attività e di dotazione di beni strumentali) può essere un
altro elemento che caratterizza generalmente l’esercizio dell’attività in
condizioni di marginalità economica, unitamente alla obsolescenza dei beni
strumentali utilizzati. Generalmente tali soggetti presentano anche bassi
consumi energetici nonché l’assenza di personale dipendente.

È opportuno evidenziare che i
contribuenti hanno la possibilità di segnalare la situazione di marginalità
economica già in sede di dichiarazione annuale, nel campo
"annotazioni" del modello di comunicazione dei dati rilevanti ai fini
dell’applicazione degli studi di settore, fornendo anche una sintetica
descrizione degli elementi necessari per valutare l’effettiva sussistenza della
condizione in parola. La segnalazione potrebbe risultare, inoltre, asseverata
nelle forme previste dalle vigenti disposizioni.

Laddove gli elementi necessari
per individuare la "marginalità economica" siano già disponibili (in
quanto segnalati – ed eventualmente asseverati – negli anzidetti sensi o
comunque acquisibili dalle banche dati a disposizione degli Uffici), la
situazione andrà valutata fin dal momento della selezione delle posizioni nei
cui confronti effettuare l’accertamento basato sugli studi di settore.

Più in particolare, nel caso di
specie, la ragionevole certezza che il particolare strumento accertativo possa portare a distorsioni applicative deve comportare, in
linea generale, l’adozione della massima cautela nel relativo utilizzo,
privilegiando, ove il controllo sia comunque ritenuto opportuno, modalità
istruttorie diverse.

La condizione di marginalità, ove
segnalata dal contribuente ed in presenza di
scostamenti rilevanti tra i ricavi o compensi dichiarati e quelli stimati, può
inoltre formare oggetto di specifici approfondimenti, preliminari alla
selezione della posizione per l’accertamento basato sugli studi di settore.

Tali approfondimenti potranno
essere eseguiti nell’ambito degli accessi brevi per la verifica dei dati
rilevanti per l’applicazione degli studi, dato che spesso la condizione in
parola può essere meglio colta mediante una ricognizione in loco.

Qualora la condizione di
marginalità venga in luce solo in sede di contraddittorio, valgono
considerazioni analoghe a quelle fin qui svolte, restando ferma l’esigenza che
tutti gli elementi forniti dal contribuente vengano
attentamente considerati ed eventualmente verificati, anche in questo caso,
mediante accessi brevi nei luoghi di esercizio dell’attività.

2.3.10 Segue: altre situazioni
particolari connesse all’applicazione degli indicatori

Oltre al più generale caso dei
contribuenti che operano in condizioni di marginalità economica, vanno comunque
tenute presenti anche altre, più specifiche situazioni in cui gli indicatori di
normalità economica potrebbero portare a risultati non adeguati alla effettiva
posizione del contribuente.

Considerando l’indicatore
"Valore aggiunto per addetto" è il caso, ad esempio, dei soggetti che
hanno alle dipendenze apprendisti, o per i quali si siano verificate prolungate
assenze per malattia dei dipendenti (o di altri soggetti, compreso il titolare,
che vengono considerati nel denominatore dell’indice).

Con riguardo allo stesso
indicatore, ed anche a quello della "Redditività dei beni mobili
strumentali", un altro esempio può essere rappresentato dalla esistenza di
particolari componenti negative del reddito (quali perdite su crediti o
minusvalenze particolarmente rilevanti) che abbiano inciso
sensibilmente sul numeratore dell’indice contribuendo alla incoerenza da esso
rilevata.

Con riferimento agli indicatori
relativi al magazzino ("rotazione del magazzino" o "durata delle
scorte"), l’eventuale incoerenza potrebbe a propria volta risultare
giustificata da particolari situazioni di mercato o di gestione. Per portare
qui pure un esempio, l’incremento delle rimanenze finali potrebbe scaturire da
approvvigionamenti particolarmente consistenti, debitamente documentati,
effettuati nel corso dell’anno, in vista di un rialzo dei prezzi delle materie
prime o delle merci trattate.

2.3.9 Ulteriori precisazioni ai
fini dell’adeguamento in dichiarazione alle risultanze degli studi

Nel caso in cui verifichi una incoerenza derivante dalla applicazione degli indicatori
"rotazione del magazzino" o "durata delle scorte", il
software GE.RI.CO. 2007 potrebbe evidenziare, con riferimento all’ammontare dei
maggiori ricavi da considerare ai fini dell’eventuale adeguamento in
dichiarazione alle risultanze degli studi di settore, due differenti importi:

uno
relativo all’adeguamento da effettuare ai fini dell’IVA;

l’altro
concernente l’adeguamento ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP.

Tale differenza si deve al
particolare meccanismo applicativo dei citati indicatori, in base al quale:

il
maggior volume d’affari da normalità economica, rilevante ai fini dell’IVA,
viene determinato aumentando la variabile "costo del venduto" di un
importo pari all’incremento del magazzino registrato nel periodo d’imposta. Il
costo del venduto, aumentato negli anzidetti termini, costituisce quindi il
parametro di riferimento per la riapplicazione dell’analisi della congruità e
per la determinazione dei maggiori ricavi da normalità economica. Di
conseguenza, la differenza tra il ricavo puntuale di riferimento derivante
dalla riapplicazione dell’analisi della congruità con il nuovo costo del
venduto e il ricavo puntuale di riferimento di partenza, calcolato sulla base
dei dati dichiarati dal contribuente, costituirà il maggior volume d’affari da
normalità economica;

ai fini
delle imposte sui redditi e dell’IRAP, invece, i maggiori ricavi da normalità
economica correlati a tale indicatore sono calcolati come differenza tra i
maggiori ricavi, così come definiti ai fini dell’Iva, e il maggior costo del
venduto pari all’incremento di magazzino.

In presenza
di questi due diversi risultati il programma GE.RI.CO. propone
un importo per l’adeguamento in dichiarazione agli studi di settore sia ai fini
dell’IVA che ai fini delle imposte sui redditi e IRAP.

A tal riguardo, si fa presente
che nei modelli di dichiarazione relative alle imposte sui redditi, IRAP e IVA,
nell’apposito campo previsto per l’adeguamento alle risultanze degli studi di
settore occorrerà indicare rispettivamente il maggior ricavo (o compenso)
previsto ai fini delle imposte sui redditi e il maggior imponibile IRAP e/o
l’ammontare dei maggiori corrispettivi e l’ammontare dell’imposta versata ai
fini IVA, tenendo conto anche delle eventuali differenti risultanze derivanti
dall’applicazione di GE.RI.CO., sulla base
dell’applicazione dell’indicatore "Durata delle scorte" o
"Rotazione del magazzino". Nel modello dei dati rilevanti ai fini
dell’applicazione degli studi di settore, quadro F – Elementi contabili, nel
rigo "Adeguamento da studi di settore" occorrerà indicare l’ammontare
relativo ai maggiori ricavi risultante ai fini delle imposte sui redditi.

L’introduzione, da parte del D.M.
20 marzo 2007, dei nuovi indicatori di normalità economica, per gli studi
vigenti per il periodo d’imposta 2006, è da assimilare ad una
"revisione" degli studi medesimi, poichè comporta un diverso
meccanismo di stima dei ricavi o compensi presunti rispetto a
quello in precedenza previsto. Pertanto, in linea generale, per il solo
periodo d’imposta 2006, non opera la disposizione di cui all’articolo 2, comma
2-bis, del d.P.R. 195 del 1999, concernente il versamento della maggiorazione
del 3 per cento in sede di adeguamento in dichiarazione. Tale disposizione
trova comunque applicazione con riguardo ai soggetti nei cui confronti non vengono determinati maggiori ricavi o compensi per effetto
degli indicatori di normalità economica di cui al comma 14 della legge
finanziaria per il 2007, qualora l’ammontare dei ricavi o compensi stimati da
GERICO risulta superiore al 10 per cento dei ricavi o compensi annotati nelle
scritture contabili.

3. Le sanzioni applicabili in
fase di accertamento in caso di omessa o infedele compilazione dei modelli da
studi di settore

A seguito delle modifiche
apportate dai commi 25, 26 e 27 dell’art. 1 della legge finanziaria per il 2007
all’art. 1 e all’art. 5 del D. Lgs n. 471 del 1997 e, inoltre, all’art. 32 del
D. Lgs n. 446 del 1997, è stata aumentata del 10 per cento la sanzione
pecuniaria applicabile in sede di accertamento, ai fini delle imposte sui
redditi, dell’Iva e dell’Irap, per le violazioni:

di
omessa o infedele indicazione dei dati previsti nei modelli per la
comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di
settore;

di
indicazione di cause di esclusione o inapplicabilità degli studi di settore non
sussistenti.

Con l’aumento della sanzione è
stato perseguito un duplice obiettivo:

da un
lato scoraggiare i comportamenti, sempre più ricorrenti, di omessa o infedele
indicazione dei dati rilevanti per l’applicazione degli studi finalizzata a
ridurre l’ammontare dei ricavi stimati dagli studi medesimi per renderli
"congrui" rispetto a quelli dichiarati;

dall’altro,
contrastare adeguatamente le altrettanto ricorrenti situazioni di intenzionale
elusione dell’obbligo di comunicazione dei dati rilevanti per l’applicazione
degli studi perseguite mediante l’indicazione di cause di esclusione o di
inapplicabilità in realtà inesistenti.

La predetta maggiorazione del 10
per cento si applica alla sanzione-base a condizione che:

il
maggior reddito d’impresa, arte o professione (per le imposte sui redditi),

la
maggiore imposta o la minore imposta detraibile o rimborsabile (per l’imposta
sul valore aggiunto);

la
maggiore base imponibile (per l’imposta sulle attività produttive)

accertati
a seguito della corretta applicazione degli studi di settore, eccedano,
rispettivamente, il 10% di quanto dichiarato dai contribuenti.

Le norme riguardanti l’incremento
della sanzione si applicano con riguardo alle violazioni commesse a decorrere
dal 1° gennaio 2007 (entrata in vigore della legge finanziaria per il 2007), in
ragione del principio del c.d. "favor rei" sancito dall’art.
3, comma 3, del d.lgs. n. 472 del 1997. Pertanto, la sanzione
incrementativa potrà essere applicata con riferimento alle dichiarazioni
presentate successivamente a tale data.

Occorre infine sottolineare che,
ai sensi del comma 4-bis, dell’articolo 10 della legge n. 146 del 1998, il solo
verificarsi invece delle condizioni previste per poter applicare la sanzione
integrativa del 10 per cento (commi da 25 e 27 della legge finanziaria per il
2007), preclude al contribuente anche la possibilità di beneficiare della c.d. "inibizione
degli accertamenti presuntivi", prevista dal nuovo comma 4-bis
dell’articolo 10, della legge n. 146 del 1998, nei confronti dei soggetti
congrui ai fini dell’applicazione degli studi di settore.

3.1 Incremento
della sanzione ai fini delle imposte sui redditi

Con riferimento alle imposte sui
redditi, il nuovo comma 2-bis dell’art. 1 del D. Lgs n. 471 del 1997 prevede
che la misura della sanzione minima e massima di cui al comma 2 (ossia la
sanzione applicabile dall’ufficio in fase di accertamento stabilita nella
misura tra il cento ed il duecento per cento della maggiore imposta o della
differenza del credito scaturente dalla indicazione in dichiarazione di un
reddito imponibile inferiore a quello accertato o comunque di imposta inferiore
a quella dovuta o credito superiore a quello spettante, nonché per esposizione
di indebite detrazioni d’imposta o indebite deduzioni dall’imponibile) sia elevata del 10 per cento nelle ipotesi di omessa o
infedele indicazione dei dati previsti nei modelli per la comunicazione dei
dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore, nonché nei
casi di indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di
settore non sussistenti.

L’incremento non si applica se il
maggior reddito d’impresa ovvero di arte o professione, accertato a seguito
della corretta applicazione degli studi di settore, non è superiore al 10 per
cento del reddito d’impresa dichiarato.

Se a seguito della rettifica da
parte dell’ufficio, i dati rettificati derivanti dall’applicazione di GE.RI.CO.
determinino una minore perdita d’impresa, anche in tal
caso, ai fini dell’applicabilità dell’incremento della misura sanzionatoria,
deve ritenersi verificata la condizione del superamento della soglia del 10 per
cento, calcolata, in questo caso, come "minor perdita d’impresa"
rispetto a quella dichiarata dal contribuente.

Pertanto se, a seguito di un
accertamento effettuato sulla base degli studi di settore, l’ufficio
finanziario accerti una maggiore imposta, derivante dalla non corretta
indicazione dei dati rilevanti ai fini degli studi di settore, la sanzione da
applicare sarà compresa da un minimo del 110 per cento ad un massimo del 220
per cento, della maggiore imposta accertata o della differenza del credito,
graduata in base alla gravità della fattispecie commessa.

Esempio 1
– Indicazione di dati non veritieri nell’allegato studi di settore. Quadro F-
Elementi contabili

Periodo d’imposta 2007 – Dati
dichiarati nel modello studi di settore

Ricavi

800.000

Costi

700.000

Reddito d’impresa

100.000

Controllo dell’ufficio
finanziario

Rideterminazione dei maggiori
ricavi

+ 60.000 ( 860.000)

Costi correttamente indicati nel
modello studi di settore

+ 10.000 (710.000)

Maggior reddito d’impresa
accertato

+ 50.000 (150.000)

In tal caso, si applica la
sanzione che varia tra il 110 e il 220 per cento della maggiore imposta dovuta
in quanto il maggior reddito d’impresa accertato è superiore al 10 per cento
del reddito d’impresa dichiarato.

Tra le ipotesi di "infedele
indicazione dei dati" nei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti
ai fini dell’applicazione degli studi di settore, oltre alle ipotesi di non
corretta indicazione di quelle informazioni che rilevano ai fini della
determinazione della "funzione di regressione" si ricomprende,
altresì, l’infedele ovvero omessa indicazione di quelle variabili che, pur non
rilevanti ai fini della funzione di regressione, incidono comunque sulla
determinazione del reddito d’impresa o di lavoro autonomo (es. quote di
ammortamento che potrebbero essere rilevanti ai fini dell’indicatore di
normalità economica relativo alle spese per il godimento dei beni strumentali
mobili).

Anche in tali ipotesi deve
ritenersi, quindi, applicabile la sanzione incrementativa del 10 per cento
qualora la rettifica riguardi dati erroneamente indicati nell’allegato studi di
settore, ancorché non riguardanti variabili utilizzabili nella funzione di
regressione, qualora l’ufficio abbia rilevato un maggior reddito d’impresa o di
lavoro autonomo superiore al 10 per cento di quello dichiarato dal
contribuente.

L’incremento della sanzione non
è, invece, applicabile in relazione a quelle fattispecie di infedele od omessa
indicazione nell’allegato studi di settore delle variabili c.d.
"descrittive", cioè quelle concernenti i dati specifici dell’attività
che non influenzano né il risultato dello studio di settore, né tantomeno
incidono sulla determinazione del reddito d’impresa o di lavoro autonomo. Infatti l’incremento della sanzione è applicabile
esclusivamente nel caso in cui, a seguito della rettifica effettuata dagli
uffici derivi un maggior reddito (ovvero una minore perdita) d’impresa o di
lavoro autonomo superiore alla predetta soglia del 10 per cento.

3.2 Indicazione
di cause di esclusione o inapplicabilità degli studi di settore non
sussistenti.

La sanzione aggiuntiva si applica
anche nell’ipotesi in cui il contribuente, per sfuggire all’applicazione degli
studi di settore, indichi nel modello di dichiarazione UNICO cause di
esclusione o di inapplicabilità non esistenti.

In tal caso l’ufficio, ai fini
della concreta applicazione della sanzione, considerato che non è in possesso
delle informazioni dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di
settore, dovrà richiedere al contribuente, una volta constatata l’inesistenza
della causa di esclusione dagli studi o di inapplicabilità, le predette
informazioni e procedere alll’applicazione dello studio di settore sulla base
del calcolo risultante da GE.RI.CO., relativo al
periodo d’imposta interessato dal controllo.

Qualora, in fase di accertamento,
il risultato derivante dall’applicazione degli studi di settore, soddisfi le
condizioni previste dai commi da 25
a 27 della legge finanziaria per il 2007, l’ufficio
dovrà procedere all’irrogazione della predetta maggior sanzione amministrativa,
oltre all’applicazione della sanzione prevista per l’omessa presentazione del
modello dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore.

3.3 Incremento della sanzione ai
fini dell’ IVA e dell’IRAP.

Analoga previsione sanzionatoria,
prevista ai fini delle imposte sui redditi, viene
introdotta sia per l’IVA che per l’IRAP.

Per quanto concerne le
dichiarazioni relative all’imposta sul valore aggiunto, il
comma 4-bis all’articolo 5 del d.lgs. n. 471 del 1997 (disciplinante le
sanzioni applicabili ai fini dell’imposta sul valore aggiunto), introdotto dal comma 26 dell’art. 1 della legge finanziaria 2007,
prevede una maggiorazione del 10 per cento delle sanzioni di cui al comma 4 del
medesimo articolo 5.

Tale ultima disposizione
stabilisce che se dalla dichiarazione IVA presentata risulta un’imposta
inferiore a quella dovuta ovvero un’eccedenza detraibile o rimborsabile
superiore a quella spettante, si applica la sanzione amministrativa dal cento
al duecento per cento della differenza. Pertanto, al verificarsi delle ipotesi
precedentemente esaminate (infedele o omessa indicazione dei dati rilevanti ai
fini degli studi di settore o indicazione di cause di esclusione o
inapplicabilità degli studi di settore non esistenti) la misura della predetta
sanzione (dal 100 al 200%) viene incrementata del 10
per cento. L’incremento non si applica se la maggiore IVA accertata o la minore
IVA detraibile o rimborsabile, non supera il 10 per cento dell’IVA dichiarata.

In linea con tale previsione, per
le dichiarazioni relative all’imposta regionale sulle attività produttive, il
nuovo comma 2-bis dell’articolo 32 del d.lgs n. 446 del 1997 (disciplinante le
sanzioni in materia di IRAP), introdotto dal comma 27 dell’art. 1 della legge
finanziaria per il 2007, prevede una integrazione del
10 per cento delle sanzioni di cui al comma 2 del medesimo articolo. In tali
ipotesi l’incremento non si applica se il maggior imponibile IRAP accertato non
è superiore al 10 per cento dell’imponibile IRAP dichiarato.

4. Le modifiche delle cause di
esclusione dall’applicazione degli studi di settore

La legge finanziaria per il 2007 ha operato
significativi interventi in ordine ad alcune cause di esclusione
dall’applicazione degli studi di settore. Si tratta, in particolare, delle

disposizioni
contenute nei commi 16 e 23, lettera a), dell’articolo unico della legge
finanziaria per il 2007, le quali hanno modificato l’articolo 10 della legge 8
maggio 1998, n. 146.

La nuova
formulazione del comma 4 della legge 8 maggio 1998, n. 146, alla lettera
b) dispone che, sono esclusi dall’applicazione degli studi di settore i
contribuenti "che hanno iniziato o cessato l’attività nel periodo
d’imposta. La disposizione di cui al comma 1 si applica comunque in caso di
cessazione e inizio dell’attività, da parte dello stesso soggetto, entro sei
mesi dalla data di cessazione, nonché quando l’attività costituisce mera
prosecuzione di attività svolte da altri soggetti".

La norma rimuove, allargando in
questo modo la platea degli obbligati agli studi di settore, alcune cause di
esclusione dalla loro applicazione.

Al riguardo, si ricorda che gli
studi di settore non sono applicabili nei confronti dei soggetti che iniziano o
cessano la propria attività nel corso del periodo di imposta.

Tuttavia il legislatore ha
circoscritto tale generalizzata esclusione prevedendo, con effetto dal periodo
d’imposta 2006, l’applicazione degli studi di settore nei confronti dei
soggetti che:

hanno
cessato l’attività ed entro sei mesi l’hanno nuovamente intrapresa;

hanno
iniziato (o meglio "continuato"), una attività precedentemente svolta
da altri soggetti.

Pertanto, la modifica normativa
intende ricomprendere nell’applicazione degli studi di settore i soggetti che,
al fine di eludere tale strumento di accertamento, cessano l’attività (ad
esempio il 28 dicembre 2006) ed entro un breve lasso temporale, non superiore
ai sei mesi dalla cessazione (ad esempio 15 marzo 2007) la riaprono.

La scelta di riportare tali
situazioni nell’ambito di applicazione degli studi di settore trova la sua
giustificazione nel fatto che, in realtà, le attività iniziate non
rappresentano vere e proprie "nuove" iniziative produttive. Infatti,
essendo le stesse già avviate, possono essere considerate una continuazione
dell’attività precedentemente cessata e, pertanto, suscettibili di
"stima" sulla base anche degli studi di settore.

Il comma 18 della
legge finanziaria per il 2007 precisa, inoltre, che le disposizioni
previste al comma 4, lett. b), dell’art. 10 della legge n. 146 del 1998 hanno
effetto dal periodo d’imposta in corso alla data 31 dicembre 2006.

4.1 Cessazione
e inizio dell’attività entro sei mesi.

La nuova disciplina introdotta
con la legge finanziaria per il 2007 trova la sua ratio nella volontà del
legislatore di contrastare diffusi fenomeni elusivi da parte di quei
contribuenti che si sottraggono alla compilazione degli studi di settore con
chiusure fittizie dell’attività.

Allo scopo di perseguire tale
finalità, la nuova disciplina stabilisce che la cessazione ed il successivo
inizio dell’attività non determinano causa di esclusione dall’applicazione
degli studi di settore qualora ricorrano contestualmente i tre seguenti
requisiti:

che
l’attività iniziata venga svolta dallo stesso soggetto che precedentemente
aveva cessato l’attività;

che
l’attività venga nuovamente iniziata entro il termine di sei mesi dalla sua
cessazione;

che
l’attività presenti il carattere della "omogeneità" rispetto a quella
preesistente.

1) Attività svolta dallo stesso
soggetto

Il requisito di cui al punto 1)
comporta necessariamente che vi sia identità tra il soggetto che ha cessato
l’attività e quello che la inizia nuovamente entro il termine dei sei mesi.

Appare opportuno chiarire, in
questa sede, l’esatta portata della locuzione "da parte dello stesso
soggetto" utilizzata dal legislatore nel contesto della
lettera b) del comma 4 dell’articolo 10 della legge n. 146 del 1998.

A tale scopo bisogna, quindi,
distinguere tra persona fisica/imprenditore individuale e altri soggetti
(società di persone e/o di capitali, enti commerciali e non commerciali, etc.).

Nessun problema specifico si pone
con riferimento alla prima ipotesi. Infatti, per la persona fisica/imprenditore
individuale sussiste una naturale ed insita coincidenza tra il soggetto che ha
cessato e colui che ha iniziato l’attività, nonostante l’inizio attività
avvenga con attribuzione di una nuova partita IVA.

Analogo ragionamento va applicato
al caso di cessazione ed inizio attività da parte di un’impresa familiare di cui
sia titolare un imprenditore individuale, in quanto
anche in tale ipotesi non si ha una modificazione del soggetto rilevante ai
fini fiscali.

Ciò premesso, ne consegue che la
verifica dell’applicabilità degli studi di settore al caso concreto dovrà essere
effettuata con riferimento ai soli requisiti dell’omogeneità delle attività e
del termine di sei mesi.

Per i soggetti diversi dalla
persona fisica/imprenditore individuale, la cessazione dell’attività determina
l’estinzione della posizione fiscale del soggetto e, quindi, fa venir meno uno
dei requisiti essenziali per l’applicabilità della norma in oggetto.

Per tali soggetti, inoltre, la
disposizione in esame deve essere coordinata con quanto previsto alla lettera c) dello stesso comma 4 dell’articolo 10 della
legge n. 146/1998, la quale individua come ulteriore causa di esclusione
dall’applicazione degli studi di settore il periodo di "non normale
svolgimento dell’attività". Ai fini degli studi di settore è considerato
periodo di non normale svolgimento dell’attività il periodo nel quale l’impresa
è in liquidazione ordinaria, ovvero in liquidazione coatta amministrativa o
fallimentare.

Inoltre, come stabilito dalla
circolare n. 110 del 21/05/1999 del Ministero delle Finanze, il periodo che
precede l’inizio della liquidazione è considerato periodo di cessazione
dell’attività.

Da quanto sopra consegue che non
si applica, nei confronti di società di persone, società di capitali ed enti
che siano posti in liquidazione, la nuova disciplina prevista
dal comma 4 dell’articolo 10 della legge n. 146/1998, nella parte in cui
prevede che lo studio di settore si applichi comunque "in caso di
cessazione e inizio dell’attività, da parte dello stesso soggetto, entro sei
mesi dalla data di cessazione".

2. Il termine dei sei mesi dalla
cessazione dell’attività

In merito al punto 2, il
requisito del termine dei sei mesi ricorre sia nel caso in cui il periodo di
cessazione dell’attività ricada per intero nell’ambito
dello stesso periodo d’imposta, sia qualora la cessazione e l’inizio entro i
sei mesi siano avvenuti a cavallo di due periodi d’imposta consecutivi.
Pertanto sono assoggettati agli studi di settore i contribuenti che cessano la
propria attività nel periodo d’imposta in corso alla data del 31 dicembre e che
la iniziano nuovamente, entro sei mesi, nel periodo d’imposta successivo.

Il computo dei mesi dovrà essere
effettuato, a decorrere dalla data di chiusura dell’attività (risultante dalla
comunicazione effettuata all’ufficio finanziario), considerando come mese
intero le frazioni di esso pari o superiori a 15
giorni.

Occorre rilevare che la nuova
disposizione si applica anche nei confronti dei soggetti che hanno cessato
l’attività nel corso del periodo d’imposta 2005 e hanno iniziato la stessa
attività nel periodo d’imposta successivo, entro sei mesi dalla data di
cessazione.

A titolo di esempio si
considerino le seguenti situazioni (periodo d’imposta coincidente con l’anno
solare):

contribuente,
persona fisica, che cessa la propria attività in data 24 ottobre 2005 e la
riapre in data 16 marzo 2006: è soggetto agli studi di settore ed è tenuto
all’invio del relativo modello dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione
degli studi di settore per il periodo d’imposta 2006, indicando, nell’apposita
sezione, un numero di mesi di attività pari a 9;

contribuente,
persona fisica, che cessa la propria attività in data 12 dicembre 2006 e la
riapre in data 18 aprile 2007: il contribuente è soggetto agli studi di settore
per il 2006 e 2007. Con riferimento al 2006 è tenuto all’invio del modello
studi di settore indicando, nell’apposita sezione, un numero di mesi di
attività pari ad 11;

contribuente,
persona fisica, che cessa la propria attività in data 13 settembre 2006 e la
riapre in data 8 maggio 2007: il soggetto non sarà tenuto all’applicazione
dello studio di settore in quanto il periodo di interruzione dell’attività è
stato superiore a sei mesi (per effetto della disposizione prevista al comma
19, secondo periodo, per il periodo d’imposta 2006 il contribuente sarà tenuto
comunque all’invio del modello dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione
degli studi di settore).

3. Il requisito della omogeneità
dell’attività

Infine, come già affermato con
circolare n. 11/E del 2006, il requisito della omogeneità dell’attività
rispetto a quella preesistente sussiste se le attività sono contraddistinte da
un medesimo codice attività, ovvero i codici attività sono compresi nel
medesimo studio di settore.

Pertanto, va ribadito che non
costituisce causa di esclusione se le due attività (quella cessata e quella
iniziata) sono contraddistinte da codici di attività compresi nel medesimo
studio di settore.

Esempio.

in data
21 giugno 2006 il contribuente cessa la propria attività contraddistinta dal
codice di attività: 15.81.2 – Produzione di pasticceria fresca;

in data
14 settembre 2006 lo stesso contribuente inizia una attività contraddistinta
dal codice di attività: 15.82.0 – Produzione di fette biscottate, biscotti,
prodotti di pasticceria conservati.

Poiché entrambi i codici di
attività sono ricompresi all’interno dello stesso studio di settore TD01U, si
può ritenere soddisfatto il requisito della omogeneità.

L’evoluzione degli studi di
settore può condurre, in alcuni casi, all’accorpamento in un unico studio di
studi precedentemente distinti, qualora le attività ad essi
relative abbiano caratteristiche analoghe. Il requisito dell’omogeneità si
realizzerà anche qualora la cessazione ed il successivo inizio abbiano ad oggetto attività caratterizzate da codici che, sebbene in
origine afferenti a distinti studi di settore, siano confluiti nel medesimo
studio a seguito dell’evoluzione.

Per esempio, si consideri il caso
di un soggetto che:

in data
30 novembre 2005 abbia cessato la propria attività contraddistinta dal codice
37.10.1 – Recupero e preparazione per il riciclaggio di cascami e rottami
metallici, rientrante, fino al periodo d’imposta 2005, nello studio di settore
SD30U;

in data
1° marzo 2006 abbia iniziato una nuova attività contraddistinta dal codice
51.57.1 – Commercio all’ingrosso di rottami e sottoprodotti della lavorazione
industriale metallici, rientrante, fino al periodo d’imposta 2005, nello studio
di settore SM26U.

Poiché, a seguito dell’evoluzione
intervenuta nel 2006, i due studi di settore sopraccitati sono confluiti nello
studio TD30U, risulta, quindi, soddisfatto il requisito dell’omogeneità.

In ultima analisi, va precisato
che non incide in alcun modo, ai fini della verifica dei requisiti necessari
all’applicazione della disciplina introdotta dalla nuova formulazione del comma
4, lettera b) dell’articolo 10 della legge n.
146/1998, la circostanza che l’attività nuovamente iniziata o proseguita si
differenzi dalla precedente in relazione a caratteristiche quali:

differente
localizzazione in cui l’attività viene esercitata;

modifiche
della struttura organizzativa;

diverso
numero di dipendenti, etc.

Tali situazioni potranno essere
tenute in considerazione, in sede di contraddittorio, ai fini della corretta
valutazione della posizione del contribuente.

4.2 Mera
prosecuzione di attività svolte da altri soggetti

Con la previsione relativa alla
mera prosecuzione di attività svolte da altri soggetti, il legislatore ha
inteso ricondurre nell’ambito di applicazione degli studi di settore anche
quelle attività che, seppur formalmente configurabili come "nuove",
costituiscono sostanzialmente la continuazione di attività già precedentemente
in essere.

Con riguardo a tale ipotesi (vale
a dire quando l’attività costituisce mera prosecuzione
di attività svolte da altri soggetti), come già chiarito con circolare n. 11/E
del 16 febbraio 2007, deve ritenersi che la fattispecie si verifica quando
l’attività presenta il carattere della novità unicamente sotto l’aspetto
formale, ma che viene svolta, ancorché da un altro soggetto, in sostanziale
continuità.

In quest’ottica, sono da
considerarsi comunque "mera prosecuzione di attività svolte da altri
soggetti" alcune situazioni di inizio di attività quali quelle derivanti
da:

– acquisto o affitto d’azienda;

– successione o donazione
d’azienda;

– operazioni di trasformazione;

– operazioni di scissione e
fusione d’azienda.

Analogamente a quanto già
precisato in riferimento al caso di cessazione/inizio
attività, anche per l’ipotesi di "mera prosecuzione", andrà
verificata la sussistenza del requisito dell’omogeneità dell’attività rispetto
a quella preesistente. In modo particolare, in ipotesi diverse dalle precedenti
(quale, ad esempio, quella del conferimento d’azienda), andrà verificato in
maniera specifica se, nel caso concreto, siano
riscontrate gli estremi della "prosecuzione dell’attività", avendo
riguardo al contesto generale in cui la nuova attività viene esercitata.

E’ opportuno chiarire, in via
preventiva, che in tutti i casi di "mera prosecuzione" il soggetto
che cessa l’attività non sarà assoggettato all’applicazione degli studi di
settore, poiché nei suoi confronti troverà applicazione la causa di esclusione
relativa alla cessazione dell’attività nel corso del periodo d’imposta.
Tuttavia, in base alle nuove norme introdotte dalla legge finanziaria per il
2007, tale contribuente sarà comunque tenuto a presentare il modello per la
comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di
settore.

Pertanto, sono soggetti
all’applicazione degli studi di settore i soggetti che iniziano una attività e questa costituisce "mera
prosecuzione" di una precedente (es.per effetto
di acquisto di una azienda o ramo aziendale), ovvero che siano l’effetto
prodotto da determinate operazioni (quali fusioni, scissioni, trasformazioni,
etc.).

Risulta tuttavia necessario
coordinare la disposizione in oggetto con la nuova disciplina attinente ai
soggetti con periodo d’imposta diverso da dodici mesi, atteso che le
disposizioni previste alla lettera b) del comma 4 del citato
articolo 10 hanno effetto dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre
2006, mentre a tale data risulta ancora operante la causa di esclusione relativa
ad un periodo d’imposta differente da dodici mesi.

Con riferimento
all’annualità 2006, è da ritenersi che, qualora si verifichino in capo
ad un contribuente ambedue le circostanze ivi contemplate, va accordata
prevalenza alla norma di cui al comma 4, lettera b) della legge n. 146 del
1998.

Si considerino, al riguardo, i
seguenti esempi:

un
contribuente riceve in donazione un’azienda il 31 luglio 2006, proseguendo
l’attività già svolta dal donante e senza modificarne il codice di attività. Il
donatario sarà soggetto all’applicazione degli studi di settore anche per il
periodo compreso tra la data di donazione ed il termine del periodo d’imposta;

una
società a responsabilità limitata, si trasforma, in data 31 agosto 2006, in una società in
nome collettivo, senza modificare il codice di attività esercitata. La s.n.c.
dovrà presentare la dichiarazione UNICO 2007, relativa
al periodo 31 agosto 2006 – 31 dicembre 2006, ed è soggetta all’applicazione
degli studi di settore e, conseguentemente, alla presentazione del modello per
la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di
settore. La s.r.l. per il periodo di riferimento (1° gennaio – 31 agosto 2006),
dovrà presentare il modello UNICO 2006 e, pertanto, seguire le regole previste
per tale dichiarazione, per cui non sarà tenuta né
all’applicazione degli studi di settore né tantomeno all’invio del modello dei
dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore;

una
società in nome collettivo, si trasforma, in data 31 luglio 2006, in una società a
responsabilità limitata, senza modificare il codice di attività esercitata. La
s.n.c. dovrà presentare la dichiarazione UNICO 2007,
relativa al periodo 1 gennaio 2006 – 31 luglio 2006, indicando nel campo 2 del
quadro RF (o RG), il codice 2 (cessazione dell’attività nel corso del periodo
d’imposta) e non sarà, quindi, soggetta all’applicazione degli studi di
settore, rimanendo tuttavia obbligata alla presentazione del modello per la
comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di
settore. La neo-costituita S.r.l., in sede di
presentazione della dichiarazione UNICO 2007 relativa al periodo 1/08/2006 –
31/12/2006, dovrà, a sua volta, applicare gli studi di settore, indicando
nell’allegato studi di settore, nell’apposita sezione, il codice 3 ed un numero
di mesi di attività pari a 5.

4.3 Le informazioni del modello
dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore

Nel caso in cui si verifichi una
delle predette ipotesi di cessazione e inizio attività entro sei mesi o di mera
prosecuzione dell’attività, nel campo 2 dei quadri RE, RF ed
RG di UNICO 2007, non dovrà essere indicato alcun codice relativo
all’esclusione.

In particolare, il codice 1 deve
essere utilizzato solamente in caso di esclusione dall’applicazione dello
studio di settore per inizio attività nel corso del periodo d’imposta e non
deve essere indicato, invece, nel caso in cui tale inizio dell’attività sia
avvenuto entro sei mesi dalla precedente cessazione, ovvero costituisca mera
prosecuzione di attività svolte da altri soggetti. Analogamente, il codice 2
deve essere utilizzato soltanto se si verifica la causa di esclusione relativa
alla cessazione dell’attività nel corso del periodo d’imposta e non quando
l’attività sia iniziata nuovamente entro sei mesi dalla cessazione. In caso di
cessazione dell’attività, tuttavia, il contribuente è tenuto alla compilazione
del modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione
degli studi di settore, come previsto dal comma 19, secondo periodo, della
legge finanziaria per il 2007. Tali soggetti dovranno comunicare i dati
richiesti nel modello (ad es. beni strumentali, personale dipendente, etc.) con
riferimento alla situazione esistente alla data di cessazione dell’attività.

4.4 Periodo d’imposta diverso da
dodici mesi

Il legislatore ha inoltre
previsto che gli studi di settore trovano applicazione
anche nei confronti dei soggetti con periodi d’imposta diversi dai 12 mesi, a
decorrere dal periodo d’imposta in corso alla data del 1° gennaio 2007.

Il comma 23, lettera a) della
legge finanziaria per il 2007, prevedendo la soppressione delle parole
"con periodo d’imposta pari a dodici mesi e" al primo comma
dell’articolo 10 della legge n. 146/1998, ha di fatto
sancito il venir meno della previgente causa di esclusione, in base alla quale
gli studi di settore non venivano applicati ai soggetti il cui periodo
d’imposta era diverso da dodici mesi.

Tale disposizione, per effetto del comma 24, della citata legge finanziaria per
il 2007, ha
effetto a partire dal periodo d’imposta in corso al 1° gennaio 2007. Ne
consegue, quindi che i contribuenti che hanno un periodo d’imposta, che termini
entro il 31 dicembre 2006, con durata inferiore o superiore ai 12 mesi,
indipendentemente dalla circostanza che tale arco temporale sia o meno a cavallo di due esercizi, sono esclusi
dall’applicazione degli studi di settore.

4.5 Cause d’esclusione
riguardanti i soggetti tenuti all’applicazione dei parametri

E’ appena il caso di ricordare
che le modifiche, riguardanti gli studi di settore, in ordine alle cause di
esclusione (cessazione e inizio attività entro sei mesi dalla cessazione,
prosecuzione di attività svolte in precedenza da altri soggetti) trovano
applicazione anche nei riguardi dei soggetti tenuti all’applicazione dei
parametri di cui ai commi da 181
a 187 dell’articolo 3 della legge 28 dicembre 1995, n.
549, per effetto della disposizione contenuta nell’art. 4, comma 1, ultimo
periodo, del D.P.R. n. 195 del 31 maggio 1999, nella quale viene
precisato che "I parametri non trovano comunque applicazione nei confronti
dei soggetti per i quali operano le cause di esclusione dagli accertamenti
basati sugli studi di settore previste dall’articolo 10 della legge 8 maggio
1998, n. 146".

Pertanto, per effetto delle
citate modifiche (analogamente a quanto previsto per gli studi di settore),
sono comunque tenuti all’applicazione dei parametri:

a) i soggetti che hanno cessato e
iniziato l’attività entro sei mesi dalla data di cessazione. L’ipotesi è
applicabile anche nel caso in cui la cessazione dell’attività è avvenuta
anteriormente al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2006 e l’inizio
dell’attività sia avvenuto nel corso del periodo
d’imposta 2006, fermo restando la condizione dei sei mesi dalla data di
cessazione;

b) i soggetti che hanno iniziato
l’attività nel corso del periodo d’imposta quando la
stessa costituisce una mera prosecuzione di attività svolta da altri soggetti.

Tuttavia, occorre precisare che i
citati parametri continuano a non applicarsi nei confronti dei soggetti con periodo
d’imposta diverso dai 12 mesi. Ciò in quanto l’art. 4, del d.P.R n. 195 del
1999 prevede che le "disposizioni di cui ai commi da 181 a 187 dell’articolo 3
della legge 28 dicembre 1995, n. 549, riguardanti gli accertamenti effettuati
in base a parametri, anche per gli accertamenti relativi ai periodi di imposta
successivi al 1997. Le medesime disposizioni si applicano per i contribuenti
con periodo di imposta non coincidente con l’anno solare, per gli accertamenti
relativi ai periodi d’imposta successivi al terzo di durata pari a dodici mesi
chiuso successivamente al 30 giugno 1995.".

Non trova invece applicazione l’innalzamento del limite previsto per
l’applicazione degli studi di settore (da 5.164.569 a 7.500.000
di euro), contenuto nella lett. a) comma 4, dell’art. 10 della legge n. 146 del
1998, in
quanto il comma 182 dell’articolo 3 della legge n. 549 del 1995 prevede
espressamente un limite inferiore pari a 5.164.569, senza operare alcun rinvio
alla disciplina degli studi di settore.

5. Il nuovo limite di
applicabilità degli studi

L’articolo 1, comma 16 della
legge finanziaria per il 2007,
ha apportato alcune modifiche al comma 4 dell’articolo 10 della legge 146 del 1998, prevedendo tra
l’altro l’innalzamento del limite di ricavi o compensi ai fini
dell’applicazione degli studi di settore.

A tali fini, infatti, il limite
di ricavi dichiarati di cui all’art. 85, comma 1, esclusi quelli di cui alla
lettera c), d) ed e), del T.u.i.r., ovvero dei
compensi dichiarati di cui all’articolo 54, comma 1, del TUIR, prima fissato in
5.164.569 euro, è stato elevato a 7,5 milioni di euro, con effetto a decorrere
dal periodo di imposta in corso al 1° gennaio 2007.

Resta ferma, comunque, la
possibilità per l’Amministrazione Finanziaria di definire, con apposito decreto
ministeriale, in sede di approvazione dei singoli studi di settore, un limite
inferiore a quello massimo precedentemente indicato.

Al riguardo, si evidenzia che per
gli studi di settore attualmente in vigore, non sono stati stabiliti limiti
diversi dai 5.164.569 euro di ricavi o compensi conseguiti. Pertanto, con i
decreti di approvazione degli studi di settore, che entreranno in vigore a
decorrere dal periodo d’imposta 2007, potranno essere previsti limiti fino al
massimo a 7.500.000 euro.

L’innalzamento del limite
previsto dal legislatore non presenta contenuti di carattere concettuale
ma è esclusivamente finalizzato a ricomprendere nell’ambito di applicazione
degli studi di settore buona parte dei soggetti che, sino ad ora, sono rimasti
al di fuori di tale sistema di accertamento. Non si può trascurare che un
elemento che ha condotto il legislatore ad innalzare il limite di ricavi è
costituito dal riallineamento degli importi a causa della perdita del potere
d’acquisto della moneta (i 5.164.569 euro del 1998, infatti, corrispondono
all’incirca ai 7.5 milioni di euro attuali).

6. Le principali novità della
modulistica studi di settore 2007

6.1 I codici previsti per le
modifiche alle cause di esclusione

A seguito delle modifiche
apportate all’art. 10, commi 1 e 4, della legge 8 maggio 1998, n. 146, dalla
legge finanziaria per il 2007, nel frontespizio dei modelli per la
comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di
settore relativi al periodo d’imposta 2006, vengono
richieste informazioni relative all’inizio e/o alla cessazione dell’attività di
impresa o di lavoro autonomo, nonché alla mera prosecuzione di attività svolte
da altri soggetti.

In particolare, si chiede al
contribuente di indicare:

se ha
iniziato l’attività d’impresa o di lavoro autonomo, entro sei mesi dalla sua
cessazione, nel corso del medesimo periodo d’imposta;

se
l’attività d’impresa o di lavoro autonomo è cessata nel periodo di imposta in
corso al 31 dicembre 2005, o in quello in corso al 31 dicembre 2006 e, nel
termine di sei mesi dalla data della cessazione, è stata nuovamente iniziata,
ad opera del medesimo soggetto, rispettivamente nel periodo di imposta in corso
al 31 dicembre 2006, o al 31 dicembre 2007;

se
l’attività costituisce prosecuzione di attività svolte da altri soggetti, come
accade, ad esempio, nel caso di acquisto, affitto, successione, donazione,
trasformazione, scissione o fusione di azienda;

se il
periodo di imposta ha una durata diversa da dodici mesi ed è ancora in corso al
1 gennaio 2007.

Nella medesima sezione del
modello, inoltre, si richiede l’indicazione del numero dei mesi di esercizio
dell’attività nel corso del periodo d’imposta. La stessa informazione dovrà
essere fornita nel caso in cui il soggetto cessi
l’attività nel corso del periodo d’imposta 2006 e, ai sensi dell’art. 1, comma
19, secondo periodo, della legge finanziaria per il 2007, sia tenuto all’invio
del modello dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di
settore.

6.2 Deducibilità delle spese e
componenti negative relative alle autovetture e riflessi sulle modalità di
compilazione dei modelli

A seguito delle modifiche
apportate al comma 1 dell’articolo 164 del T.U.I.R. dal D.L. 3 ottobre 2006, n.
262, convertito nella legge 24 novembre 2006 n. 286, non è più ammessa, a
decorrere dal periodo d’imposta in corso alla data del 3 ottobre 2006, la deducibilità
delle spese e degli altri componenti negativi relativi a determinati mezzi di
trasporto, che non siano strumentali all’esercizio
dell’attività di impresa, ai fini della determinazione dei relativi redditi.
Nel caso di esercizio di arti e professioni in forma individuale, è stata
ammessa la deducibilità del costo di acquisto dell’auto limitatamente ad un
solo veicolo nella misura del 25% e non più del 50% mentre, ove l’attività sia svolta in forma associata o da società semplici, i
limiti sono riferiti a ciascun socio o associato.

Per quanto riguarda le spese e i
costi relativi ai veicoli concessi in uso promiscuo ai dipendenti, in
precedenza soggetti al regime di deducibilità illimitata, vengono
ora assoggettati ad una parziale deducibilità degli stessi nei limiti del
valore che costituisce il reddito di lavoro per il dipendente assegnatario
(c.d. fringe benefit).

A tal
proposito, nel paragrafo 6 (Modalità di compilazione) delle Istruzioni
di parte generale comune a tutti i modelli, analogamente agli scorsi anni, si
precisa che i dati contabili, da indicare nel quadro F o G (elementi contabili)
e nel quadro X, del modello dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli
studi di settore, devono essere forniti tenendo conto delle eventuali variazioni
fiscali determinate dall’applicazione di disposizioni tributarie. Pertanto,
nell’allegato riguardante i dati rilevanti ai fini degli studi di settore, per
le spese e gli altri componenti negativi, nonché con riguardo al valore storico
del bene, relativi ai predetti veicoli, utilizzati nell’esercizio di imprese,
arti o professioni, si tiene conto di quanto previsto dall’art. 164 del
T.U.I.R, così come modificato dal citato provvedimento.

Con riguardo, invece, ai
contribuenti che concedono in uso promiscuo i veicoli ai propri dipendenti, in
relazione all’importo da indicare, occorrerà applicare, alle voci afferenti
alle spese ed ai costi ad essi relativi, un
coefficiente pari al rapporto tra l’importo costituente il "fringe
benefit" per i dipendenti e le spese complessivamente sostenute.

6.3 Le novità intervenute nel
quadro F – Elementi contabili

Con riferimento ai dati previsti
nel quadro F – Elementi contabili- sono state aggiunte ulteriori informazioni.
In particolare, al rigo F18 "Costo per il godimento di beni di terzi
(canoni di leasing, canoni relativi a beni immobili, royalties)" si è
ritenuto opportuno specificare, oltre al costo sostenuto per i canoni relativi
ai beni immobili, già presente nel modello dello scorso anno, l’importo relativo
al costo per il godimento di beni mobili distinguendo tra quelli acquisiti
mediante la stipula di contratti di locazione non finanziaria da quelli
acquisiti per effetto di contratti di locazione finanziaria.

Analogamente, al rigo F29
"Valore dei beni strumentali" è stata aggiunta un’ulteriore voce al
fine di individuare il valore relativo ai beni acquisiti in dipendenza di
contratti di locazione finanziaria oltre a quello relativo ai beni acquisiti
mediante la stipula di contratti di locazione non finanziaria.

Infine, nel
rigo F23 "Altri componenti negative" è stata prevista
l’indicazione degli utili spettanti agli associati in partecipazione con
apporto di solo lavoro.

Tali informazioni si rendono
necessarie ai fini del funzionamento degli specifici indicatori di normalità
economica, di significativa rilevanza, previsti al comma 14 dell’articolo 1
della legge finanziaria per il 2007, approvati con decreto del Ministero
dell’Economia e delle finanze del 20 marzo 2007, idonei ad individuare ricavi,
compensi e corrispettivi fondatamente attribuibili al contribuente in relazione
alle caratteristiche e alle condizioni di esercizio della specifica attività da
esso svolta.

Ulteriori modifiche sono state
apportate al rigo F22 "Oneri diversi di gestione" per la specifica
indicazione del costo per abbonamenti a riviste e giornali, acquisto di libri,
spese per cancelleria e delle spese per omaggio a clienti ed articoli
promozionali per evidenziare solo quegli oneri diversi di gestione correlati
alla realizzazione di ricavi e che, pertanto, eventualmente saranno presi in
esame nel calcolo della funzione di regressione.

6.4 Modifiche al quadro G
relativo alla indicazione degli elementi contabili

Con riferimento ai dati previsti
nel quadro G – Elementi contabili – previsto per gli esercenti arti e
professioni, si è provveduto all’aggiunta di alcune voci al fine di consentire,
anche con riferimento alle attività di lavoro autonomo e professionali,
l’utilizzo degli specifici indicatori di normalità economica, di significativa
rilevanza, di cui al citata comma 14 della legge
Finanziaria per il 2007, analogamente alle modifiche apportate al quadro F.

In particolare, si è ritenuto
opportuno richiedere:

al rigo
G01 "Valore dei beni strumentali", oltre all’ammontare complessivo
del valore dei beni strumentali, quello relativo ai beni acquisiti in
dipendenza di contratti di locazione finanziaria e non finanziaria;

al rigo
G08 l’importo delle "Quote di ammortamento relative a beni mobili
strumentali".

6.5 Obblighi previsti per i
contribuenti che dichiarano ricavi o compensi di ammontare superiore a euro
5.164.569 e fino a euro 7.500.000

I contribuenti che dichiarano
ricavi o compensi di ammontare superiore a euro 5.164.569 e fino a euro
7.500.000, pur essendo esclusi per il periodo d’imposta 2006 dall’applicazione
degli studi settore, sono comunque tenuti, con riferimento al medesimo
periodo d’imposta, alla compilazione dei modelli per l’applicazione degli
stessi, al fine di permettere all’Amministrazione Finanziaria di acquisire i
dati e le informazioni necessari a valutare le possibilità o i limiti di
applicazione degli studi nei confronti di tali soggetti.

In tema di compilazione dei
modelli per l’applicazione degli studi di settore, si fa inoltre presente che,
i contribuenti che dichiarano ricavi compresi fra euro 5.164.569 e fino a euro
7.500.000, tenuti alla compilazione del modello, sono coloro che esercitano
un’attività prevalente compresa in uno degli studi di settore attualmente in
vigore e dalla quale conseguono ricavi non inferiori all’80% dei ricavi
complessivamente conseguiti.

Gli stessi soggetti devono
indicare la causa di esclusione posta nei quadri RF, RG ed
RE di Unico 2007 indicando il codice 3 (ricavi tra 5.164.569 euro e 7,5 milioni
di euro).

Si fa presente inoltre che non
sono tenuti all’invio del modello relativo ai dati rilevanti ai fini
dell’applicazione degli studi di settore i soggetti che hanno conseguito ricavi
compresi tra 5.164.569 e 7.500.000 di euro, qualora esercitino due o più
attività e da una delle attività siano stati conseguiti ricavi inferiori
all’ottanta per cento dei ricavi complessivi.

7. Gli indicatori previsti per i
soggetti per i quali non si applicano gli studi di settore. Il modello INE –
UNICO 2007

Il comma 19, primo periodo,
dell’art. 1 della legge finanziaria per il 2007 prevede che :
"Nei confronti dei contribuenti titolari di reddito d’impresa o di lavoro
autonomo, per i quali non si rendono applicabili gli studi di settore, sono
individuati specifici indicatori di normalità economica, idonei a rilevare la
presenza di ricavi o compensi non dichiarati ovvero di rapporti di lavoro
irregolare".

Con la norma indicata il
legislatore ha stabilito che anche nei confronti dei soggetti che non si
rendono applicabili gli studi di settore devono essere determinati specifici
indicatori di normalità economica.

Attraverso tali indicatori, che verranno individuati successivamente, sarà verificato il
posizionamento dei contribuenti rispetto a determinati valori soglia assumibili
con riferimento a comportamenti degli operatori del settore che svolgono
l’attività con analoghe caratteristiche. Nel caso in cui il contribuente, per
effetto dell’applicazione dei predetti indicatori, risultasse
con valori "anomali", l’amministrazione finanziaria avrà la
possibilità di selezionare le posizioni da sottoporre a controllo.

Al fine di calcolare ed
individuare gli indicatori previsti dal citato art. 1, comma
19, primo periodo, della legge finanziaria per il 2007, si è ritenuto
necessario richiedere delle informazioni specifiche ai contribuenti,
destinatari della norma stessa. Dette informazioni verranno
analizzate ed utilizzate insieme a tutti i dati in possesso
dell’Amministrazione Finanziaria.

A tal fine sono stati predisposti
i modelli INE (acronimo di "Indicatori di Normalità Economica")
approvati con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 15
febbraio 2007, ed allegati ai modelli di dichiarazione UNICO
2007 Persone Fisiche, UNICO 2007 Società di Persone e UNICO 2007 Società di
Capitali.

Per gli enti non commerciali e
per gli enti ad essi equiparati tenuti alla
compilazione del modello UNICO ENC sono state ritenute sufficienti le
informazioni già in possesso dell’amministrazione finanziaria.

Come precisato nelle istruzioni
ai citati modelli INE, allegati alla dichiarazione UNICO
(cui si fa rinvio per ulteriori dettagli), sono tenuti alla compilazione del
modello i contribuenti per i quali non si rendono applicabili gli studi di
settore di cui all’art. 62-bis del D.L. 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con
modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427 e che, comunque, non sono
tenuti alla compilazione del relativo modello di comunicazione dei dati
rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore.

In particolare, trattasi dei
soggetti che:

esercitano
un’attività di impresa o di lavoro autonomo relativa ad un codice attività per
il quale è prevista l’applicazione dei parametri (indipendentemente dalla
eventuale esistenza di una causa di esclusione dai parametri stessi);

esercitano
un’attività di impresa o di lavoro autonomo relativa ad un codice attività per
il quale non risultano approvati gli studi di settore e i parametri;

esercitano
un’attività di impresa o di lavoro autonomo relativa ad un codice attività per
il quale è prevista l’applicazione degli studi di settore ed

1- hanno iniziato l’attività nel
periodo d’imposta 2006 (a meno che non rientrano nella
fattispecie indicata dal comma 16, dell’art. 1 della legge Finanziaria
per il 2007);

2- hanno un periodo d’imposta
diverso dai 12 mesi (a meno che tale periodo d’imposta non sia in corso alla
data del 01/01/2007);

3- hanno dichiarato un volume di
ricavi di cui all’art. 85, comma 1, esclusi quelli di cui alle lettere c), d)
ed e) del TUIR, approvato con D.P.R. n. 917 del 1986, ovvero compensi di cui
all’art. 54, comma 1, del TUIR, di ammontare superiore a euro 7.500.000;

4- sono stati classificati in una
categoria reddituale diversa da quella prevista dal quadro degli elementi
contabili contenuto nel modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini
dell’applicazione dello studio di settore approvato per l’attività esercitata
secondo le indicazioni fornite al punto 9.1 della circolare 27 giugno 2002, n.
58/E.

Risultano esclusi dalla
compilazione dei modelli INE, anche i soggetti incaricati delle vendite a
domicilio (che non sono tenuti all’applicazione degli studi di settore e per i
quali è prevista una tassazione sostitutiva ai sensi dell’art. 25-bis del D.P.R.
n. 600 del 1973), nonchè i soggetti che determinano il reddito con criteri
forfetari.

Se il contribuente esercita due o
più attività d’impresa ed è tenuto alla compilazione del modello M
(composizione dei ricavi), dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione
dell’annotazione separata dei ricavi, non dovrà compilare né il modello INE, né
tantomento i tradizionali modelli dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione
degli studi di settore, nei casi previsti dal comma 19, secondo periodo, della
legge finanziaria per il 2007.

Si precisa che la sanzione
amministrativa da euro 258,00 ad euro 2.065,00, prevista dall’art. 8 del d.lgs
n. 471 del 1997, si applica anche nell’ipotesi di infedele od omessa
presentazione del modello sugli indicatori di normalità economica (modello INE)

In allegato 2 viene
riportata una tabella riepilogativa con riferimento agli obblighi previsti per
l’invio del modello dei dati rilevanti ai fini degli studi di settore e del
modello INE.

8. L’inibizione degli
accertamenti presuntivi nei confronti dei soggetti congrui alle risultanze
degli studi di settore (art. 10, comma 4-bis, legge 146 del 1998)

Il comma 17 dell’articolo 1 della
legge finanziaria per il 2007
ha innovato le previsioni dell’art. 10 della legge n.
146 del 1998 introducendo il nuovo comma 4-bis.

Tale ultima disposizione prevede
che "Le rettifiche sulla base di presunzioni semplici di cui all’articolo
39, primo comma, lettera d), secondo periodo, del decreto del Presidente della
Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e all’articolo 54, secondo comma, ultimo
periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633,
non possono essere effettuate nei confronti dei contribuenti che dichiarino,
anche per effetto dell’adeguamento, ricavi o compensi pari o superiori al
livello della congruità, ai fini dell’applicazione degli studi di settore di
cui all’articolo 62-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito,
con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, tenuto altresì conto
dei valori di coerenza risultanti dagli specifici indicatori, di cui
all’articolo 10-bis, comma 2, della presente legge, qualora l’ammontare delle
attività’ non dichiarate, con un massimo di 50.000 euro, sia pari o inferiore
al 40 per cento dei ricavi o compensi dichiarati."

La norma prevede quindi che, nei
confronti dei contribuenti che risultino
"congrui" rispetto alle risultanze degli studi di settore (anche per
adeguamento in dichiarazione) l’accertamento di tipo presuntivo previsto
all’articolo 39, primo comma, lettera d), secondo periodo, del d.P.R n. 600 del
1973, e all’articolo 54, secondo comma, ultimo periodo, del d.P.R. n. 633 del
1972, possa essere effettuato solo al verificarsi di una delle seguenti
condizioni:

l’ammontare
delle attività non dichiarate, derivante dalla ricostruzione di tipo
presuntivo, sia superiore al 40% dell’ammontare dei ricavi/compensi dichiarati;

l’ammontare
delle attività non dichiarate, derivante dalla ricostruzione presuntiva,
superi, in valore assoluto, 50.000 euro.

Come già chiarito con circolare
n. 11/E del 16 febbraio 2007, la previsione del limite dei 50 mila euro e del
40 per cento dei ricavi o compensi dichiarati non costituisce in alcun modo una
franchigia. Pertanto, nell’ipotesi in cui l’ammontare accertabile in base alle
presunzioni semplici qualificate sia superiore ai predetti limiti, la rettifica
dei ricavi e/o dei compensi sarà effettuata nella misura complessiva.

Esempio 1 – Periodo d’imposta
2006

Soggetto congruo agli studi di
settore (compresa la congruità con gli indicatori di normalità economica di cui al comma 14 della legge finanziaria 2007).

Ricavi stimati dallo studio di
settore 70.000

Maggiori ricavi da normalità
economica 10.000

Ricavo puntuale
di riferimento 80.000

Ricavi dichiarati 100.000 euro.

Se i ricavi risultanti sulla base
di presunzioni semplici superano i 140.000 euro (ricavi dichiarati + 40%),
l’Agenzia delle entrate è legittimata ad utilizzare tale tipologia di accertamento.

Esempio 2 – Periodo d’imposta
2006

Soggetto congruo agli studi di
settore (compresa la congruità con gli indicatori di normalità economica di cui al comma 14 della legge finanziaria 2007).

Ricavi stimati dallo studio di
settore 70.000

Maggiori ricavi da normalità
economica 10.000

Ricavo puntuale
di riferimento 80.000

Ricavi dichiarati 200.000 euro

Se i ricavi risultanti sulla base
di presunzioni semplici superano 250.000 euro (ricavi dichiarati + 50.000
massimo franchigia), l’Agenzia delle entrate è legittimata ad utilizzare tale
tipologia di accertamento.

Occorre osservare che la
disposizione trova applicazione esclusivamente nei confronti dei soggetti che
risultino congrui alle risultanze derivanti dall’applicazione degli studi di
settore (anche se approvati in versione sperimentale o monitorata). Pertanto
nei confronti dei soggetti "non congrui" l’accertamento di tipo presuntivo previsto all’articolo 39, primo comma,
lettera d), secondo periodo, del d.P.R n. 600 del 1973, e all’articolo 54,
secondo comma, ultimo periodo, del d.P.R. n. 633 del 1972, può essere comunque
effettuato indipendentemente dai limiti previsti dalla nuova disposizione del comma 4-bis dell’articolo 10 della legge n. 146 del
1998.

Analogamente, il predetto
accertamento presuntivo non trova ostacoli con riferimento ai soggetti nei cui
confronti si rendono applicabili i parametri.

Ai fini dell’applicazione della
disposizione in esame, la norma precisa che per attività devono intendersi i
ricavi o compensi indicati al comma 4, lett. a), del citato art. 10 della legge
146 del 1998 (ricavi di cui all’articolo 85, comma 1, escluse le lettere c), d)
ed e), e compensi di cui all’articolo 54, comma 1, del testo unico delle
imposte sui redditi, di cui al d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917). La preclusione
non opera, pertanto, qualora le rettifiche basate su presunzioni semplici
riguardino componenti reddituali diversi dai detti ricavi o compensi.

Come già evidenziato, la
preclusione di cui al nuovo comma 4-bis dell’art. 10 della legge 146/98 non
riguarda tutti gli accertamenti, bensì esclusivamente quelli fondati sulle
modalità di tipo "presuntivo" previste all’articolo
39, primo comma, lettera d), secondo periodo, del d.P.R n. 600 del 1973,
e all’articolo 54, secondo comma, ultimo periodo, del d.P.R. n. 633 del 1972.
Ciò comporta che la limitazione prevista dal comma 4-bis non opera per le
rettifiche fondate su disposizioni diverse da quelle espressamente citate. È il
caso, ad esempio, degli accertamenti basati sulle presunzioni previste:

dall’articolo
32, primo comma, n. 2, del d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’articolo 51, secondo
comma, n. 2, del d.P.R. n. 633 del 1972 (in materia di rapporti ed operazioni
finanziarie);

dal
d.P.R. n. 441 del 10 novembre 1997 (presunzioni di acquisto o di cessione ai
fini IVA).

Con riguardo alla ipotesi di
definizione dell’accertamento ai sensi del D. Lgs n. 218 del 1997, si precisa
inoltre che le verifica del superamento dei limiti
previsti dall’art. 10, comma 4-bis va effettuata con riferimento all’ammontare
dei ricavi o compensi definito (e non a quello individuato prima di procedere
al contraddittorio o nell’avviso di accertamento notificato).

8.1 Disapplicazione del comma
4-bis in caso di infedeltà dei dati indicati nell’allegato studi di settore

Va adeguatamente evidenziato che
la preclusione di cui al nuovo comma 4-bis dell’art. 10 della legge 146/98 non
trova applicazione per i contribuenti nei cui confronti sussistono le
condizioni per l’irrogazione di sanzioni per omessa o infedele comunicazione
dei dati rilevanti per gli studi di settore previste all’art. 1, comma 2-bis, e
dall’art. 5 comma 4-bis del D. Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, nonché all’art.
32, comma 2-bis del D. Lg.vo 15 dicembre 1997, n. 446.

Ciò sta a significare, in
sostanza, che la preclusione opera solo a condizione che le informazioni
indicate dal contribuente nei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti
ai fini dell’applicazione degli studi di settore non siano viziate da
irregolarità tali da rendere applicabili le ulteriori sanzioni introdotte con
la finanziaria 2007, ai commi da 25
a 27 (delle quali si è detto nel precedente par. 3).

Al riguardo si precisa che, per
superare la preclusione in sede di accertamento, non è necessario che sia
intervenuta l’effettiva irrogazione della sanzione, ma piuttosto che risultino
verificati i presupposti oggettivi posti a base della norma sanzionatoria. In
tal caso, nelle specifiche motivazioni dell’atto di accertamento (v. paragrafo
successivo) andrà inclusa anche quella relative alla sussistenza delle
condizioni per l’applicazione delle citate sanzioni.

8.2 La motivazione dell’atto di
accertamento

La nuova disposizione prevede
inoltre che, in caso di rettifica, l’ufficio debba illustrare, nella
motivazione dell’atto, le ragioni che lo hanno indotto a disattendere le
risultanze derivanti dall’applicazione degli studi di settore, evidenziando
l’inadeguatezza degli stessi a stimare correttamente il volume di ricavi o
compensi potenzialmente ascrivibili al contribuente.

Si raccomanda, pertanto, la
massima cura nella elaborazione di tale motivazione, la quale, al fine di
evidenziare le ragioni che inducono l’ufficio a disattendere le risultanze
degli studi di settore in quanto inadeguate a stimare correttamente il volume
di ricavi o compensi potenzialmente ascrivibili al contribuente (come richiesto
dal comma 4-bis), sarà di fatto incardinata sulla
dimostrazione dell’avvenuto superamento delle soglie previste dei maggiori
ricavi e compensi oggetto della eventuale rettifica presuntiva, cui
specificamente si riferisce la preclusione, così come sulla eventuale non
operatività della preclusione dovuta ad altre ragioni (quali il fondamento
della rettifica su modalità diverse da quelle di tipo "presuntivo"
previste all’articolo 39, primo comma, lettera d), secondo periodo, del d.P.R
n. 600 del 1973, e all’articolo 54, secondo comma, ultimo periodo, del d.P.R.
n. 633 del 1972, o l’applicabilità delle sanzioni per omessa o infedele
comunicazione di cui si è detto nel paragrafo precedente).

Si evidenzia, da ultimo, che la
mancanza o la inadeguatezza della specifica
motivazione, in quanto espressamente prevista della legge, potrebbe comportare
la nullità dell’atto di accertamento.

8.3 Decorrenza
della disposizione

Per quanto infine attiene alla
vigenza della nuova norma, il comma 18 dell’art. 1 della legge finanziaria per
il 2007 stabilisce che le disposizioni di cui ai commi 4 e 4-bis dell’art. 10
della legge n. 146/1998 hanno effetto a decorrere dal periodo d’imposta in
corso alla data del 1° gennaio 2007.

Quest’ultima disposizione va
messa però in relazione con il comma 14 dell’art. 1 della legge finanziaria per
il 2007. Tale norma prevede che, fino all’elaborazione e revisione degli studi
di settore che tengono conto degli indicatori di coerenza introdotti dal comma
13 della legge finanziaria per il 2007, si tiene altresì conto di specifici
indicatori di normalità economica, di significativa rilevanza, idonei
all’individuazione di ricavi, compensi e corrispettivi fondatamente attribuibili
al contribuente in relazione alle caratteristiche e alle condizioni di
esercizio della specifica attività svolta.

L’ultimo
periodo del citato comma 14 conclude affermando che "si applicano
le disposizioni di cui al comma 4-bis dell’articolo 10 della medesima
legge" (legge n. 146/1998).

Dal combinato disposto delle
norme illustrate, risulta quindi che il nuovo comma 4-bis dell’art. 10 della
legge n. 146/98, troverà applicazione con riferimento agli accertamenti
riguardanti i periodi d’imposta in corso al 31 dicembre 2006 e successivi.

ALLEGATO 1

Formule utilizzate per il calcolo
degli indicatori di normalità economica

IMPRESE

a) rapporto tra costi di
disponibilità dei beni mobili strumentali e valore degli stessi;

FORMULA

Costi di disponibilità dei
beni strumentali mobili * 100 / Valore dei beni strumentali mobili

Dove:

Costi di disponibilità dei beni
strumentali mobili = Ammortamenti per beni strumentali mobili (F20 col.2) +
Canoni per beni mobili acquisiti in dipendenza di contratti di locazione
finanziaria (F18 col.4)

Valore dei beni strumentali
mobili è pari a (F29 col.1 – F29 col.2)

b) rotazione del magazzino;

FORMULA

Costo del venduto+ Costo per la
produzione di servizi

/Giacenza media del magazzino

Dove:

Giacenza media del magazzino =
(F12+F13)/2

Costo del venduto = (F12+F14-F13)

Costo per la produzione di
servizi = F15

c) durata delle scorte;

FORMULA

["Giacenza Media
del Magazzino"/("Costo del Venduto"+"Costo per la
produzione di servizi)] * 365

Dove:

Giacenza media del magazzino =
(F12+F13)/2

Costo del venduto = (F12+F14-F13)

Costo per la produzione di
servizi = F15

d) valore aggiunto per addetto;

FORMULA

Valore aggiunto / (Numero addetti * 1000)

dove

numero
addetti (ditte individuali) = 1 + numero dipendenti + numero collaboratori
coordinati e continuativi che prestano attività prevalentemente nell’impresa +
numero collaboratori dell’impresa familiare e coniuge dell’azienda coniugale +
numero familiari diversi che prestano attività nell’impresa + numero associati
in partecipazione che apportano lavoro prevalentemente nell’impresa + numero
associati in partecipazione diversi

numero
addetti (società) = Numero dipendenti + numero collaboratori coordinati e
continuativi che prestano attività prevalentemente nell’impresa + numero
familiari diversi che prestano attività nell’impresa + numero associati in
partecipazione che apportano lavoro prevalentemente nell’impresa + numero
associati in partecipazione diversi + numero soci con occupazione prevalente
nell’impresa + numero soci diversi + numero amministratori non soci (se il
numero di addetti è inferiore a 1, il numero di addetti viene posto uguale a
1).

Valore Aggiunto = Ricavi da
congruità e da normalità economica + Aggi e proventi derivanti dalla vendita di
generi soggetti a ricavo fisso – Costi

"Ricavi da congruità e da
normalità economica" sono pari a:

Ricavi da Congruità + Maggiori
ricavi da Normalità Economica (Incidenza dei costi di disponibilità dei beni
strumentali mobili rispetto al valore storico degli stessi; Gestione del
magazzino)

"Aggi e proventi derivanti
dalla vendita di generi soggetti a ricavo fisso" sono pari a:

Ricavi derivanti dalla vendita di
beni soggetti ad aggio o ricavo fisso (F08) – Costo del venduto relativo ai
beni soggetti ad aggio o ricavo fisso (F09+F11-F10)

"Costi" sono pari a:

Costo del venduto (F12+F06
col.2+F14-F13-F07 col.2) + Costo per la produzione di servizi (F15) + Spese per
acquisti di servizi (F16) + Altri costi per servizi (F17) + Costo per il
godimento di beni di terzi (F18) + Oneri diversi di gestione (F22) + Altre
componenti negative (F23) – Utili spettanti agli associati in partecipazione
con apporti di solo lavoro (F23 col.2)

redditività
dei beni mobili strumentali

FORMULA

Margine Operativo Lordo / Valore dei beni
strumentali mobili

Dove

Margine Operativo Lordo = Ricavi
da congruità e da normalità economica – Costi

"Ricavi da congruità e da
normalità economica" sono pari a:

Ricavi da Congruità + Aggi e
proventi derivanti dalla vendita di generi soggetti a ricavo fisso + Maggiori
ricavi da normalità economica (Incidenza dei costi di disponibilità dei beni
strumentali mobili rispetto al valore storico degli stessi; Gestione del
magazzino; Valore aggiunto per addetto)

"Aggi e proventi derivanti
dalla vendita di generi soggetti a ricavo fisso" sono pari a:

Ricavi derivanti dalla vendita di
beni soggetti ad aggio o ricavo fisso (F08) – Costo del venduto relativo ai beni
soggetti ad aggio o ricavo fisso (F09+F11-F10)

"Costi" sono pari a:

Costo del venduto (F12+F06
col.2+F14-F13-F07 col.2) + Costo per la produzione di servizi (F15) + Spese per
acquisti di servizi (F16) + Spese per lavoro dipendente (F19) + Altri costi per
servizi (F17) + Costo per il godimento di beni di terzi (F18) – Canoni per beni
mobili acquisiti in dipendenza di contratti di locazione finanziaria (F18
col.4) + Oneri diversi di gestione (F22) + Altre componenti negative (F23)

Il valore dei beni strumentali
mobili è pari a (F29 col.1 – F29 col.2)

PROFESSIONISTI

a) Rapporto Ammortamenti su
valore storico dei beni strumentali mobili

FORMULA

Ammortamenti per beni strumentali mobili *100
/ Valore dei beni strumentali mobili

Dove:

Ammortamenti per beni strumentali
mobili è pari a (G08)

Valore dei beni strumentali
mobili è pari a (G01 col.1 – G01 col.2)

Resa oraria per addetto

FORMULA

Compensi netti / il numero di ore lavorate
dagli addetti.

Dove

I "Compensi netti" sono
calcolati come "Compensi da congruità e da normalità economica" –
"Compensi corrisposti a terzi per prestazioni direttamente afferenti
all’attività professionale o artistica" (G04) – "Spese per collaboratori
coordinati e continuativi" (G03).

La variabile "Compensi da
congruità e da normalità economica" è pari al "Compenso puntuale di
riferimento" derivante dall’applicazione dell’analisi della congruità,
eventualmente incrementato con i maggiori compensi da normalità economica con
riferimento all’indicatore "Rapporto ammortamenti su valore storico dei strumentali

mobili".

Resa oraria del professionista

FORMULA

(Compensi da
congruità e da normalità economica – Compensi corrisposti a terzi per
prestazioni direttamente afferenti all’attività professionale o artistica –
Spese per collaboratori coordinati e continuativi – Spese per prestazioni di
lavoro dipendente) / Numero delle ore lavorate dal professionista

Dove

Per l’attività professionale
svolta in forma individuale il "Numero delle ore lavorate dal
professionista" è pari a:

(PESO_ORE
*40)*(PESO_SETTI*45)

dove:

PESO_ORE è pari a: minor valore
tra (40 e Ore settimanali dedicate all’attività) / 40.

Se PESO_ORE = 0 allora PESO_ORE
va posto pari a 1.

PESO_SETTI è pari a: minor valore
tra (45 e Numero settimane di lavoro nell’anno) / 45.

Se PESO_SETTI = 0 allora
PESO_SETTI va posto pari a 1.

Per l’attività professionale
svolta in forma associata il "Numero delle ore lavorate dal
professionista" è pari a:

(Soci o
associati che prestano attività nello studio * (PESO_ORE*40) * (PESO_SETTI*45))

dove:

PESO_ORE è pari a: minor valore
tra (40 e Ore settimanali dedicate all’attività / Soci o associati che prestano
attività nello studio) / 40

Se PESO_ORE = 0 allora PESO_ORE
va posto pari a 1.

PESO_SETTI è pari a: minor valore
tra (45 e Numero settimane di lavoro nell’anno / Soci o associati che prestano
attività nello studio) / 45.

Se PESO_SETTI = 0 allora
PESO_SETTI va posto pari a 1.

Soci o associati che prestano
attività nello studio (esempio TK01U: A5 col.1)

Se la variabile "Soci o
associati che prestano attività nello studio" non è compilata allora tale
variabile va posta pari a 1.

Compensi corrisposti a terzi per
prestazioni direttamente afferenti all’attività professionale o artistica sono
pari a G04

Spese per collaboratori
coordinati e continuativi sono pari a G03

Spese per prestazioni di lavoro
dipendente sono pari a G02 col.1

"Compensi da congruità e da
normalità economica" sono pari a:

Compensi da Congruità + Maggiori
compensi da normalità economica (Rapporto Ammortamenti su valore storico dei
beni strumentali mobili)

ALLEGATO 2

OBBLIGHI MODULISTICA STUDI DI
SETTORE, RELATIVA AL PERIODO D’IMPOSTA 2006

IPOTESI

Invio del modello dei dati
rilevanti ai fini degli studi di settore

Invio del modello INE

Applicabilità dello studio di
settore

Codice relativo alla causa di
esclusione da indicare nel Modello UNICO 2007

Note

Svolgimento di normale attività per cui è stato approvato lo studio di settore

SI

NO

SI

Nessuno

Soggetto con ricavi o compensi
compresi tra € 5.164.569 e € 7.500.000

SI

NO

NO

"3"

La compilazione del modello è utile per il
reperimento dei dati riguardanti i predetti soggetti

Soggetto con ricavi o compensi
superiori a € 7.500.000

NO

SI

Art. 1, c. 19, primo periodo –
Finanziaria 2007,

NO

"4"

La compilazione del modello INE è finalizzata
alla individuazione di appositi indici idonei a rilevare la presenza di ricavi
o compensi non dichiarati

Inizio dell’attività nel corso
del 2006, con studio di settore approvato

NO

SI

Art. 1, c. 19, primo periodo –
Finanziaria 2007

NO

"1"

La compilazione del modello INE è finalizzata
alla individuazione di appositi indici idonei a rilevare la presenza di ricavi
o compensi non dichiarati

Inizio nel corso del 2006, di una attività che costituisce mera continuazione di una
precedente esercitata da un altro soggetto

SI

NO

SI

Nessuno

Modifica apportata all’art. 10, comma 4, lett.
b) della legge n. 146 del 1998

Cessazione nel corso del 2006, di
una attività per cui è stato approvato il relativo
studio di settore

SI

Art. 1, c. 19, secondo periodo –
Finanziaria 2007

NO

NO

"2"

La compilazione del modello studi di settore è
finalizzata alla individuazione di appositi indici idonei a rilevare la
presenza di ricavi o compensi non dichiarati

Cessazione dell’attività, e
inizio della stessa, da parte dello stesso soggetto, entro sei mesi dalla
cessazione

SI

NO

SI

Nessuno

Modifica apportata all’art. 10, comma 4, lett.
b) della legge n. 146 del 1998

Periodo di imposta diverso da 12
mesi, con svolgimento di attività di attività soggetta a studi, con periodo
d’imposta in corso al 1.1.2007

SI

NO

SI

Nessuno

Comma 24 art. 1 della legge Finanziaria per il
2007

Periodo di imposta diverso da 12
mesi, con svolgimento di attività di attività soggetta a studi, con periodo
d’imposta non in corso al 1.1.2007

NO

SI

Art. 1, c. 19, primo periodo –
Finanziaria 2007

NO

"8"

La compilazione del modello INE è finalizzata
alla individuazione di appositi indici idonei a rilevare la presenza di ricavi
o compensi non dichiarati

Periodo d’imposta 2006 di non
normale svolgimento dell’attività soggetta a studi

SI

Art. 1, c. 19, secondo periodo –
Finanziaria 2007

NO

NO

"7"

La compilazione del modello studi di settore è
finalizzata alla individuazione di appositi indici idonei a rilevare la
presenza di ricavi o compensi non dichiarati

Nel campo "note
aggiuntive" del modello dei dati rilevanti ai fini dell’aplicazione degli
studi di settore deve essere esplicitata la motivazione che ha impedito il
normale svolgimento dell’attività

Periodo d’imposta 2006 di non
normale svolgimento dell’attività in quanto l’impresa è in liquidazione ordinaria

SI

Art. 1, c. 19, secondo periodo –
Finanziaria 2007

NO

NO

"5"

La compilazione del modello studi di settore è
finalizzata alla individuazione di appositi indici idonei a rilevare la
presenza di ricavi o compensi non dichiarati

Periodo d’imposta 2006 di non
normale svolgimento dell’attività soggetta a studi in quanto l’impresa è in
liquidazione coatta amministrativa o fallimentare

SI

Art. 1, c. 19, secondo periodo –
Finanziaria 2007

NO

NO

"6"

La compilazione del modello studi di settore è
finalizzata alla individuazione di appositi indici idonei a rilevare la
presenza di ricavi o compensi non dichiarati

Determinazione del reddito con
criteri forfetari con attività soggetta a studi

SI

Vanno compilati i soli dati
strutturali

NO

NO

"9"

Incaricati vendite a domicilio
con attività soggetta a studi

NO

NO

NO

"10"

Classificazione in una categoria
reddituale diversa da quella prevista dal quadro elementi
contabili

NO

SI

Art. 1, c. 19, primo periodo –
Finanziaria 2007

NO

"11"