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Addetti stampa delle p.a.: a quale ente previdenziale sono dovuti i contributi? La parola alle Sezioni Unite della Corte
L’obbligo di iscrizione all’Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani “Giovanni Amendola” del giornalista ricomprende ogni attività di informazione in qualunque forma svolta ed attraverso qualunque mezzo di comunicazione diretto ad un numero indistinto di persone. In materia di contributi previdenziali dovuti all’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani, è onere di quest’ultimo, in qualità di attore che ne richiede il pagamento, provare la natura subordinata del rapporto di lavoro giornalistico.
In relazione al predetto principio giuridico la sezione lavoro della Corte di Cassazione, con ordinanza interlocutoria n. 27173 pubblicata il 27 novembre 2020, ha rimesso la controversia alle Sezioni Unite, al fine di decidere se il datore di lavoro pubblico di un addetto stampa con compiti professionali di informazione e comunicazione debba versare i contributi previdenziali all’INPS o all’INPGI.
La vicenda esaminata: impugnazione da parte di una pubblica amministrazione del verbale di accertamento INPGI con cui veniva contestato il mancato versamento dei contributi relativi alla posizione di due lavoratori, giornalisti pubblicisti, responsabile e addetto all’ufficio stampa dell’ente pubblico.
Un ente locale pubblico impugnava il verbale di accertamento degli ispettori INPGI con cui veniva contestato il mancato versamento dei contributi dovuti per due figure professionali di responsabile e di addetto all’ufficio stampa dell’ente; lavoratori entrambi iscritti all’albo dei giornalisti. Il giudice di primo grado accoglieva l’opposizione, dichiarando insussistente l’obbligo di versamento all’INPGI. Viceversa la corte d’appello, decidendo il gravame proposto dell’ente previdenziale, riformava la sentenza di primo grado, condannando l’amministrazione al pagamento dei contributi pretesi. Ricorreva così in cassazione l’ente locale.
L’obbligo contributivo verso l’INPGI
L’articolo 38 della legge n. 416 del 1981 ha previsto che l’INPGI gestisca in regime di sostitutività le forme di previdenza obbligatoria nei confronti dei giornalisti professionisti e praticanti giornalisti, provvedendo altresì ad analoga gestione anche in favore dei giornalisti pubblicisti titolari di un rapporto di lavoro subordinato di natura giornalistica.
A sua volta l’articolo 9 della legge 07 giugno 2000 n. 150 ha identificato e regolamentato l’istituzione all’interno delle pubbliche amministrazioni degli uffici stampa. Così la norma citata: “1. Le amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, possono dotarsi, anche in forma associata, di un ufficio stampa, la cui attività è in via prioritaria indirizzata ai mezzi di informazione di massa. 2. Gli uffici stampa sono costituiti da personale iscritto all’albo nazionale dei giornalisti. Tale dotazione di personale è costituita da dipendenti delle amministrazioni pubbliche anche in posizione di comando o fuori ruolo, o da personale estraneo alla pubblica amministrazione in possesso dei titoli individuati dal regolamento di cui all’art. 5, utilizzato con le modalità di cui all’art. 7, comma 6, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e successive modificazioni, nei limiti delle risorse disponibili nei bilanci di ciascuna amministrazione per le medesime finalità. 3. L’ufficio stampa è diretto da un coordinatore, che assume la qualifica di capo ufficio stampa, il quale, sulla base delle direttive impartite dall’organo di vertice dell’amministrazione, cura i collegamenti con gli organi di informazione, assicurando il massimo grado di trasparenza, chiarezza e tempestività delle comunicazioni da fornire nelle materie di interesse dell’amministrazione. 4. I coordinatori e i componenti dell’ufficio stampa non possono esercitare, per tutta la durata dei relativi incarichi, attività professionali nei settori radiotelevisivo, del giornalismo, della stampa e delle relazioni pubbliche. Eventuali deroghe possono essere previste dalla contrattazione collettiva di cui al comma 5. 5. Negli uffici stampa l’individuazione e la regolamentazione dei profili professionali sono affidate alla contrattazione collettiva nell’ambito di una speciale area di contrattazione, con l’intervento delle organizzazioni rappresentative della categoria dei giornalisti. Dall’attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica (omissis…).
Addetti stampa delle p.a.: quale gestione previdenziale applicare?
La Sezione Lavoro, nell’ordinanza qui esaminata, ripercorre l’evoluzione della giurisprudenza costituzionale e di legittimità riguardante il rapporto di lavoro giornalistico svolto alle dipendenze di enti pubblici.
Innanzitutto viene richiamato il principio secondo cui l’obbligo di iscrizione all’Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani “Giovanni Amendola” del giornalista, anche addetto a testate elettroniche, è configurabile anche anteriormente alla data del 1° marzo 2001, di introduzione della disciplina di settore ad opera della l. n. 62 del 2001 e della contrattazione collettiva di riferimento, dal momento che l’attività giornalistica ricomprende ogni attività di informazione in qualunque forma svolta ed attraverso qualunque mezzo di comunicazione diretto ad un numero indistinto di persone.
Peraltro era stato anche affermato che in materia di contributi previdenziali dovuti all’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani, è onere di quest’ultimo, in qualità di attore che ne richiede il pagamento, provare la natura subordinata del rapporto di lavoro giornalistico.
Non va inoltre dimenticato che l’attività di giornalista si connota da creatività di colui che con prestazione d’opera professionale raccoglie ed elabora notizie. Creatività ed autonomia che solitamente non possono riscontrarsi nell’attività dell’addetto stampa di un ente pubblico, limitata al semplice riferimento di notizie.
La “professione di giornalista” è da intendersi come quell’attività “di lavoro intellettuale diretta alla raccolta, commento ed elaborazione di notizie attraverso gli organi di informazione, in cui il giornalista si pone quale mediatore intellettuale tra il fatto e la sua diffusione.
A fronte di ciò, la Suprema Corte aveva affermato che per la costituzione delle dotazioni di personale dell’ufficio stampa (della Regione Sicilia) è necessario l’esperimento della procedura del pubblico concorso secondo la regola generale imposta dall’art. 97 Cost., non essendo ravvisabili deroghe o eccezioni nella legislazione regionale sia previgente che successiva alla l. n. 150 del 2000; in difetto ne deriva la nullità del rapporto di lavoro subordinato svolto in violazione di norma imperativa, ferma l’applicabilità dell’art. 2126 c.c. .
E ancora si è affermato che l’ufficio stampa delle pubbliche amministrazioni, disciplinato dalla l. n. 150 del 2000, è un’articolazione organizzativa finalizzata allo svolgimento di una attività informativa istituzionale, che si inserisce nella linea gerarchica degli enti attraverso la mediazione di un coordinatore-capo ufficio stampa e il cui personale, se non già incardinato nell’ufficio prima dell’entrata in vigore della suddetta legge, è da ricondurre, anche mediante l’individuazione di profili professionali specifici in sede di contrattazione collettiva, alla posizione di “addetto all’ufficio stampa pubblico”, il quale, pur trovando nella previa necessaria iscrizione all’albo dei giornalisti un requisito fondante di professionalità, non può essere assimilato alla figura del giornalista di cui alla l. n. 69 del 1963, in quanto sottoposto a direttive e privo di quei tratti di spiccata autonomia nell’acquisizione delle notizie e nell’esercizio del diritto di critica che caratterizzano l’attività giornalistica.
In conclusione, appare evidente il contrasto esistente nella materia esaminata dalla sezione lavoro della Suprema Corte. Da qui la ritenuta particolare rilevanza della controversia, meritevole di esame da parte delle Sezioni Unite.
Avv. Roberto Dulio